Nov 3, 2017 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Cosa può avere di così speciale la storia di un’adolescente e perché la sua vita continua a illuminare chiunque vi si imbatta anche solo per un attimo? Lo racconta un gruppo vivacissimo e internazionale di giovani, presenti a Loppiano (Firenze, Italia) all’evento “24 ore di Luce”, dalle 12 di sabato 28 ottobre alla stessa ora del giorno successivo. Una esperienza di fraternità, segnata per tutti dall’incontro con Dio. La stessa esperienza vissuta da Chiara Luce Badano. Aveva solo 18 anni quando, colpita da un cancro senza speranza di guarigione, ha testimoniato fino all’ultimo respiro che solo in Dio Amore si può trovare la pienezza della gioia, e nel donarsi agli altri il senso e il sapore della vita. Il 25 settembre 2010 è stata proclamata Beata. Nel mese dedicato alla festa liturgica che la ricorda, molti gli appuntamenti in tutto il mondo per proporre l’esempio della sua vita. «Un raggio di luce brillantissimo oggi ha illuminato anche noi – dicono i giovani presenti a Loppiano – e continua a illuminare tanti. Con Chiara Luce, guardando a Gesù Crocefisso e Abbandonato, troveremo la possibilità di non tremare di fronte a qualsiasi situazione. Anzi, diverremo raggi di luce lì dove viviamo, per guidare questa nostra umanità verso la fraternità universale». U
n programma ricco di canzoni, brani recitati, danze, condivisioni di esperienze con il timbro della spensieratezza tipico dell’età, e l’impegno di chi è consapevole di avere una vita sola. Prendono sul serio le parole di Chiara Lubich, che, ai giovani, parlava sempre con grande franchezza: «Vivere per una cosa così-così è troppo ‘magra’ per un giovane. Conviene vivere per qualcosa di grande. Amore, dunque, amore seminato in molti angoli, perché diventi realtà una invasione d’amore, e si realizzi, anche per il nostro contributo, la civiltà dell’amore che tutti attendiamo». La sera del primo giorno, mentre all’esterno il bagliore delle stelle e le scintille di un falò sembrano toccarsi, una folla di persone di ogni età gremisce, all’interno, una sala, in occasione della sua intitolazione a Chiara Luce. L’immagine della beata, tolto il telo che la copriva, sprona i presenti a diventare a loro volta “luce”, a formare, anche sulla terra, nuove e diverse costellazioni, fatte di persone che si amano a vicenda.
Domenica mattina, 29 ottobre, l’Auditorium della cittadella di Loppiano è gremito di giovani. Grazie a una diretta streaming il messaggio di Chiara Luce percorre migliaia di chilometri, raggiungendo anche un gruppo del Nepal. La messa conclusiva è stata celebrata nel santuario dedicato a Maria Teotokos che non riusciva a contenere la folla in festa, per la giovane beata, proposta come testimone per il prossimo sinodo dei giovani del 2018. «Cosa ci resta dopo queste 24ore? Amore, pienezza, luce, sicurezza, fiducia che la vita può cambiare. Ma anche la necessità di un lavoro di squadra, di sacrificio, di unità a scapito dell’orgoglio. Chiara Luce ripeteva spesso che chi ama non è piccolo. Infatti, la sua grandezza si è manifestata chiaramente quando ha detto sì anche al dolore incomprensibile della malattia. In quel dolore lei ha trovato Gesù, uno come lei, un uomo che sulla croce ha gridato l’abbandono. Guardando al Suo esempio potremo diventare anche noi un raggio di luce, pronti a rischiarare il buio in cui è immerso il mondo». Fonte: Loppiano online: http://www.loppiano.it/ Foto su Flickr
Rivedi lo streaming https://www.youtube.com/watch?v=1XbJVCElU_o&feature=youtu.be (altro…)
Nov 2, 2017 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Una storia appassionante la sua. Inizia quando i genitori, giovanissimi, attraversano a nuoto il fiume Mekong, lasciandosi alle spalle il regime del loro Paese, il Laos, per raggiungere la Thailandia. Da qui, dopo immani vicissitudini, approdano in Italia accolti da una famiglia a loro sconosciuta che risiede a Loppiano, la cittadella internazionale dei Focolari. Ed è proprio nella casa di Raffaella e Roberto Cardinali che Sengsoury (“raggio di sole” in laotiano) e la sorella gemella Sourinia vengono al mondo, il 12 settembre 1979. Fin da piccola Senny manifesta una spiccata attrattiva per lo spirito evangelico di unità e di amore che anima la cittadella di Loppiano e a nove anni chiede il battesimo prendendo il nome di Francesca. Impegnata con entusiasmo nel Movimento Gen, da adolescente è in prima linea, con Sourinia, nella preparazione del Supercongresso 1997. A 23 anni il coronamento di un sogno: trascorrere un intero anno alla Mariapolis Lia, la cittadella argentina dei Focolari cui convergono giovani di ogni parte del mondo. Un’esperienza che la porterà ad una scelta ancor più radicale di Dio e ad un amore sempre più concreto e raffinato verso le persone che incontra. Sengsoury ama comporre poesie e testi di canzoni che insieme alla sorella canta con la sua bella voce accompagnandosi con la chitarra. È iscritta ad una scuola per estetiste a Firenze. Chi la conosce parla di lei come di una ragazza che affascina per la sua particolare sensibilità, la naturale eleganza, gli occhi pieni di luce. Ma anche di una persona che per la sua determinazione a seguire Gesù, lascia spiazzati. È fidanzata con Marco e insieme fanno progetti per il futuro. Nel 2004, a 25 anni, una grave e fulminante malattia autoimmunitaria le cambia l’esistenza. Quattro anni più tardi detta ad un’amica una lettera a Chiara Lubich nella quale descrive la sua situazione: «Ho una rara malattia che mi ha portata a difficoltà motorie, nell’uso della parola e a forti dolori – a volte lancinanti – alle ossa e ai muscoli. In questi anni, grazie al sostegno dei miei ‘nonni’ Raffaella e Roberto, a quello dei giovani del focolare e di tanti del Movimento, ho cercato di trasformare i momenti di dolore in “gocce” d’amore per Gesù: le lunghe degenze in ospedale, le cure, i controlli. Nel periodo di Natale sono stata accolta in una struttura vicino a Firenze per la riabilitazione. Ma una broncopolmonite alimentare mi ha costretta ad un nuovo ricovero in ospedale. Ho tanto sofferto, non solo fisicamente. Mi chiedevo perché proprio io in questa situazione. Sono la più giovane del reparto, devo essere alimentata tramite sondino, tenere la maschera dell’ossigeno. Ho visto infrangersi tanti sogni: il matrimonio, il lavoro, il desiderio di viaggiare, suonare la chitarra, cantare. A volte sento Gesù lontano; mi rivolgo a Maria, ma anche lei non è vicina a me. Ma sempre mi arriva la risposta: da una riflessione, uno scritto spirituale, una parola dettami da chi mi viene a trovare. E mi torna la pace e con essa la forza di dire “per Te Gesù” in ogni situazione, come passare la notte in bianco per i forti dolori. Non voglio mollare. Chiedo a Gesù di aiutarmi a farcela e a realizzare il disegno che Dio ha su di me. Vorrei tanto farmi santa!».
La comunità del Movimento si attiva in mille modi: dal sostegno economico e morale ai suoi genitori, all’alternarsi accanto a lei anche con momenti di festa e di condivisione; mentre dal suo letto Sengsoury diffonde un amore unico. Ad un gen confida: “C’è solo il presente!” e con un filo di voce si mette a cantare rivolta a Gesù “O’ sole mio”. È sempre più determinata ad offrirgli ogni sofferenza e di trasformarla – come ama dire – in “pepite d’oro”. Il 16 settembre 2008 entra in terapia intensiva. Nei giorni che precedono la sua dipartita, il 24 settembre, diventa più che mai quel “raggio di sole” che sconfigge ogni tenebra ripetendo tanti “sì” a Gesù. Chi le sta vicino li percepisce da un cenno degli occhi o una stretta di mano. Per loro, per il personale del reparto e per tutti i giovani del Movimento, anche lontani, che l’accompagnano con la preghiera, Sengsoury è – come indica il suo nome – un vero “raggio di sole”, un esempio luminoso, autentica testimone del Vangelo fatto vita. (altro…)
Ott 24, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
I pullman carichi di giovani si inerpicavano con fatica sulle strette vie che salgono da Incisa Valdarno (Firenze) verso Loppiano. Una fila interminabile e inattesa che rischiava di far saltare ogni prevista organizzazione: ma chi si aspettava che arrivassero 10.000 giovani per quella che è poi diventata una grande festa destinata a ripetersi ogni anno e in città diverse del pianeta? Una vera invasione che lasciò a bocca aperta e ad occhi spalancati i pochi abitanti del piccolo paesello toscano. Nasceva, in un giorno di un sole primaverile che spaccava i volti e i cuori (dopo una vigilia di vento e pioggia), il primo Genfest della storia! E io c’ero! Sì, io c’ero! “Vivir para contarlo” (vivere per raccontarla), direbbe García Márquez. Ho davanti a me quell’anfiteatro naturale di Loppiano, gremito da giovani provenienti dall’Italia e alcuni paesi europei (con tante ore di viaggio sulle spalle) e da rappresentanti di tanti paesi del mondo: come me, che arrivavo dall’Argentina.

Don Pasquale Foresi portava un messaggio di Paolo VI
La festa di questa “generazione nuova” (da qui il nome Genfest) che si autoconvocava seguendo l’invito di Chiara Lubich a vivere per costruire un mondo unito, l’abbiamo aperta con una canzone del complesso internazionale Gen Rosso, di cui facevo parte. Canti, danze, testimonianze, interventi … tutto era motivo di festa, mentre si istallava nel cuore la certezza che il mondo un giorno sarà unito, anche grazie al contributo di ognuno di noi. Tra tutti, l’intervento di Don Pasquale Foresi che portava un messaggio di Paolo VI in cui il Papa si diceva compiaciuto del Genfest e manifestava l’augurio che l’evento “contribuisca a formare una sempre più chiara coscienza della responsabilità che il Vangelo comporta nella propria vita”. 
Partecipanti dal Sud Africa
Erano i tempi della contestazione giovanile e don Foresi presentò il Vangelo come la più grande “rivoluzione” sociale. Pensai alle mie cugine che perseguivano anche loro una rivoluzione sociale, sulle orme del Che Guevara, alcuni anni dopo “desaparecidas” (si parla di 30.000 “scomparsi” in Argentina, giovani per lo più). Forse per questo fatto che mi toccava da vicino una canzone mi colpì particolarmente. Era stata composta e cantata nella stessa spianata due anni prima da Paolo Bampi, giovane trentino morto poco dopo per una grave malattia. Pur non avendolo conosciuto di persona, attraverso la sua canzone, era nato un rapporto ideale che mi sembrava mi legasse al Cielo: “Che cosa volete, che cosa cercate … volete un Dio? Io lo sono! Volete un Uomo? Io lo sono!”. Mi sembrava di avere trovato, come lui, in Gesù, la Via. 
Il gruppo argentino
Ricordo ad un certo punto una donna con un sorriso mesto, quasi tremante davanti al microfono. Il suo silenzio si diffuse a macchia d’olio sul prato e i 10.000 giovani sembravano diventati una sola persona. Cominciò a parlare con una forza incredibile: “Dio è Amore e ci ama immensamente”. Era Renata Borlone, tra le prime a seguire la strada del focolare, oggi serva di Dio. Con Antonio, anche lui argentino, abbiamo cantato Humanidad: “Una nuova aurora s’annuncia …, sveglia Umanità, saluta il nuovo sole che si alza …”. Finivamo rivolti a Dio con un “gridaci ben forte: credete nell’Amore”. I volti arrossati dal sole, nonostante i cappellini cinesi che avevamo improvvisato a tempo di record, rendevano visibile il fortissimo “marchio” che aveva segnato le nostre anime. Siamo partiti con la certezza che “s’annunciava una nuova aurora”, che un mondo unito era possibile perché l’avevamo sperimentato già tra noi in quello storico 1° maggio 1973.
Gustavo Clariá
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Ott 16, 2017 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Anche quest’anno la “Festa dei Giovani”, che coincide con l’inizio della primavera dell’Emisfero Sud, ha lasciato il suo segno. Il 23 e 24 settembre, più di 1000 giovani provenienti dall’Uruguay, dal Paraguay e da varie regioni argentine, invadono la cittadella immersa nella Pampa argentina, per vivere un’esperienza di fraternità che lascia un segno indelebile. Quest’anno, però, si guarda più lontano: a Manila, dove si svolgerà il Genfest 2018 con giovani di tutto il mondo.
Usando il format di un videogioco, i giovani affrontano via via alcuni temi che incidono sulla loro vita quotidiana: l’apparenza, l’individualismo, le scelte e il consumismo; sono i livelli che i 4 protagonisti sulla scena devono attraversare per arrivare a superare insieme l’ultimo livello. I valori dell’accettazione di se stessi, della solidarietà, dell’impegno nei confronti di quanto la coscienza suggerisce a ciascuno e della condivisione, sono le chiavi che permetteono di superare i vari livelli. Ma, spesso, bisogna fare i conti con il passato che trascina indietro e con il futuro che paralizza. Resta quindi un’unica opzione: vivere il presente e, in quell’attimo, “prendere il controllo” e resettare la propria storia.
L’inventore del gioco rivolge ai protagonisti e ai partecipanti alla Festa, una domanda sfidante: Resettare sì, no? La risposta resta aperta. Il videogioco finisce e diventa una metafora della vita, che mette i presenti davanti all’esigenza di attraversare le tante situazioni che si trovano nel quotidiano per crescere e raggiungere le proprie mete. Il gioco diventa la vita reale. “Resetta il tuo mondo, hai tu il controllo”, è lo slogan dell’incontro che, insieme alla canzone composta proprio per l’occasione, costituisce il messaggio che la Festa dei Giovani 2017 lascia nel cuore di tutti i partecipanti. Anche in chi sarà presente al Genfest delle Filippine in rappresentanza di tutti. (altro…)
Ott 5, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Dopo essermi laureata in lingue e relazioni internazionali, sono partita per il Libano per proseguire lo studio dell’arabo e immergermi finalmente in quella realtà mediorientale che tanto mi affascinava. Forse è strano iniziare a raccontare un’esperienza partendo dalla fine, dal momento del distacco, ma è proprio in questi momenti che più si capisce la portata dell’esperienza vissuta. Preparando il ritorno in Italia, il mio pensiero è tornato all’inizio e mi sono chiesta come fosse possibile che il mio tanto atteso e amato anno in Medio Oriente fosse già finito. Ho cercato di ricordare la persona che ero undici mesi prima, pensando quasi con incredulità all’inquietudine che mi aveva preso prima della partenza, quando, nonostante sapessi già che il Medio Oriente non è solo quello che si vede in televisione, vedendo le reazioni spesso impaurite delle persone che scoprivano il mio progetto, mi sono chiesta se partire fosse un’idea sensata. Volendo però assicurarmi che i miei dubbi non avessero origine solamente dalla paura, sono partita! Ho ricordato la ragazza che muoveva i primi passi nella caotica Beirut con l’impressione che tutti la guardassero perché straniera. Nel giro di pochissimo tempo, però, le persone mi fermavano per strada chiedendomi informazioni in arabo, scambiandomi per una libanese. Forse era più il mio sguardo prevenuto nei loro confronti che non il contrario! All’inizio emergeva involontariamente la diffidenza nei confronti del nuovo ambiente, che mi impediva di uscire da me stessa e voler bene alle persone che mi passavano accanto: non avevo ancora capito che l’ambiente che mi circondava era semplicemente diverso e non pericoloso.
Mi sono resa conto di quanto il mio sguardo nei confronti del Libano sia cambiato nel corso dell’anno: dapprima coglievo soprattutto le differenze rispetto all’Italia; poi, mi sono velocemente innamorata di questo paese, della sua ricchezza e varietà religiosa, culturale, paesaggistica e storica; di un popolo che, nonostante il recente passato doloroso, è stato in grado di vivere nuovamente, cristiani e musulmani, fianco a fianco; della spontaneità e dell’accoglienza della sua gente e… della sua fantastica cucina! Ho poi faticato a recuperare un po’ di obiettività nel guardare ad un paese che, come tutti gli altri, vive le sue contraddizioni, come grande povertà e ricchezza ostentata che convivono a poca distanza. Col pensiero ho ripercorso il mio anno in Libano, durante il quale molti aspetti della vita che dall’Italia sembrano pericolosi o strani, una sfortuna o un disagio, sono diventati parte della mia quotidianità (per niente infelice, anzi!), fino al momento dei saluti. Quando ho detto ai bambini siriani rifugiati che aiutavo nei compiti che sarei tornata in Italia, mi hanno salutato con un semplice “ciao”, facendomi capire che siamo tutti importanti e nessuno indispensabile. Rendermi conto che probabilmente non saprò mai cosa ne sarà di loro è stato un grande dolore. Ho dovuto salutare gli amici conosciuti, a cui devo così tanto, sperando con tutto il cuore di rivederli, ma senza poterne essere davvero sicura. È stato uno strappo capire che tra noi stava calando di nuovo la distanza, non solo geografica, ma soprattutto burocratica. Lasciarli sapendo che tra me e loro tornavano ad esserci una frontiera e visti con procedure a volte esasperanti è stata una sensazione insopportabile. Avevo intuito fin dall’inizio che sarebbe finita così, ma vivere il momento del distacco è stato davvero difficile. Ma adesso so che questo dolore è il prezzo da pagare per essere “uomo-mondo”, come diciamo noi gen. Ora, dopo aver lasciato pezzi di cuore in giro per il mondo, un mondo unito non è più solo qualcosa che sarebbe bello ci fosse: un mondo senza frontiere diventa un’esigenza. (altro…)
Ott 4, 2017 | Chiara Lubich, Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
World Trade Centre
Metro di Manila, Filippine, 6-8 luglio 2018. L’appuntamento è per migliaia di giovani da tutto il mondo, mossi da un’idea che, come un chiodo fisso, informa la loro vita e le azioni sociali cui danno vita: costruire un mondo unito e solidale. Il Genfest 2018 Beyond all borders è un invito a far crollare i confini, i limiti, le barriere che ostacolano questo processo. Nato nel 1973 da un’idea di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, in oltre 40 anni il Genfest ha raccolto decine di migliaia di giovani. Quella del 2018 sarà l’undicesima edizione, la prima fuori dall’Europa. Nella sua lunga storia, ogni Genfest ha segnato una tappa e visto la concretizzazione di molti progetti: tra questi l’idea delle Giornate mondiali della gioventù, iniziate nel 1985; la nascita nello stesso anno dei Giovani per un Mondo Unito (GMU); la Settimana Mondo Unito, operativa dal 1996, per evidenziare le iniziative che promuovono l’unità, a ogni livello, nel mondo; e infine, dal 2012, l’United World Project, grande osservatorio permanente di tutte le buone pratiche a livello planetario. Il prossimo Genfest precederà di poco il Sinodo sui giovani, che si svolgerà a ottobre 2018. Incontrando gli organizzatori, presenti in questi giorni a Castelgandolfo (Roma) all’incontro dei delegati nel mondo del Movimento dei Focolari, abbiamo raccolto notizie “di prima mano”. Ding Dalisay rappresenta all’assemblea le Filippine: «Con grande gioia abbiamo avuto l’appoggio del presidente della Conferenza episcopale filippina che ci incoraggia a lavorare per portare la realtà del Genfest a più giovani possibili. Già da un po’ di tempo i giovani delle Filippine stanno girando con dei caravan per presentare il Genfest nelle parrocchie, nelle università e in altri posti. Abbiamo una grande speranza che tanti giovani verranno». Carlo Gentile, delegato delle Filippine insieme a Ding: «Sarà il primo Genfest in Asia, quindi sarà molto importante per l’aspetto dell’interculturalità. Chiara Lubich definiva il Genfest una “cascata di Dio”. Ci aspettiamo un evento meraviglioso, preparato per offrire a tutti i giovani che vengono dall’Asia, ma non solo, un’esperienza profonda, immersa nella cultura asiatica».
Una mobilitazione mondiale è già cominciata. Molti i contatti con altri Movimenti, come quelli con i giovani della Rissho Kosei-kai, associazione laica buddhista giapponese, con sei milioni di seguaci, e con lo Youth World Peace Forum, che celebrerà il proprio meeting annuale a Manila nello stesso periodo del Genfest. In alcune aree del mondo si pensa a replicare il Genfest con delle iniziative locali. Una commissione composta da 30 giovani, rappresentanti delle diverse aree geografiche del mondo, con il coordinamento della segreteria internazionale dei Giovani per un Mondo Unito, è già al lavoro. Kiara Cariaso e Diego Lopez spiegano: «Stiamo lavorando per poter far arrivare al Genfest di Manila giovani da tutto il mondo. Ci sono già tante attività, non solo nelle Filippine, perché sarà un evento planetario, lo costruiamo tutti insieme». «Infatti – le fa eco Diego – raccogliamo idee che arrivano da giovani di tutti i Paesi, lavoriamo insieme, e le facciamo arrivare nelle Filippine». Spiegano: «Il Genfest 2018 si articolerà in tre fasi: la prima, precedente alla manifestazione, con la possibilità per molti giovani di varie parti del mondo di conoscere le culture asiatiche. Un’esperienza interculturale, interreligiosa e sociale unica, che si svolgerà in diversi Paesi del continente asiatico. A questa seguirà l’evento centrale di Manila, dal 6 all’8 luglio, a cui desideriamo possano partecipare giovani da ogni parte del mondo, in modo da rendere in qualche modo presente la propria realtà e allo stesso tempo riportare alla comunità di origine l’esperienza e l’impegno preso a Manila. Infine, un “post Genfest”, soprattutto per i giovani asiatici, che darà modo di testimoniare un’“Asia unita per un mondo unito”. Sarà un’esperienza bellissima per 800 giovani nella cittadella di Tagaytay». Sito ufficiale: y4uw.org/genfest (altro…)