Feb 15, 2017 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Un viaggio per conoscere e scegliere cosa fare per cambiare il corso della storia, diventando un nodo della rete mondiale che vede i GMU impegnati accanto ad altre associazioni e gruppi. Le azioni dei GMU, i “frammenti di fraternità”, sono raccolte nello United World Project, che dal 2012 mette in rete gente di tutte le latitudini che ha scelto la fraternità universale come stile di vita.
Programma del Meeting che precede la Settimana Mondo Unito (1-10 maggio 2017) che inizierà con l’evento del Primo Maggio
2 giorni per incontrarsi, riflettere, imparare, contaminarsi, progettare un mondo nuovo in cui la Pace sia legge universale; 800giovani di tutto il mondo, sono i Giovani per un Mondo Unito; 3 Workshop su accoglienza e integrazione; impegno sociale; la pace nell’arte; 4 Forum su: Pace e tradizioni religiose; Economia e Politica; Educazione alla pace; Pace e Natura.
29 aprile
15.00 –
Accoglienza: Pace nel mondo 17.00 –
Pace nei nostri Paesi e città 18.45 –
Incontri di gruppo 21.15 –
Serata 30 aprile 9.15 –
Pace interiore 10.45 –
Dialogo 12.30 –
Preghiera 15.00 –
Workshop & forum 18.45 –
Incontri di gruppo 21.15 –
Serata Organizzazioni partner: Istituto Universitario Sophia, Non Dalla Guerra, Nuovi Orizzonti, Rondine, A.M.U., Italia che cambia, EdC, Living Peace, Eco One, DanceLab, Centro La Pira (Firenze), Giovani Musulmani, Gruppo Assisi, Barbiana.
Info e prenotazioni: www.primomaggioloppiano.it – FB primomaggioloppiano https://www.facebook.com/primomaggioloppiano/videos/1347355652005288/
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Feb 9, 2017 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Ero alla fine degli studi secondari. Fin da piccolo, da quando ascoltavo i racconti di uno zio missionario in Congo, ero affascinato dall’Africa. Non mi piaceva lo stile di vita borghese della società belga, di fronte alle povertà e ingiustizie sociali diffuse nel mondo. Mi interessava il pensiero di Julius Nyerere (di cui è in corso il processo di beatificazione, ndr), primo Presidente della Tanzania. Il suo concetto di Ujamaa (in swahili ‘essere famiglia’) fu alla base delle politiche di sviluppo economico-sociali che, dopo il raggiungimento dell’indipendenza dalla Gran Bretagna, avevano portato in Tanzania alla costruzione di una pacifica coesistenza fra tribù e gruppi etnici. Il suo pensiero si basava sulla tradizione africana e sull’esempio delle prime comunità cristiane narrate negli Atti degli Apostoli. Chiesi di entrare tra i Padri Bianchi, non tanto per un discernimento vocazionale, ma perché lavoravano in Tanzania. Ci accordammo per un anno di conoscenza. Arrivato nella loro casa, presso l’Università di Lovanio (Belgio), a loro insaputa cominciai a far parte di un gruppo maoista di estrema sinistra. Organizzavamo iniziative in favore dei paesi del terzo mondo e per l’indipendenza di Angola e Mozambico. Durante una dimostrazione, la polizia trovò il mio nome su dei volantini e vennero a interrogarmi. Pensai che per me sarebbe stato meglio cambiare completamente strada. Oltretutto ero deluso dei miei amici, perché solo io stavo pagando il prezzo delle nostre azioni. Invece, il direttore spirituale mi invitò a restare e a conoscere un gruppo di studenti che si riuniva mensilmente da loro. Li avevo intravisti, mi sembravano con la testa fra le nuvole, parlavano di Gesù e di Vangelo. Ma accettai. La prima volta che partecipai a un loro incontro ascoltai in silenzio. Raccontavano come cercavano di praticare il Vangelo. Alla fine mi chiesero che ne pensassi. «Il Vangelo esiste da duemila anni e il mondo è ancora pieno di ingiustizie, sfruttamenti e oppressione». «Se vuoi cambiare il mondo, comincia da te stesso», mi rispose uno di loro. Non seppi che controbattere. «Da dove?», chiesi. Mi diede in mano la Parola di Vita di quel mese: «Non giudicare e non sarai giudicato». Il giorno dopo, per quanto ci provassi, mi scoprii a giudicare sempre gli altri. Non faceva per me. Tornai a trovarli, per dire che era impossibile non giudicare. Mi esortarono a non scoraggiarmi e a ritentare dopo ogni fallimento. Tornato a casa, pregai Gesù Eucaristia: «Se Tu vuoi che io viva così, aiutami, perché da solo non posso fare nulla». Trascorso l’anno accademico, ero sicuro che i Padri mi avrebbero chiesto di andarmene. Invece mi dissero che avevano notato un cambiamento in me e che, se volevo, avrei potuto iniziare la formazione. Attraverso il contatto frequente con quei giovani, i gen, che vivevano la comunione dei beni fra loro, e con l’aiuto del responsabile dei Focolari in Belgio, ho trovato la mia strada e sono diventato missionario. Vivere per gli altri mi dava una grande gioia ed è così che ho scoperto il grande ideale dell’unità di Chiara Lubich e del Movimento. Prima di partire per l’Africa, nell’82, sono stato ordinato sacerdote. La sfida più grande è stata quella di cercare un dialogo profondo con la popolazione del posto, praticando l’arte di “farsi uno”. Ho studiato la loro lingua e la cultura locale, per appropriarmi dei costumi della gente. Sperimento che, alla luce del Vangelo, tutto ciò che è bello, buono e vero viene sollevato a un livello più alto, il resto pian piano scompare. (altro…)
Feb 2, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
In Slovenia, non appena inizia dicembre l’atmosfera natalizia comincia a farsi sentire. Nelle comunità dei Focolari , tanti hanno imparato a fare corone dell’avvento, per poi venderle e destinarne il ricavato in solidarietà. Il 6 dicembre qui si festeggia S. Nicola che va portando sacchi pieni di doni. È un’occasione per far sperimentare alle famiglie in necessità l’inventiva della Provvidenza, raccogliendo e ridistribuendo fra tutti, quanto non è sempre così necessario. Uno scambio nel quale, staccandosi da qualche oggetto caro per farlo diventare dono per altri, si sperimenta la tipica gioia che nasce nel ‘dare’. E mentre qualcuno delle varie comunità va a consegnare alle iniziative umanitarie del territorio il ricavato delle “corone”, come tutti gli anni i Giovani per Un Mondo Unito si recano all’Arche (il Movimento di Jean Vanier), per una singolare esperienza di condivisione. In altre località vanno a visitare il centro per mamme sole, portando loro calore e gioia. Le date di queste iniziative vengono prima postate su Facebook, con l’invito ad altri giovani a partecipare, così si ritrovano in tanti a raccogliere e portare doni. I
più piccoli, invece, si organizzano per offrire nelle strade le statuette di Gesù Bambino fatte da loro. Non è una vendita. Lo fanno per riportare l’attenzione sul vero Festeggiato del Natale. Ma sono poi in tanti a lasciare loro un’offerta, che essi devolvono ai bambini poveri. Per questa loro azione scelgono per lo più i centri commerciali, ma vanno anche nelle case-alloggio per anziani, dai parenti, dai vicini di casa, alle messe di mezzanotte. Con la loro gioia contagiosa hanno anche imparato a fermare i passanti per strada. In una cittadina si ferma da loro anche il sindaco. In un centro commerciale dove sono in azione i Gen 4, i più grandi (Ragazzi per l’Unità) approfittano per fare un flashmob natalizio, dando man forte ai piccoli che riescono così a distribuire ben 125 statuette. In 18 località slovene si fissa anche una data per prepararsi al Natale, tutta la comunità locale insieme, con la partecipazione complessiva di 1.300 persone, fra cui anche un vescovo. In una comunità si vuole vivere insieme anche il giorno dell’Epifania, andando a visitare Gesù Bambino in un’antica chiesetta sulla collina. Ad accompagnare il gruppo, attraverso un sentiero nel bosco, ci pensano i Magi che a loro volta seguono la stella. Nel tragitto si imbattono nel re Erode che prega i Magi di tornare da lui non appena trovato il Bambino. Ma ecco che un angelo appare loro per invitarli a tornare da un’altra strada. Cosa che farà anche tutto il gruppo, scegliendo un percorso alternativo. Dopo questa rappresentazione vissuta in prima persona, nessuno dimenticherà più come Gesù Bambino sia stato salvato dall’ira di Erode. Significative le rappresentazioni natalizie nelle due scuole materne slovene ispirate alla pedagogia dell’unità: “Raggio di Sole” di Škofja Loka e “Jurček” di Grosuplje, quest’ultima tenutasi nel Centro culturale della città. Pur essendoci tra i presenti molti che si dichiarano non credenti, il clima è intenso e partecipato. Con grande attenzione tutti seguono la narrazione scenica della Natività di Gesù e sono poi in tanti ad unirsi ai canti dei bambini e, alla fine, a non voler più lasciare la sala. (altro…)
Feb 1, 2017 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
Il Brasile è terra di contraddizioni: emblema di allegria, accoglienza, folklore, musica, natura incontaminata, spiagge, foreste lussureggianti, metropoli, da un lato. Ma dall’altro, come molti altri paesi del mondo, terra di contrasti, violenza, criminalità, squilibri sociali. Nelle città, il traffico di droga rappresenta una vera piaga sociale e causa di scontri armati. Oltre a questo, un alto tasso di femminicidi, prostituzione, mancanza di assistenza sanitaria, lavoro minorile, il basso grado di istruzione, il dilagare di situazioni lavorative simili a schiavitù generano livelli altissimi di disuguaglianza sociale, di cui favelle e zone periferiche povere, sono il segno più evidente. Qui salute e istruzione non sono garantite e per i giovani non esistono prospettive di educazione o lavoro, né possibilità di sviluppo sociale. Pochi si salvano dalle grinfie della malavita, in genere grazie all’intervento delle poche politiche pubbliche esistenti, ma soprattutto per il lavoro svolto dalle associazioni di assistenza sociale, da alcune parrocchie e chiese cristiane, le uniche che hanno veramente a cuore il destino dei poveri. Anche nella mia città (800 mila abitanti), ragazzi dai 13 ai 17 anni sono stati uccisi perché coinvolti in giri di droga. La voglia di amare il prossimo, di donarmi in particolare ai più scartati dalla società, mi ha spinto a impegnarmi con lo spirito del Focolare per 5 anni in un progetto sociale dell’archidiocesi di Teresina, il “Centro di Convivenza Nuovi Bambini”.
Il progetto, orientato ai bambini e ai ragazzi a rischio, cerca di offrire delle opportunità diverse. Nel tempo libero dalla scuola, un’ottantina di bambini e ragazzi (dai 5 ai 17 anni) frequentano i corsi di musica, danza, teatro, vengono accompagnati nello studio e nutriti, non avendo tante volte da mangiare a casa. Si tratta, spesso, di ragazzi orfani, molto poveri, provenienti da famiglie coinvolte in storie di droga e violenza. La loro vita cambia, a contatto con qualcuno che li accoglie e si prende cura di loro. Ho cercato anch’io di impegnarmi ascoltando tanti che hanno condiviso con me le loro sofferenze, per il rapporto che cercavo di costruire con ciascuno personalmente. Ad esempio, un ragazzo mi ha confidato i suoi problemi con la droga e mi ha chiesto aiuto per uscire dal tunnel in cui si trovava. Un altro mi ha raccontato che rubava per procurarsi i soldi. In molti casi abbiamo fatto intervenire la squadra dei professionisti che vi lavora, specie psicologi e assistenti sociali. Oggi tanti di quei ragazzi sono cresciuti, studiano e cercano di lavorare onestamente. Altri, continuano ad arrivare cercando un’opportunità per vivere meglio e essere amati, curati. Uno di loro, abbandonato dal padre, mi chiama “papà” ed io mi sono assunto questo ruolo. Un altro aveva sofferto varie forme di violenza e abbandono; avevamo trovato il modo di incanalare le sue energie con il judo e aveva dato una svolta alla sua vita. Addirittura voleva diventare un motivo di orgoglio per noi che l’avevamo aiutato. Un giorno, però, non è più venuto al centro di accoglienza. Abbiamo saputo che è entrato nuovamente in brutti giri e che un giorno, mentre era seduto davanti a casa sua, è stato ucciso. Aveva appena 15 anni. È stato un grandissimo dolore per tutti, anche per me per il rapporto che avevamo costruito insieme. Tanti altri ragazzi hanno fatto la stessa fine. Il progetto prevede anche momenti di formazione per educatori e ragazzi, secondo la spiritualità dell’unità. di Chiara Lubich, e incontri mensili della Parola di vita. Da questa esperienza ho ricavato che occorre dare continuità al recupero di questi ragazzi, operando in sinergia con lo Stato, le politiche pubbliche di salute e istruzione, con la società civile, con la chiesa. Che per vincere questa sfida occorre fare rete e dialogare a tutti i livelli: personale, nei gruppi, nelle comunità, fino ad arrivare alle istanze superiori della società. Ma iniziando dall’impegno personale, uscendo da noi stessi per andare incontro ai diversi tipi di periferie. Noi abbiamo già cominciato. (altro…)
Gen 27, 2017 | Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
La celebrazione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani a L’Avana ha avuto, come uno dei momenti forti, il “Festival ecumenico dei Giovani”. Evento giunto quest’anno alla terza edizione. Nato con lo spirito di coinvolgere i giovani più attivamente nel movimento ecumenico, il festival ha cominciato a prendere corpo e a diventare un appuntamento annuale dei giovani cristiani di L’Avana. La “Settimana” è stata animata dai settori giovanili del Movimento dei Focolari, della Comunità di Sant’Egidio e del Consiglio delle Chiese di Cuba. Ispirati dal tema scelto per quest’anno “L’amore di Cristo ci spinge” (cfr 2 Cor 5, 14-20) e preso come motto del festival, i numeri di danza, musica, drammatizzazione, hanno composto questa edizione che ha visto la presenza di circa 150 giovani. Provenienti da varie comunità di una decina di denominazioni cristiane, i ragazzi si sono trovati domenica 22 gennaio, nella sede della Comunità di Sant’Egidio, nel centro storico della capitale cubana. All’evento, fra gli altri, hanno partecipato rappresentanti del Consiglio delle Chiese di Cuba e Mons. Juan García, Arcivescovo di L’Avana, il quale, in un breve saluto, ha incoraggiato i giovani a riconoscersi membri di uno stesso corpo, di una stessa famiglia.
Una caratteristica di quest’anno è stato l’atmosfera di famiglia che si respirava nelle varie attività. Non era solo uno spettacolo dove ogni chiesa o comunità rappresentava un numero, così com’era nato il festival. Ma un evento realizzato da persone che si riconoscono sempre più fratelli, grazie al rapporto che si è andato costruendo ogni anno, tra un festival e l’altro, attraverso incontri, cene, celebrazioni e aiuto reciproco. Il gruppo che animava il festival era costituito da cattolici, battisti e pentecostali; il coro, formato da giovani di diverse chiese, accompagnava sia la canzone presentata da un cattolico sia la drammatizzazione ideata da una giovane pentecostale ed eseguita da un gruppo di ragazze cattoliche. «Il desiderio e la certezza di vivere l’unità, sono già una realtà», ha detto uno dei partecipanti. Alla conclusione è sorta spontanea l’idea che “il prossimo anno dovremmo fare il festival in un teatro pubblico”. Impressione che esprime il desiderio di testimoniare ad altri l’esperienza di unità vissuta. L’Avana, 22 gennaio 2017 (altro…)
Gen 25, 2017 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«A sei anni ho perso mio padre, è morto in guerra – racconta Ivona, della Croazia –. Questo è stato il periodo più difficile della mia vita che mi ha fatto chiudere in me stessa. Nel 2003 ho conosciuto il Movimento dei Focolari ed ho sperimentato l’atmosfera di gioia, l’amore, e ho trovato la forza per affrontare tutto e amare la vita anche quando è difficile. Quando avevo 13 anni il giorno prima di Capodanno ho perso conoscenza e sono finita in ospedale. Mentre aspettavo i risultati delle analisi improvvisamente nella mia mano ho trovato un piccolo rosario. Quando ci penso, oggi, credo che sia stato un segno di Dio per quanto avrei dovuto vivere. Mi è stata diagnosticata una forma emotiva di epilessia a causa dello shock che ho vissuto quando è morto mio padre. Per due mesi le mie notti sono trascorse nelle lacrime. Una sera quando stavo pregando il rosario, ho sentito che non ero sola, che Gesù capiva il mio dolore. In quel momento ho compreso il significato delle parole di Chiara Lubich quando si riferisce a Gesù nel momento del suo abbandono in croce: “… Il Suo è mio e nient’altro. E Suo è il Dolore universale e quindi mio … Ciò che mi fa male è mio … Mio il dolore delle anime accanto (è quello il mio Gesù)”. Da quel momento sono andata avanti nella vita con pace e gioia, ma soprattutto ho vissuto con Gesù. Attraverso la malattia, ho sperimentato che Gesù abbandonato ha illuminato ogni tenebra – come dice Chiara – e accompagnato ogni mia solitudine. Ho accettato la mia malattia e mi sento amata da Lui».
«Mi chiamo Zin del Myanmar e sono una Gen buddhista. Da settembre mi trovo nella Scuola Gen di Montet, in Svizzera. Quando dico che sono buddhista, la gente mi chiede com’è vivere con le altre Gen che sono tutte cristiane. Per me è facile accettare che seguiamo delle diverse religioni. Solo quando le altre Gen pregano o vanno alla messa, mi accorgo di essere diversa. Per il resto siamo uguali: delle sorelle che abitano nella stessa casa. Ci piace amarci a vicenda secondo come ognuna intende l’Amore: nel buddhismo è piuttosto compassione, gentilezza e dimenticanza di sé. Per i cristiani è ‘l’amore al prossimo’, ‘al nemico’, ‘l’amore reciproco’, ‘a Gesù abbandonato’. Pur costatando la diversità nel nostro modo di manifestare l’amore, “essendo l’amore” come meta comune, esperimentiamo l’unità». «Sono Lilia Mayrleny, della etnia Maya Kaqchikel del Guatemala, originaria del popolo di Patzun. Sono maestra di educazione infantile interculturale bilingue Kaqchikel (la mia lingua madre) e spagnolo (la mia seconda lingua). Il mio paese è multiculturale e multilingue. Multiculturale perché costituito da quattro culture: Maya, Garifuna, Xinca e ladino; e multilingue perché si parlano 22 lingue maya. Ho conosciuto il Movimento dei Focolari quando ero piccola negli incontri Gen 4. Cerco di portare l’ideale dell’unità nella vita quotidiana. Studio all’Università grazie ai miei genitori, che vivono con me la spiritualità del Focolare, e che mi hanno sostenuto per continuare i miei studi. Questa è una grande conquista, perché non tutte le donne della mia comunità possono continuare gli studi, per la cultura maschilista che esiste. Per noi della cultura Maya sono importanti la verità, la lealtà, il rispetto e l’amore. In alcuni momenti mi sono sentita molto sola e senza risposte ai miei “perché?”. Cercando, però, di vivere il Vangelo ho scoperto che il dolore, le tristezze, le delusioni, i dubbi, le situazioni impreviste o di debolezza, le prove della vita, perfino l’inganno, sono tanti volti che Gesù ha sofferto in croce abbandonato. Quando riesco a riconoscerlo e ad amarlo, le situazioni difficili si trasformano e mi nasce la pace». (altro…)