
Il carisma di Chiara, motore di trasformazione sociale
Accedi ai contenuti dell’evento “L’attrattiva del tempo presente” (3 marzo, Castelgandolfo – Roma): http://chiaralubich.10anni.focolare.org

Il progetto “Fare sistema oltre l’accoglienza”
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Il progetto “Fare sistema oltre l’accoglienza”
«Per quanto sia ricca l’Africa, altri sembrano beneficiare più di lei di queste ricchezze. Nel concedere contratti di estrazione dei minerali alle multinazionali ad esempio, c’è un gioco di interessi, in cui ‘compensi’ e ‘compromessi’, ‘arrangiamenti’ e ‘ringraziamenti’ hanno come conseguenza lo sfruttamento del paese produttore, senza un vero aumento del livello di vita delle popolazioni». Raphael Takougang, avvocato camerunese di Comunione e Diritto, dipinge con forti pennellate il quadro della realtà che si vive oggi in Africa: «La corruzione in Africa non è solo opera di singoli cittadini, ma è soprattutto un modo consolidato con il quale le potenze economiche “creano” e sostengono despoti purché siano pronti a proteggere i loro interessi, con la complicità silenziosa della comunità internazionale». A pagare sono sempre i più poveri. Takougang non si limita alle sole denuncie, anzi, nonostante tutto si dimostra ottimista «perché sta nascendo una nuova generazione di leader politici in Africa che ha capito che … dovrà principalmente essere il cittadino a controllare l’azione di chi lo governa … per assicurare la difesa dei diritti fondamentali dei popoli africani alla vita, all’educazione, alla salute, al bene spirituale e materiale». Patience Lobé, ingegnere – responsabile mondiale delle volontarie che, insieme ai volontari, animano Umanità Nuova – durante tutto il suo mandato come dirigente presso il Ministero dei Lavori Pubblici in Camerun ha subito pesanti minacce: «Per la concezione africana della solidarietà chiunque ha bisogno deve essere soddisfatto: per questo motivo passavano continuamente persone nel mio ufficio, chi per chiedere un lavoro, chi per chiedere un sostentamento. Durante la mia permanenza come responsabile di quell’ufficio non c’è stato giorno in cui non sia stata tentata o minacciata. La corruzione è un virus diffuso, contagioso, difficile da estinguere. Come tutti i virus, serve un vaccino per poterlo debellare. Il vaccino potrebbe essere rappresentato da un vero cambiamento di mentalità: l’educazione a una cultura diversa da quella consumistica, che trova nel possesso dei beni e nell’avere l’unica via alla felicità».
Allo stesso modo, non è facile avviare percorsi e buone pratiche nel campo della lotta all’illegalità nella gestione della denaro pubblico. Françoise, funzionaria francese presso il Ministero delle Finanze, racconta: «Per la varietà delle situazioni, dei servizi pubblici e delle questioni che devo trattare non è sempre facile mantenere il discernimento, difendere la legalità, sostenere le buone pratiche di gestione o semplicemente essere coerente con i principi di onestà (anche intellettuale), rettitudine, cooperazione e solidarietà con i colleghi. Ma l’esperienza di lavoro nel corso degli anni mi ha confermato che, ogni volta che sono stata fedele a questi valori, ho scoperto sempre nuovi orizzonti, nuovi modi di fare, le situazioni si sono risolte e l’unità tra istituzioni e persone è stata possibile». Paolo, dirigente presso il Comune di una grande città italiana, aggiunge: «Non dobbiamo dimenticare che come pubblici dipendenti il nostro compito primario è quello di dedicarci al bene della collettività in tutti i suoi aspetti, assumendo il peso delle responsabilità che ne derivano. Ogni azione deve essere conforme a dei principi e dei valori senza i quali non si può vivere insieme, favorendo il benessere e il progresso umano di tutti i cittadini». Lotta alla corruzione, quindi, ma non solo. Diffusione di buone pratiche, rispetto dei diritti del cittadino e dei suoi bisogni, ma anche accoglienza, capacità di mettersi in rete con altre istituzioni: sono queste le grandi sfide per chi lavora nella Pubblica Amministrazione. Ne sono convinti i partecipanti al convegno, che le hanno fatte proprie per continuare a portarle avanti ogni giorno. Semi di una cultura della legalità che frutterà, senza far rumore, nel loro Paese. (altro…)
Emergenze continue, ma anche solidarietà e desiderio di ripartire. In Venezuela, un difficile quadro socio politico, l’inflazione alle stelle, l’aumento persistente del numero di persone in stato di povertà estrema, la mancanza per molti del necessario, gli scontri violenti. A Cuba e Portorico, dopo il passaggio dell’uragano, una difficile ricostruzione, l’esodo di migliaia di persone, la mancanza di elettricità, acqua potabile e comunicazione. Eppure, anche in mezzo a difficoltà estreme, la vitalità del popolo caraibico e la volontà di ricominciare non mancano. María Augusta e José Juan, della comunità dei Focolari della zona dei Caraibi, riferiscono: «La situazione generale in Venezuela è molto dolorosa, per la mancanza di cibo, medicine, per l’impotenza e la precarietà sempre più grandi e, in più, anche per il continuo esodo di persone che lasciano il Paese. L’elenco di nostri amici che sono già partiti, e di altri che si stanno accingendo a farlo, è lungo. Nonostante questo dobbiamo “rimanere ai piedi della croce”, in mezzo a tanto dolore, ma con la speranza nella resurrezione. Resurrezione che già vediamo nelle persone, nella loro profondità e nella solidarietà evangelica che le anima». Ofelia, a nome della comunità venezuelana, racconta: «Non è facile trovare soluzione ai problemi che stiamo vivendo, come la carenza di cibo, vestiti e medicinali. Ma abbiamo vive nel cuore le parole di Gesù “Date e vi sarà dato”, che possiamo vivere giorno dopo giorno. Se qualcuno non ha niente da mangiare, condividiamo il pacchetto di riso o le medicine e tutto ciò che ci arriva in mille modi. E tra coloro che ne hanno più bisogno circola tutto, senza distinzione. Ognuno pensa e tiene presenti gli altri, la vita circola e la comunità cresce. In mezzo alla violenza e alla precarietà di ogni giorno, la presenza di Gesù tra noi è come una fiamma che attrae e dà speranza».
Sulla situazione della comunità presente a Cuba, sono sempre María Augusta e José Juan a dare notizie: «Lo scorso fine settimana, a Santiago, si è tenuta una Mariapoli con circa 200 persone, un segno della vita che sorge sempre nuova in mezzo alle difficoltà che tutti devono affrontare». E sulle comunità di Porto Rico: «Come sapete bene, vivono dei mesi veramente tragici per i devastanti effetti dell’uragano che ha distrutto l’isola. Da lì riceviamo continue e commoventi testimonianze d’amore evangelico e di solidarietà tra tutti». Eccone alcune: «56 giorni senza luce e acqua per soli 30 minuti al giorno. Non è facile lavorare in ufficio col grande caldo, ma si può! La torcia illumina un po’, le bottiglie d’acqua si possono esporre presto al sole e a mezzogiorno hai già un po’ di acqua tiepida per lavarti. Per il forte caldo… un ventaglio o dello spray con acqua e alcool rinfresca per un pò…». «Alcuni giovani del Movimento e della parrocchia Inmaculado Corazón de María del paese di Patillas, insieme agli studenti del Colegio San Ignacio, hanno distribuito razioni di alimenti alle comunità bisognose. Complessivamente 237 sacchi di viveri». «La mia esperienza a Palma Sola è stata molto forte a causa della distruzione e della mancanza di tutto. Mettermi a servizio, insieme alla mia famiglia, è stata la cosa più bella che ho fatto nella vita». «Abbiamo sempre qualcosa da dare, valutando bene ciò che ci occorre e offrendo con gioia il resto a chi ne ha bisogno». «Siamo andati alla comunità di Recio del ‘barrio’ Guardarraya di Patillas. Era difficile arrivare per via delle strade distrutte dell’uragano. Cominciando dalla periferia dove la devastazione era totale, aggiungendo povertà a quella che già c’era, abbiamo trovato anziani con i volti stanchi e scoraggiati, persone con problemi di asma, ulcere nelle gambe, diabete (e il problema di come conservare l’insulina in assenza di energia elettrica), pressione alta. Un bambino aveva una allergia sulla pelle… Si è cercato di riutilizzare l’antico acquedotto comunitario per supplire alla mancanza d’acqua». «A Gurabo c’è stata la possibilità di conoscerci meglio con i nostri vicini, mentre li aiutavamo nelle loro necessità». «Andare avanti e rimetterci in piedi non dipende solo dal Governo, né dai militari, né da aiuti esterni. Dipende anche da noi, da me, da te. Insieme ce la faremo!». (altro…)
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Masaka, Kampala, Entebbe, il grande Lago Vittoria. È la geografia degli spostamenti di Henry nella sua Uganda, la “perla d’Africa”. Dal villaggio natio agli studi di Economia all’Università della capitale, fino alle sponde del lago più grande del continente. Così vasto da contenere più di tremila isole. Da qui sgorgano le acque del Nilo Bianco che confluiscono nel fiume africano più lungo, il Nilo. Tutto ha dimensioni grandiose in Uganda: i parchi, le foreste impenetrabili, le riserve naturali. Anche i sogni di Henry sono grandi. «A Masaka, dove frequentavo l’Università, avevo notato che la gente non aveva più il tempo per cucinare». Per risolvere questo problema Henry progetta e avvia una azienda per la produzione di prodotti a base di carne e pesce. A soli 24 anni, insieme ad altri due coetanei, Henry fonda, a Entebbe, la “Sseruh Food Processing Company Ltd”. Dall’altra parte del mondo, in Argentina, un altro imprenditore, Gonzalo Perrin, già da qualche anno ha avviato un’azienda, la “Pasticcino”, che produce biscotti per diverse catene di caffetterie e torrefazioni di caffè. Spinto dallo spirito dell’Economia di Comunione, Gonzalo si è trasferito nel Polo “Solidaridad” della cittadella “Mariapoli Lia”, promuovendo, con la sua attività, una cultura improntata ai valori della reciprocità, dell’attenzione alle persone svantaggiate e all’ambiente.
Giunge inattesa la benedizione di papa Francesco agli abitanti della Mariapoli Victoria, una piccola oasi di pace nella città di Man, in Costa d’Avorio, che nei giorni scorsi ha celebrato il Giubileo d’argento. Con un “grazie per l’opera di Evangelizzazione compiuta in questo luogo” Francesco invita a “perseverare coraggiosamente nel servizio dell’unità e della concordia tra gli uomini”, e a proseguire “sul cammino di una fraternità sempre più universale”. Di episodi di fraternità, questo luogo è costellato, a partire dai giorni – passati alla storia – della guerra civile (2002-2003) quando gli abitanti – anche bianchi ed europei, gente di cui si poteva diffidare – hanno deciso di restare, nonostante le autorità invitassero gli stranieri a lasciare il Paese. La testimonianza è stata quella di amare fino alla fine, di aprire le porte per proteggere le persone – 3500 ne sono passate in quei mesi – senza guardare se fossero musulmani o cristiani. Gente che ha rischiato la vita, come Salvatore, Rino, Charles, messi al muro, pronti ad essere uccisi: “Non vi resta che pregare!”, gli hanno detto. Ma se la sono cavata. Adesso la città e il Paese hanno voltato pagina, anche se non c’è una piena riconciliazione politica.
Ma la Mariapoli Victoria non è soltanto l’oasi di pace nel tempo della guerra. È un laboratorio sociale. Con i tre giorni di festa (17-19 novembre) per celebrare i 25 anni, si è voluto dar spazio non solo ai discorsi – e lì il rito è imprescindibile – ma ai fatti. La visita alle attività della cittadella è stato infatti il primo degli appuntamenti in programma: a gruppi gli ospiti hanno visitato il Centro Medico Sociale – nato come un dispensario e negli anni progressivamente rinnovato e ingrandito, con servizi ambulatoriali in day hospital, un dentista, un fisioterapista -, il centro nutrizionale – dove si contrasta la piaga della malnutrizione infantile e si insegnano alle mamme i principi della corretta alimentazione -, il centro informatico – che da semplice internet point è diventato punto di alfabetizzazione informatica e di corsi sempre più specializzanti nell’ambito della comunicazione – e ancora le altre attività imprenditoriali come la falegnameria e la tipografia. In preparazione al 25°, e per coinvolgere la fascia dei teen agers, si è svolto nei mesi precedenti un torneo di calcio – sport molto amato anche da quelle parti – all’insegna della fraternità e del fair play. Non è scontato: infatti due squadre sono state eliminate nel corso della gara. Domenica 19 finalmente la premiazione della squadra vincitrice, non solo per i gol segnati, ma per i punti fair-play acquisiti.
Simbolica a riguardo, l’inaugurazione di una stele nella “Piazza della Fraternità Universale” con un grande dado della pace ben visibile anche da lontano e che riassume l’identità della cittadella, dove la dimensione del rispetto e dell’amore per l’altro vuole trasferirsi in tutti gli aspetti del vivere: dal lavoro allo sport, dalla religione alla famiglia. Celebrazioni ufficiali poi alla parrocchia di S. Maria di Doyagouiné – Maria Regina dell’Africa – affidata ai Focolari fin dagli anni ‘70, molto prima della nascita della cittadella. Presenti, oltre al nunzio apostolico in Costa d’Avorio mons. Joseph Spiteri e al vescovo di Man, Gaspar Bebi Gneba, anche numerose autorità civili: il viceprefetto di Man, madame Djerehe Claude e l’ex ministro Mabri Toikeusse, che è anche presidente della camera regionale e il Re dei Capi tradizionali del Tonpki, Gué Pascal. Hanno espresso la riconoscenza della autorità ivoriane per l’assistenza alla popolazione durante la crisi e in generale per l’azione dei Focolari verso le popolazioni vulnerabili. E anche l’ambasciatore italiano Stefano Lo Savio ha voluto essere presente con un caloroso messaggio. Adesso si guarda avanti. Tre sono le parole chiave a fare da guida nel percorso: accoglienza, formazione, attenzione ai poveri. E alcune piste sono tracciate: con i giovani la musica e lo sport; il rilancio dell’accoglienza per gruppi, insegnanti, famiglie, persone di passaggio che possano fare un’esperienza in loco di una o più settimane; le attività di formazione spirituale e professionale con i vari seminari per imprenditori, giornalisti. Mentre la cittadella si avvia a diventare un centro di formazione globale. Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
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