Apr 10, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità

Con Maria Voce e Jesús Morán
Convivenza civile, cittadinanza globale, ecologia, migrazioni e rifugiati, dialogo interreligioso, educazione alla pace: sono queste alcune delle tematiche affrontate durante il seminario promosso a Roma dalla Ong New Humanity, che ha visto, tra gli altri, la presenza dei suoi rappresentanti presso le sedi internazionali delle Nazioni Unite di Parigi, Ginevra e New York.
New Humanity organizzazione non governativa che rappresenta il Movimento dei Focolari presso l’Onu, lavora da trent’anni per promuovere e proporre, attraverso contributi teorici e buone prassi, una cultura del dialogo e percorsi di pace.
In questi giorni i partecipanti hanno avuto l’opportunità di confrontarsi sulle azioni e le proposte che questo osservatorio privilegiato è in grado di portare nel dibattito internazionale.
La presenza dei giovani ai lavori ne ha caratterizzato la vivacità del dialogo e molto interessanti sono state le proposte per sviluppare un percorso di condivisione delle molteplici attività, progetti futuri ed eventi che la Ong promuove. Gli stages che molti giovani realizzano presso le sedi internazionali di New Humanity restano indelebili nel loro cammino di formazione culturale e umana. Essi hanno modo di trovarsi a contatto con le problematiche attuali, specie quelle che riguardano il diritto internazionale, seguendo le riunioni delle Nazioni Unite e dando anche contributi scritti ai documenti che vengono proposti sulle varie tematiche.

Davide Bilardi
Davide Bilardi, rappresentante aggiunto presso la sede di Ginevra, è da sette anni impegnato in New Humanity: «Faccio parte del gruppo di lavoro sul Diritto allo sviluppo a Ginevra e credo che una Ong come questa possa incidere nel contesto di una organizzazione internazionale come l’ONU. Si possono trovare risposte comuni alle sfide globali se, nel contempo, la società civile rafforzi sempre più una sensibilità alle questioni che interessano il Pianeta e possa intervenire nei processi, come ad esempio nelle azioni di solidarietà».
Ne è convinta anche Esther Salamanca, docente di Diritto internazionale presso l’università di Valladolid (Spagna): «Lavoro a Ginevra con un gruppo di esperti per una dichiarazione sui diritti umani e, in particolare sulla solidarietà internazionale, documento che sarà prossimamente presentato all’Assemblea generale dell’ONU. Si lavora insieme ad altre associazioni, esperti, Ong, in un clima di collaborazione e di fraternità».

Marco Desalvo, Presidente e Cecilia Landucci Vicepresidente di New Humanity
Marco Desalvo, Presidente della Ong, sottolinea come la presenza di New Humanity presso l’ONU sia quella di rappresentare il Movimento dei Focolari e le sue varie espressioni offrendo la possibilità di portare alle Istituzioni Internazionali la ricchezza di valori, attività spesso poco conosciute, idee e proposte in grado di influenzare i comportamenti degli Stati verso la fraternità e l’unità della famiglia umana. Si ricorda l’evento dello scorso novembre “Reinventare la pace” tenutosi presso la sede dell’Unesco a Parigi e promosso da New Humanity. Personalità del mondo della cultura, insieme a quanti operano quotidianamente per la pace hanno testimoniato come questa sia frutto di scelte coraggiose, condivise e perseveranti.
Un importante momento di condivisione e confronto è stato l’incontro con Maria Voce e Jesús Morán, presidente e copresidente del Movimento dei Focolari. Hanno incoraggiato il compito di quanti sono impegnati in New Humanity, evidenziando come il loro lavoro contribuisca a portare avanti una rete che mette in sinergia le opportunità che si presentano e le diverse azioni che i Focolari promuovono a vari livelli, anche di riflessione ed elaborazione culturale. Un progetto che si vuole rafforzare per contribuire alla costruzione di un mondo più unito.
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Apr 6, 2017 | Focolari nel Mondo, Sociale
254 morti (di cui 62 minori), oltre 400 feriti e altrettanti dispersi: questo il bilancio drammatico delle forti inondazioni che nei giorni scorsi hanno causato una vera e propria catastrofe nella città di Mocoa, 500 chilometri a sud di Bogotà, nel sud della Colombia. Il presidente colombiano, Juan Manuel Santos si è recato sul luogo del disastro, ridotto a un cumulo di fango, e ha dichiarato che non si conosce ancora il numero dei dispersi. L’esercito è al lavoro senza sosta alla ricerca di superstiti e persone rimaste isolate, per far arrivare gli aiuti umanitari. È stato dichiarato lo stato di emergenza in tutta la zona colpita, anche per accelerare le operazioni di recupero delle vittime. «È difficile riuscire a descrivere non solo la gravità di quanto è successo, ma anche ciò che stanno vivendo le persone, comprese quelle delle nostre comunità sul posto», ci scrive Alejandra del focolare di Bogotà. «Sono stati distrutti 17 quartieri della città di Mocoa (36.000 abitanti). La stazione dei pullman è stata cancellata.
Abbiamo cercato di riprendere i contatti con ognuno, ma la situazione è molto difficile per tutti. Nella zona, già provata dalla povertà e dalla guerriglia, ci sono molti sacerdoti del Movimento. Don Luis Fernando ha officiato uno dei funerali collettivi, don Oscar Geovanny sta ancora cercando i suoi familiari. Don Jorge ci ha mandato alcune foto dei suoi parrocchiani mentre aiutano e danno appoggio a chi ha perso tutto. Don Oscar Claros ha riferito che, dei 17 quartieri scomparsi, 5 erano parte della sua parrocchia: intere famiglie che ricevevano la Parola di vita sono scomparse. Lui personalmente sta lavorando alla distribuzione degli aiuti, dando sostegno ai suoi parrocchiani». «In tutto il Paese, le comunità dei Focolari si stanno mobilitando per una raccolta di fondi da far arrivare al più presto sul luogo del disastro, attraverso i sacerdoti del Movimento. I focolarini di Bogotà hanno attivato un canale veloce di comunicazione con le persone del posto, e cercano di sostenerli e dare loro speranza in questi momenti difficili. Questa mattina abbiamo parlato con don Oscar Claros: la situazione è ancora molto caotica, la zona senza acqua e luce, con un reale pericolo di epidemie». (altro…)
Apr 5, 2017 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
«L’anno scorso – racconta Jaime – ho avuto l’opportunità di vivere per un intero anno in una cittadella dei Focolari, la Mariapoli Lia che sorge in Argentina nei pressi di Buenos Aires. È stata un’esperienza molto forte e coinvolgente, proprio perché la legge della cittadella è il Vangelo, a partire dal comandamento nuovo di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”». Al suo ritorno in El Salvador però, Jaime si trova catapultato in un clima di pericolosa violenza: le strade, anche in pieno giorno, non sono sicure. C’è rischio anche a prendere l’autobus o giocare a calcio nel campo municipale. «La situazione era diventata così difficile e rischiosa – continua Jaime – da pensare all’espatrio. Dapprincipio tutti in casa eravamo d’accordo ma quando ci ripensavo fra me e me, avvertivo che Dio mi chiedeva di restare per essere una piccola luce nell’ambiente dove vivo, accanto ai miei amici gen che, partendo, avrei lasciati soli in quella situazione. A convincermi definitivamente sono state le notizie sulla vita dei giovani del Movimento in Medio Oriente, tanti dei quali sono rimasti nella loro terra in situazioni certamente peggiori della mia. A casa ne abbiamo riparlato e tutti abbiamo deciso di restare in El Salvador e di continuare a fidarci di Dio. Quando ho comunicato ai gen che restavo, è venuta l’idea di lanciare una campagna dal titolo: “Cambia il tuo mq (metro quadrato)”, convinti che se tutti ci impegniamo a cambiare il nostro mq, cambierà l’intero Paese».
A raccontarsi ora è Tuong, una giovane maestra vietnamita di 13 bambini che confida: «Ognuno di loro mi ricorda Gesù nel suo abbandono in croce. Perché dico così? Due di loro sono stati rifiutati dalla scuola pubblica dopo tre anni che hanno ripetuto la stessa classe. Altri due sono portatori di handicap, per cui la scuola normale non li accetta e la scuola specifica è molto lontana dalla loro casa. Gli altri hanno difficoltà ad apprendere e i loro genitori sono separati e poveri. Tutti vivono nella totale mancanza di amore, di interesse ed empatia, di decoro, in uno stato di abbandono oltre che della famiglia anche della società». Che cosa ti spinge, Tuong, a continuare ad insegnare in una classe così, tutti i giorni, senza l’aiuto delle istituzioni? Non deve essere facile… «Effettivamente non lo è. Un giorno cercavo di insegnare ad un alunno una lettera della scrittura vietnamita. Gliel’ho ripetuta una, due, tre volte, ma non capiva e non riusciva a pronunciarla. Ho ritentato ad insegnargliela di nuovo ripetendola molte volte, ma lui non riusciva a seguirmi. Stavo per arrabbiarmi, volevo lasciarlo perdere e andare da un altro bambino. In quel momento, dai suoi occhi che si riempivano di lacrime, ho avvertito la sua richiesta di aiuto. Allora ho pensato: se Gesù fosse qui con questo bambino che non capisce, non lo avrebbe lasciato dicendo: “Non mi importa di te!”, e mi sono detta: “Partiamo di nuovo”. Dopo un respiro profondo mi sono calmata e con la mente fresca ed il cuore calmo ho detto una piccola cosa divertente per suscitare il suo sorriso, poi ho cercato di trovare un altro modo per insegnargli quella lettera. Un giorno mi sono sentita male. Allora una ragazza ha detto agli altri alunni: “State tutti buoni! Fate silenzio! L’insegnante oggi non sta bene!”. Un piccolino di 5 anni è venuto a portarmi un bicchiere d’acqua dicendomi di riposare un po’. WOW! Queste piccole attenzioni mi hanno fatto così felice, confermandomi che quell’arte di amare evangelica che cerco di vivere comincia ad entrare anche nel loro stile di vita. Ogni giorno essi fanno del loro meglio per imparare, essere nell’amore e ridere. Siamo diventati una piccola famiglia. Ora loro riempiono le mie giornate e la mia vita è diventata colorata e sorprendente». (altro…)
Mar 30, 2017 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Abbiamo rinnovato il patto e promesso di continuare a vivere nello spirito di amore, unità e pace che ha cambiato le nostre vite». Così i Chief (capi) del regno di Fonjumetaw, villaggio nella foresta camerunense, radunati lo scorso 5 marzo insieme alla loro comunità, scrivono nella lettera inviata a Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari. Circa 200 persone hanno preso parte ad un appuntamento che si innesta nella storia di questo popolo. Un legame forte unisce la vasta regione tropicale attorno a Fonjumetaw e Fontem, dove, nel 1966 arrivarono, per la prima volta, due focolarini medici che aiutarono la popolazione locale a sconfiggere le malattie che causavano l’altissima mortalità infantile. Cinquant’anni fa, il popolo Bangwa venne salvato dal rischio dell’estinzione. Lo scorso settembre i Fon (capi tradizionali dei villaggi della regione africana) si sono recati a Roma per il Giubileo della Misericordia e per rendere omaggio a Chiara Lubich (“Mafua Ndem”, Regina inviata da Dio, come la chiamano), davanti alla sua tomba al Centro Internazionale dei Focolari a Rocca di Papa. La delegazione africana ha partecipato anche in piazza San Pietro all’incontro con Papa Francesco ed ha incontrato l’attuale presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce ed il copresidente, Jesús Morán.
Dal Giubileo è derivato un rinnovato impulso per la Nuova Evangelizzazione, rinsaldando i legami di fraternità che oggi questi villaggi cercano fortemente di vivere. L’incontro del 5 marzo ha avuto questo significato. Il Fon ha raccontato del “pellegrinaggio” a Roma con gli altri Fon della zona, con il vescovo Andrew Nkea Fuanya e il vescovo emerito, Francis Teke Lysinge. Invitando tutti a fare un passo nuovo nella vita di fraternità, ha indetto un “anno di riconciliazione”. Tutti hanno aderito con gioia. E in un clima di festa, giovani, adulti e bambini si soni scambiati un abbraccio che ha suggellato questo impegno. Uno dei Chief ha presentato il “dado dell’amore”. Poi lo ha lanciato in aria. La frase apparsa “amarci a vicenda” è stata una conferma, anche nel gioco, dell’impegno che ciascuno voleva assumere. Sono seguite delle esperienze e delle scenette proprio sui sei punti dell’arte di amare. Uno dei Chief ha raccontato una forte esperienza: da tanti anni non aveva perdonato qualcuno per un episodio in cui si era sentito offeso ma, dopo aver ascoltato l’invito del Papa a perdonare e dimenticare, nell’anno della riconciliazione, è riuscito a farlo.
A conclusione, un momento di festa con il Fon e la Mafua (Regina) e tutti i Chief, i notabili ed i focolarini. La Mafua ha raccontato dei suoi incontri con Chiara nel 2000, in occasione della sua visita in Camerun, del “pellegrinaggio” della delegazione di 40 persone al Centro del Movimento dei Focolari a Roma, e del desiderio di far dilagare la vita di “Mamà Chiara” fra il suo popolo. La lettera dei Chief a Emmaus, 17 anni dopo l’ultima visita di Chiara in queste regioni, ha suggellato l’impegno ed il desiderio di tutti. Questi incontri di Nuova Evangelizzazione andranno avanti. Per questo il Fon di Fonjumetaw ha affidato ad uno dei Chief l’incarico di occuparsene. Il prossimo è in programma il 2 aprile. (altro…)
Mar 21, 2017 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Da più di 25 anni sono in contatto costante con padre Nabil, sacerdote cattolico di rito melkita della Siria, sposato e padre di cinque figli. Ci siamo conosciuti da seminaristi, durante un incontro del Movimento dei Focolari. Da quando è iniziata la terribile guerra in Siria, è spontaneo vivere questa situazione insieme. Quante persone coinvolte nella preghiera per la gente in Siria, nell’invocare la pace! È nata così una comunione spirituale che unisce anche le due comunità parrocchiali, la sua in Siria e la nostra in Svizzera. Quando le sue due figlie maggiori non hanno potuto continuare a studiare in Siria, la nostra comunità a Basilea le ha accolte. Nell’estate scorsa dovendo cambiare parrocchia, ho potuto prendermi il tempo necessario per andare a trovarlo. Sono iniziati così i 40 giorni in Siria! Alle 3 di notte arrivo a Beirut dove padre Nabil mi accoglie all’aeroporto. Con una macchina piena di persone e bagagli prendiamo la strada per la Siria. Alla frontiera un’accoglienza calorosa da parte del capoufficio. Mentre vengono controllati la macchina e i documenti, siamo suoi ospiti. Poi riprendiamo il viaggio, su strade secondarie – quelle principali sono chiuse – passando innumerevoli checkpoint, fino alla cittadina di padre Nabil, distante 5 km dalla città di Hama. Siamo ospiti in parecchie case e sperimento un’accoglienza calorosa e gioiosa. Scopro una comunità vivissima. Ogni sera, in parrocchia, s’incontrano a turno più di 200 bambini e giovani. In tutto sono oltre 900 le persone che passano ogni settimana alcune ore insieme. È una festa quotidiana. Forte l’impegno e la dedizione dei 70 giovani responsabili, nonostante il fatto che frequentino la scuola o l’università e siano in pieno periodo di esami. Col passare dei giorni comincio a capire che questa vita piena si svolge sullo sfondo di un dolore straziante. Scopro che i rumori che si sentono quotidianamente, provengono dai bombardamenti. Capisco che le postazioni dei “ribelli” sono distanti solo pochi chilometri. Vengo a sapere che una settimana prima è stato assalito un paesino cristiano a 12 chilometri, con tante uccisioni. Diverse famiglie non possono più comprare il necessario per vivere. Visitiamo malati che non possono essere curati. Di notte è tutto buio: ci sono solo luci LED con le batterie. Scopro in tante case le foto dei figli morti in guerra. Quasi non c’è più nessuna famiglia intatta perché più di 3.000 giovani sono partiti per l’estero. Un giorno, durante un funerale, cadono due granate e provocano due morti. Mi chiedo: da dove questa gente prende la forza per non disperarsi? Il fatto è che da diversi anni, si è sviluppata una grande comunità che s’ispira alla Spiritualità dell’unità. Sono più di 200 persone, organizzate in piccoli gruppi, che si nutrono della Parola di Dio e si prendono cura della gente in difficoltà e dei bambini. Hanno messo su un piccolo centro sociale che segue le persone con malattie gravi e provvedono, con l’aiuto della solidarietà dei concittadini e di quella internazionale, alle medicine e alle cure mediche. Vengono visitate regolarmente fino a 450 famiglie per sostenerle nei bisogni gravi. Anche i rapporti fra i vari gruppi religiosi sono ben curati. Così veniamo invitati, insieme agli altri sacerdoti della città, per la cena del Ramadan con i più di 200 Imam della città di Hama. Nell’ultima settimana ho l’occasione di partecipare alla Mariapoli. Ci sono oltre 200 persone dalle varie città e regioni del Paese: Damasco, Homs, Hama, Aleppo e Latakia. Per la prima volta dall’inizio della guerra è possibile correre il rischio di viaggiare e di incontrarsi. Tutti hanno sofferto moltissimo, perso case, lavoro, e anche familiari cari. Ma non hanno perso la fede e l’amore. (Ruedi Beck) Fonte: Rivista Gen’s, gennaio – marzo 2017, pagg. 38-40 (altro…)
Mar 17, 2017 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Il programma Turismo Solidale e Sostenibile che la Pastorale del turismo di Salta (Argentina) promuove da 6 anni, sostiene delle piccole comunità nelle città di Salta, Jujuy e Catamarca, al nord del Paese, valorizzandone le risorse umane e naturali, per salvare la ricchezza culturale e la diversità legata alla storia locale. Allo stesso tempo, si offre una formazione professionale per la produzione di diversi prodotti legati alla filiera del turismo, alloggi, trasporti, vendita di prodotti artigianali e alimentari (marmellate, liquori, miele, ecc…). In questo modo si cerca di evitare la migrazione delle popolazioni dalle aree rurali in quelle urbane, impedendo così l’aumentare di aree di povertà nelle grandi città e, allo stesso tempo, proteggere le piccole comunità con una ricca cultura, che sono in via di estinzione.
«Ciò che distingue questa esperienza di sviluppo locale rispetto ad altri tipi di esperienze – spiega Virginia Osorio, sociologa e ricercatrice per conto di Sumá Fraternidad – sono state le parole d’ordine “comunione e dialogo”: comunione, perché ogni attore ha messo in comune i propri talenti e le risorse per lo sviluppo del programma; dialogo, perché nel processo di sviluppo c’è stata una forte interazione tra i diversi soggetti, spesso in conflitto tra di loro. Le difficoltà, infatti, non sono mancate, ma la strategia che ha cercato di superare le problematicità è stata quella di lavorare in squadra mettendo in pratica l’ascolto attivo di tutte le parti interessate: le comunità locali, lo Stato, imprese e altre organizzazioni della società civile». E continua: «Il risultato di questa esperienza è la nascita di un nuovo prodotto e di un nuovo tipo di consumatore. Non è il concetto di turismo al quale siamo tutti abituati, ma in questa esperienza il valore aggiunto è il contatto con la ricchezza culturale delle piccole comunità rurali e, in alcuni casi, dei discendenti delle popolazioni indigene, cioè di un turismo che genera l’incontro tra le persone».
Ma ascoltiamo chi ha partecipato al programma, come Stefano, giovane turista italiano: «Sento che per alcune persone il viaggio è come vedere il mondo da una teca di vetro. Si viaggia cercando il nostro standard di vita occidentale, con le nostre comodità, la nostra sicurezza e certezza, andiamo a “consumare”, come se visitare dei posti fosse bere una bibita che poi gettiamo via. Si scattano molte foto, si acquistano souvenir, si mangia in un luogo tipico e il gioco è fatto! Un paese non è fatto di monumenti e souvenir, ma è fatto di persone che possono anche offrire ospitalità, condividendo la loro casa, la tavola, la musica: è il modo più autentico di viaggiare! “Compartir”, condividere, il verbo in lingua spagnola che ho imparato durante questo viaggio in Argentina!”. E la famiglia di María José e Pablo, argentini: «Ci piaceva questa idea di vacanza, fare delle passeggiate, conoscere nuovi paesaggi, ma soprattutto la possibilità di incontrare questi “paesaggi umani” che a volte si nascondono dietro cartoline e foto, che ci hanno permesso di entrare nella realtà di queste comunità. Una sensazione che ha attraversato la nostra esperienza è stata quella di avere rotto i nostri schemi e di farci riempire la vita da queste persone che abbiamo adesso nel cuore; sperimentare il ritmo tranquillo e profondo di questi luoghi e la vista di molteplici paesaggi che abbiamo incrociato nel nostro percorso. Adesso, arrivando in città, guardiamo diversamente, con occhi nuovi, la vita quotidiana». (altro…)