Ott 12, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«In questi anni penso di aver visitato da solo almeno 50mila pazienti». A parlare è Carlo Montaguti, focolarino medico, direttore del Centro Medico Sociale della cittadella dei Focolari a Man, in Costa d’Avorio. «Nel mio Paese, l’Italia, facevo il medico, ma non in un modo così intensivo. Chi mi ha preceduto, c’era ancora la guerra, prima di partire mi ha detto: Carlo, se tu non li curi, non c’è nessuno che lo fa». I pazienti arrivano anche di notte. Si compila il libretto sanitario nell’apatam (la tettoia) antistante, e poi si entra per la visita medica, presso uno dei tre dottori del centro, di cui uno musulmano. I medici prescrivono gli esami di laboratorio e in circa due ore si hanno i risultati. In una seconda visita si fa la diagnosi e si prescrive la terapia. Nel giro della mattinata si riesce a fare tutto. «Non è scontato avere un laboratorio di analisi come questo in un piccolo centro di periferia», continua Carlo. «Ho lavorato 4 anni senza laboratorio ed è stato davvero difficile». Luc Dro, responsabile del laboratorio, spiega che essendo in una zona tropicale, è molto richiesta la ricerca del parassita della malaria e altre malattie endemiche, ma il laboratorio è in grado di fare un vero check-up completo. Nel centro c’è anche una piccola farmacia, dove sono state registrate oltre 100mila consultazioni. «Facciamo ogni sforzo possibile per mettere il paziente al cuore del nostro lavoro – dice il dott. Alavo Bazini – ed è questo che spiega l’affluenza. Non è sufficiente dire “i medicinali sono gratuiti”, se poi le persone non sono contente. È questo che fa l’originalità del nostro centro». Quando è possibile c’è anche un mediatore culturale che traduce in lingua locale. «Siamo dotati anche di internet con connessione wi-fi – spiega il dott. Eliassa Sow – Così possiamo fare delle ricerche e collaborare con altri medici a distanza». «Sono arrivato nel 2004 – continua il dott. Montaguti nel suo racconto – quando il centro era costituito da due piccole stanze per le consultazioni e una per fare delle medicazioni. Le persone ci apprezzavano soprattutto perché durante la guerra del 2002, nel momento più difficile quando tutti gli stranieri partivano, abbiamo deciso di restare rischiando la vita. Hanno capito che eravamo lì per loro e questo ha generato la fiducia». «Qualche volta ci capita che il lunedì, dopo la chiusura del weekend, i pazienti dicano: “Dottore, ho tenuto la malattia per te”. A meno che non si tratti di situazioni molto gravi, preferiscono aspettare un giorno e soffrire un po’, ma venire qui!». Uno dei punti forti del centro è anche l’équipe sanitaria, coinvolta in tutto il processo di cura. Quando la crisi politico-militare è finita e la situazione nella regione si è calmata, il centro si è ingrandito e nel 2008 si è trasferito in una nuova struttura. «Sembrava già un sogno – ricorda Carlo – ma dopo due anni con l’affluenza dei pazienti – oltre 80 al giorno più gli accompagnatori: una piccola folla! -, non reggeva più. E abbiamo continuato a sognare». Ed è così che lo scorso 10 ottobre si è inaugurato il nuovo Centro Medico Sociale Focolari a Man, a pochi passi dalla Mariapoli Victoria, operativo dallo scorso 7 settembre. Un’architettura moderna per una struttura di oltre 1000 mt2, con l’aggiunta di nuovi servizi: 15 posti letto, lo studio dentistico, la sala di fisioterapia, nuove apparecchiature per la diagnostica (ecografia, elettroforesi dell’emoglobina e microbiologia). In questi ultimi giorni è stato ultimato il trasferimento del centro nutrizionale, per la cura della malnutrizione infantile, precedentemente situato nel quartiere di Libreville. All’inaugurazione, insieme a 300 persone, erano presenti il dott. Mabri, Ministro della pianificazione e dello sviluppo che è anche il presidente della Regione delle Montagne, il Nunzio apostolico Mons. Joseph Spiteri e il vescovo di Man Mons. Béby Gnéba, il prefetto (che qui rappresenta il presidente), il sindaco, l’ex ministro dell’istruzione, il direttore regionale della sanità, la tv ivoriana, le radio e i giornali. Un clima di festa grazie anche alle prestazioni della compagnia di danza tradizionale “Tro Afrique. ” I capi tradizionali hanno presieduto una cerimonia nella quale, in lingua locale, il popolo assegnava ai Focolari la terra degli avi per il centro medico e lo benediceva. Ma l’evento ha avuto anche un respiro internazionale grazie ai tanti messaggi di sostegno ricevuti. Una pagina Facebook con foto e commenti permetteva di seguire l’evento in tempo reale. Una grossa partecipazione quindi, e un augurio, giunto dalla presidente dei Focolari, Maria Voce: «che il nuovo centro medico contribuisca a portare avanti il progetto di Dio della fratellanza universale».
Video di presentazione del Centro Medico (in francese) https://vimeo.com/141902777 (altro…)
Ott 10, 2015 | Chiara Lubich, Spiritualità
«Se un giorno gli uomini, ma non come singoli bensì come popoli […] sapranno posporre loro stessi, l’idea che essi hanno della loro patria, […] e questo lo faranno per quell’amore reciproco fra gli Stati, che Dio domanda, come domanda l’amore reciproco tra i fratelli, quel giorno sarà l’inizio di una nuova era, perché quel giorno […] sarà vivo e presente Gesù fra i popoli […]. Sono questi i tempi […] in cui ogni popolo deve oltrepassare il proprio confine e guardare al di là; è arrivato il momento in cui la patria altrui va amata come la propria, in cui il nostro occhio ha da acquistare una nuova purezza. Non basta il distacco da noi stessi per essere cristiani. Oggi i tempi domandano al seguace di Cristo qualcosa di più: una coscienza sociale del cristianesimo […]. […] noi speriamo che il Signore abbia pietà di questo mondo diviso e sbandato, di questi popoli rinchiusi nel proprio guscio, a contemplare la propria bellezza – per loro unica – limitata ed insoddisfacente, a tenersi coi denti stretti i propri tesori – anche quei beni che potrebbero servire ad altri popoli presso i quali si muore di fame -, e faccia crollare le barriere e correre con flusso ininterrotto la carità tra terra e terra, torrente di beni spirituali e materiali. Speriamo che il Signore componga un ordine nuovo nel mondo, Egli, il solo capace di fare dell’umanità una famiglia e di coltivare quelle distinzioni fra i popoli, perché nello splendore di ciascuno, messo a servizio dell’altro, riluca l’unica luce di vita che, abbellendo la patria terrena, fa di essa un’anticamera della Patria eterna». Dallo scritto di Chiara Lubich “Maria, vincolo di unità tra i popoli”, estate 1959, pubblicato in “La dottrina spirituale”, Città Nuova, Roma 2006, pp. 327-329. (altro…)
Ott 7, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

© Focolari-Alain Boudre
Le settimane sociali francesi hanno una grande tradizione: nate nel 1904, da sempre il loro scopo è far conoscere il pensiero sociale cristiano e portarne la luce sulle questioni della società: in esse quindi la dottrina sociale della Chiesa viene applicata ai problemi del tempo. Il titolo di questa edizione, alla quale hanno partecipato quasi 2000 persone, era: “Religioni e culture, risorse per immaginare il mondo”. I temi più presenti, come si può immaginare vista la loro attualità, i migranti e l’ambiente, riportato con forza al centro dell’attenzione del mondo dalla recente enciclica di Papa Francesco Laudato Sì.

© Focolari-Alain Boudre
Tutta la prima giornata è stata incentrata sulla situazione di oggi riferita a questi temi. Il secondo giorno è stata dedicato completamente al contributo che le religioni possono dare a queste emergenze. L’ultima giornata è stata infine incentrata tutta sull’Enciclica Laudato Sì, che è stata commentata da diversi punti di vista.Luigino Bruni è intervenuto nella seconda giornata, sabato 3 ottobre, nell’ambito della tavola rotonda dal titolo: “Rinnovare la visione della mondializzazione con le religioni”. L’idea era quella di riflettere su come immaginare insieme un mondo “finito” e comune in un mondo con culture diverse e livelli di sviluppo molto disuguali. Tre religioni, cristiana, mussulmana e buddista sono entrate in dialogo a partire dai rispettivi testi legati alla creazione.A dialogare con Luigino Bruni Cheikh Khaled Bentounes, mussulmano, guida spirituale della confraternità soufi Alâwiyya (fondatore degli scouts mussulmani e fra i promotori del festival interreligioso “Vivre Ensemble à Cannes” ) e Philippe Cornu, buddista, presidente dell’Institut d’Études Bouddhiques.

© Focolari-Alain Boudre
A Anouk Grevin, che traduceva Luigino in simultanea, chiediamo di raccontarci qualcosa di quell’ora davvero particolare: “Ciascuno nel suo intervento ha citato un testo sulla creazione della propria tradizione religiosa, commentandolo, e traendo spunti davvero molto profondi, con un’ascolto in sala attentissimo e molto intenso. Alla fine, in maniera un po’ inaspettata, Luigino ha posto alcune domande ai suoi interlocutori e questo ha dato origine ad un dialogo molto profondo e fraterno: decisamente una bella testimonianza di dialogo interreligioso in cui emergeva stima reciproca e venivano in luce tanti punti in comune delle rispettive visioni. Il dialogo si è concluso con un abbraccio fraterno dei tre, con scoppio di applausi in tutta la sala.” L’intervento di Luigino Bruni, “Una riflessione antropologica ed economica a partire dai primi capitoli della Genesi”, ha toccato i temi della creazione, della terra, della fraternità; di Adam e Caino; di Noè e della Torre di Babele, riportandoli all’oggi. Luigino ha concluso così il suo intervento: “Fuori dall’Eden, nel giardino della storia, la nuova lingua dell’Adam non la troveremo tornando indietro o fermando la storia dentro torri di simili; la potremo ritrovare solo camminando inseguendo una voce, un arcobaleno, una stella, un arameo errante. Oggi in Europa, nei tempi dei diluvi finanziari e sociali, sta tornando forte la tentazione di Babele. Ma si stanno anche moltiplicando i Noè, che combattono le barche della morte e i loro trafficanti dando vita a arche di salvezza, a tutti i livelli. Dobbiamo continuare ad abbattere le alte torri, e a costruire arche per salvare e salvarci dai vecchi e nuovi diluvi. Ma soprattutto dobbiamo salvare i figli, i figli nostri e le figlie e i figli di tutti. È per loro la terra promessa. ”Intervento completo di Luigino Bruni Fonte: EdC online
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Ott 7, 2015 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
https://vimeo.com/140569854 (altro…)
Ott 6, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Nancy O’Donnell ha lavorato come psicoterapeuta con tossico-dipendenti ed è stata responsabile di un centro medico per l’aiuto a donne alcolizzate e ai loro figli. La domanda sul significato del dolore è centrale nella vita delle persone e in particolare nella malattia. A lei chiediamo: è possibile affrontare il problema della sofferenza e trovare la speranza? «Il dolore fa parte di ogni vita umana e difficilmente siamo capaci di aiutare altri che soffrono se non abbiamo trovato il significato delle nostre sofferenze. È in questa ricerca la via alla speranza. La scienza offre nuovi trattamenti, nuove cure per migliorare la vita di molti. Il pericolo: che ci lasciamo ingannare credendo che troveremo il modo di non invecchiare, di non ammalarci, di non soffrire. Se si cerca solo la speranza di guarire, si rischia d’ingannare noi stessi, inganno che può portare alla disperazione, l’opposto della speranza. Ne abbiamo parlato di recente in un convegno lo scorso 27 settembre, al Polo Lionello Bonfanti, vicino Firenze, incentrato sulla sofferenza umana e su speranze di cura e ricerca di senso». Quale ruolo può avere la psicologia nell’esperienza di un malato, per aiutarlo a trovare la speranza? «Potremmo sintetizzarlo in quattro punti: il ruolo della personalità e la possibilità di modificarla, l’importanza dei rapporti sani nell’affrontare la malattia, la necessità di conoscere ed accettare i propri limiti, la capacità umana d’essere dono di sé. Sulla personalità: l’essere ottimista o positivo può diminuire il rischio di malattie e disturbi cronici. All’Università Davis di California, hanno scoperto che scrivere le cose per le quali si è grati ogni giorno ha portato ad un aumento di felicità. I risultati erano più significativi, confrontandoli con un gruppo cui era stato chiesto di annotare, invece, le cose che avevano provocato l’aumento di stress.
Il secondo punto: i rapporti. Abbiamo la capacità di stabilire rapporti sin dalla nascita. La salute mentale di ogni persona dipende dalla sua capacità di “coordinarsi” e “raccordarsi” con gli altri. La mente umana è sana quando possiede alcune strategiche competenze relazionali, che le permettono di “aprirsi” a una molteplice realtà sociale, cioè quando è in grado di “percepire” in modo adeguato gli altri e la loro diversità. Se la nostra identità è relazionale è logico che, quando restare nella speranza diventa una sfida, avere vicino persone con le quali si sono costruiti rapporti profondi, allora il sostegno di questi rapporti rinforza l’energia positiva necessaria per restare nella speranza. Ancora, la non accettazione dei propri limiti è una delle difficoltà più tipiche della persona di oggi. Il limite si manifesta alla persona attraverso la sua condizione e la sua storia, attraverso quelle esperienze che comportano il rischio della frustrazione. In un mondo che ci offre una vita “senza limiti” l’arrivo di una malattia in un momento inatteso, ci trova inpreparati. Invece, la capacità di assumere le molteplici espressioni del limite si mostra come il passaggio determinante per ottenere la propria autorealizzazione. Infine, essere dono per gli altri, anche quando vengono a mancare le forze fisiche, rende la persona protagonista sempre. E qui si trova una dignità che nasce da un punto in fondo al nostro essere».

La dott.ssa Nancy O’Donnell
Dott.ssa O’Donnell, si può intravedere un legame tra la psicologia e la spiritualità? «Sì, ma è un legame ambivalente. Io sono stata facilitata nel trovare la riconciliazione fra queste due dimensioni umane da una maestra di spiritualità e umanità: Chiara Lubich. Tutti, credo, cercano di trovare un’unità interiore, dove l’identità rimane una cosa sicura in mezzo ai vari conflitti attorno e dentro di noi. Per me, quest’unità viene dalla vita vissuta seguendo questa spiritualità. Ho lavorato per tanti anni con i tossicodipendenti, donne alcolizzate e poi con uomini senza tetto che avevano perso tutto per l’uso delle droghe. Si sentivano schiacciati dalla disperazione ed era difficile per loro capire perché vivere. Cercavo di comunicare la mia certezza, sia riguardante la loro dignità intrinseca, sia del valore della sofferenza. Usavo un’immagine che risultava utile. Nel corso della riabilitazione, avevano momenti liberi dove qualcuno faceva i puzzle. Allora, chiedevo se avevano mai finito un puzzle e scoperto che mancava un pezzo. Vedevo la vita di ciascuno un po’ così: ogni pezzo è unico e la bellezza finale si vede solo quando ognuno è al suo posto. Quindi ogni persona può trovare la propria bellezza e la coscienza di essere degna d’amore e insostituibile. Arrivare al punto di credere che sono stato creato come dono per l’altro come l’altro lo è per me». (altro…)
Ott 5, 2015 | Centro internazionale, Chiesa, Famiglie, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Maria Voce ha partecipato con un suo intervento alla veglia di preghiera tenutasi in Piazza S. Pietro sabato 3 ottobre. La giornalista allora inizia chiedendole: Perché è così importante il momento di preghiera? «Perché come cristiani pensiamo che debba lavorare soprattutto lo Spirito Santo; perché è un momento delicato, nel quale ci sono tante voci che girano nei media. Ma le grandi attese le può saziare solo lo Spirito Santo, come vuole Lui, non come pensano gli uomini. Per cui la cosa più importante è proprio chiedere con la preghiera una Sua assistenza speciale, per il Papa prima di tutto e per tutti i Padri sinodali». Ci aiuta ad allargare un po’ lo sguardo… «La famiglia è la componente dell’umanità più sofferente in questo momento. In un certo senso è come una figlia malata, a cui la Chiesa sta guardando con l’amore di una madre che la vuole guarire. La Chiesa sta facendo questo atto di conversione pastorale verso un suo membro che soffre. E penso che tutti noi dobbiamo metterci in questa disposizione. A me sembra che le attese che pretendono di avere chissà quali grandi cambiamenti dal punto di vista dottrinale o delle leggi che regolano l’istituto matrimoniale, saranno disattese. Penso che l’attesa più grande sia domandare a noi stessi come Chiesa quale conversione dobbiamo fare noi verso questi fratelli sofferenti, oggi in modo particolare perché bersagliati da tutte le parti: dalla politica alle lobby economiche e da quanti cercano di trarre dal disagio della famiglia nuove opportunità per i propri interessi. Il Movimento dei Focolari ha sempre avuto attenzione per la famiglia – ha una sua diramazione dedicata in modo particolare ad essa – e da sempre ha cercato di guardare a tutte le famiglie del mondo. Ci si dedica alla preparazione al matrimonio, perché i giovani possano affrontarlo con coscienza, anche aiutandoli, per quanto possibile, a trovare quei mezzi (lavoro, casa o altro) che permettono di fondare una famiglia. E una volta sposati, accompagnando le giovani coppie nel loro nuovo cammino, in modo che nelle prime avvisaglie di possibili crisi, che sono assolutamente naturali, trovino una comunità pronta ad accoglierle, a far sentire loro che non sono abbandonate a sé stesse, che l’amore della comunità è sempre vigile e premuroso. Fino a fare dei corsi appositi per la crisi, con esperti appositamente formati. Ci si occupa dei separati e anche dei divorziati in nuove unioni, facendo sentire loro che pur in queste condizioni sono membri della comunità e come tali amati, rispettati nella loro dignità di figli di Dio. E aiutati a scoprire che l’appartenenza alla comunità non è soltanto la partecipazione all’Eucaristia ma si sostanzia di momenti di carità vissuti insieme, di condivisione di sofferenze e di gioie, facendo loro sperimentare la vicinanza con Dio e con la Chiesa. Il Sinodo ci chiede di fare questa conversione tutti insieme, e questa mi sembra una cosa molto importante. Tuttavia non penso che si debba limitare lo sguardo alle famiglie dei risposati. Il Sinodo si occupa della famiglia in tutto il suo arco vitale: la vedovanza, genitori e giovani che non riescono a trovare lavoro, i rifugiati, i bambini, ecc. Occorre guardare alla famiglia come l’icona della società di oggi: è l’umanità di oggi che soffre nella famiglia. E l’umanità di oggi deve prendersi su questa famiglia sofferente e sentirne il peso nella sua carne». Quindi un terreno di incontro della Chiesa in uscita che Papa Francesco continuamente sollecita? «Assolutamente! Anzi, penso che è proprio in quel terreno che si può testimoniare la possibilità di relazioni personali profonde, non quelle soltanto sul telefonino o sulla rete, ma da prossimo a prossimo: con gli amici dei figli e i loro genitori, per esempio. Il ruolo di noi laici è quello di essere accanto a tutti, di uscire dal proprio cortile sicuro per camminare con loro giorno per giorno nelle scuole, al lavoro, nelle difficoltà quotidiane. Per questo anche dei laici sono presenti al Sinodo, e anche noi abbiamo la gioia di avere una coppia del Movimento che viene dalla Colombia, invitati come uditori: Maria Angelica e José Luis dalla Colombia». L’anno scorso invece c’era una coppia del Ruanda, giusto? «Sì. Penso che questi laici sposati presenti al Sinodo portano tutte le sfide che insieme agli altri raccolgono e vivono. Naturalmente anche i Padri sinodali arrivano ricchi di esperienze, di voci, di sofferenze che hanno raccolto nel mondo. Però è bello anche questo confronto fra Chiesa ministeriale e il laicato. Una Chiesa che è una realtà unitaria in cui laici e sacerdoti insieme. Il popolo di Dio in cammino che si prende cura di tutti i suoi figli». Ascolta l’intervista integrale di Radio Inblu a Maria Voce, 3 ottobre 2015 (in italiano dal minuto 11’ 15’’) (altro…)