Movimento dei Focolari
Il Risorto fra quelli che si amano

Pasqua 2011: con Gesù Risorto per le strade del mondo

«Carissimi tutti e tutte, la buona notizia che anche oggi siamo chiamati a dare è che Gesù è Risorto ed è vivo in mezzo a noi per l’amore scambievole.
È l’evangelizzazione di duemila anni fa ma sempre attuale che ci coinvolge tutti in un impegno nuovo di vita e di testimonianza.
L’augurio che vorrei giungesse ad ognuno della nostra grande famiglia è di camminare sempre con lui Risorto per le strade del mondo».

Maria Voce

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Il Risorto fra quelli che si amano

Le Palme

L’ingresso di Gesù a Gerusalemme, tra plausi e palme, ha un significato politico, non soltanto perché la folla riconosce, d’istinto, in lui il capo del popolo, ma anche perché è lui stesso, capo pacifico, ad affermare in quella circostanza un valore politico del suo messaggio. In quel giorno, dunque, proprio mentre le turbe (oggi diremmo: le masse) lo acclamavano Re d’Israele, Gesù Cristo, nello scendere dal Monte Oliveto, alla vista di Gerusalemme raccolta, con le sue casette bianche, attorno al Tempio splendente, in mezzo alla gioia di tutti, scoppiò a piangere, e gemé: «Oh! se conoscessi anche tu e proprio in questo giorno, quel che giova alla tua pace! Ma ora tutto ciò è nascosto ai tuoi occhi. Poiché verranno per te giorni ne’ quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, ti circonderanno e ti strin­geranno d’assedio da ogni parte e distruggeranno te e i figliuoli che sono in te, e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai conosciuto il momento nel quale sei stata visitata». Invece proprio in quel giorno, i capi della nazione, contro il sen­timento del popolo, respinsero il suo programma di pace per confermare il loro programma di guerra. Proprio quel giorno si risolsero definitivamente a sbarazzarsi del Messia pacifico, che veniva a Gerusalemme cavalcando un asinello, perché gli anteposero l’eroe scarlatto del loro messianismo bellico. L’ingresso delle palme fu dunque la celebrazione del messianismo pacifico, cioè d’una politica sui generis, che venne subito stroncata dalla politica di vecchio genere: quella che credeva (e magari crederà) in Dio e nella sua legge, ma fidava (e fiderà) di più nella spada dei propri armigeri: più nei carri armati che negli annunzi del Sinai: questa decrepita folle politica che inocula la guerra anche nei trattati di pace e trasforma il popolo in esercito e la terra da arare in campo per ammazzare. La politica messianica di Gesù si ricapitola sotto il nome di regno di Dio: cioè un regime, la cui costituzione sia la legge di Dio, e il cui fine, come il principio, resti Dio. In essa egli organizza il popolo in regno: un proprio regno, e lo dirige sulle vie della pace. Questo regno di Dio si traduce anche in una costitu­zione sociale; la sua legge è il Vangelo, e comporta l’unità, la soli­darietà, 1’eguaglianza, la paternità, il servizio sociale, a giustizia, la razionalità, la verità, con la lotta alla guerra, alla sopraffazione, alle inimicizie, all’errore, alla stupidità… Cercare il regno di Dio è quindi cercare le condizioni più felici per l’espressione della vita individuale e sociale. E si capisce: dove regna Dio, l’uomo sta come un figlio di Dio, un essere d’infinito valore, e tratta gli altri uomini ed è trattato da loro come fratello, e fa agli altri quel che vorrebbe che gli altri facessero a lui; e i beni della terra sono fraternamente messi in comune, e circola l’amore col perdono, e non valgono barriere, che non hanno senso nell’universalità dell’amore. Mettere per fine primo il regno di Dio, dunque, signi­fica innalzare la mèta della vita umana. In questo senso, anche per noi, Cristo «ha vinto il mondo». Fuori di questo significato, Gesù non si occupa di politica, e neppure gli apostoli. Però nel loro insegnamento sono inclusi principi, se non di politica concreta, immediata, di parte, certo d’alta sapienza direttiva, che sostiene la grande e universale arte di governo d’ogni tempo. Gesù non tocca gl’istituti esistenti, ma ne muta lo spirito, mutando i sentimenti degli uomini. Non dice ai soldati di disertare, né ai pubblicani di lasciar l’esattoria, né ai sinedriti di dimettersi dal Gran Consiglio: dice loro di compiere la loro funzione con uno spirito nuovo. Non fa l’agitazione: fa la rivoluzione. E la fa nello spirito, dove appunto va fatta. Entro la settimana Gesù sarà presentato come anti­ebreo, secondo la legge teocratica, al tribunale d’Israele; come anti-romano, secondo la legge imperiale, al tribu­nale del procuratore. Tante accuse, tante menzogne: pure in effetti, «sovvertitore del popolo», come suona l’accusa, egli lo è, in un senso: è, quella di Gesù, la politica del subordinare ogni cosa al fine ultimo; e quindi non è sforzo per agglomerare potenza in mano ad uomini, ma per consentire agli uo­mini di governare la loro vita temporale, in modo da favorire lo sviluppo della propria perfezione religiosa. Non è dominio, ma servizio; non mira alla guerra, ma propugna la pace; non importa egemonie ed esclusivismi, ma collaborazione fraterna, nell’universalità dell’amore, nella eguaglianza dei fratelli, nella dignità di tutti i com­ponenti. Igino Giordani, Le Feste, SEI, Torino, 1954, pp. 104-110. (altro…)

Il Risorto fra quelli che si amano

Spiritualità di comunione alla DePaul University di Chicago

“Ti mostrerò la via della Sapienza”. E’ il motto che campeggia in vari angoli della De Paul University, università fondata alla fine del XIX secolo dalla Congregazione delle Missioni di San Vincenzo De Paoli, per assicurare un’adeguata formazione ai figli degli emigranti cattolici nella città di Chicago. Oggi, con i suoi venticinquemila studenti, è il primo istituto Universitario dell’Illinois e fra i primi dieci degli USA. Il passo, tratto dal Libro dei Proverbi, sembra assumere un significato particolare in questi giorni in cui l’università ha organizzato l’annuale settimana di riflessione World Catholicism Week dal titolo Catholic Spirituality: a global communion. Nel corso della settimana sono previsti interventi di figure di primo piano. Nella giornata inaugurale, l’11 aprile, caratterizzata da diverse tavole rotonde, alcune in contemporanea, alcuni studiosi del Movimento dei focolari sono stati invitati a presentare diversi aspetti della dimensione comunionale della spiritualità di Chiara Lubich. La prof.ssa Judith Povilus ha presentato l’esperienza interdisciplinare, interetnica ed interculturale dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Firenze). Il prof. Donald Mitchell ha proposto l’aspetto dell’ecologia coniugato al dialogo interreligioso, mentre il prof. Paul O’Hara ha affrontato l’aspetto del profilo mariano. Maria Voce ha infine parlato della Spiritualità e teologia trinitaria nella vita e nel pensiero di Chiara Lubich. In una sala stipata di personalità accademiche e di rappresentanti del mondo cattolico, la Presidente dei Focolari ha messo in evidenza quattro punti della spiritualità di comunione – Dio amore, l’amore al fratello, l’amore reciproco e Gesù abbandonato chiave per realizzare l’unità – soffermandosi, in particolare, sul mistero di Gesù Abbandonato, come segreto per guarire tutte le ferite provocate da divisioni e fratture. Facendo riferimento all’esperienza di luce vissuta da Chiara Lubich nell’estate del 1949 e delle sue intuizioni sulla spiritualità di comunione, come riflesso della vita trinitaria, ha letto alcuni passi degli appunti della fondatrice dei Focolari, sottolineando come si trattasse di un’esperienza comunitaria. Ha concluso, sottolineando la profonda consonanza fra la spiritualità di comunione ed il pensiero espresso dalla Novo Millennio Ineunte e presentando la sfida dell’Istituto Universitario Sophia, che desidera «fornire fondamenti e prospettive di un sapere globale, di una cultura che scaturisce dal carisma dell’unità, frutto di una spiritualità comunitaria profondamente vissuta come riflesso della vita trinitaria». A Maria Voce hanno risposto due teologi, il prof. Tom Norris, membro della Commissione Teologica Internazionale, ed il prof. David Schindler, direttore dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia presso la Catholic University of America. Entrambi hanno indicato, sia pure da diverse prospettive, l’attualità del pensiero trinitario di Chiara Lubich ed il coraggio della sua proposta alla Chiesa e alla riflessione teologica contemporanea. Norris ricordava, infatti, come un teologo abbia recentemente affermato che la Trinità è la grammatica di ogni teologia. Schindler ha posto l’accento sul profilo mariano della spiritualità comunitaria di Chiara e la sua capacità di rispondere in modo positivo all’Illuminismo. Impossibile al termine della serata non pensare ad un legame fra quella Via della Sapienza che la DePaul si propone di offrire ai suoi studenti ed il carisma di comunione di Chiara Lubich, dono di Dio per camminare su quella strada. Dall’inviato Roberto Catalano

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