Ago 29, 2020 | Collegamento
Il coronavirus continua a portarsi via mille “storie” come quella di Sher Khan. Anche se la sua continua a vivere in una eredità – la fratellanza – e in tanti amici come Marta e Javed. A cura di Anita Martinez e Dalma Tímár. https://vimeo.com/430018516 (altro…)
Ago 27, 2020 | Focolari nel Mondo
La scuola della cittadella argentina che da cinquant’anni forma migliaia di giovani da tutto il mondo si presenta ora come “programma di estensione universitaria e di formazione professionale”. Fino a poco più di un mese fa lo si poteva definire una sorta di master in “vita all’insegna della cultura dell’unità”, ma ora la “experiencia” – l’esperienza – come a ragione viene da sempre definito il corso annuale per giovani della Mariapoli Lia, in Argentina, ha una certificazione universitaria. Il nuovo programma di studi è il risultato dell’elaborazione congiunta tra le equipe pedagogiche della Fondazione Centro Latinoamericano per l’Evangelizzazione Sociale (CLAdeES) e la Scuola Giovanile Mariápolis Lía, in accordo con l’Università Nazionale del Nord-Ovest della Provincia di Buenos Aires (Unnoba).
Il “programma di estensione universitaria e di formazione professionale” – è questo il titolo accademico che gli studenti conseguiranno a O’Higgins – combina la dimensione formativa integrale secondo quattro assi tematici: antropologico-filosofica, storico-culturale, comunitaria e trascendente. Dura 11 mesi e chi lo completa avrà accesso all’estensione dell’università e all’accreditamento della formazione professionale con tre possibili orientamenti: educazione, eco-responsabilità e gestione multiculturale; leadership della comunità e sviluppo dei processi partecipativi; o arte, comunicazione e produzione multimediale. La proposta formativa si sviluppa attraverso seminari specializzati, stage lavorativi e indagini applicative sul campo a partire dai valori del pensiero sociale cristiano. Si prevede inoltre una prossima integrazione anche con la sezione latinoamericana dell’Istituto Universitario Sophia. Situata vicino alla città di O’Higgins, nella provincia di Buenos Aires, la Mariápoli Lía offre ai giovani un’esperienza formativa che integra lavoro, studio, attività culturali e ricreative, sport e interessi particolari. Queste attività sono intese come aspetti diversi di una stessa formazione integrale. Infatti, il concetto di studente coincide con quello di cittadino, per cui si presume che tutti siano costruttori della città. Un’equipe di esperti e di insegnanti nelle diverse discipline li segue nell’apprendimento dal punto di vista spirituale, antropologico, sociale e dottrinale. Gli oltre 6000 giovani che hanno trascorso un periodo presso la Mariapoli sono essi stessi prova del valore formativo per la loro vita, messo a frutto in diversi ambienti (manager, economisti, educatori, professionisti, lavoratori, genitori, persone consacrate…). “L’esperienza” resta un punto luminoso lungo tutto il percorso di vita, contribuendo a superare passaggi umani e professionali difficili.
Stefania Tanesini
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Ago 26, 2020 | Testimonianze di Vita
Quante volte Dio si serve di qualcuno per avvicinarci a Lui? Non dovremmo mai dimenticarlo perché anche noi potremmo un giorno essere strumento Suo per qualcuno. Una nuova speranza In Usa per gli studi, avevo deciso di rimpatriare per l’insistenza dei miei, ma ero rimasto bloccato per la quarantena in un istituto vicino al confine insieme a circa 500 persone. Con la sensazione esatta di trovarmi in carcere. Per fortuna il cellulare mi teneva collegato al mondo esterno. Quando ho avuto modo di vedere qualcuno, leggevo in loro le stesse mie domande su ciò che stava accadendo. Durante quei giorni ho conosciuto “a distanza” un prete salesiano. Pur isolato come me, emanava una pace che né io né gli altri avevamo. Era come se lui non si sorprendesse di nulla. Inizialmente celebrava da solo nella sua cameretta, poi ho cominciato a partecipare alla messa. In breve, sono ritornato ai sacramenti e alla vita di fede di prima, anche se non più come prima. Anche la mia ragazza ha notato che sono cambiato. A volte penso: se questa trasformazione è avvenuta in me, non può darsi che sia avvenuta anche in altri? E mi nasce dentro una nuova speranza: che quel mondo che prima sembrava togliermela possa ora riprendere il cammino su altri binari K. – Slovacchia Carrozzina per neonati Avevo conosciuto una giovane zingara che aspettava un bambino. Aveva bisogno di tutto, dal vestiario fino a tutta l’attrezzatura per la nascita del figlio. Avevo letto nel Vangelo «Qualunque cosa chiederete al Padre… lui ve la concederà». Quel giorno con fede ho chiesto a Gesù, durante la messa, una carrozzina per neonati. Più tardi, a scuola, mi sono impegnata più che mai ad amare compagni e professori. Tornata a casa la sera, ho saputo dalla mamma che una vicina di casa, sapendo che aiuto i poveri, aveva lasciato qualcosa per me. Era una carrozzina per neonati! Mi ha commossa questa pronta risposta della Provvidenza. C. – Spagna Benedizione Infermiere da un mese proprio nel periodo del coronavirus, nell’ospedale dove prestavo servizio ho condiviso la solitudine di diversi pazienti passati all’altra vita senza il conforto dei propri cari. L’esperienza più forte è stata però quando, venuto a sapere da mia madre che, secondo le parole del papa, anche medici e infermieri erano abilitati a dare una benedizione ai pazienti defunti, ho potuto tracciare un segno di croce sulla fronte e sul petto di diversi di loro prima ancora delle pratiche per accertarne la morte e avviare le salme all’obitorio. Giuseppe – Italia
A cura di Stefania Tanesini
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Ago 25, 2020 | Ecumenismo
Il carisma di Chiara Lubich per l’unità dei cristiani. Intervista a Lesley Ellison, anglicana, la prima focolarina non cattolica a seguire Chiara.
Vivere insieme il Vangelo, Parola di Dio; amare il fratello come Gesù ha fatto, fino a morire per l’altro; vivere per l’unità tra i credenti in Cristo, al di là di ogni appartenenza e divisione. È in queste dimensioni che si snoda il potenziale ecumenico del carisma dell’unità di Chiara Lubich. “Una spiritualità completamente ecumenica” la definisce il Card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, nella prefazione al libro “Una spiritualità per l’unità dei cristiani. Pensieri Scelti”, edito da Città Nuova, che raccoglie alcuni discorsi e risposte date in ambito ecumenico della fondatrice dei Focolari, a cento anni dalla sua nascita. L’introduzione è curata dalla presidente dei Focolari Maria Voce e la postfazione offerta dall’allora Segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, rev. Olav F. Tveit, ora Presidente della Conferenza dei vescovi luterani in Norvegia. Lesley Ellison, focolarina anglicana, è la prima focolarina non cattolica a seguire Chiara: La tua esperienza ha aperto la strada a tanti. Hai mai avuto esitazioni? “Sono cresciuta in una famiglia protestante con pregiudizi verso i cattolici, e in quel tempo a Liverpool le due comunità erano separate. Come Chiara, anch’io volevo donare la mia vita a Dio. Quando l’ascoltai per la prima volta, nel 1967 a Canterbury, frequentavo le focolarine di Liverpool da un anno, cercavamo di vivere il Vangelo, ma non sapevo che fossero cattoliche, siccome non conoscevo la comunità di persone attorno al focolare. Quando mi accorsi che erano tutti cattolici ne fui turbata, ma a Canterbury, ascoltando Chiara capii che Dio ama tutti, e che “tutti” include anche i cattolici! Sentivo di dover fare un passo dentro di me e mettere da parte i pregiudizi. Arrivati a Liverpool una coppia cattolica mi ha offerto un passaggio verso casa. Era una cosa inaudita: “Ma sono protestante” ho detto. “Va benissimo! Ci vogliamo bene!” mi risposero. Era la mia prima esperienza ecumenica”! Quando hai sentito che la Spiritualità dell’unità poteva essere la tua? “Nel 1967 andai a visitare la cittadella di Loppiano. Durante la visita ci fu una messa cattolica ma, io, anglicana, non potei ricevere l’Eucarestia. Questa spaccatura fra le nostre Chiese mi sembrò assurda, così dolorosa che dentro di me gridai a Gesù: “Cosa posso fare?” E mi sembrò di sentirlo rispondere: “Dammi la tua vita per l’unità””. Vivere il Vangelo è la via che Chiara ha indicato per l’unità. Perché, da anglicana, questa proposta ti ha colpito? “La mia formazione di giovane anglicana mi chiedeva di “ascoltare, leggere, prendere in rilievo, imparare e digerire interiormente” la parola di Dio. Così l’idea di “vivere il Vangelo”, che ho sentito per la prima volta nel focolare, era di una novità assoluta e ha dato alla mia vita Cristiana una nuova dimensione comunitaria”. Gesù ci chiede di amarci come lui stesso ha fatto, fino a dare la vita per l’altro. Cosa significa questo per te nei rapporti con persone di altre Chiese? “Nella parola “come”, trovo tutto il carisma di Chiara, Gesù crocifisso e abbandonato che è Vita. È il modo in cui Dio stesso ha voluto dialogare con l’umanità, ed è il modello che ci offre per qualsiasi dialogo fra di noi e con lui. Dare la vita per me vuol dire accogliere l’altro, ascoltare, mettere da parte pensieri e giudizi. Ma anche offrire i miei pensieri con distacco dagli stessi. È così che Chiara ha fatto con me e con ogni persona che ha incontrato. Ed è così che cerchiamo di vivere i rapporti fra di noi nel Movimento”.
Claudia Di Lorenzi
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Ago 24, 2020 | Chiara Lubich
La pandemia del Coronavirus ha fatto saltare programmi, strutture e procedure in tutti gli ambiti della vita umana. Dappertutto c’è tanto bisogno di creatività per trovare nuove risposte alle sfide che pone questa situazione. È di grande attualità quanto ha proposto Chiara Lubich già nell’anno 1983. Dio parla a noi in vari modi: tra questi vi sono le ispirazioni dello Spirito Santo. Dobbiamo, dunque, servire Dio seguendo anche le indicazioni della voce sottile dello Spirito che parla in noi. Lo Spirito Santo! La Terza Divina Persona che è Dio, come il Padre è Dio e come lo è il Verbo! (…) Egli è nel cuore dei cristiani; è dunque qui nel mio cuore; Egli è nel cuore dei nostri fratelli. (…) Diveniamo attenti ed assidui allievi di questo grande Maestro. Facciamo attenzione ai suoi tocchi misteriosi e delicatissimi. Non lasciamo cadere nessuna di quelle che possono essere sue ispirazioni. Se i primi tempi [del nostro Movimento] abbiamo fatto tanto cammino mettendo in pratica il motto: “Ogni idea, una responsabilità”, ricordiamo che le idee che fioriscono nella mente di una persona che s’è proposta d’amare sono spesso ispirazioni dello Spirito Santo. E perché ce le dà? Per beneficare noi e il mondo attraverso di noi, perché portiamo avanti la nostra rivoluzione d’amore. Attenzione allora: ogni idea, specie se pensiamo possa essere un’ispirazione, sentiamola come una responsabilità da cogliere e mettere in pratica. Così facendo, avremo trovato un ottimo modo per amare, onorare, ringraziare lo Spirito Santo.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Mollens, 1 settembre 1983) Tratto da: “Ogni idea, una responsabilità”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 127. Città Nuova Ed., 2019. (altro…)
Ago 22, 2020 | Collegamento
Bintou Konaté, musulmana, con le amiche cristiane ha trasformato il dolore in un’opportunità per aiutare la sua comunità. A cura di Stefania Tanesini, Egilde Verí, Marco Tursi. https://vimeo.com/430766400 (altro…)
Ago 21, 2020 | Cultura
È uscito recentemente il nuovo libro del Copresidente dei Focolari, Jesús Morán, dal titolo: “Carisma e profezia”. In continuità con il precedente volume “Fedeltà Creativa. La sfida dell’attualizzazione di un carisma”, Morán offre in questo testo, a partire da alcune conversazioni tenute negli ultimi tre anni, la sua riflessione sul “genio ecclesiale” di Chiara Lubich. Ne parliamo con l’autore.
Come nasce l’idea di questo libro? Avevo questi testi che non erano ancora pubblicati e pensavo di onorare Chiara Lubich nell’anno del suo Centenario e, allo stesso tempo, fare un atto d’amore a tutti nel Movimento dei Focolari. Da quando ho cominciato ad usare questa espressione, “il genio ecclesiale di Chiara”, diversi anni fa, ho visto che a tanti piaceva, e cioè che coglievano in essa un concetto-sintesi che poteva definire la meravigliosa unità sinergica tra la persona di Chiara e il suo carisma, come il “tutto nel frammento”. Sono convinto che Chiara, oltre ad essere stata dotata da Dio di un “genio ecclesiale” sia, davvero, un “genio ecclesiale”, in continuità con altri che ci sono stati nella Chiesa e che hanno aperto orizzonti nuovi, sempre incardinati nella tradizione che risale allo stesso Gesù. Era doveroso approfondirlo in questo Centenario. Come lei stesso ha più volte spiegato, il Movimento dei Focolari, dopo la fase carismatica, sta vivendo la sua fase storica, quella che ha definito “di fedeltà creativa”. È la fase dunque dell’incarnazione nella storia delle profezie di Chiara. Quale secondo lei il principale contributo che il Movimento dei Focolari oggi può dare nell’attuazione di tali profezie in ambito ecclesiale, nel cammino verso l’ut omnes? Quando affermo che siamo entrati nella fase della fondazione storica del Movimento, in fedeltà creativa alla fase della fondazione carismatica, non intendo contrapporre dialetticamente le due fasi. Infatti, anche la fondazione carismatica è stata storica e, quindi, anche quella storica non è priva di carismaticità. Ma sono due fasi diverse, con accenti diversi, che toccano sia il fondo che la forma delle cose. Non c’è dubbio che oggi il tema dell’incarnazione del Carisma dell’unità acquisisca una pregnanza e una urgenza particolari. La fedeltà creativa si esercita sempre tenendo presenti due principi: l’ascolto delle domande che Dio pone nel mondo, l’ascolto di ciò che Dio continua a dire nel nucleo fondante del carisma. A mio avviso, una delle domande che Dio pone alla Chiesa che cammina nella storia del mondo è quella che, sinteticamente, potremmo chiamare “sinodalità”, con le sue aggettivazioni: aperta, comunionale, prossima, attenta alla dignità della persona, specialmente di quelle più vulnerabili. Il Movimento dei Focolari contribuisce a questo cammino ecclesiale con una accentuazione particolarissima, che nasce dal cuore del carisma, e cioè l’esperienza vitale ed incarnata di Dio uno e trino che si fa storia, senza la quale la sinodalità si riduce ad una nuova organizzazione priva della vita dello Spirito. E quali invece gli aspetti di incarnazione di tali profezie per i quali c’è ancora molta strada da fare? Penso che per essere all’altezza della nostra vera vocazione nella Chiesa, i membri del Movimento devono crescere nel cosiddetto sensus ecclesiae. Non che non ci sia, ma c’è bisogno di crescere, che vuol dire vincere definitivamente ogni autoreferenzialità e raggiungere quella maturità che gli ultimi papi ci auguravano. Inoltre bisogna superare ogni dualismo tra impegno civile e impegno ecclesiale, guardando al modello che da sempre teniamo come cristiani nella figura di Gesù, l’uomo-Dio, veramente uomo e veramente Dio. Che cosa vorrebbe dire, a cuore aperto, anche alla luce delle riflessioni che offre nel suo testo, mentre si avvicina la conclusione di questo sessennio nel quale è stato Copresidente del Movimento dei Focolari? Io prego perché Dio ci dia le grazie necessarie per attualizzare vitalmente e radicalmente il carisma di Chiara Lubich. Penso che dobbiamo ripartire, rinascendo dal cuore del carisma, da ciò che noi chiamiamo l’Ideale, e da lì mettere in moto le riforme necessarie perché il Movimento, anche in quanto istituzione, rifletta sempre meglio la vita umano-divina che lo anima. E rinascita vuol dire purificazione e conversione.
A cura di Anna Lisa Innocenti
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Ago 19, 2020 | Nuove Generazioni
Stiamo assistendo a un periodo di grandi cambiamenti, trasformazioni e contraddizioni che possono aprire nuovi modi per cercare il bene comune. Attraverso la nuova campagna #daretocare i giovani dei Focolari vogliono porre il tema della cura in cima dell’agenda politica locale e globale. Dal 20 giugno scorso è partita la nuova campagna dei giovani del Movimento dei Focolari dal nome #daretocare – in continuo aggiornamento sul sito dello United World Project -, cioè “osare e prendersi cura”, farsi carico delle nostre società e del pianeta. Cosa c’entra #daretocare con la politica? Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari credeva che ci fosse una vera vocazione alla politica, una chiamata personale percepita nella propria coscienza e nata da certe circostanze, ispirata da un bisogno sociale debole che sta chiedendo aiuto, da un diritto umano violato o dal desiderio di fare qualcosa di buono per la propria città o nazione. Ma è valido ancora oggi? Javier Baquero da Bogotá in Colombia, Cristina Guarda dall’Italia e Frantisek Talíř da Zubčice in Repubblica Ceca ci aiutano a rispondere a questa domanda. Loro sono giovani del Movimento dei Focolari e fanno parte della rete del Movimento Politico per l’unità, espressione dei Focolari per una cultura dell’unità in politica.
“Ho lavorato in politica da quando avevo 13 anni e formalmente al governo da quando ne avevo 18 – racconta Javier che oggi lavora all’ufficio del sindaco di Bogotá -, e ho lavorato con persone che hanno integrità, che hanno la capacità di affrontare la corruzione, che sono trasparenti. Quindi forse ci sono persone corrotte, ma sono solo alcune. Per me il principio più importante in politica è il servizio. Perché uno mette le proprie conoscenze, abilità, professioni al servizio di una società, dell’umanità, del pianeta. E non lo fai da solo ma insieme ad altre persone. Quindi, il principio che dovrebbe guidare ogni politico è il servizio, un atteggiamento di servizio per rispondere ai bisogni di una società. #daretocare, osare e prendersi cura significa innanzitutto sentire ed essere vicino ai problemi della mia città ma non solo: è pensare e costruire politiche pubbliche per risolvere questi problemi”.
Cristina che negli ultimi cinque anni è stata in politica aggiunge: “Sì, lo so, a volte mi sento disgustata osservando l’odio creato da alcuni politici, la cospirazione del silenzio, la pigrizia o la sordità di fronte ad alcuni problemi complessi. Ma per questo motivo, io e noi dobbiamo agire e fare del nostro meglio. Nella mia azione politica voglio esprimere il mio intenso amore per gli altri facendo del mio meglio per aiutarli a vivere meglio, per alleggerire le loro preoccupazioni e dare loro tutti gli strumenti per realizzare le loro vite così come le sognano”.
“La politica non è male in sé. La politica è fatta da politici, che possono essere più o meno bravi a farla – afferma František, attivista politico regionale. Ecco perché è necessario che i nuovi politici entrino sempre in questo campo e provino a farlo nel miglior modo possibile. Parlare di politica come un servizio è ciò che Papa Francesco mi ha suggerito quando ci siamo conosciuti un anno e mezzo fa. Penso che questa sia la ricetta per una buona politica. La chiave sta realmente nel servire gli altri. Il punto cruciale è il mio pensiero: faccio politica per me stesso o lo faccio per servire? E ogni volta che devo prendere una decisione – piccola o grande – posso scegliere: sto mettendo me stesso per primo o gli altri? E se gli altri vengono messi al primo posto allora andrà tutto bene”! Ecco perché è importante creare reti, pensare e agire a favore del bene comune, prendersi cura di tutti. Per seguire gli eventi della campagna #daretocare visitate il sito dello United World Project.
A cura dei giovani dei Focolari
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Ago 18, 2020 | Cultura
Quali sono le prospettive future dell’Istituto universitario? Come rispondere alle esigenze educative dei giovani di oggi? Lo abbiamo chiesto al Rettore, il prof. Giuseppe Argiolas, nominato il 20 febbraio scorso dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica della Santa Sede. Il prof. Giuseppe Argiolas, Rettore dell’Istituto universitario Sophia dal 20 febbraio scorso ci spiega quali sono le prospettive future dell’università.
Oggi Sophia è un Ateneo universitario. Da pochi mesi infatti c’è la Sua figura di Rettore dell’università. Che vuol dire e quali cambiamenti ci saranno per gli studenti? “Siamo al primo cambio della guardia per Sophia, e questo coincide anche con l’attribuzione da parte della Congregazione per l’Educazione Cattolica del titolo di “Rettore” a colui che prima era il Preside. Si tratta effettivamente di un riconoscimento dello sviluppo che Sophia ha avuto in questi 12 anni, per il quale esprimiamo gratitudine. Le sfide affrontate sono state enormi, Chiara ha fondato questa Università in un lampo e così, tutti i docenti, il personale amministrativo e gli studenti della prima ora e coloro che si sono poi aggiunti, hanno fatto un lavoro straordinario. Abbiamo appena attivato 4 corsi di laurea magistrale con vari indirizzi di specializzazione: “Economics and management” (indirizzo in «Management for a Civil and Sustainable Economy»), “Scienze politiche” (indirizzo «Fraternità nella res publica. Basi teoriche e linee operative» ed indirizzo «Governance dei beni comuni»), “Ontologia trinitaria” (indirizzo in «teologia» ed indirizzo in «filosofia») e “Cultura dell’unità” (indirizzo in «Pedagogia di comunione per una cultura della pace» e indirizzo «Processi comunicativi e mediazione interculturale e interreligiosa»). La Scuola di Dottorato è ormai una realtà consolidata e stiamo sviluppando la Scuola di post-dottorato a servizio di giovani ricercatori. Chiara Lubich ha visto Sophia come una università globale, un’unica università con diverse sedi. In America Latina vediamo nascere Sophia ALC (America Latina e Caraibi), ma le prime gemme si intravedono anche in Africa ed in Asia. Il nostro compito sarà quello di considerare questi progetti nello spirito di una Sophia unitaria che si esprime nella diversità dei contesti nei quali si sviluppa”. L’emergenza Covid-19 ha inciso non poco sulle lezioni: come sta proseguendo la didattica? “Grazie all’impegno di tutti è stato possibile continuare lezioni, esami e far completare agli studenti il percorso accademico, utilizzando gli strumenti che la tecnologia oggi offre. Abbiamo anche attivato dei webinar dedicati alla Pandemia per offrire il nostro contributo di riflessione e di azione su un tema così delicato e urgente, e lo abbiamo fatto a partire dalle diverse discipline scientifiche attivando un dialogo interdisciplinare, internazionale ed intergenerazionale. Il nuovo anno accademico parte regolarmente in forma presenziale ed al tempo stesso on-line, per gli studenti che non potranno recarsi a Sophia a causa delle restrizioni internazionali causate dal Covid-19”. Quali sono le prospettive per il futuro? Come vede Lei Sophia fra 10 anni? “Sophia è stata capace di mantenere la spinta carismatica e nella fedeltà al carisma, innovare. Penso che dobbiamo continuare su questa linea: mantenere la fedeltà al Carisma con la specificità che esso contiene per leggere i segni dei tempi. Papa Francesco ce lo ha detto con le tre parole – «Sapienza, Patto, Uscita» – che ci ha rivolto nell’incontro che abbiamo avuto con lui lo scorso novembre, dandoci un riferimento sicuro per il nostro futuro. Così, vorrei sviluppare Sophia su tre fronti: la didattica, andando avanti nella direzione intrapresa ma con grande attenzione e sensibilità per rispondere adeguatamente alle necessità educative dei giovani; la ricerca, valorizzando lo sviluppo delle varie discipline e favorendo una sempre più marcata interdisciplinarietà, indispensabile nella ricerca scientifica attuale; il rapporto con le altre agenzie del Movimento dei Focolari e con altre Istituzioni Universitarie e culturali, perché il servizio che offriamo in favore del bene comune sia sempre più incisivo. Cercheremo di fare questo, insieme, in unità, con tutta la passione che possiamo esprimere. Si conclude la fase fondativa, per certi aspetti, e comincia la fase di consolidamento e sviluppo. Ciò che non deve cessare è la spinta carismatica, questa deve continuare, anzi ci dovrà accompagnare sempre come Stella Polare nel cammino che abbiamo appena iniziato e che siamo chiamati a percorrere assieme a tanti compagni di viaggio con «gioia, visione e decisione»”.
Lorenzo Russo
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Ago 17, 2020 | Chiara Lubich
La presenza di Gesù, il Risorto, in mezzo a due o più persone riunite nel suo nome è uno dei punti cardini della spiritualità dei Focolari. Il movimento, infatti, si sente chiamato “generare” questa sua presenza in tutti gli ambiti dell’esistenza umana. Ma cosa fare quando ci si trova da soli? Chiara Lubich propone una ginnastica spirituale. Oggi ci tocca spesso d’accostare, nel mondo in cui viviamo, persone anche rette e buone che non sentono però il bisogno di credere. C’è chi fra loro ne avrebbe pure il desiderio, ma, immerso in un mondo che dovrebbe essere cristiano, e spesso non lo è, non trova la forza di fare il passo e attende, ponendosi fra coloro che si dicono in ricerca. […] Attende, magari inconsciamente, di incontrarsi un giorno con Gesù. Ed è qui […] che si constata di estrema attualità, opportunità e urgenza la nostra spiritualità e (quel punto che, abbreviato, definiamo: «Gesù in mezzo»). […] Egli attesta, dimostra di non essere una realtà soltanto di un tempo passato, perché è Colui che, mantenendo la sua promessa: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo»[1], è presente, vivo, luminoso, amante anche oggi tra i fratelli. Portare Lui in mezzo a noi è il nostro grande dovere. E lo possiamo, attuando i suoi comandi, che si riassumono nel comandamento nuovo vissuto sul modello di Gesù abbandonato. Vivere però i suoi comandi – ha detto Lui – è portare un giogo leggero e soave. […] Ma, può essere sempre così? In genere sì. Si esigono però due o più persone unite nel suo Nome. E quando fossimo soli? O non fossimo da altri compresi nell’amore? Noi sappiamo che con l’abbraccio di Gesù abbandonato, in momenti del genere, possiamo mantenerci in piedi, in pace e anche nella gioia, e possiamo lavorare, pregare, studiare, vivere con la pienezza nel cuore. Vi possono essere però momenti in cui sembra difficile poter definire leggero e soave il giogo del Signore. Vi sono periodi, ad esempio, in cui la salute non regge e influisce anche sull’anima, e ci chiude in noi stessi, rendendoci quasi incapaci di rapportarci con i fratelli. […] O morti improvvise, o incidenti imprevisti che ci tolgono il respiro e ci sembra difficile altri possano capire. O il manifestarsi di una malattia, che si può pensare mortale… O…, o… Sono tutte circostanze dolorose, che Dio permette per lavorarci con quel mezzo da cui nel cristianesimo non si può prescindere, e che Gesù stesso ha provato: la croce. Come comportarsi in questi frangenti? Cercare di gioire, almeno con la volontà, per essere un po’ come Lui, abbandonato, gettando ogni preoccupazione nel cuore del Padre[2]. Rimanere in una continua offerta, aiutati dalla grazia del momento, che non mancherà, finché Dio farà tornare in pieno il sereno sulla nostra anima provata. Tener presente però che dobbiamo sempre amare i fratelli, naturalmente come possiamo e per quanto possiamo, confidandoci con loro, almeno in linea generale. Dire ad esempio: «Sto passando una prova…». Dirlo per amore, per non venir meno alla comunione. Il comunicare, fra il resto, è sempre il tonico migliore in ogni situazione. Così, Gesù fra noi […] ci porterà a galla anche in questi momenti e ci dimostrerà che, sempre e comunque, il suo giogo può essere leggero e soave.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 24 aprile 1997) Tratto da: “Una ginnastica utile”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 534. Città Nuova Ed., 2019. [1] Mt 28,20 [2] Cf. 1 Pt 5,7 (altro…)