Mag 31, 2018 | Focolari nel Mondo
Il 19 maggio scorso, Vigilia di Pentecoste, si è svolto nella diocesi di Stoccolma un incontro tra movimenti della Chiesa Cattolica, tra cui anche il Movimento dei Focolari, il Cammino Neocatecumenale e il Movimento Carismatico. Un centinaio i partecipanti. Durante la giornata è stata offerta una presentazione dell’esortazione apostolica di Papa Francesco “Gaudete et exsultate”, cui è seguito un intenso momento di scambio. Nelle sue parole di saluto, durante la S. Messa conclusiva, il cardinale Anders Arborelius di Stoccolma ha sottolineato quanto lui consideri preziosa la presenza dei movimenti nella Chiesa locale. Scrivono dalla comunità dei Focolari: “Ci siamo sentiti tutti corresponsabili dell’evento. Alla fine della giornata si sentiva una grande gioia e gratitudine, segno, ci sembra, della presenza tangibile di Gesù alla guida del suo piccolo gregge. Ci è sembrato di cogliere come questo momento sia di anno in anno sempre più atteso, e come stia crescendo la comunione tra tutti”. (altro…)
Mag 30, 2018 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
“Porta”, non “frontiera”, almeno fino a quando la Francia non ha sospeso i trattati di libera circolazione. Così, Ventimiglia è diventata un imbuto, dove si raccolgono i migranti che considerano il nostro paese solo una tappa, prima di raggiungere altre mète oltre confine. «Da Ventimiglia sono passate più di 20 mila persone lo scorso anno». A raccontarlo è Paola, della comunità locale dei Focolari. «Praticamente un’altra Ventimiglia, perché la nostra popolazione si aggira intorno ai 24 mila abitanti». Insegnante presso il Seminario vescovile, ricorda: «Tra febbraio e marzo 2015, i seminaristi avevano cominciato un servizio di distribuzione di cibo ai clochard della stazione. Con l’andare dei giorni, però, questi clochard si moltiplicavano». Infatti, a loro si stavano aggiungendo i migranti che, sbarcati sulle coste italiane, volevano attraversare il confine con la Francia per raggiungere altri paesi europei. «Da allora è cominciata un’”emergenza” che non è mai finita. All’inizio, ci siamo impegnati con altre realtà locali nella distribuzione volontaria di panini per strada». Un volontariato svolto in collaborazione con la Caritas diocesana. «Ci siamo messi in contatto con la comunità dei Focolari oltre confine, la quale ha condiviso con noi i turni, e ci ha sostenuto con i fondi raccolti dalla vendita di beneficienza svolta durante il Grand Prix di Monaco». «A giugno 2015 – continua – è sorto il campo della Croce Rossa vicino alla stazione. L’accesso era limitato, ma quanti di noi avevano l’HACCP sono potuti entrare per collaborare in vari modi». Accanto a questo campo “ufficiale”, durante l’estate è nato un campo “informale” proprio sulla frontiera con la Francia. «Molti migranti arrivavano senza documenti, e siccome nel campo gestito dalla Croce Rossa era obbligatoria l’identificazione, molti preferivano accamparsi lì, per cercare di passare subito la frontiera». Poi, ai primi di ottobre, questo campo è stato smantellato e sgombrato, “piuttosto brutalmente”. «Quando a maggio del 2016 è stato chiuso anche il Campo della Croce Rossa ci siamo trovati all’improvviso con più di mille persone in città. Una situazione insostenibile, aggravata dall’ordinanza comunale che vietava la distribuzione di cibo e beni di prima necessità ai migranti, pena sanzioni penali e multe. Finché la Caritas è intervenuta a mediare. Così è nata una realtà di accoglienza intorno alla chiesa di Sant’Antonio. Chiesa di giorno, dormitorio di notte. Le famiglie con bambini e le persone più fragili venivano ospitate in chiesa: via le panche, si prendevano le coperte e poi, il mattino, si ripuliva tutto».
A metà luglio del 2016 viene aperto un nuovo campo della Croce Rossa, fuori città, riservato agli uomini: le donne e i minori continuano ad essere ospitati in chiesa. «Nel 2017 è cominciato l’afflusso di una serie infinita di minori, che per lo più si fermavano lungo il fiume Roya. Così, il Prefetto ha chiesto alla Croce Rossa di aprire una sezione dedicata a loro. Nel frattempo c’erano rastrellamenti continui, con centinaia di migranti caricati sugli autobus per Taranto. Ma dopo pochi giorni, erano di nuovo qui». Il fatto è – spiega – che queste persone vogliono ricongiungersi a familiari che si trovano in altri paesi, e per questo sono pronti a tutto: «È da qui che possono provare a passare il confine. C’è gente che ci ha provato anche dieci volte prima di riuscirci». Il confine è presidiato giorno e notte. «Purtroppo quello che stiamo facendo è solo assistenzialismo. Ma loro non hanno bisogno di un vestito o di un paio di scarpe. Hanno bisogno di esercitare quella libertà di autodeterminazione che dovrebbe essere di tutto il genere umano». Forse, la soluzione potrebbe essere creare un campo di transito, suggerisce Paola, «un luogo dove il migrante, durante il viaggio, possa fermarsi, nutrirsi, lavarsi e cambiarsi d’abito; dove ricevere le cure mediche, l’assistenza legale necessaria». Paola li chiama “rien du tout”, cose da niente, dettagli che fanno sentire questi viaggiatori di nuovo persone: «Cuciniamo ricette africane o arabe a base di cous cous e riso, abbiamo imparato a mescolare le spezie e comporre i piatti come nelle loro tradizioni. Un giorno, abbiamo notato che una donna siriana si lavava ogni volta che veniva alla Caritas, ma continuava a mettersi sempre lo stesso abito. Portava una tunica, con sotto i pantaloni. Continuava a scavare nella pila dei panni, ma se ne andava via sempre a mani vuote. Finché non abbiamo capito e, allora, abbiamo chiesto a delle amiche marocchine se avevano un abito in quello stile. Finalmente si è cambiata, e se ne è andata via felice». Fonte: United World Project (altro…)
Mag 29, 2018 | Ecumenismo, Spiritualità

Beatriz Sarkis
«Uno spazio di incontro tra cristiani, dove spariscono i pregiudizi e si possono stabilire relazioni di stima reciproca». Beatriz Sarkis definisce così la III Assemblea del Global Christian Forum (24-27 aprile 2018) che ha riunito oltre 250 cristiani appartenenti a chiese, organizzazioni e movimenti cristiani di tutto il mondo. La teologa brasiliana, laureata in Inghilterra e con un master presso una Università luterana del suo Paese sul contributo del Movimento dei Focolari all’ecumenismo, era presente al convegno in rappresentanza di Maria Voce, presidente dei Focolari. In una intervista, Sarkis, che dal 2009 al 2016 ha partecipato, unica donna laica, alla Consulta tra il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e la World Evangelical Alliance, ci spiega le finalità del GCF. «L’idea di creare un Forum era nata nel 1998, frutto di un profondo scambio tra l’Alleanza Evangelica Mondiale, il Consiglio Ecumenico delle Chiese, la Fraternità Mondiale Pentecostale e il Pontificio Consiglio per l’unità dei Cristiani. Insieme, queste quattro istituzioni continuano a sostenerlo come uno spazio aperto a tutti. 
Foto © Albin Hillert/WCC
Dopo un primo incontro a livello mondiale, in Kenya (2007), ne è seguito un altro in Indonesia (2011). Provenienti da 55 paesi, eravamo presenti a Bogotà anglicani, avventisti, battisti, cattolici, quacqueri, discepoli di Cristo, membri dell’esercito della salvezza, evangelicali, indipendenti, luterani, mennoniti, metodisti, neocarismatici, ortodossi, orientali ortodossi, pentecostali, riformati/presbiteriani, appartenenti al movimento di santità, alle African Instituted Churches valdesi, veterocattolici e un rappresentante degli ebrei messianici». Il Global Christian Forum persegue l’obiettivo di mettere in dialogo tra loro cristiani e chiese di tradizioni anche molto diverse. «Il Forum non sostituisce il prezioso e insostituibile lavoro dei teologi, nelle varie commissioni – spiega Sarkis -, ma è una delle strade che oggi si percorrono per radunare il popolo di Dio e metterlo in marcia, da subito, nella via verso l’unità. Se l’amore fraterno è vivo, le questioni teologiche saranno poi affrontate più facilmente. Durante l’Assemblea ci sono stati momenti di scambio e riflessione comune sul futuro e sulle sfide che tutti i cristiani si trovano, oggi, ad affrontare. Non sono mancati i momenti di preghiera comune, all’inizio e a conclusione di ogni giornata. Personalmente, poi, partecipavo ogni giorno, insieme agli altri cattolici, alla Santa Messa nel vicino Monastero della Visitazione. Il tema scelto, “Perseverate nell’amore fraterno” (Eb 13,1), ha portato tutti noi al cuore del cristianesimo. 
Foto © Albin Hillert/WCC
Suddivisi in piccoli gruppi, ci siamo fatti dono, reciprocamente, del nostro personale incontro con Gesù. Questa pratica, che caratterizza il Forum fin dal suo inizio, trova una particolare consonanza con la spiritualità del Focolare, perché la comunione delle esperienze avviene anche all’interno del Movimento. Uno scambio profondo che ha aperto i nostri occhi e ci ha fatto scoprire il lavoro di Dio nella vita di ciascuno, facendo cadere molti pregiudizi. Ci siamo riscoperti tutti semplicemente cristiani. Oltre a questo, ho avuto la grande gioia di poter condividere questa esperienza, seppur brevemente, con la comunità dei Focolari del posto, che mi ha accolta, dopo che alcuni contrattempi mi avevano impedito di ritornare subito in Italia. Il messaggio finale dell’Assemblea contiene un invito ad unirsi nell’amore reciproco in Cristo per continuare a camminare insieme, poiché le divisioni tra i cristiani contraddicono la volontà di Gesù, scandalizzano il mondo e danneggiano la missione comune di annunciare il Vangelo a tutte le genti. Dobbiamo, tutti insieme, continuare a costruire, o rinforzare, questa rete. Questo è anche l’obiettivo del “Centro Uno” per l’unità dei cristiani (Roma), fondato da Chiara Lubich nel 1961 per concorrere, con la spiritualità dell’unità, alla piena e visibile comunione tra le Chiese». A cura di Chiara Favotti (altro…)
Mag 28, 2018 | Focolari nel Mondo
“Sei stata tu a farci capire che il matrimonio significa apertura, realizzazione del progetto che Dio ha su di noi. Faremo tutti i nostri sforzi perché la famiglia e il mondo diventino come devono essere”. Maria da Conceição, per tutti noi semplicemente São, aveva scritto queste parole a Chiara Lubich, appena cominciata la nostra avventura. Ci siamo sposati a Braga nel 1981 – racconta Zé Maia – e dalla nostra unione sono nati sei figli. Poi sono arrivati i nipoti, che sono già nove. La stessa Chiara Lubich, tempo prima, le aveva indicato una frase del Vangelo come programma di vita: “Egli deve crescere e io diminuire” (Giov. 3, 30). Quante volte me l’aveva ripetuta!» Zé e São, entrambi portoghesi, nel 2002 si erano trasferiti con i figli alla cittadella dei Focolari “Arco Iris”, 50 chilometri da Lisbona, per dare un contributo concreto alla sua costruzione. Nel novembre 2016, São stava partecipando, al Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Roma), al convegno “Insieme per l’Europa”. «Prima di partire – prosegue Zé – mi aveva confidato: “Sono contenta di parteciparvi, credo che sarà questo il cammino che dovremo fare”. È stato il suo ultimo atto di amore, nella gioia di dare la propria vita per gli altri. Il giorno 11, all’improvviso, per un infarto, Dio l’ha chiamata a sé.
E adesso? Sto facendo l’esperienza di vivere lei, che è in me, in quella “sola carne”, tra cielo e terra. Non posso perdere la freschezza delle sue ultime parole, quella sfida ad “andare avanti insieme e con coraggio”. Ricomincio ogni giorno, con lo stimolo e l’aiuto della vita del focolare. A casa, in famiglia, stiamo scoprendo un “nuovo noi” e sperimentiamo che quello che abbiamo costruito con l’amore rimane. E continua, perché l’eternità è il perfetto amore. Vivo nella ricerca continua di come diventare, insieme, padre e madre. Vivo come se São fosse qui con me, facendo casa agli altri, o nelle spese. Insieme a lei prendo dei fiori, preparo un buon pranzo per i figli o quelle cose buone che piacciono ai nipoti. Insieme a lei dico una parola che corregge, costruisce, o incentiva. È un dialogo continuo, tra terra e cielo. Ho fatto una nuova scoperta, Gesù Eucaristia. Lì è il momento del “nostro” incontro. I momenti di dolore esistono, ma ci fanno dilatare il cuore verso il prossimo. La solitudine c’è, è un’ombra vera. Bisogna voltarle le spalle e guardare la luce. Alla fine di ogni giornata scopro la gratitudine, quando alzo lo sguardo per riuscire a vedere l’invisibile, anche se la paura appare come un ladro, di nascosto, per rubarci la pace. A volte l’anima desidera volare via, andare in un altro posto. Ma poi lascio che quel raggio di luce mi parli, mi saluti e mi accompagni». «Talvolta scrivo due righe ai figli, per raccontare loro quello che sto vivendo con la loro madre: “Ogni giorno, nel caleidoscopio dell’anima, lei si mostra con nuove bellezze, con tutte le sfumature del cielo azzurro. E allora la contemplo nel suo mistero”. La vita continua, fatta di momenti di famiglia e di vita di comunione con tutti. Sì, è vero, sento il bisogno di lei, della sua compagnia, della sua complicità, della sua condivisione. Non si è mai pronti a vedere partire il proprio compagno, a restare soli, senza la sua parola o il suo sguardo, sotto ogni aspetto, affettivo, psicologico, relazionale. Ma anche in concreto, con i figli, la famiglia, il lavoro. Nel ’67, Chiara Lubich aveva rivolto alle famiglie questa riflessione: quando uno dei due “parte” per il cielo, “avviene che il matrimonio, che aveva fatto di due creature una sola cosa, non solo fisicamente ma spiritualmente, per il sacramento del matrimonio, si rompe, per volontà di Dio. È qualche cosa di divino – se così si può dire – come una piccola Trinità che si spacca”. Si vive allora una vera purificazione, che si affronta mettendosi ad amare chi ci sta intorno. Quest’anno ho scoperto cosa significhi Dio-Amore, l’Amore: più che le cose di Dio, Dio stesso. Solo l’amore resta. Abbiamo ritrovato una breve preghiera scritta da São: “Aiutaci a diventare la famiglia che tu hai pensato. Dammi la grazia di superare le difficoltà con sapienza, ingegno, intelligenza e bontà. Aiutaci a vedere tutto con la tua luce”». Gustavo Clariá (altro…)
Mag 28, 2018 | Cultura
Padre Amedeo Ferrari presenta il suo libro: “Trinità ed etica”, Nuove prospettive nella spiritualità dell’unità di Chiara Lubich, edito da Città Nuova Editrice, il 29 maggio 2018 alle ore 17 presso l’Accademia Alfonsiana, in Via Merulana n.31 a Roma. Relatori: Il primo è Jesùs Moran, copresidente del Movimento dei Focolari. Seguono: Prof. Stefano Zamboni dell’Accademia Alfonsiana, e il Prof. Alberto Lo Presti dell’Università LUMSA di Roma Invito
Mag 27, 2018 | Parola di Vita
Il Vangelo di Matteo apre il racconto della predicazione di Gesù con il sorprendente annuncio delle Beatitudini. In esse, Gesù proclama “beati”, cioè pienamente felici e realizzati, tutti quelli che agli occhi del mondo sono considerati perdenti o sfortunati: gli umili, gli afflitti, i miti, chi ha fame e sete della giustizia, i puri di cuore, chi si adopera per la pace. Ad essi Dio fa grandi promesse: saranno da Lui stesso saziati e consolati, saranno eredi della terra e del Suo regno. E’ dunque una vera rivoluzione culturale, che stravolge la nostra visione spesso chiusa e miope, per la quale queste categorie di persone sono una parte marginale ed insignificante nella lotta per il potere ed il successo. “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. La pace, nella visione biblica, è il frutto della salvezza che Dio opera, è quindi prima di tutto un Suo dono. E’ una caratteristica di Dio stesso, che ama l’umanità e tutta la creazione con cuore di Padre ed ha su tutti un progetto di concordia e armonia. Per questo, chi si prodiga per la pace dimostra una certa “somiglianza” con Lui, come un figlio. Scrive Chiara Lubich: “Può essere portatore di pace chi la possiede in se stesso. Occorre essere portatore di pace anzitutto nel proprio comportamento di ogni istante, vivendo in accordo con Dio e la sua volontà. […] «… saranno chiamati figli di Dio». Ricevere un nome significa diventare ciò che il nome esprime. Paolo chiamava Dio «il Dio della pace» e salutando i cristiani diceva loro: «Il Dio della pace sia con tutti voi». Gli operatori di pace manifestano la loro parentela con Dio, agiscono da figli di Dio, testimoniano Dio che […] ha impresso nella società umana l’ordine, che ha come frutto la pace” (1) . Vivere in pace non è semplicemente assenza di conflitto; non è neanche il quieto vivere, con un certo compromesso sui valori per essere sempre e comunque accettati, anzi è uno stile di vita squisitamente evangelico, che richiede il coraggio di scelte controcorrente. Essere “operatori di pace” è soprattutto creare occasioni di riconciliazione nella propria vita e in quella degli altri, a tutti i livelli: anzitutto con Dio e poi con chi ci sta vicino in famiglia, sul lavoro, a scuola, in parrocchia e nelle associazioni, nelle relazioni sociali ed internazionali. E’ quindi una forma di amore per il prossimo decisiva, una grande opera di misericordia che risana tutti i rapporti. E’ quello che Jorge, un adolescente del Venezuela, ha deciso di fare nella sua scuola: “Un giorno, alla fine delle lezioni, mi sono accorto che i miei compagni stavano organizzandosi per una manifestazione di protesta, durante la quale erano intenzionati ad usare la violenza, incendiando macchine e gettando pietre. Ho subito pensato che quel comportamento non era in sintonia con il mio stile di vita. Ho proposto allora ai compagni di scrivere una lettera alla direzione della scuola: avremmo così potuto chiedere, in un’altra forma, le stesse cose che loro pensavano di ottenere con la violenza. Con alcuni di loro l’abbiamo stesa e consegnata al direttore”. “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. In questo tempo appare particolarmente urgente promuovere il dialogo e l’incontro tra persone e gruppi, diversi di per sé per storia, tradizioni culturali, punti di vista, mostrando apprezzamento ed accoglienza per questa varietà e ricchezza. Come ha detto recentemente papa Francesco: “La pace si costruisce nel coro delle differenze … E a partire da queste differenze s’impara dall’altro, come fratelli. Uno è il nostro Padre, noi siamo fratelli. Amiamoci come fratelli. E se discutiamo tra noi, che sia come fratelli, che si riconciliano subito, che tornano sempre a essere fratelli” (2) . Potremo anche impegnarci a conoscere i germogli di pace e fraternità che già rendono le nostre città più aperte ed umane. Prendiamoci cura di essi e facciamoli crescere; contribuiremo così alla guarigione delle fratture e dei conflitti che le attraversano. Letizia Magri 1 Cfr. C. Lubich, Diffondere pace, Città Nuova, 25, [1981], 2, pp. 42-43. 2 Cfr. Saluto del S. Padre, Incontro con i leader religiosi del Myanmar, 28 novembre 2017. (altro…)
Mag 27, 2018 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
L’infermiere Sono albanese. Dopo tante ricerche ero stato assunto come infermiere in un ospedale della Macedonia. Un giorno, per essere coerente con i miei principi religiosi, ho rifiutato di assistere ad un aborto, con grande sorpresa dei colleghi, perché così facendo rischiavo il licenziamento. Pur consapevole che la famiglia, che vive del mio stipendio, ne avrebbe risentito, sono rimasto nella mia posizione. Dopo qualche giorno il primario, in privato, mi ha dichiarato la sua ammirazione per quel gesto. Anche per lui era da combattere la pratica degli aborti, ma non aveva il coraggio di rischiare il posto di lavoro. S. E. – Macedonia Allevamento di galline Volevamo mettere su un’azienda per andare incontro ai bisogni dei poveri. Messe insieme alcune risorse, abbiamo iniziato ad allevare galline ovaiole. Il primo lavoratore assunto era un giovane di vent’anni che, come poi ho scoperto, aveva un comportamento disonesto. Una volta, infatti, è sparita una grande quantità di uova e lui era stato l’unico ad assentarsi dall’azienda durante l’orario di lavoro. Ogni volta che decidevo di licenziarlo, però, mi fermavo: “Si fa presto a licenziare – mi dicevo –; non sarebbe meglio aiutarlo?”. Ho chiesto aiuto a Dio, e ho cercato di dare fiducia a quel giovane. Alcuni mesi fa stavano morendo tante galline e il veterinario non riusciva a capire il motivo. Quel giovane, osservandole, ha scoperto che dipendeva da una errata disposizione dei nidi: le galline che andavano a deporre le uova non erano protette dalle beccate delle altre. Abbiamo cambiato la disposizione e da allora non ci sono più problemi. P. L. – Camerun Turno serale Un collega che fa il turno serale nel centro elettronico della banca dove lavoro, dopo l’ennesimo inconveniente, mi telefona in preda al panico per chiedermi di correre in suo aiuto. Anche se mi costa uscire di casa e lasciare la mia famiglia, decido di andare a dargli una mano. Cerco prima di tutto di assorbire la sua rabbia, poi piano piano si calma, e insieme riusciamo a ricostruire tutti i dati che erano andati persi. A quel punto il mio compito è terminato, ma pensando alle parole di Gesù: “Se uno ti chiede di fare un miglio, tu accompagnalo per due”, gli propongo di tornare a casa, dicendogli che sarei rimasto io a coprire il turno. Alla risposta che preferisce restare, rimango con lui fino a mezzanotte. Oltre alla stanchezza, sperimento anche una grande gioia. F. S. – Svizzera Incomunicabilità Dopo anni di matrimonio, con mia moglie eravamo arrivati a una situazione di grave incomunicabilità. Qualsiasi cosa dicessimo per chiarirci le posizioni e le motivazioni delle nostre azioni, sembrava di mettere benzina sul fuoco al punto da arrivare a rinfacciarci che tra noi, in fondo, non era mai esistita una vera comunione. Giorni d’inferno hanno riempito la nostra vita. Quanto ai figli, anche se fuori di casa, avvertivano anche loro questo profondo disagio. Un giorno in cui mi sentivo particolarmente oppresso interiormente ho chiesto aiuto a Dio. Poco dopo, mentre sfogliavo una rivista sul tram, ha colpito la mia attenzione un articolo sull’importanza di dare fiducia all’altro. Era proprio quello di cui avevo bisogno! Ho capito che, piuttosto che analizzare azioni e parole, dovevo ridare fiducia a mia moglie, dimostrandole di credere in lei. Ci ho provato, e questo cambio di atteggiamento ha dato i suoi frutti. Dopo giorni di silenzio, mia moglie ed io abbiamo ripreso un dialogo nuovo. F. T. – Ungheria (altro…)
Mag 25, 2018 | Focolari nel Mondo
L’Istituto Universitario Sophia inaugurerà nel prossimo mese di giugno il primo modulo del corso “Le trasformazioni globali e l’Europa”. Il corso, per complessive 18 ore, condotto da Léonce Bekemans, titolare della Cattedra Jean Monnet Ad Personam “Globalizzazione, Europeizzazione e Sviluppo Umano”, si propone di indagare il ruolo delle città come laboratori di integrazione e dei cittadini come primi attori nel processo di rilancio del progetto europeo. Le lezioni presenteranno lo stato del processo di integrazione, riflettendo su concetti quali autonomia, inclusione e cittadinanza europea. Particolare attenzione sarà rivolta ai sistemi di governance e alla loro dimensione locale e regionale. Il corso sarà aperto con una prolusione di Romano Prodi dal titolo: “L’Europa di oggi. Quale Europa domani?”. Il modulo è rivolto a professionisti, docenti delle scuole primaria e secondaria, studiosi, amministratori e operatori della comunicazione. Docenti e dirigenti scolastici potranno usufruire della Carta del docente (MIUR 170/2016). 15 borse di studio sono a disposizione per giovani fino a 30 anni. Per info e iscrizioni: www.sophiauniversity.org, globalstudies@iu-sophia.org. (altro…)
Mag 25, 2018 | Cultura
En este libro recogemos las catequesis del papa Francisco sobre la misa. Nos parece especialmente oportuno este acompañamiento del Santo Padre, que desmenuza de modo claro y sencillo las diferentes partes de la liturgia, deteniéndose en su sentido profundo. Realmente constituyen una gran ayuda para redescubrir o descubrir de nuevas –en un entorno cada vez más profano– el amor de Dios que resplandece a través de este misterio de la fe que es la Eucaristía. Que, como dice Francisco, estas catequesis nos ayuden a «salir de misa mejor de como entré, con más vida, con más fuerza, con más ganas de dar testimonio cristiano. […] No debemos olvidar que celebramos la Eucaristía para aprender a convertirnos en hombres y mujeres eucarísticos. Significa dejar actuar a Cristo en nuestras obras: que sus pensamientos sean nuestros pensamientos, sus sentimientos los nuestros, sus opciones nuestras opciones. Y esto es santidad». Ciudad Nueva
Mag 24, 2018 | Centro internazionale, Chiesa, Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
https://vimeo.com/271706391 (2403M) Copyright 2018 © CSC – P.A.F.O.M. – All rights reserved
«Due settimane fa eravamo col Papa a Loppiano. Sono passate due settimane e ci domandiamo: “Ma è proprio successo?”. È proprio successo! Non solo, ma ci ha lasciato qualcosa da vivere. Per cui, in questo momento, mi domando: “Abbiamo capito fino in fondo che cosa è successo?”. Forse lo stiamo scoprendo un po’ alla volta, man mano che approfondiamo il suo meraviglioso discorso. Il Papa ci ha lanciato una sfida, ci ha detto che siamo all’inizio della nostra storia, all’inizio di Loppiano, all’inizio di tutto. E questo essere all’inizio vuol dire che dobbiamo guardare avanti, che dobbiamo fare qualcosa per andare avanti. E il Papa ci ha detto che cosa fare: dobbiamo trasformare la società, dobbiamo – ha detto delle cose forti – non soltanto accontentarci di favorire le relazioni fra i singoli, fra le famiglie, fra i gruppi, fra i popoli, ma addirittura metterci insieme per vincere la sfida di questa società che sta andando male e che ha bisogno di Vangelo, che ha un estremo bisogno di semi di vita evangelica che poi fioriscano e la trasformino. In questo ci sentiamo veramente all’inizio, e lo siamo veramente. Però non possiamo fermarci, perché il Papa, dicendoci questo, ci ha lanciato una sfida: “Voi potete farlo”. E ci ha detto come: “…trasmettendo agli altri questa spiritualità del noi, questa cultura del noi”, che può favorire una alleanza globale, universale, una nuova civiltà, una civiltà che nasce da questo noi. E ci ha detto anche che abbiamo un aiuto e uno stimolo potente nel carisma. Il carisma è un dono di Dio, non dobbiamo sentirci per questo orgogliosi di averlo ricevuto ma, con l’umiltà che lui ci ha ricordato, bisogna essere coscienti di questo carisma e far di tutto per trasmetterlo alla società che ci circonda. Questo è un cammino lungo, arduo, però il Papa ha detto: “Abbiamo bisogno di donne e uomini capaci di farlo”. Allora: vogliamo rispondere all’appello del Papa? Io penso che lo vogliamo, con tutto noi stessi, scoprendo, lì dove siamo, il modo per trasformare la società che ci circonda. Questo, penso, è un impegno che ci prendiamo oggi e che durerà tutta la vita». (altro…)