Giu 20, 2017 | Focolari nel Mondo
Negli USA ad Hyde Park la prima Summer School precede il consueto incontro annuale dell’Associazione Edc Nord Americana (che comprende oltre agli USA anche il Canada) al quale si uniranno anche rappresentanti dal Messico, costituendo un evento complessivo che avrà
come titolo: “Costruire un’Economia di Comunione. Una nuova visione per l’economia ed il business” (Building an Economy of Communion. A new vision for the Economy and Business). A Fontem in Camerun, in 56 parteciperanno all’ EoC Start up Lab 2017: 28 progetti imprenditoriali saranno protagonisti del laboratorio di incubazione di Economia di Comunione, nel continente africano per la prima volta. Per sapere di più: Edc-online
Giu 20, 2017 | Focolari nel Mondo
20 giugno. Papa Francesco in visita a due paesi italiani: Bozzolo (Mantova) e Barbiana (Firenze). «Per rendere omaggio a don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani, i due sacerdoti che oggi ci offrono un messaggio di cui abbiamo tanto bisogno. Anche in questo caso ringrazio quanti, specialmente sacerdoti, mi accompagneranno con la loro preghiera», ha detto il Papa all’Angelus di domenica 18 giugno. La visita in forma privata alle tombe dei due sacerdoti, sarà un gesto molto significativo verso questi uomini scomodi per il loro tempo e quindi emarginati. Precursori del Concilio Vaticano II, anticipatori della Chiesa dei poveri, sono stati indicati da Francesco come esempi da seguire. https://youtu.be/IWrf9yUJ32I (altro…)
Giu 20, 2017 | Focolari nel Mondo
Ogni anno si celebra il 20 giugno questa Giornata indetta dall’ONU (UNHCR) nel 2000, in occasione del 50° anniversario della Convenzione relativa allo status dei rifugiati. L’appuntamento ha come obiettivo la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla condizione dei migranti. Si tratta di milioni di persone costrette a fuggire da guerre e violenza, lasciando i propri affetti, la propria casa e tutto ciò che era parte della loro vita. Dietro ognuno di loro ci sono storie che meritano di essere ascoltate, intrise di sofferenza, umiliazioni e il desiderio di ricostruirsi un futuro. Nel rapporto Projected Global Resettlement Needs 2017, si afferma che nel 2017 il numero previsto di persone bisognose di reinsediamento sarà di 1,19 milioni, il 72% in più rispetto al 2014. È questa una delle soluzioni migliori per i rifugiati, insieme all’integrazione nella società di accoglienza e al rimpatrio volontario. (altro…)
Giu 20, 2017 | Centro internazionale
Con Alessandro De Carolis, giornalista di Radio Vaticana, in qualità di moderatore, hanno dialogato con l’autore don Julián Carrón (presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione) e Maria Grazia Vergari (vice presidente del settore adulti di Azione Cattolica). La giornalista Giorgia Bresciani di “Radio InBlu”, ha intervistato Jesús Morán il 30 maggio. Ecco alcuni stralci: G. B. – La presentazione del suo libro è stata l’occasione per vivere un momento di dialogo e fraternità tra movimenti ecclesiali. Nella Pentecoste del 1998, Giovanni Paolo II e l’allora cardinale Ratzinger vollero un cammino di comunione tra i movimenti. Le chiedo di aiutarci a capire cosa è accaduto quel giorno e a che punto siamo di quel cammino. J. M. – Penso che la giornata del 29 maggio è stata proprio benedetta dallo Spirito Santo, una grazia per noi. Ricordo molto bene la Festa di Pentecoste del 1998: penso sia stata la più bella della mia vita. Mi sembrava che si attualizzasse la prima Pentecoste, per la presenza di tante persone, per la giornata, che era bellissima! Arrivavo dal Cile, dove allora abitavo. Effettivamente è stato un momento storico, un evento ecclesiale, perché, per la prima volta, i nuovi movimenti erano radunati in piazza San Pietro tutti insieme. Un incontro fondamentale tra il Carisma di Pietro ed i carismi suscitati dallo Spirito Santo in questo tempo. È stato uscire a vita pubblica, dare visibilità ai carismi ecclesiali, un momento di “riconoscimento” di questa realtà. Da allora il cammino è andato avanti, con momenti alterni. Questa esperienza si è estesa anche a livello ecumenico ed è nata “Insieme per l’Europa”. Ci siamo impegnati, quindi, nell’unità di tutti i cristiani. Ma ci sono stati tanti altri momenti di incontro tra i movimenti. In questi anni, però, sono scomparsi alcuni dei fondatori e questo, ovviamente, ha rallentato un po’ il cammino: la partenza di don Giussani, di Chiara Lubich ed altri, ovviamente ha avuto un influsso perché questa realtà di unità e di comunione dei movimenti è stata decisamente voluta da loro.
Un’occasione come quella del 29 maggio ci dice che dobbiamo continuare. Adesso, in una fase diversa, post-fondazionale; dobbiamo riprendere quella “profezia”. Ed il momento della presentazione del mio libro è andato in quella linea direzione. G.B. – Lei ha accennato alla scomparsa di alcuni fondatori. Proprio lei, Maria Voce, don Carrón, siete tra quelli che state vivendo il “dopo –fondazione”, la “seconda fase”, che è una fase delicata: il vostro è un compito complesso e appassionante. Alla luce di ciò che è emerso dal vostro confronto, cosa serve in questa fase ad un movimento ecclesiale? J.M. – Credo che la fase “post –fondazionale” è anche una fase carismatica. Ci sono delle grazie diverse da quelle vincolate alla fondazione, più nella prospettiva dell’incarnazione: la grande sfida è che il carisma, nella scia del fondatore, diventi sempre più “storia”. Quindi è una tappa di servizio alla Chiesa ed all’umanità. Ci vuole una maturità diversa. Dobbiamo lavorare più insieme, mettere in luce tutti i talenti personali e comunitari. Perché quando c’è il fondatore la luce del carisma è fortissima, lo “incarna” quasi da sola. Ora Dio ci chiede di mettere in moto la nostra intelligenza del carisma, le nostre forze. E dobbiamo farlo insieme! Questa è la grande sfida. È ciò che ho cercato di dire con quel concetto (già usato da Giovanni Paolo II) di “fedeltà creativa”: fedeltà al carisma e, al contempo, capacità di innovazione, di creatività, sempre frutto dello Spirito. Ed un inserimento maggiore nella Chiesa e nella società. Ascolta l’intervista integrale (altro…)
Giu 19, 2017 | Cultura
The world of GB & W is full of wonder, simplicity and humor. With loveable clown-like faces, these two pals discover and uncover some of life’s most valuable lessons. Available from New City Press (UK)
Giu 19, 2017 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Che tutti siano uno. Siamo nati per queste parole, per l’unità, per contribuire alla sua realizzazione nel mondo». Le parole di Chiara Lubich, commentate dal vescovo Felix Liam, Presidente della Conferenza Episcopale del Myanmar, il primo giorno dell’incontro dei Vescovi asiatici amici del Movimento dei Focolari (1- 4 giugno 2017), ben evidenziano lo scopo del convegno, svoltosi quest’anno a Yangon, nel Myanmar, Paese dell’Asia Sud-Orientale, sul versante occidentale dell’Indocina. Questi convegni, iniziati circa 40 anni fa su iniziativa di Chiara Lubich e di Klaus Hemmerle (1929-1994), allora vescovo di Aquisgrana (Germania), si svolgono ogni anno a livello internazionale, ecumenico e regionale. A Yangon, con una forte presenza dell’episcopato del Myanmar (19 vescovi), si respira un clima di famiglia e di reciproca accoglienza. Tra i 31 partecipanti un buon numero proviene dalle Filippine, dall’India, dalla Malesia e dalla Corea del Sud. Comunicando l’esperienza del suo incontro con la spiritualità dell’unità, il Card. Francis Xavier Kriengsak di Bangkok, moderatore dei vescovi amici dei Focolari, invita i vescovi a scoprire e ad approfondire uno dei punti fondamentali della spiritualità dell’unità: Gesù crocifisso e abbandonato. E di metterlo al centro della propria vita per essere strumenti di comunione nella Chiesa e nell’umanità. Di questo parlano le testimonianze di membri della comunità locale dei Focolari, che si è preparata per accogliere nel migliore dei modi i presuli. Ma anche le esperienze di alcuni vescovi, come quella dell’irlandese mons. Brendan Leahy, che vede nel mistero di Gesù abbandonato “il volto della misericordia, la chiave del dialogo e dell’unità e la via per una santità di popolo”. Viene presentata attraverso un PowerPoint la vita di mons. Klaus Hemmerle. Brevi video fanno vedere la sbalorditiva fecondità dell’amore all’Abbandonato anche nei contesti più “caldi”. Molto attuale il tema su “Evangelizzazione e Inculturazione nella Spiritualità dell’unità”, che suscita particolare interesse in una nazione a maggioranza buddhista.
La storia di Chiara Lubich e del Movimento da lei nato, insieme alle esperienze dei membri della comunità del posto, suscitano grande commozione. Il Cardinale Carlo Bo, arcivescovo di Yangon: «Sono stato molto colpito dal racconto della vita della fondatrice carismatica e profetica del vostro movimento. Più che mai la Chiesa ha bisogno di movimenti come il Focolare. Quando l’arroganza del potere divideva le persone per il colore e la razza, Chiara ha creato una comunione a livello mondiale, per la pace globale». Il Vescovo Matthias (Myanmar) commenta: «Di solito, quando si partecipa a incontri di vescovi, si ascoltano molte cose, ma sono a livello intellettuale. Qui invece si parla della vita e si vedono persone felici». E il Vescovo Isaac (Myanmar): «La vita di un vescovo non è facile, spesso noi stessi ci sentiamo abbandonati. Conoscendo Gesù Abbandonato avrò la forza e la luce per andare avanti». Dalla Corea, mons. Peter aggiunge: «È la prima volta che partecipo ad un incontro di vescovi. Sono felice di aver conosciuto e approfondito il mistero di Gesù abbandonato. Qui ho visto persone che cercano di amarlo in ogni difficoltà; persone che sono dietro le quinte, che cercano di servire tutti noi», in riferimento ai membri della comunità locale del Movimento. L’apertura al dialogo culturale e interreligioso assume i colori dorati della Pagoda di Shwedagon, la più importante e conosciuta della capitale. La visita di questo luogo sacro, in cui sono gelosamente custodite le reliquie dei quattro Buddha, sulla collina di Singuttara, ad ovest del Lago Reale, simboleggia il rispetto per l’anima buddhista e per la cultura del posto. In cima alla Pagoda, tempestata di pietre preziose, un anemoscopio a banderuola mostra la direzione del vento. Se sufficientemente sostenuto, lo sventolio è accompagnato dal suono di decine di campanelli. Verso dove soffi il vento i vescovi di Myanmar ne sono certi: in direzione dell’unità, verso una Chiesa sempre più “comunione”. (altro…)
Giu 19, 2017 | Cultura
Una nuova lettura delle profezie e dei segreti mariani Qual è il messaggio di Maria a Fatima per la vita spirituale del cristiano di oggi? Nel centenario delle apparizioni di Fatima (13 maggio 1917-2017) Benazzi affronta un tema che appartiene alla tradizione cristiana da sempre, quello dei “segreti” e delle “profezie”. L’Autore chiarisce il senso della profezia nella Bibbia, spiegando che segreti e profezie non parlano del futuro come di qualcosa da attendere, ma del presente dell’umanità e della fede; si tratta di un genere letterario che non svela “quel che accadrà”, ma che punta a dare un criterio di lettura su quello che sta accadendo. I segreti di Fatima e le profezie mariane non sono pertanto per i curiosi cercatori di notizie strabilianti, ma aprono alle domande più serie del credere; ci interrogano su cosa significa convertirsi; sul rapporto tra Chiesa e persecuzione; sulle questioni della violenza e delle guerre; sulle scelte di pace; su quale genere di umanità vogliamo essere di fronte alla proposta di Dio in Gesù Cristo. Natale Benazzi (1961), teologo e saggista, ha pubblicato diverse opere sulla storia della Chiesa. Da anni si dedica all’approfondimento di temi e figure della storia della spiritualità. Fa parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione Sant’Ambrogio per la cultura della Diocesi di Milano. Per Città Nuova ha curato La vita comunitaria dei cristiani di Dietrich Bonhoeffer (2015); Nell’abisso del mondo. Diario e autobiografia di Gemma Galgani (2016); La vita in Cristo di Nicola Cabasilas (2017). Città Nuova Editrice
Giu 18, 2017 | Chiesa, Spiritualità
«Un pezzo di pane, in cui Gesù si trasforma per saziare la fame di tutti i cuori: questa è la biografia di Gesù ridotta all’osso. È la nostra: la via piccola del suo amore, amore forte nella debolezza». (da un articolo del maggio 1980) «Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, ciò che avviene non è soltanto una piacevole comunione con gli altri in uno Spirito di Gesù inteso come semplice idea o sentimento; no, ogni volta che celebriamo l’Eucaristia viene abbattuta la barriera più radicale della realtà, la barriera della morte; ciò che vi avviene è dono, dono che realmente viene a noi; è prossimità – prossimità in cui le distanze reciproche, interiori ed esteriori, vengono annullate. Nell’Eucaristia non solo diventiamo un unico corpo gli uni con gli altri, ma diveniamo il Suo corpo per il mondo. A chi è davvero permeato dall’Eucaristia, questo mondo e questa società non possono restare indifferenti; egli ha in sé questa dinamica e la dynamis del Dio, che si offre, che si dona, che porta con l’umanità, come cosa a lui propria e intima, tutto ciò che l’umanità porta, tutto ciò che essa fa». (Da una conferenza del 31.8.1977) «Importante non è solo che abbiamo l’Eucaristia qui, nella nostra comunità. Serbiamo lo spirito di Gesù solo se e quando amiamo concretamente la comunità altrui come la nostra, se e quando le nostre comunità si aprono al di là delle barriere che le separano, e se al centro delle comunità vive il Signore». (Da un articolo del maggio 1979) Da “La luce dentro le cose”, Klaus Hemmerle, Città Nuova, Roma 1998, pagg. 190, 186, 187, 192. (altro…)
Giu 17, 2017 | Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Il mio percorso comincia l’ultimo giorno del calendario ruandese in cui si ricorda il massacro avvenuto nel 1994. So che Gesù abbandonato può dare un senso a tutte le sofferenze umane, specialmente a quelle che lasciano profonde ferite nel cuore. Avverto un forte legame tra il sacrificio di Gesù e quello sofferto dal popolo ruandese. Sotto la guida di don Telesphore, sacerdote del posto, conosco la capitale Kigali, nota per la sua pulizia. I segni dello sviluppo economico, però, si vedono soprattutto in centro città, che sembra una capitale europea. Ma non lontano dai moderni palazzi c’è la gente comune, legata all’agricoltura, e che si sposta per vendere i loro prodotti al mercato: frutta, verdure, galline … A causa della pelle chiara e alto come sono, la mia presenza non passa inosservata. Spesso scopro sguardi sorpresi, ma basta un gesto di saluto, «muraho», o un sorriso, ed il ghiaccio si rompe con un bel sorriso come risposta. Le visite alle principali città del Paese le facciamo in macchina. Ogni tanto ci fermiamo per offrire un passaggio a qualcuno. Tra le tante persone a cui diamo un passaggio, mi colpisce una giovane di circa 20 anni. Dietro il suo bel sorriso c’è una dolorosa storia. Don Telesphore mi racconta che i suoi genitori sono stati uccisi nel genocidio degli anni ’90. Lei si recava a pregare presso la loro tomba. Da bambina, assieme a suo fratellino, venivano da don Telesphore. Lì hanno trovato una famiglia che li riempie d’amore. E come loro, incontro tante situazioni simili. Il sabato l’abbiamo trascorso nel seminario teologico che accoglie seminaristi di tutto il Paese: circa 130. Nella messa, intrisa dalla cultura ruandese, rimango molto colpito dall’azione della Grazia dopo la comunione, con canti che coinvolgono tutto il corpo. È una specie di ritmo sacro, non sincronizzato tra tutti, ma incredibilmente armonico. Scuola Gen’s. In uno dei seminari facciamo una “scuola” per i seminaristi che vogliono conoscere la spiritualità dell’unità. Don Telesphore chiarisce dall’inizio che “questa scuola non si fa con i libri, ma con la vita” e che “siamo qui per costruire l’unità voluta da Gesù attraverso il nostro amore reciproco”. Durante l’incontro, infatti, l’amore evangelico si sentiva in modo molto concreto tra tutti. Dopo la partita di basket, infatti, chiedo: “Chi ha vinto?”. La risposta: “Tutti”. Dove regna l’amore la competizione diventa una buona occasione per vivere il Vangelo. Approfondiamo il punto della spiritualità dell’unità che tocca il mistero di Gesù abbandonato. Ci colpiscono la testimonianza di due sacerdoti, uno del Ruanda e l’altro del Burundi, paesi carichi di incomprensioni vicendevoli. Ma le differenze, per l’amore a Gesù nel suo abbandono, danno luogo all’unità cresciuta tra di loro. Uno dei seminaristi esprime tutti: “Quando si parla con il cuore, siamo toccati nel cuore”. Gli ultimi giorni sono dedicati all’incontro con le famiglie e i giovani, ma anche alle altre persone che condividono lo stesso ideale di fraternità. Infine, un pellegrinaggio al santuario della Madonna, non lontano dal seminario. Vogliamo ringraziarla per questo viaggio e per i numerosi doni che abbiamo ricevuto. (Armando A. – Brasile) (altro…)
Giu 16, 2017 | Cultura, Ecumenismo, Famiglie, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Quando abbiamo cominciato a frequentarci eravamo ben coscienti delle differenze che esistevano fra noi, soprattutto in materia di dottrina. Sentivamo però che il nostro amore era più forte di ogni differenza: questo ci dava l’ardire di credere che dietro al nostro matrimonio poteva esserci un disegno di unità che andava oltre noi due. Fin da ragazzi, con la spiritualità dei Focolari avevamo imparato che per raggiungere l’unità occorre puntare a ciò che ci unisce – che è tantissimo –, anziché guardare a quello che ci divide. Ciononostante, quando la domenica ognuno di noi prende una strada diversa per andare a Messa, è sempre un dolore, quello stesso che avvertiamo quando involontariamente nei nostri discorsi viene fuori il “noi” e il “voi”, o quando a ciascuno viene da criticare qualcosa della Chiesa dell’altro. In questi casi ci rendiamo conto che niente è costruito una volta per tutte e che, fra le tante occasioni per far crescere l’amore tra noi, deve esserci l’impegno di amare la Chiesa dell’altro come la propria. Un’altra chance tipica di noi coppie ‘miste’ è di offrire a Dio le piccole o grandi disunità che ci fanno soffrire, per la piena unità dei cristiani. A volte, proprio per vivere anche in modo visibile l’unità fra noi e nella nostra famiglia, decidiamo di andare tutti insieme nell’una o nell’altra chiesa, condividendo anche certe pratiche spirituali, come, ad esempio il digiuno. Un momento significativo è stato il battesimo della nostra prima figlia. Avevamo discusso a lungo e per diverso tempo, ma non riuscivamo a decidere quale fosse la cosa più giusta: il battesimo cattolico o quello ortodosso. Ovviamente, il valore del sacramento è uguale in entrambe le Chiese, ma le conseguenze sarebbero state profondamente diverse. Hani, infatti, è diacono ed era già stato temporaneamente allontanato dalla sua Chiesa a causa del matrimonio celebrato con rito cattolico-misto. Il battesimo cattolico della figlia lo avrebbe messo in seria difficoltà e non riuscivamo a prendere una decisione. Liliana allora ha deciso di andare a spiegare la situazione al suo vescovo, il quale, dopo averla ascoltata fino in fondo, le ha assicurato che egli avrebbe capito e appoggiato qualsiasi decisione avessimo preso secondo la nostra coscienza. In questa, come in mille altre occasioni, non si è trattato e non si tratta di trovare dei compromessi, ma di cercare di cogliere qual è la volontà di Dio nelle varie situazioni. È chiaro che tutto ciò costa una fatica supplementare, costa sudore, anche con i figli, che da piccoli non capivano perché potevano ricevere l’Eucaristia nella chiesa ortodossa, ma non in quella cattolica. Infatti, nella Chiesa ortodossa, insieme al battesimo, vengono somministrati anche i sacramenti della comunione e della cresima. Un periodo piuttosto difficile è stato quando la più grande dei nostri figli aveva circa 15 anni. Lei iniziava, con una certa aggressività, a chiedere autonomia ma noi non eravamo preparati a questo suo repentino cambiamento. Le liti, anche molto accese, erano praticamente quotidiane. Cercavamo di proteggerla da alcune situazioni che ritenevamo a rischio ma, più le stavamo addosso, più lei si ribellava. Non è stato facile anche tra di noi, perché spesso il modo in cui ciascuno dei due affrontava la situazione non era condiviso. In tutta questa confusione, abbiamo sempre cercato di mantenere alcuni punti che ci sembravano importanti, come la preghiera tutti insieme, oppure l’umiltà di chiederci scusa, anche con i ragazzi. Ad un certo momento abbiamo capito chiaramente che prima di tutto dovevamo puntare all’unità tra noi due. Fatto questo passo, insieme abbiamo trovato la luce per decidere di darle fiducia. La situazione in casa è migliorata, a conferma che anche nel matrimonio ‘misto’ i due sposi hanno la possibilità di essere “una sola cosa in Dio” e dare questa testimonianza ai figli e al mondo circostante. (altro…)