Movimento dei Focolari
«Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (Mc 10,43-44)

«Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (Mc 10,43-44)

Per la terza volta Gesù, in cammino verso Gerusalemme, prepara i suoi discepoli all’evento drammatico della sua passione e morte, ma proprio quelli che più da vicino lo hanno seguito si mostrano incapaci di comprendere.

Anzi, tra gli stessi apostoli si scatena il conflitto: Giacomo e Giovanni chiedono di occupare posti d’onore “nella sua gloria”[1], gli altri dieci si indignano, reclamano e il gruppo è diviso.

Allora Gesù, con pazienza, li chiama tutti a sé, e rivela ancora una volta la sconvolgente novità del suo annuncio:

«Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti».

In questa frase del vangelo di Marco, c’è un crescendo nell’immagine del servo-schiavo. Gesù ci guida da un atteggiamento di semplice disponibilità in un gruppo limitato e rassicurante, ad una totale dedizione verso tutti, senza eccezioni.

Una proposta totalmente alternativa e controcorrente, rispetto alla concezione umana dell’autorità e del governo, che forse affascinava gli stessi apostoli e contagia anche noi.

Sarà questo il segreto dell’amore cristiano?

«Una parola del Vangelo non viene troppo sottolineata da noi cristiani: servire. Ci sembra antiquata, indegna della dignità dell’uomo che dà e che riceve. Eppure il Vangelo è tutto qui, perché è amore. E amare significa servire. Gesù non è venuto per comandare ma per servire. […] Servire, servirsi a vicenda è cristianesimo e chi lo attua semplicemente – e tutti lo possono fare – ha fatto tutto; e non un tutto che rimane a sé stante, ma che, perché è cristianesimo vivo, divampa in incendio»[2].

«Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti».

L’incontro con Gesù nella sua Parola ci apre gli occhi, come avviene al cieco Bartimeo dei versetti successivi[3]: ci libera dalla ristrettezza dei nostri schemi, ci fa contemplare gli orizzonti di Dio stesso, il suo progetto di “cieli nuovi e terra nuova”[4].

Egli, il Signore che lava i piedi[5], contraddice con il suo esempio la rigidità dei ruoli di servizio che spesso le nostre comunità civili, e talvolta religiose, riservano a categorie di persone socialmente fragili.

Il servizio cristiano è dunque imitare l’esempio di Gesù, imparare da lui uno stile nuovo di socialità: farsi prossimo di ogni persona, in qualsiasi condizione umana, sociale o culturale, fino in fondo.

Come suggerisce Giovanni Anziani, pastore metodista della Chiesa Valdese, «[…] accettando di riporre la nostra fiducia e la nostra speranza nel Signore che è servo dei molti, la Parola di Dio ci chiede di agire nel nostro mondo e in mezzo a tutte le sue contraddizioni, come operatori della pace e della giustizia, come costruttori di ponti per la riconciliazione tra i popoli»[6].

Così ha vissuto Igino Giordani, scrittore, giornalista, politico e padre di famiglia, in un momento storico segnato dalla dittatura. Per esprimere la sua esperienza, scrive: «La politica è – nel più dignitoso senso cristiano – una ancella e non deve diventare padrone: non farsi abuso, né dominio e neppure dogma. Qui è la sua funzione e la sua dignità: d’essere servizio sociale, carità in atto: la prima forma della carità di patria»[7].

Con la testimonianza della sua vita, Gesù propone una scelta consapevole e libera: non vivere più ripiegati su noi stessi e sui nostri interessi, ma “vivere l’altro”, con i suoi sentimenti, portando i suoi pesi e condividendo le sue gioie.

Tutti abbiamo piccole o grandi responsabilità e spazi di autorità: nel campo politico e sociale, ma anche in famiglia, a scuola, nella comunità di fede. Approfittiamo dei nostri “posti d’onore” per metterci al servizio del bene comune, costruendo relazioni umane giuste e solidali.

A cura di Letizia Magri e del team della Parola di Vita
Foto: © Pixabay


[1] Cf. Mc 10,37.
[2] C. Lubich, Servire, in «Città Nuova» 17 (1973/12), p. 13.
[3] Cf. Mc 10, 46-52.
[4] Cf. Is 65, 17 e 66, 22, ripreso in 2 Pt 3,13.
[5] Cf. Gv 13,14
[6] https://www.chiesavaldese.org/marco-1043-44/
[7] P. Mazzola (a cura di), Perle di Igino Giordani, Effatà editrice Torino 2019, p. 112.

Mettersi a servizio

Mettersi a servizio

“Servire” è una parola che in molti contesti può sembrare antiquata. Certamente la servitù non è degna dell’essere umano quando è imposta o subita per una situazione di povertà o come discriminazione.
Invece lo “spirito di servizio”, soprattutto quando è reciproco in una comunità di qualsiasi genere, diventa testimonianza di cambiamento dei rapporti sociali che abbatte antichi schemi o nuove gerarchie. Anzi, un servizio vissuto con umiltà caratterizza i veri protagonisti di un autentico progresso.
Nitin Nohria, decano senior della Harvard Business School, afferma che in quel futuro che è già iniziato, per essere un buon leader occorrerà imparare l’umiltà. Secondo lui l’umiltà dovrà diventare una parola chiave nei profili dei prossimi aspiranti manager. Non è uno sprovveduto. Dice questo perché si rende conto che l’attuale tendenza a essere sempre più competitivi sta producendo risultati opposti alle aspettative. Sta creando persone psicologicamente fragili, bisognose di attenzioni, ossessionate dall’apparenza, narcisiste (1).
Del resto, le grandi donne e i grandi uomini si riconoscono dai piccoli gesti, come ricorda anche l’antica saggezza orientale: “L’albero più grande nasce da un piccolo germoglio. La torre più alta nasce da un mucchietto di terra. Un viaggio di mille miglia incomincia con un passo” (2).
Per vivere così è necessaria una scelta consapevole e libera: non vivere più ripiegati su noi stessi e sui nostri interessi, ma “vivere l’altro”, con i suoi sentimenti, portando i suoi pesi e condividendo le sue gioie. Tutti abbiamo piccole o grandi responsabilità e spazi di autorità: nel campo politico e sociale, ma anche in famiglia, a scuola, nella comunità. Approfittiamo dei nostri “posti d’onore” per metterci al servizio del bene comune, costruendo relazioni umane giuste e solidali.
Così ha vissuto Igino Giordani, scrittore, giornalista, politico e padre di famiglia, in un momento storico segnato dalla dittatura in Italia. Per esprimere la sua esperienza, scrive: “La politica è una ancella e non deve diventare padrone: non farsi abuso, né dominio e neppure dogma. Qui è la sua funzione e la sua dignità: d’essere servizio sociale, carità (3) in atto: la prima forma della carità di patria”.
Probabilmente è stato anche nel rapporto personale con quest’uomo radicato nel suo tempo ma anche precursore proiettato oltre le barriere e i muri, che Chiara Lubich ha più di una volta ricordato che la politica quando è un’esperienza autentica è “l’Amore degli Amori”, perché il luogo del più autentico e disinteressato servizio all’umanità nella fraternità.


(1) Michele Genisio “Umiltà” (in press)
(2) Daodejing,64
(3) Giordani usa la parola carità non nel senso “assistenziale”, come si intende di solito, ma nel senso cristiano, che indica la forma più alta di amore.

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L’IDEA DEL MESE è attualmente prodotta dal “Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose” del Movimento dei Focolari. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2014 in Uruguay per condividere con gli amici non credenti i valori della Parola di Vita, cioè la frase della Scrittura che i membri del Movimento si impegnano a mettere in atto nella vita quotidiana. Attualmente L’IDEA DEL MESE viene tradotta in 12 lingue e distribuita in più di 25 paesi, con adattamenti del testo alle diverse sensibilità culturali. https://dialogue4unity.focolare.org/

Emergenza Medio Oriente

Emergenza Medio Oriente

Il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari ha avviato una Raccolta Fondi per il Medio Oriente, per aiutare le persone che in quei paesi soffrono a causa dei conflitti attraverso Azione per un Mondo Unito ETS (AMU) e Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN).

Si può donare online

O anche attraverso bonifico sui seguenti conti correnti:

Azione per un Mondo Unito ETS (AMU) IBAN: IT 58 S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX

Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT 92 J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX

Causale: Emergenza Medio Oriente

Per tali donazioni sono previsti benefici fiscali in molti Paesi dell’Unione Europea e in altri Paesi del mondo, secondo le diverse normative locali. I contribuenti italiani potranno ottenere deduzioni e detrazioni dal reddito, secondo la normativa prevista per le Onlus  

Foto: © Pixabay

Libano: Centro Mariapoli “La Sorgente”, porte aperte agli sfollati.

Libano: Centro Mariapoli “La Sorgente”, porte aperte agli sfollati.

Il Centro Mariapoli “La Sorgente” si trova ad Ain Aar, in un luogo di montagna, a 20 chilometri a Nord di Beirut. Come fu nel 2006, l’anno del conflitto militare durato 34 giorni tra Israele e Hezbollah, anche in questi giorni le persone in fuga dalle bombe che stanno devastando il Sud del Paese, arrivano qui, in questa regione a maggioranza cristiana, e chiedono ospitalità. “E’ normale bussare alla porta del Centro Mariapoli e trovare le porte spalancate”, racconta R. della comunità libanese dei Focolari. “Potevamo non accoglierli? Cosa ne sarebbe stato dell’ideale di fratellanza del quale ci nutriamo e che dovrebbe essere la nostra caratteristica?”. Un’esperienza simile era stata vissuta nel 2006. Anche allora, il Libano fu attraversato da grandi spostamenti di famiglie e anche allora, il Focolare aveva accolto nel suo Centro Mariapoli, più di un centinaio di amici, famiglie con marito e moglie, nonni, giovani e bambini. “Ci siamo conosciuti così, e tra noi è nato un rapporto da fratelli che ci faceva condividere gioie e dolori, speranze e difficoltà, bisogni e preghiera. In un rapporto semplice e schietto, tessuto nella quotidianità è nata e cresciuta una vera esperienza di fratellanza, senza filtri o pregiudizi”.

Nessuno si aspettava che la situazione precipitasse così, da un momento all’altro. “I libanesi si stavano preparando al rientro a scuola con uno sguardo di speranza verso questo nuovo anno”, racconta R. “Eppure una burrasca inaspettata si è scatenata, implacabile, minacciosa, micidiale”, con “conseguenze terribili su una popolazione in sete di pace, di giustizia, di strade di dialogo”. In pochi giorni, anzi ore, azioni belliche hanno colpito quartieri popolari e il popolo è sprofondato in “un vero incubo”. L’Unicef fa sapere che secondo il Ministero della Salute Pubblica, al 25 settembre, quasi 600 persone sono state uccise in Libano, tra cui più di 50 bambini e 94 donne, e circa 1.700 altre sono rimaste ferite dal 23 settembre. Gli sfollamenti di massa continuano, raggiungendo circa 201.000 sfollati interni (IDP), secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim).

Da domenica anche il Centro Mariapoli “La Sorgente” si è gremito di ospiti “arrivati con le loro paure, il trauma vissuto nei loro villaggi o quartieri presi di mira”. Hanno percorso in macchina 120 chilometri, impiegando dalle 5 alle 8 ore. Le strade sono affollate di auto in fuga dal Sud. Lasciano i villaggi prima di raggiungere le grandi città di Tiro e Sidone. Attorno a loro, vedono la distruzione dei recenti bombardamenti. Attualmente sono 128 le persone ospiti al Centro Mariapoli di Ain Aar. Alcuni provengono dal Sud, altri dalle periferie popolari di Beirut colpite dagli ultimi attentati. Non è facile: “La loro presenza solleva interrogativi nella comunità cristiana della regione”, raccontano i focolarini. “Ci si chiede: tra loro ci sono membri di Hezbollah che potrebbero minacciare la pace nella regione? Ma il senso di solidarietà è più forte del sospetto”. R. aggiunge: “Dove potevano chiedere asilo anche questa volta? Dove potevano andare, sapendo di essere accolti senza riserve?”. Per la comunità dei focolari, inizia una nuova avventura. L’accoglienza viene fatta in coordinamento con le autorità locali, religiosi e civili.

Scatta – come d’altronde in queste ore in tutto il Paese – una “gara” di solidarietà. Dal parroco, ai fedeli della parrocchia, ai volontari. C’è chi si prende cura dei ragazzi organizzando per loro attività e partite di calcio. Chi si occupa degli aiuti necessari per l’accoglienza. “Le persone arrivano scioccate, preoccupate per il loro futuro, con negli occhi lo spettacolo apocalittico delle case distrutte, dei campi bruciati, ma anche di notizie di conoscenti, parenti, vicini, amici o allievi che sono stati uccisi negli attacchi e non rivedranno mai più. Insieme ci stringiamo calandoci a vivere nell’attimo presente, con la fede che ci ha permesso durante secoli di attraversare le avversità”.

Il Centro “La Sorgente” punta ad essere, insieme a tanti luoghi disseminati nel Paese, vere “oasi di pace”. “La speranza, l’augurio più profondo è che presto si possa tornare a casa. Tanto sangue versato deve far fiorire il deserto dei cuori. Speriamo che questo calvario che stiamo vivendo, apra una breccia nella coscienza dei potenti e di tutti sull’evidenza che la guerra è una sconfitta per tutti, come ripete Papa Francesco. Ma soprattutto crediamo e speriamo che da questo crogiolo di dolore possa emergere dal Libano un messaggio di fratellanza possibile per l’intera Regione”.

Maria Chiara Biagioni
Fonte: AgenSir
Foto: Focolari Libano

Linguaggio e Fraternità: il contributo di Chiara Lubich

Linguaggio e Fraternità: il contributo di Chiara Lubich

Il Seminario, alla sua seconda edizione dopo la prima realizzata nel 2017 presso l’Università Federale di Paraiba a Joao Pessoa, ha riunito 15 lavori accademici realizzati da ricercatori di sei università, attorno alla Cattedra Chiara Lubich di Fraternità e Umanesimo presso l’Università Cattolica di Pernambuco (Unicap). Sono stati due giorni di presentazioni e dialogo, introdotti da un caloroso saluto del Vice-Rettore prof. Delmar Araújo Cardoso, e seguiti da una diretta streaming per un’audience complessiva di circa 350 persone.

L’evento, realizzato con il sostegno del Centro Chiara Lubich, si è svolto prevalentemente in lingua portoghese ed è stato apprezzato in modo particolare per l’apertura a una dimensione internazionale; per il consistente e qualificato contributo di relatori; per la prospettiva interdisciplinare che ha riunito, attorno al tema del linguaggio, relazioni non solo nell’ambito della linguistica ma anche del diritto, della pedagogia, della comunicazione, della sociologia, dell’architettura.

Ne emergeva, in estrema sintesi, come un linguaggio ispirato dall’amore, di cui Chiara Lubich ha saputo realizzare un modello efficace, può contribuire a costruire un mondo di pace e fraternità.

Anna Maria Rossi

(1) La Scuola Abbà è un Centro di vita e di studio voluto e fondato da Chiara Lubich nel 1990. E’ composto da membri del Movimento dei Focolari, uniti nel nome di Gesù ed esperti in varie discipline, il cui scopo è l’enucleazione e l’elaborazione della dottrina contenuta nel carisma dell’unità.

12/08/24 – Mattina: https://www.youtube.com/watch?v=W7bZbiZz_T4
12/08/24 – Pomeriggio: https://www.youtube.com/watch?v=R65O526wQCE

13/08/24 – Mattina: https://www.youtube.com/watch?v=JTnP2OF87xY
13/08/24 – Pomeriggio: https://www.youtube.com/watch?v=rGtpHakqrvs

Verso la celebrazione della Pasqua insieme

Verso la celebrazione della Pasqua insieme

Siamo convinti che la cooperazione del mondo cristiano sia essenziale. La celebrazione comune della Pasqua del 2025 da parte di tutti i cristiani, insieme agli eventi dell’anniversario del Primo Concilio di Nicea, possa servire come punto di partenza significativo per assumere insieme le sfide dell’umanità e promuovere azioni congiunte. Ci auguriamo di poter organizzare un incontro di rappresentanti del mondo cristiano, con la vostra presenza, nel luogo in cui originariamente si tenne il concilio di Nicea”.

È con queste parole che il gruppo ecumenico “Pasqua Together 2025” (PT2025), che riunisce realtà e comunità di diverse confessioni cristiane, si è recato prima ad Istanbul (Turchia), in udienza dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, poi in Vaticano da Papa Francesco, rispettivamente il 14 e il 19 settembre scorsi.

Ai due leader cristiani il gruppo ha chiesto che la celebrazione comune della Risurrezione il prossimo anno non sia un’eccezione, ma diventi consuetudine per tutte le Chiese cristiane: un passo ulteriore verso l’unità, in preparazione al prossimo Secondo Millennio della Redenzione nel 2033, in cui ricorreranno i 2000 anni della risurrezione di Cristo.

 “Pasqua Together 2025” è nato proprio in vista della prossima eccezionale ricorrenza che, nel 2025, vedrà la data della Pasqua coincidere sui calendari Gregoriano e Giuliano: cristiani delle chiese d’Occidente e ortodossi, quindi, la celebreranno nello stesso giorno. Inoltre, si ricorderanno i 1700 anni del Concilio Ecumenico di Nicea che ha promulgato il Simbolo della fede (il Credo) e trattato il tema della data della Pasqua.

Il gruppo è composto da rappresentanti di diverse chiese cristiane e movimenti politici e sociali cristiani, come l’Assemblea Interparlamentare Ortodossa (I.A.O.) che ne è stata la promotrice; il progetto “Insieme per l’Europa”, il movimento “Jesus Christ 2033” e il “Centro Uno” del Movimento dei Focolari. Da due anni il gruppo sta percorrendo una strada comune che li ha portati a firmare una dichiarazione congiunta che sancisce l’impegno a lavorare affinché tutte le chiese cristiane arrivino a celebrare insieme l’evento pasquale. Oltre al Patriarca di Costantinopoli e al Santo Padre, il documento è stato precedentemente consegnato al Segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, il Rev. Jerry Pillay e al già Segretario generale della Alleanza Evangelica Mondiale, il Vescovo Thomas Schirrmacher. Contatti con altri leader cristiani sono in preparazione.

Il Patriarca Bartolomeo I ha annunciato che una commissione congiunta composta da quattro membri ortodossi e quattro cattolici-romani sta già lavorando alla stesura del programma per la celebrazione del 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico proprio ad Iznick – il nome turco dell’antica Nicea – dove si è già recata per esaminarne la fattibilità. Ha informato che il sindaco della città è favorevole e pronto a collaborare. Naturalmente l’invito è stato esteso a Papa Francesco e questo sarebbe il loro tredicesimo incontro.

Il Patriarca ha anche sottolineato che la data della Pasqua non è una questione di dogma o di fede, ma è frutto di un calcolo astronomico.

Anche Papa Francesco, nel suo intervento ha ribadito che “la Pasqua non accade per nostra iniziativa o per un calendario o un altro. L’evento Pasquale è avvenuto perché Dio “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Non dimentichiamo il primato di Dio, il suo ‘primerear’, il suo aver fatto il primo passo. Non chiudiamoci nei nostri schemi, nei nostri progetti, nei nostri calendari, nella “nostra” Pasqua. La Pasqua è di Cristo!”

Anche il Papa invita a condividere, progettare e “camminare insieme” e lancia un invito: quello di “ripartire, come gli apostoli, da Gerusalemme, luogo dal quale l’annuncio stesso della Risurrezione si è diffuso nel mondo”. Il Papa esorta a tornare lì “a pregare il Principe della Pace perché ci doni, oggi, la sua pace”.

Un invito che fa eco a quanto già aveva espresso il Patriarca ecumenico Bartolomeo I che aveva esortato il gruppo PT2025 a promuovere azioni per difendere i diritti umani e una convivenza pacifica per tutti i popoli, pregando così: “Imploriamo il Signore di illuminare i cuori dei responsabili e di guidarli sulla via della giustizia e dell’amore, affinché possiamo sanare queste divisioni e ristabilire l’unità che è al centro della nostra fede”.

Stefania Tanesini
Foto: © Vatican Media e Centro Uno