Gen 7, 2015 | Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Il Natale in alcune chiese ortodosse è celebrato il 7 gennaio, nove mesi dopo l’Annunciazione. Questa data corrisponde al 25 dicembre, secondo il “Calendario Giuliano”. La festa del Natale è preceduta da un periodo di digiuno di 40 giorni, che ha inizio il 28 novembre. «Per motivi storici – racconta Serghej, focolarino ortodosso di Mosca –, dopo la rivoluzione del 1917 e fino agli anni novanta, in Russia non si festeggiava più il Natale. Al suo posto sono stati introdotti i festeggiamenti di Capodanno, con l’albero e Babbo Natale, Ded Moroz in russo, letteralmente “Nonno Gelo”». «Ho saputo dell’esistenza del Natale come di tutta la “storia della salvezza” – continua Serghej –, quando ho conosciuto il Movimento dei Focolari. Allora non ero ancora battezzato, perciò l’incontro con i Focolari è coinciso, per me, con l’incontro con Dio». Secondo l’usanza, la vigilia di Natale viene chiamata con il nome di “Sočelnik”, a causa del cibo sočivo, che consiste in frutta e grano lesso, l’unico permesso in questa giornata. Il digiuno dura fino a sera, in particolare finché non è intonato l’inno di Natale. Viene acceso un cero, che simboleggia la stella cometa di Betlemme, la cui comparsa pone fine al digiuno. «Nonostante la tradizione, per tante persone in Russia – costata Serghej – il Natale continua a non esistere. Praticamente Gesù è “sloggiato” completamente dalla loro vita. Anche il consumismo, così noto all’Occidente, ha fatto la sua parte, irrompendo con forza appena è crollato il comunismo».
«Per questo ci impegniamo ogni giorno – conclude Serghej –, perché più persone possibili possano scoprire questo Bambino, la cui nascita celebriamo in questi giorni. Che lo possano veder nascere in mezzo a noi per l’amore reciproco (Mt 18,20). Il mio augurio per questo Natale: che noi cristiani siamo capaci di dare Gesù al mondo, attraverso l’amore evangelico e così portarlo fra la gente. Buon Natale! С РОЖДЕСТВОМ!». Un augurio che estendiamo anche ai fratelli e sorelle della Chiesa serba, della Chiesa copta, della Chiesa di Gerusalemme, di Macedonia, Ucraina, Georgia, e di alcune Chiese in Grecia. (altro…)
Gen 6, 2015 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
La stella ci invita a metterci in cammino, la stella vuole liberarci dalle catene che ci tengono avvinti a noi stessi o a un puro e semplice sistema, vuole spronarci ad andare, vuole farci incamminare verso un luogo in cui non eravamo mai stati. Questo vuole la stella. E la natura di questa stella è che essa va oltre, ma si ferma anche. Attraversa il deserto e si spinge sino alle più remote distanze, ma poi si ferma sopra la casa. E su quale casa? Sulla mia scuola, per esempio, o sul mio ufficio, o comunque là dov’è il mio posto di lavoro abituale. Lì la stella si ferma e dice: «Ecco il posto: qui!». E quando poi torno a casa, si ferma sulla mia casa, sul mio piccolo mondo: là si ferma, la stella. È nel luogo dove sono che devo trovare ciò che è prezioso, ciò che conta. Ma ciò che è prezioso, che conta, lo trovo qui presso di me soltanto quando scopro che la stella si ferma anche sopra la casa del mio prossimo. Là troverò Gesù. (K. Hemmerle, La luce dentro le cose. Meditazioni per ogni giorno. Città Nuova, Roma 1998). (altro…)
Gen 5, 2015 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
“Misericordia”, e cioè perdono, che porta alla pace, “per un mondo nuovo”: è l’invito rivolto ai giovani della diocesi di Bobo-Dioulasso – la seconda città del Paese – come riflessione per il prossimo anno. Il Burkina Faso vive una fase importante di transizione, dopo i disordini registrati a fine ottobre, quando la capitale Ouagadougou era stata investita da manifestazioni dell’opposizione e della società civile, tanto da far parlare di “primavera burkinabé”. Ed è un’esperienza di perdono quella che viene offerta da Fidèle nel corso della giornata dei giovani del 7 dicembre: mentre andava in giro a cercare lavoro, si lascia convincere da un amico a raccogliere della frutta da un albero per una signora anziana e inferma, suscitando così l’ira di chi aveva preso possesso indebitamente dell’albero. La vicenda si conclude per Fidèle con il naso rotto da un colpo di bastone in faccia. «La rabbia dentro di me cresceva, e meditavo la vendetta. Stavo andando a casa a curarmi la ferita quando si avvicina il ragazzo che mi aveva colpito. Con lui c’era anche la mamma, molto dispiaciuta. Non volevo cedere, ma poi mi sono ricordato la frase del Vangelo dove Gesù dice che dobbiamo perdonare 70 volte 7… Il giorno dopo l’ho incontrato al negozio e l’ho salutato per primo, facendogli così capire di averlo perdonato. Da quel giorno siamo diventati buoni amici». A raccontarci dell’iniziativa sono David e Laetitia, a nome dei Giovani per un Mondo Unito di Bobo-Dioulasso: «Quest’anno ci siamo decisi a uscire dal nostro stile abituale per favorire il lavoro insieme ad altri. Ci siamo impegnati così nel coordinamento delle attività della Cappellania dei Giovani. Meravigliati dalla precedente esperienza del Festival dei Giovani, i responsabili della Cappellania ci hanno chiesto di organizzare una giornata di amicizia tra tutti i movimenti giovanili della città, sul tema scelto per quest’anno: “Giovani, siate misericordiosi per un mondo nuovo”».
«Il tempo era poco – continuano – e la cosa più difficile era lavorare con persone che hanno un modo diverso di vedere le cose. Le difficoltà nel mettersi d’accordo non sono mancate, soprattutto per la stesura del programma della giornata; ma il nostro obiettivo era soprattutto stabilire l’unità fra tutti, anche a discapito della qualità dell’organizzazione. Ha vinto il desiderio comune di collaborare, di conoscersi, di stimarsi… E siamo arrivati alla fatidica giornata!». Testimonianze sul perdono, fra cui quella di Fidèle, danze, canti: «Questa giornata ci ha permesso di conoscerci meglio. Ci sono stati molti scambi di contatti e abbiamo capito come il contributo di ciascuno, molto diverso, era necessario. Abbiamo capito come i movimenti sono complementari e chiamati a lavorare insieme per la realizzazione dell’unità, la stessa che Gesù non smette di insegnarci». «Questo – concludono – ci incoraggia e ci dà la voglia di lavorare ancora insieme. Fra un anno la prossima edizione!». (altro…)
Gen 4, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Gonzalo Perrín non avrebbe mai immaginato che ai suoi 29 anni sarebbe stato socio e manager di una fabbrica di biscotti. Stava ancora studiando nel settore alberghiero quando ha conosciuto l’Economia di Comunione (EdC), rimanendone così colpito da lasciare tutto per metterne in pratica gli ideali. «Nel 2008 – racconta – ho rinunciato al mio lavoro e sono tornato nel mio paese, a O’Higgins a produrre biscotti; all’inizio a casa mia, dove sono stato diversi mesi mentre sistemavo il capannone e compravo le macchine adatte». Oggi dirige “Pasticcino”, una fabbrica che si trova all’interno del Polo industriale Solidaridad, nella cittadella argentina dei Focolari. Produce due milioni e mezzo di biscottini al mese, distribuiti in 25 catene di bar e caffetterie. Attualmente è allo studio anche la possibilità di aprire una succursale in Brasile, nel polo Spartaco della cittadella vicina a San Paolo. Per restare fedele allo spirito dell’EdC e condividere gli utili dell’azienda con i bisognosi, Gonzalo è arrivato anche a chiedere degli anticipi alle banche. Un’altra esperienza particolare è quella che alla “Pasticcino” si vive con i dipendenti, in particolare con Charly, un non vedente. Durante una visita qualcuno aveva fatto notare a Gonzalo che Charly era un costo extra per l’azienda: «Può darsi che risulti un po’ più costoso – ha risposto –, ma quello che non si vede dal bilancio è che lui rappresenta una ricchezza enorme per l’azienda, per le idee che propone e per il buon clima che ha suscitato tra i colleghi». Tanto che oggi Gonzalo considera Charly più che un dipendente, un consulente ed un amico.
A chi gli chiede se ne è valsa la pena e se non vorrebbe guadagnare un po’ di più, risponde: «A volte quando salgo sull’auto di un amico, mi dico: che buona macchina! Ma anche a me non è mai mancato nulla e le cose più importanti della vita non si comprano col denaro, perché sono le relazioni. Non so quanto durerà l’azienda, ma se finirà, le relazioni rimarranno e questo è il bene più prezioso che ho». Ultimamente Gonzalo doveva chiudere un grosso affare con un nuovo cliente: «Sono già stato a cinque riunioni. Dieci giorni fa sono andato alla sesta e sembrava che ci fossero delle possibilità. Da allora vivevo guardando il telefono e aspettando. Stavo diventando pazzo, quando, durante il compleanno di mio papà, mia nonna di 82 anni mi ha chiesto come andava l’azienda. Le ho raccontato a fondo di questo affare e mi ha risposto: “Non ti preoccupare Gonzalo, se non concludi con questa ditta sarà per un bene maggiore”. Non so come, ma a quelle parole la preoccupazione si è proprio sgonfiata». Dopo alcuni giorni è arrivato, invece, il compleanno della nonna «e proprio quel giorno il grande cliente di cui parlavo mi ha accettato come fornitore! La “Pasticcino” cresce!». (altro…)
Gen 3, 2015 | Chiara Lubich, Cultura, Nuove Generazioni, Spiritualità
http://vimeo.com/114433102 (altro…)
Gen 1, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Oggi, a seguito di un’evoluzione positiva della coscienza dell’umanità, la schiavitù, reato di lesa umanità, è stata formalmente abolita nel mondo. Il diritto di ogni persona a non essere tenuta in stato di schiavitù o servitù è stato riconosciuto nel diritto internazionale come norma inderogabile. Eppure, malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù» scrive papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio, festa della famiglia. E mentre scrive pensa a «tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei diversi settori». E pensa anche «alle condizioni di vita di molti migranti che, nel loro drammatico tragitto, soffrono la fame, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente. Penso a quelli tra di loro che, giunti a destinazione dopo un viaggio durissimo e dominato dalla paura e dall’insicurezza, sono detenuti in condizioni a volte disumane». Mohamed viene dal Mali ed è passato attraverso un naufragio in mare e una vita di povertà e sofferenze. Oggi, ha tanta voglia di ringraziare. A raccontarlo è Flavia Cerino, avvocato, dalle pagine di Città Nuova. «Poco più che quindicenne, Mohamed decide di partire: un lungo viaggio nel deserto, la Libia (prigioni e sfruttamento) e poi finalmente l’Italia. Mare Nostrum lo salva dal naufragio ma appena è a terra scattano le manette: i compagni di viaggio lo indicano tra gli scafisti, ma lui davvero non c’entra. In effetti aveva distribuito qualcosa da mangiare e da bere sulla barca, ma se non lo avesse fatto gli scafisti, quelli veri, minacciavano di buttarlo in mezzo alle onde. Siccome è un ragazzo non va in una prigione vera e propria. L’attesa dell’udienza che dovrà confermare l’arresto è in uno spazio triste e angusto nel palazzo del Tribunale della grande città, ma molte persone si curano di lui: i poliziotti sono gentili e le assistenti sociali si interessano della sua vita, della salute, della famiglia. Da mesi nessuno lo considerava con tanta attenzione. Di solito riceveva ordini, non domande. E poi un poliziotto parla francese e lui può spiegare bene come sono andate le cose». L’udienza per la conferma dell’arresto si conclude bene: non andrà in prigione, ma in una comunità. «Non sarà libero, ma senza dubbio è meglio del carcere. Il posto è bello, in una piccola città assolata ancora più a sud. Mohamed si fa apprezzare e amare: disponibile ai lavoretti domestici, pronto ad imparare parole nuove di italiano, ama il calcio ma anche il silenzio e la solitudine. A distanza di molti mesi arriva il momento di presentarsi dinanzi al Tribunale: significa ritornare sul passato, sulle cose brutte vissute e da dimenticare. Nonostante il tempo i ricordi sono tutti lì, anche quelli belli. Così finita l’udienza ha una sola richiesta: tornare all’ultimo piano, in quelle stanzette anguste, per dire solo “grazie” a quel poliziotto che parla il francese e a quelle signore tanto gentili: non le dimenticherà mai. Purtroppo nessuno di quelli che lui ha conosciuto è in servizio. Ma quel “grazie” sarà riferito dai colleghi, evento più unico che raro». «Sappiamo che Dio chiederà a ciascuno di noi: “Che cosa hai fatto del tuo fratello?”» – conclude papa Francesco. «La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio pone nelle nostre mani». (altro…)
Dic 31, 2014 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Un’anima innamorata». Enzo, «era costantemente alla presenza di Dio, sempre unito a Lui. Sempre». A parlare così di Enzo Fondi è Chiara Lubich, poco dopo la sua improvvisa morte, avvenuta il 31 dicembre 2001, silenziosamente, serenamente. «Enzo Fondi è nato al Cielo», scrive Chiara ai membri del Movimento: «Grande gioia, anche se mai nella nostra vita […] ci siamo imbattuti in un dolore così acuto. Grande gioia perché non si può dire tanto che Enzo sia morto, quanto che è passato dolcemente da una “stanza” all’altra. L’atteggiamento nel quale è stato trovato, dopo il Te Deum, il volto sereno senz’ombra di preoccupazione, od altro, dicono che è stato “accolto” da Maria, la nostra Madre, che amava in modo particolare, con estrema dolcezza. Appassionato costruttore d’unità, una frase in particolare del Vangelo gli era stata da guida: «Come tu Padre sei in me ed io in te, siano essi uno in noi [Gv 17,21]». Enzo Fondi è nato a Velletri nel 1927; medico, di famiglia benestante. Nel 1951, entra a far parte del primo focolare romano. È nel primo gruppo di medici focolarini che ancora all’inizio degli anni ‘60 varca la frontiera del blocco socialista, per lavorare come assistente chirurgo nell’ospedale cattolico di Lipsia, nella Germania orientale. Di lì la spiritualità dell’unità si diffonderà in tutto l’Est europeo. Nel ‘64 è ordinato sacerdote a servizio del Movimento. Sarà poi negli Stati Uniti. Nel 1977, anno in cui Chiara Lubich riceve il “Premio Templeton per il progresso della religione”, a Enzo viene affidato lo sviluppo del dialogo interreligioso dei Focolari, al quale, insieme a Natalia Dallapiccola, una delle prime focolarine, darà un fecondo contributo. «Con quale semplicità Enzo ci ha donato le regole dell’“arte di amare” e come ci ha fatto cogliere l’universalità dell’opera di Chiara e a quale punto il miracolo dell’unità era alla nostra portata, quotidianamente!», scrivono all’indomani della sua morte, tra gli altri, gli amici musulmani di Algeri. Per anni, inoltre, Enzo è stato incaricato – sempre insieme a Natalia – della formazione spirituale dei membri del Movimento dei Focolari. E di lui si conservano risposte, scritti, discorsi, con i quali ha aiutato tanti ad una più profonda comprensione del carisma dell’unità.

Enzo Fondi con Chiara Lubich ad un incontro interreligioso
«Enzo aveva trascorso gli ultimi anni sulla croce», scrive ancora Chiara. Una grave malattia, infatti, l’aveva messo più volte di fronte alla morte. «Ma aveva accolto quel volto di Gesù abbandonato in modo – a quanto a noi sembra – perfetto. Non un momento di impazienza, non il pur minimo lamento con i fratelli; il suo dramma era solo affare suo, fra lui e Gesù. A me confidava, anche se raramente, le sue condizioni fisiche, ma sorridendo. E così, in quest’ultimo tempo, la sua vita, in una salita senza sosta, si è impreziosita di virtù e Dio gli ha fatto la grazia dell’unione con sé». Lo testimonia l’ultima consegna di Enzo, che porta la data del 15 dicembre 2001: «Le ultime volontà, il testamento. Per me è l’ultima volontà di Dio, quella che Lui vuole da me adesso. Non ce n’è un’altra. Lasciare fatta in perfezione l’ultima volontà di Dio, qualunque essa sia, quella è la mia ultima volontà. Non so quale sarà poi veramente l’ultima volontà di Dio che farò nella vita. Una cosa però so: che, come per quella di questo attimo, avrò la grazia attuale che mi aiuta a farla, tanto in quanto mi sarò esercitato nello sfruttare questa grazia vivendo bene il presente». Pochi giorni dopo lasciava questa terra adempiendo la Sua ultima volontà. (altro…)
Dic 30, 2014 | Dialogo Interreligioso, Spiritualità
«Non è stato un convegno, ma un’esperienza e, a voler essere più preciso e ben inserito nel contesto dell’evento, lo definirei un’esperienza di tikkun, la riparazione, come spiega la tradizione ebraica», scrive Roberto Catalano, del Centro per il dialogo interreligioso dei Focolari al rientro da Salerno. Le tre giornate di “studio, ascolto, preghiera” (24-26 novembre), hanno toccato vari temi, dall’antigiudaismo lungo i secoli, al Riconoscimento di Israele, la Shoah, la svolta nei rapporti ebraico-cristiani a partire dal Concilio Vaticano II, e il Cammino verso il Tikkun Olam. Tutte le relazioni erano a due voci: cristiana ed ebraica. Giornate, prime di questo genere in Europa, che hanno segnato un passo di «riparazione di rapporti fra la tradizione ebraica e quella cristiana che in questi duemila anni hanno conosciuto momenti tragici», scrive ancora Catalano. «I rapporti fra ebrei e cristiani hanno per secoli risentito di questi trascorsi che hanno guidato la storia verso tragedie dell’umanità culminate nella Shoah.
Recentemente, come sappiamo, la dichiarazione conciliare Nostra Aetate e, poi, persone come Giovanni Paolo II ed il card. Martini, più volte citato da ebrei, soprattutto, e cristiani hanno ripreso le fila di un rapporto e hanno contribuito da parte cristiana ad un deciso riavvicinamento». Pensato inizialmente per vescovi e delegati diocesani per l’ecumenismo e dialogo interreligioso, è stato poi aperto a tutti i coordinatori di dialogo, e non solo, ebrei e cristiani, laici e religiosi. I presenti, più di 400, di cui 50 sacerdoti: i cristiani provenienti soprattutto dall’Italia; gli ebrei da Italia, Israele, e Usa. «Il convegno di Salerno è stato un passo evidente di questo cammino. Si è parlato con estrema chiarezza da una parte e dall’altra senza fare sconti alla storia e con realismo ottimista. Impressionava vedere sacerdoti cattolici, vescovi e cardinali seduti accanto a rabbini. Le kippah ebraiche si mischiavano con le berrette rosse dei vescovi. La fraternità è stata la regina di questi giorni: l’impressione era quella di aver cominciato un progetto comune. Parlando con Joseph Levi, rabbino capo di Firenze, commentavamo che anche solo dieci anni fa sarebbe stato impensabile un momento del genere.
La storia va avanti e, contrariamente a quanto i media ci propinano o a quello che pur tragicamente accade in diverse parti del mondo in questi tempi, la tikkun del mondo è cominciata o, forse va avanti perché si è arricchita di una dimensione nuova, il contributo comune di cristiani ed ebrei. È necessario il desiderio di lavorare insieme alla fraternità: ricomporre quella famiglia a cui tutti apparteniamo. Lo ha affermato così efficacemente Nostra Aetate: “I vari popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra hanno anche un solo fine ultimo, Dio” (NA 1)». (altro…)
Dic 29, 2014 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Che significato ha la consacrazione di un laico, per te che vieni dall’America latina, ricca di Paesi con grande diversità culturale, sociale e religiosa? «Il laico consacrato mette l’accento sulla quotidianità della vita, che parte da ciò che è proprio a tutti gli esseri umani: il desiderio di raggiungere una realizzazione integrale. Allora la consacrazione a Dio ha senso se ci rende più umani, capaci di vivere una vita in pienezza. La fonte della consacrazione sta nel giorno in cui Dio ci ha conquistati: sta lì la nostra “Galilea” – come direbbe Papa Francesco -, quel momento dove vogliamo tornare per incontrare il Signore. Perciò mi sembra che la consacrazione non consista tanto nell’aderire ad un ideale, ma piuttosto ad essere fedeli a quel rapporto vitale. Una pienezza di vita che, ovviamente, non è monopolio dei “consacrati”. È piuttosto il contrario: ogni vita di consacrazione è autentica donazione a Dio nella misura in cui è dono totale della propria vita. Perciò, per me, la consacrazione è tale solo se aiuta ad umanizzare me stesso, gli altri e il corpo sociale. Altrimenti è un’altra cosa: evasione dalla cruda realtà, ripiegamento narcisista, rifugio comodo e tranquillo. La consacrazione ha poco a che fare con la funzione che uno svolge; ha poco a che vedere con uno stato di vita o il vincolo con un’istituzione, che vengono dopo. Essa riguarda la voglia matta di donarsi a Dio e agli altri: corpo, mente e spirito, per trovarsi in quella Presenza d’amore che è la fonte di ogni vita degna». Come focolarino, cosa metteresti in evidenza riguardo la scelta della consacrazione? «La ricerca del Mistero. Quando avevo 17 anni Dio mi si è manifestato come Amore. Sono un assetato della sua Presenza. È dal quel tempo che Lo cerco e ricerco, rimanendo Dio sempre un Mistero. Una Presenza molto vicina eppure, come sabbia tra le mani, scivola dalle nostre comprensioni. La ricerca s’alimenta dell’anelito per quella Luce che sembra sparire quando la trovi. Che va e ritorna mostrandosi e nascondendosi anche attraverso dei volti, circostanze e anche delle trasformazioni sociali. Come dice il poeta León Felipe: “Nessuno andò ieri/né va oggi/né andrà domani/verso Dio/per questa strada per la quale vado io. Per ciascun uomo conserva/un raggio nuovo di luce il Sole…/e una strada vergine /Dio”. A quanta responsabilità, libertà e creatività sono invitato da Dio! Ogni giorno sono chiamato a intuire, scoprire e percorrere, nelle mille circostanze della vita, quel “raggio nuovo di luce”, quella strada vergine che “Quel Mistero” amoroso conserva per me. Perciò ogni giorno è consacrazione».
Come definisci la tua consacrazione, in rapporto al mondo di oggi in continuo cambiamento? «Una volta Chiara Lubich parlò di “focolari ambulanti per il mondo”. Mi piace utilizzare l’immagine del nomade per raccontare la mia vita di consacrazione. Un nomade che, nella sua ricerca del Mistero, cerca di consacrare la vita. Uno che si mette in moto ogni volta alla ricerca di terre fertili che scopre, però, come temporanee. La terra fertile dell’Assoluto, è invece sempre inesauribile. In mezzo alle minacce sconosciute, il nomade si sposta e l’ignoto diventa fonte di nuovi rapporti di vita: con gli altri, la natura, Dio. La terra fertile è uno spazio che sorge dai rapporti. Il sacro non sono le cose, ma le relazioni. Il nomade alle volte cammina nella solitudine ma, in genere, lo fa in gruppo. La mia ricerca del Mistero s’intreccia con rapporti di comunione. C’è una priorità delle relazioni interpersonali, intrisi d’amore che si fa accoglienza e dono reciproco, spogliazione dell’io. La definirei come “personalmente comunitaria”, dove si generano delle terre fertili, con gli altri e per gli altri. Dinamica dell’unità sempre nuova, fragile e in trasformazione, per creare e ricreare spazi vitali della Sua Presenza. E, come accade per il nomade, è in quegli spazi vitali che sorge la sapienza della vita, quella che serve a promuovere più vita. Come i nomadi che incrociano e condividono il cammino con altri gruppi, la mia donazione a Dio si nutre e si arricchisce dallo scambio vitale di esperienze in diversi ambienti culturali, religiosi, sociali ed esistenziali. La vita dei nomadi è carica di un bagaglio leggero, dove la sobrietà è un principio per sopravvivere. La mia consacrazione ha da crescere per essere radicata nell’essenziale, spoglia e libera di tanto peso materiale, intellettuale, culturale, sentimentale e religioso; facendo della sobrietà una chiave di discernimento di essa».
Dic 29, 2014 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
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