Movimento dei Focolari
MariTè: l’unità in musica

Quando si vive il Vangelo

Credo nell’amore Addolorati e delusi per aver scoperto che nostro figlio Bob, con due amici, aveva rubato degli alcolici, abbiamo cercato di fargli sentire il nostro amore al di là di tutto. In tribunale, mentre aspettavamo la sentenza, vedendo che uno degli altri ragazzi responsabili del furto era stato abbandonato dai genitori, siamo andati a fargli coraggio. Visto il nostro comportamento, il giudice ha accettato il pentimento espresso da nostro figlio, riconoscendo il sostegno che aveva in casa, e non ha emesso condanne né per lui né per gli altri due. Giorni dopo, avendo chiesto a Bob in che cosa credeva se non credeva in Dio, mi son sentito dire: «Credo nell’amore, perché l’ho visto in te e nella mamma» (A.K. – Australia). Quel gesto di solidarietà Una telefonata mi informa che un parente della signora che lavora da noi come domestica sta malissimo. Mi chiedono di andare a trovarlo. Sono stanco e fa freddo. Cerco lo sguardo di mia moglie e capisco che anche questa è un’occasione per essere fedele a quello stile di vita per gli altri che cerchiamo di portare avanti insieme. Esco, vado dall’ammalato, lo portiamo in ospedale dove i medici prendono subito in mano la situazione. Tornato a casa molto tardi, trovo mia moglie che mi aspetta ancora per la cena. Non ci diciamo molte parole, ma fra noi è cambiato qualcosa, il nostro rapporto si è arricchito per quel gesto di solidarietà (D. R. – Colombia). Nel campo profughi Mi era stato affidato il servizio sociale del campo rifugiati, ma non c’erano mezzi, non c’era niente da dare loro. In un gruppo di orfani c’era un bambino di sette anni che era rimasto separato dalla sua famiglia. Sua madre, dopo giorni di marcia, è arrivata al campo e lo ha ritrovato, ma era debolissima, perché da tanti giorni non mangiava. A me rimanevano 300 franchi, circa un dollaro: una fortuna. Io ne avevo bisogno, ma lei più di me. Glieli ho dati e così ha potuto comprare cibo, acqua e una piccola capanna per ripararsi. Sono tornato a casa convinto che Dio avrebbe pensato a me. Poco dopo è arrivata la mia sorella maggiore, che da tre giorni girava per il campo cercandoci. Mi ha portato 1000 franchi (C. E. – Ruanda). Fonte: Il Vangelo del giorno, novembre 2013, Città Nuova Editrice. (altro…)

MariTè: l’unità in musica

In Ciociaria, una festa per l’impegno civile

Associazione T. Zoffranieri

Un meeting della solidarietà che ha coinvolto tutti i cardini della vita di una comunità: è successo a Monte San Giovanni Campano, ai primi di settembre, durante la Festa dell’Impegno Civile. In un momento di crisi straziante, al cospetto di una politica incapace di dare soluzioni ai drammi di famiglie e imprese, ecco emergere dal basso quella società civile organizzata, che decide di farsi motore di cambiamento per una comunità più sensibile, più solidale ed inclusiva. Emiliano Fiore, ispiratore e promotore dell’iniziativa, racconta: “Ho sentito in cuore di dovermi spendere per la mia città, interessandomi ai suoi problemi, ai nuovi poveri, ai miei coetanei, all’ambiente, alle sue bellezze, al dolore oggi sempre più diffuso nei nostri ambienti”. “L’ho fatto in piena adesione a quell’Ideale trasmessomi da Chiara Lubich da ragazzo, che chiede scelte controcorrente. Vivere intensamente il carisma dell’unità ha significato sporcarmi le mani, proponendo esperienze e modelli che mettano al centro la relazione, la solidarietà, la legalità e la reciprocità. E la Festa dell’Impegno Civile è stata proprio questo, un’occasione per costruire reti di solidarietà, conoscersi, migliorarsi nella capacità di proteggere e tutelare le peculiarità di una città”.

Gruppo guardie giurate Agri

E così, nella roccaforte ciociara, 16 gruppi di volontari impegnati in vari campi, Misericordia, Circolo Legambiente Lamasena, Civilmonte, Avus, Ass.ne Carabinieri in congedo, Caritas, Ass.ne Santi Antonio e Nicola, Ass.ne Culturale Colli, Gioventù Francescana, Ucim, Ass.ne Tiziano Zoffranieri, A.g.r.i., Ass.ne Protezione Civile Madonna del Pianto, Afas, Forum Provinciale del Terzo Settore, hanno deciso di riscoprire quei genuini legami di comunità, di fraternità, rideterminando un nuovo processo di cambiamento e di sviluppo della propria città, rendendola concretamente più solidale. Si è parlato di ambiente, dell’esigenza di conoscere il piano di protezione civile della città; si è ascoltata musica con band locali, per esaltare i talenti del territorio; si sono allestiti mercatini dell’artigianato, del riuso e della solidarietà. Sono stati riaperti sentieri naturalistici abbandonati da anni, bonificando aree preda di discariche abusive. E poi presentazione di libri, rassegne, promozione di progetti sociali della Caritas locale; e ancora approfondimenti sulle origini della città, dei fatti che l’hanno resa celebre, tra questi la carcerazione di San Tommaso d’Aquino nel castello a due torri che svetta su una delle due colline del paese.

Gli organizzatori

“In quei giorni – ci spiega Emiliano – mi veniva in mente uno scritto di Chiara, oggi molto attuale e quanto mai denso di spunti, “L’attrattiva del tempo moderno”, nel quale scrive: vorrei dire di più, perdersi nella folla, per informarla del divino, come s’inzuppa un frusto di pane nel vino”. Fedele a quella profezia, ho deciso allora di perdermi nella folla, di gettarmi anima e corpo nella mischia della mia città, per informarla che farsi passare addosso questa crisi significa assecondarla”. Quella della Festa dell’Impegno Civile è stata una vera e propria best practice di una comunità che ha voluto far conoscere a se stessa e al mondo circostante quello che di più bello c’è al suo interno, favorendo la costruzione di una comunità a dimensione di famiglia, dove ciascuno stima l’altra associazione più della propria, per un bene più alto, quello della propria città, delle famiglie e imprese. Del resto lo ha detto anche l’economista Luigino Bruni, che, alla domanda da dove iniziare, in un tempo così difficile e buio, risponde: “Un popolo non esce da crisi profonde e identitarie come la presente, senza riscoprire una vocazione, una storia, un sano entusiasmo, un destino. Oggi all’Italia (e noi aggiungiamo a Monte San Giovanni Campano) mancano queste dimensioni ed è da qui che bisogna ripartire”. (altro…)

MariTè: l’unità in musica

Disabilità: il valore dell’esistenza

“Il nostro percorso di vita ci ha formati ad amare tutti, specie gli ultimi. E chi più ultimo di un figlio gravemente cerebroleso?”. Sono parole di Marco che assieme alla moglie Ada hanno condiviso il loro vissuto personale e l’ impegno sociale e politico  scaturiti dalla nascita della loro figlia Chiara. Marco, funzionario presso la Corte dei Conti, con competenze soprattutto sul controllo dei piani di finanziamento in favore di imprese e cooperative giovanili e sul controllo di gestione delle attività della Pubblica Amministrazione, è attualmente Consigliere della Regione Sardegna. “Ada ed io proveniamo da un’esperienza di impegno giovanile nel Movimento dei Focolari – racconta – con una vita improntata ai valori della fraternità, dell’amore reciproco, dell’unità. Avevamo fatto la scelta di vivere il Vangelo giorno per giorno. Abbiamo deciso di formare una famiglia aperta al prossimo, a disposizione degli altri, con percorsi di donazione e accoglienza”. Dopo due anni di matrimonio, nel 1987 nasce Chiara: cercata, voluta, amata come nuova tappa importante della vita coniugale. Poco dopo si manifestano i primi sintomi di una cerebro lesione profonda e diffusa. Da quel momento Ada e Marco si trovano a dover mettere in atto scelte importanti e decisive: “Un medico ci ha suggerito di affidarla ad un istituto, il che ci avrebbe consentito di condurre una vita normale. Pur consapevoli delle difficoltà, abbiamo deciso di seguire noi il suo percorso di vita e non che fosse lei a doversi adeguare al nostro”. “Grazie a nostra figlia – prosegue – ci siamo adoperati per mettere in collegamento fra loro tante famiglie che vivevano analoghe situazioni fino a dar vita ad una organizzazione ormai diffusa in numerose regioni italiane. È L’ABC, Associazione bambini cerebrolesi, che consente a migliaia di famiglie in difficoltà di veder riconosciuti i propri diritti. Riusciamo ad incidere nella creazione di nuove strutture e promozione di leggi adeguate e innovative in materia di disabilità”. Un esempio ne è la legge 162 del 1998, di sostegno alle persone con disabilità grave e in situazioni estreme e alle loro famiglie, di cui Marco è stato promotore e tra i protagonisti delle battaglie per la sua attuazione. Oggi sono quasi 20 mila i progetti personalizzati finanziati; la Sardegna è diventata la prima regione in Italia per le risorse destinate ed è un modello per le altre regioni italiane ed anche all’estero. “Insieme alle altre famiglie e associazioni –afferma Marco – siamo diventati protagonisti attivi di un’azione sociale di promozione dell’attuazione di diritti umani. Ci siamo assunti la responsabilità delle persone in situazione più estrema superando il modello pietistico e assistenzialistico della segregazione sociale. Esperimentiamo che migliorando la qualità di vita dei cosiddetti più deboli, si produce il miglioramento della società”. “I 26 anni di vita di Chiara – aggiunge Ada – mi hanno trasmesso un profondo senso della dignità dell’esistenza umana, perché pur non parlando e non avendo la possibilità di muoversi, mi comunica continuamente messaggi di vitalità. Ho imparato a comprendere il linguaggio del suo corpo, delle mani, del viso. Mia figlia mi fa capire ogni giorno l’immenso valore della sua corporeità. Il mio è, certo, un vissuto in cui non mancano dolore e difficoltà, ma comprendendone la valenza profonda, si traduce in un’esperienza di luce, di grande pienezza e, perché no, di soddisfazione e gratificazione, se penso a tutto quello che ne è scaturito”. (altro…)

Novembre 2013

È entrare nel cuore di quanti accostiamo per capire la loro mentalità, la loro cultura, le loro tradizioni e farle, in certo modo, nostre; per capire veramente quello di cui hanno bisogno e saper cogliere quei valori che Dio ha disseminato nel cuore di ogni persona. In una parola: vivere per chi ci sta accanto. Misericordia: accogliere l’altro così come è, non come vorremmo che fosse, con un carattere diverso, con le nostre stesse idee politiche, le nostre convinzioni religiose, e senza quei difetti o quei modi di fare che tanto ci urtano. No, occorre dilatare il cuore e renderlo capace di accogliere tutti nella loro diversità, nei loro limiti e miserie. Perdono: vedere l’altro sempre nuovo. Anche nelle convivenze più belle e serene, in famiglia, a scuola, sul lavoro, non mancano mai momenti di attrito, divergenze, scontri. Si arriva a togliersi la parola, ad evitare di incontrarsi, per non parlare di quando si radica in cuore l’odio vero e proprio verso chi non la pensa come noi. L’impegno forte ed esigente è cercare di vedere ogni giorno il fratello e la sorella come fossero nuovi, nuovissimi, non ricordandoci affatto delle offese ricevute, ma tutto coprendo con l’amore, con un’amnistia completa del nostro cuore, ad imitazione di Dio che perdona e dimentica. La pace vera poi e l’unità giungono quando benevolenza, misericordia e perdono vengono vissuti non solo da singole persone, ma insieme, nella reciprocità. E come in un caminetto acceso occorre di tanto in tanto scuotere la brace perché la cenere non la copra, così è necessario, di tempo in tempo, ravvivare di proposito l’amore reciproco, ravvivare i rapporti con tutti, perché non siano ricoperti dalla cenere dell’indifferenza, dell’apatia, dell’egoismo. «Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo» Questi atteggiamenti domandano di essere tradotti in fatti, in azioni concrete. Gesù stesso ha dimostrato cos’è l’amore quando ha sanato gli ammalati, quando ha sfamato le folle, quando ha risuscitato i morti, quando ha lavato i piedi ai discepoli. Fatti, fatti: questo è amare. Ricordo una madre di famiglia africana: aveva dovuto subire la perdita d’un occhio della propria bambina Rosangela, vittima di un ragazzino aggressivo che l’aveva ferita con una canna e continuava a farsi burla di lei. Nessuno dei genitori del ragazzo aveva chiesto scusa. Silenzio, mancanza di rapporto con quella famiglia la amareggiavano. “Consolati – diceva Rosangela che aveva perdonato – sono fortunata, posso vedere con l’altro occhio!” “Una mattina – la madre di Rosangela racconta – la mamma di quel ragazzino mi manda a chiamare perché si sente male. La mia prima reazione è: ‘Guarda, ora viene a chiedere aiuto a me, con tanti altri vicini di casa, proprio a me dopo quello che suo figlio ci ha fatto!’ Ma subito ricordo che l’amore non ha barriere. Corro a casa sua. Lei mi apre la porta e mi sviene tra le braccia. L’accompagno in ospedale e le sto vicino fino a quando i medici non se ne prendono cura. Dopo una settimana, uscita dall’ospedale, viene a casa mia per ringraziarmi. L’accolgo con tutto il cuore. Sono riuscita a perdonarla. Ora il rapporto è tornato, anzi è iniziato tutto nuovo”. Anche la nostra giornata può riempirsi di servizi concreti, umili e intelligenti, espressione del nostro amore. Vedremo crescere attorno a noi la fraternità e la pace.

 Chiara Lubich


Parola di vita pubblicata in Città Nuova, 2006/14, p.9.