Movimento dei Focolari

L’esperienza dell’Eucaristia nel Movimento dei Focolari

Nella vita dei membri del Movimento dei Focolari, il sacramento dell’Eucaristia ha sempre avuto ed ha un valore primario, importantissimo, privilegiato. L’Eucaristia, infatti, è considerata il nucleo centrale del cammino spirituale che essi intraprendono, il motore che spinge ed al quale converge l’intera loro giornata. Per questo motivo, quanti aderiscono alla spiritualità del Movimento, cominciano spontaneamente a frequentare ogni giorno la Messa e a nutrirsi costantemente dell’ Eucaristia. Cercheremo qui di evidenziare il profondo legame che intercorre tra l’Eucaristia e il carisma dell’unità tipico del nostro Movimento, attingendo ad alcuni dei numerosi scritti che Chiara Lubich ha dedicato a questo argomento. “Il fatto che il Signore – sono sue parole -, per dare inizio a questo vasto movimento, ci abbia concentrato sulla preghiera di Gesù, sul suo testamento, significa che Egli ci doveva spingere con forza verso Colui che solo lo poteva attuare: Gesù nell’Eucaristia” . Rivolgendosi al Padre, prima di morire, aveva chiesto la realizzazione dell’unità tra i suoi e fra quelli che lo avrebbero seguito: “ perché siano come noi una cosa sola” (Gv 17,22). E prima aveva creato le premesse perché questa potesse attuarsi. Veramente l’Eucaristia è il sacramento dell’unità. E lo è anzitutto perché essa opera in ciascuno di noi qualcosa di straordinario: la nostra personale trasformazione in Gesù. Nell’ Eucaristia, infatti, è Gesù stesso che viene in noi e ci trasforma in sé. Come insegna la Lumen Gentium – sulla scia dei Padri e dottori della Chiesa -, “la partecipazione al corpo e al sangue di Cristo, altro non fa se non che ci mutiamo in ciò che prendiamo”. Per cui diveniamo realmente, anche se in modo nuovo, concorporei con Lui. L’ Eucaristia però non produce solo la trasformazione di ogni singolo cristiano in Cristo, ma, da sacramento d’unità, produce anche l’unità tra gli uomini, la comunione tra fratelli. Compone, quindi, la famiglia dei figli di Dio dando vita così alla Chiesa nella sua essenza più profonda, nel suo essere tutta carità, tutta unità, nel suo essere cioè “casa e scuola di comunione” . Ma cosa significa, per i membri del Movimento, essere consapevoli di questi così grandi effetti che l’Eucaristia opera? L’essere trasformati in Lui, l’essere fatti altro Cristo, Corpo Suo, ci spinge, singolarmente ed insieme, a comportarci come Cristo stesso, a fare nostri i suoi modi di pensare, di agire, come pure tutti i suoi insegnamenti. In una parola, a vivere amando: amando Dio e il prossimo. Ma poiché l’Eucaristia – come si è detto – ci unisce tra noi in un corpo solo, essa suscita tra noi l’amore reciproco, con quelle caratteristiche tipiche con cui era vissuto dalle prime comunità cristiane: la condivisione dei beni, la preghiera in comune, lo spezzare il pane insieme attorno alla mensa eucaristica, l’ascolto della Parola trasmessa dagli apostoli. Un amore così è chiave di vita per ciascuno di noi. Dunque, è proprio l’Eucaristia che ci indica il modello dell’autentico amore cristiano. Chiara, infatti, in una sua conversazione, dice: “Venendo a contatto nei diversi paesi del mondo con razze diverse, con culture sconosciute, con religioni le più varie, con lingue estranee, che ti fanno sentire lontano dalla patria, colpisce vedere come in qualsiasi piccola chiesa, anche nelle più sperdute, è Gesù Eucaristia che vive nelle nostre grandi cattedrali. Gesù è lì, con tutto il suo amore, tutto intero per tutti, tutto intero per ciascun uomo della terra. Da Lui si impara come gli uomini sono veramente tutti uguali, tutti figli di Dio, tutti possibili suoi seguaci, tutti candidati al suo Corpo mistico. Egli non ha preferenze di persona, non fa discriminazioni…. E, col suo esistere, ci dice fin dove il nostro amore deve arrivare, aprendoci alla fratellanza universale”. Ed è ancora Gesù Eucaristia che, sentiamo, ci indica il modo in cui amare le persone che incontriamo: “farsi uno” con tutti; come dice San Paolo “… mi sono fatto tutto a tutti…” (1Cor 9, 19-22). Gesù ha esemplificato, in maniera stupenda, questo modo di fare, istituendo l’ Eucaristia. In essa, Egli si fa pane per entrare in tutti, si fa mangiabile per farsi uno con tutti, per servire, per amare tutti. “Farsi uno” fino a lasciarsi mangiare, dunque! Questo è l’amore. “Farsi uno” in modo che gli altri si sentano nutriti dal nostro amore, confortati, sollevati, compresi. E’ nostra esperienza che amare, con questa misura, chiama la risposta del fratello, porta all’amore vicendevole, consolida la realtà di una comunità unita nel suo nome. E’ quanto si verifica solitamente nei nostri convegni, negli incontri di formazione, nelle Mariapoli, dove la Messa è vissuta come centro e culmine di essi; dove tutto viene considerato preparazione all’incontro personale e comunitario con Gesù, al quale si accosta quasi l’unanimità dei presenti. Al termine della celebrazione, l’intera assemblea è invasa da un’ ardente gioia che la conduce a testimoniare l’unità con il Risorto. Per cui, quasi a prolungamento di essa, si va a portare tutto il giorno l’amore nelle famiglie, nelle case, nei posti di lavoro, dovunque, con l’ansia dell’evangelizzazione che infiamma i cuori, con la certezza che, in tal modo, si fa realtà, secondo la Sua promessa, la presenza del Risorto tra gli uomini. (cf Mt 18,20)

(altro…)

L’Eucaristia: il sacramento dell’unità

“L’Eucaristia è il sacramento dell’unità. Nell’Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. E’ una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé. Ci fa uscire da noi stessi per fare di noi una cosa sola con lui. In questo modo ci inserisce nella comunità dei fratelli”. E’ questo un passaggio della densa omelia di Papa Benedetto XVI a conclusione del Congresso Eucaristico italiano dal titolo: “Senza la domenica non possiamo vivere”. “Una intesa settimana di preghiera, di riflessione e di adorazione, uno straordinario evento ecclesiale”. Così è stato definito dal Papa il Congresso Eucaristico che ha dato spazio a interventi di cardinali, vescovi, esponenti delle Chiese ortodossa, anglicana ed evangelica-valdese, del mondo della comunicazione, economia, ecologia, solidarietà e ai rappresentanti del laicato. Rinnovamento nello Spirito, Comunità di Sant’Egidio, Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Neocatecumenali, Agesci e Focolari sono intervenuti venerdì 27 maggio, in una tavola rotonda moderata da Dino Boffo, direttore del quotidiano italiano Avvenire. Introducendo gli interventi ha affermato che quella di Bari “è una convocazione, un’amicizia nuova, un disvelamento sorprendente, una comunicazione più profonda”. Movimenti e associazioni hanno dato la loro testimonianza sul mistero dell’Eucaristia, alla luce del proprio tipico carisma. Antonietta Giorleo – Movimento dei Focolari: Intervenuta a nome di Chiara Lubich, ha attinto ad alcuni dei suoi numerosi scritti dedicati all’Eucarestia: « Veramente l’Eucaristia è il sacramento dell’unità. E lo è anzitutto perché essa opera in ciascuno di noi qualcosa di straordinario: la nostra personale trasformazione in Gesù. E’ Gesù stesso che viene in noi e ci trasforma in sé. Ci fa altro Cristo, Corpo Suo. Ci spinge, singolarmente ed insieme, a comportarci come Cristo stesso, a fare nostri i suoi modi di pensare, di agire, come pure tutti i suoi insegnamenti. In una parola, a vivere amando: amando Dio e il prossimo». Don Julian Carron – Comunione e Liberazione: «Il Mistero è entrato nella storia, si è rivestito di forma sensibile per rispondere all’esigenza di ritrovare quella Bellezza senza la quale, come diceva Dostoevskij, gli uomini sarebbero disperati». Giampiero Donnini – Cammino Neocatecumenale: «Dobbiamo far incontrare all’uomo di oggi la festa, che è dono di Dio, rendere visibile il Cristo Risorto. C’è una grossa battaglia da fare: rendere visibile Dio che opera dietro le persone. ». Paola Bignardi – Azione Cattolica: «Per i laici di A.C., la domenica, con al suo centro l’Eucaristia, è una finestra di tempo totalmente gratuito, dentro il fluire dei giorni, spesso carico di affanni». Salvatore Martinez – Rinnovamento nello Spirito: «Per i laici del nostro Paese è tempo di stupore. E’ la stagione del reciproco apprezzamento dei carismi dell’altro. La nostra amicizia è un’amicizia che continua. E proprio a noi laici cristiani è affidata in modo speciale la custodia della domenica, l’annuncio di un cristianesimo che non sdegna lo scandalo della fede». Andrea Riccardi – Comunità di Sant’Egidio: «La domenica ci insegna che la vita non dipende dalle proprie attività, quasi che il modello del cristiano sia l’affannato. Ciò che ci fa ardere il cuore è Gesù. La domenica dei cristiani salva anche il mondo. Grazie ad essa il mondi si aprirà di più alla pace, all’amore».   (altro…)

Inviati, anche da un letto d’ospedale

Per un peggioramento della malattia, ho dovuto farmi ricoverare di nuovo in ospedale. Essendo piuttosto debole, tutto mi costava fatica e mi appariva quasi insopportabile. Anche la diagnosi e la terapia non erano che un continuo tentativo, per cui c’era sempre da fare tanti salti e fidarsi di Dio, seguendo i medici in ogni loro nuova idea. Durante un fine settimana, mi trovo sola nella camera d’ospedale: che meraviglia poter riposare un po’ e tirare il fiato! Ma il martedì successivo la stanza si sarebbe di nuovo riempita. Mi preparo promettendo a Gesù che avrei visto e amato solo Lui nelle nuove pazienti, chiunque esse fossero. Volevo immedesimarmi nella Parola di Dio e, per poter annunciare il Vangelo, dovevo evangelizzare prima me stessa. Lui mi ha presa in parola…! All’inizio mi sono sentita mancare l’aria, era peggio di quanto avessi potuto immaginare. Non c’era un attimo di silenzio, e le notti erano insonni. Ho scoperto la preziosità dell’attimo presente, altrimenti sarebbe stato impossibile farcela. Mi sentivo un po’ come un’ “inviata”: anche dal letto di ospedale in cui mi trovavo potevo far arrivare a medici e pazienti l’amore di Dio. Pian piano ho cominciato a scoprire il positivo delle persone, i valori presenti in loro, nonostante quella scorza per me così difficile da accettare. Improvvisamente una di loro, la più difficile, mi disse quanto fosse importante per lei avere un buon rapporto con la compagna di camera, aggiungendo: “Ma noi andiamo ben d’accordo!”. Non si era resa conto di niente e si trovava bene. Ho constatato quanto sia prezioso non fermarsi ai propri limiti, ma buttarsi sempre ad amare, credendo che poi Dio fa il resto. Ho avvertito quanto si cresca interiormente, quanto si diventi forti. E’ andata avanti così per tre settimane. Ne ho visto gli effetti! La fisioterapista era meravigliata che fossi così gioiosa, i medici mi guardavano con simpatia e si sentivano liberi di fare le terapie che vedevano utili per aiutarmi, l’ex-compagna di camera è venuta a portarmi un regalino, dicendo di aver pregato per me in chiesa, perché non fossi sottoposta ad una chemioterapia come si temeva. Ora sono a casa e ho dentro una pace e una serenità nuove. (M. – Germania) Tratto da “Quando Dio interviene. Esperienze da tutto il mondo” – Città Nuova 2004

(altro…)

Messaggio di Chiara Lubich

Carissimi amici, anzi carissimi fratelli maggiori, vi accolgo col cuore nel nostro Centro Mariapoli di Castelgandolfo! E’ da poco tempo che facciamo i nostri simposi con amici di altre religioni. Vi assicuro che sembra che lo Spirito di Dio aleggi sopra questi incontri, quanto più in uno come il nostro tra ebrei e cristiani. Che cosa ci può essere di più autentico nel nostro Simposio di vivere quello spirito espresso nel Primo Testamento e comandato da Gesù Cristo come prima legge dei cristiani: l’amore di Dio e l’amore del prossimo? Mi auguro che possiate non solo approfondire, ma assaporare, costruire queste realtà. Saluto caldamente il rabbino Bemporad col quale è nata l’idea di questo Simposio; il rabbino Rosen col quale ci conosciamo da lungo tempo; la cara amica Tullia Zevi. Con loro, saluto tutti i cari amici presenti, tra cui in particolare quelli arrivati da Buenos Aires con i quali ho già provato nel 1998 cosa significhi non solo abolire l’odio, ma sperimentare l’amore, l’amore scambievole, essere l’unico Popolo di Dio. Lia Brunet aveva preparato con passione – direi – quell’incontro. Che oggi questo non sia da meno! E’ l’augurio che faccio a tutti i presenti.

(altro…)

Introduzione del prof. Giuseppe M. Zanghì

Ho – e so di parlare a nome di tutti i cristiani qui presenti, membri del Movimento dei Focolari – una sincera gioia profonda, intensa: la gioia di poter partecipare a questo nostro incontro, l’incontro, come direbbe Paolo di Tarso, con «la radice e la linfa dell’olivo» (Rm 11,17). «Sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te» (Rm 11,18). Incontrandoci con voi, sappiamo di incontrarci con l’Israele vivo, che ha un suo stupendo, gioioso e doloroso, cammino: l’Israele di sempre, certo, testimone prezioso che «i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!» (Rm 11,29): ma l’Israele vivo, che oggi continua, e originalmente, la sua storia. E speriamo che voi sentiate di incontrarvi con la comunità di Gesù, che oggi ha la sua storia, ma che cerca sempre di riattingere, con fedeltà, le sue origini. Quelle origini che abbiamo in comune con voi. Le nostre origini comuni, piantate dalla scelta di Dio, dalla sua chiamata. Quelle origini nelle quali è deposto, per il suo compimento, l’amore fedele di Dio per tutte le sue creature. «Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei cieli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: ‘Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe» (Is 2,2-3). Perché, nell’amore fedele e tenace di Dio per il suo popolo è nascosto l’amore fedele e tenace di Dio per tutta la discendenza di Adamo. Lo crediamo con fede ferma: le promesse di Dio si compiranno nella loro verità concretissima. Allora, «il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto ; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno insieme, si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi» (Is 11,6-8). Perché non credere, con la semplicità dei piccoli alla quale Gesù ci invita, e con la fede dei nostri padri, Abramo Isacco Giacobbe, alla concretissima realtà di queste promesse dello Spirito? Quando tutto sarà vero, perché tra i popoli regnerà la pace di Dio ? «In quei giorni ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria, l’assiro andrà in Egitto e l’egiziano in Assiria; gli egiziani serviranno il Signore insieme con gli assiri. In quei giorni Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. Vi benedirà il Signore degli eserciti: ‘Benedetto sia l’egiziano mio popolo, l’assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità» (Is 19,23-25). Perché non sperare che gli occhi di carne dei figli dell’uomo potranno contemplare queste cose? Che la Shekinah, presenza di Dio fra noi, non più in esilio, esulti e canti di gioia? Ho detto prima: quando tra i popoli regnerà la pace di Dio! E’ la condizione, mi sembra, affinché le promesse di Dio si possano toccare con mano. E’ il cuore del messaggio, dell’insegnamento di Chiara. E’ il senso del nostro raccoglierci oggi, qui, in una intensa fraternità. Sappiamo che è stato ipotizzato uno scontro globale e mondiale di civiltà, animato da insanabili e incontenibili contrasti religiosi. Ma non possiamo pensare invece, a una possibile composizione armoniosa delle differenze? Quelle differenze che non devono essere motivo di scontro perché in esse si fa presente l’inesauribile infinita ricchezza di Dio, che nessuno di noi, nessun popolo, da solo, può rivelare? Se le differenze sono così vissute, come benedizioni di Dio, l’incontrarci come diversi non conduce alla scontro fratricida ma si apre in canto di lode e di gloria alla grandezza di Dio. Tu riveli a me un aspetto stupendo del mistero nascosto di Dio ed io a te. E nell’unità tra noi, come arcobaleno nel cielo, si apre sul mondo il volto di amore di Dio. In questo incontrarci lodando Dio per le diversità, ci possiamo aiutare l’un l’altro ad essere fedeli proprio alla irripetibile chiamata di Dio per ciascuno di noi; possiamo comprenderci sino in fondo in ciò che abbiamo di più prezioso: il nostro rapporto con Dio. Così potremo camminare insieme verso l’unità benedetta di tutti nell’unico Dio. Comunicandoci con lealtà e sincerità i doni che Dio ha elargito a ciascuno di noi, sono certo che l’amore uno e indiviso di Dio ci accoglierà nella sua unità che sorpassa ogni intelligenza. Perché ciò sia, è necessario che ciascuno di noi sia se stesso sino in fondo, fedele ai doni che Dio gli ha fatto, gli fa. E questi doni offra in regalo, in comunione, agli altri. Perché ciò sia, è necessario che ciascuno ascolti sino in fondo l’altro, senza pregiudizi, vuotandosi di sé per essere per l’altro dimora accogliente. Questo deve essere il tono, il senso, di questi nostri giorni di incontro. Niente di accademico, niente di puramente erudito, ma solo l’apertura di ciascuno all’altro in un ascolto che è insieme accoglienza di un dono e dono restituito, e che conduce la conoscenza nel grembo dell’amore, la fa amore. Tutti i temi che svolgeremo in questi giorni – che siano giorni benedetti da Dio! – saranno allora un’occasione per alimentare e fare crescere nei cuori la nostra fede in Dio, il nostro amore senza rivali per Lui. E, insieme, l’amore rispettoso tra noi: l’accoglierci gli uni gli altri nel nostro cammino verso Dio, amandoci nelle nostre diversità, sapendo che la piena composizione di esse nell’unità dell’Unico Dio sarà opera proprio e soltanto di Dio. Perché ciò non sia semplice desiderio, Chiara ci propone, come voi sapete, una strada che tutti noi possiamo percorrere; una strada nella quale giace il segreto della riuscita del nostro incontro; una strada in fondo alla quale i nostri cuori potranno trovarsi consumati in un unico cuore. Chiara ci chiede di ascoltarci l’uno l’altro, con un’intelligenza, come ho detto, che sia tutta amore. Non cerchiamo null’altro fra noi se non che l’amore fedele per Dio cresca nei nostri cuori, e si apra nell’amore fra noi, nell’amore degli uni per gli altri. Fino a gioire tutte le volte che scopriremo l’uno nell’altro quest’ amore fedele per Dio. Breve, brevissimo, è il nostro pellegrinaggio sulla terra. Come diceva un grande poeta italiano: «E’ subito sera». Ma nell’amore tra noi si apre il compimento delle promesse di Dio. E a Lui chiedo che, come frutto di questo nostro raccoglierci sincero, possiamo sentire la tenerezza e la dolcezza del suo Nome benedetto. Chiedo che per l’amore tra noi possa sgorgare, nelle asprezze anche terribili della vita, quell’acqua pura che trasformerà tutta la terra attorno a noi nel ritrovato giardino dell’Eden. Dio fa le sue promesse alla terra; e la terra attende di vederle compiute. Che il nostro incontrarci, in questi giorni, sia un passo in avanti verso quella piena visibilità.

(altro…)

Un dono immenso l’annuncio dell’immediato inizio della causa di beatificazione di Papa Wojtyla

Un dono immenso l’annuncio dell’immediato inizio della causa di beatificazione di Papa Wojtyla

Messaggio di Chiara Lubich ai membri del Movimento

Oggi, 13 maggio, festa della Madonna di Fatima e anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II, il Santo Padre Benedetto XVI ha disposto l’inizio immediato della causa di beatificazione di Papa Wojtyla, dispensando dall’attesa dei cinque anni dalla morte, previsti dal codice. Il Papa ha ascoltato la voce del popolo, gli striscioni “Santo subito“. E’ per noi tutti una gioia grandissima. Lo avevo desiderato ardentemente, anche in riconoscenza del bene che il Papa ci ha voluto e per quanto ha fatto per l’Opera di Maria durante il Suo lungo Pontificato. Ringraziamo Maria di questo immenso dono. Anche a nome vostro, invio a Papa Ratzinger un telegramma di gratitudine.   (altro…)

Una famiglia di popoli fratelli

Messaggio di Chiara Lubich Carissimi giovani, eccovi qui in tanti per il vostro annuale appuntamento: 1° Maggio a Loppiano. State certi che sono con voi! Il vostro incontro pieno di gioia ma, allo stesso tempo, carico di progetti dice, ancora una volta, che siete consapevoli di avere in mano il futuro: la responsabilità di concorrere, con la generosità e l’energia che vi distingue, a fare di questa umanità una famiglia di popoli fratelli.

Loppiano e Giovanni Paolo II

Quest’anno la cittadella di Loppiano – che come sapete, è espressione del carisma dell’unità che Dio ha dato oggi alla Chiesa – vi accoglie con una gioia speciale. Solo pochi mesi fa, infatti, il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II aveva voluto inviarci una speciale benedizione in occasione della dedicazione della nuova Chiesa, intitolata a Maria Theotokos, insieme ad una lunga lettera nella quale mi esprimeva, tra l’altro, la sua gioia perché “nei trascorsi 4 decenni sono passate a Loppiano tante persone di ogni cultura e di diverse religioni”. Negli anni del suo pontificato, ho potuto stare spesso vicino a lui, in diverse occasioni e tutto ha avuto sapore di fraternità, di unità, di Vangelo nella sua integrità. Alla sua morte, un pensiero insistente: che fosse proclamato santo subito, a voce di popolo! E siete stati proprio voi giovani, in piazza San Pietro e in tante altre piazze del mondo, a gridare a voce alta, tutti insieme, la santità di questo Papa. Anche oggi la voce di Giovanni Paolo II continua ad accompagnarvi, confermando il vostro impegno a “costruire un mondo unito” – così diceva ai giovani del Movimento dei focolari, fin dal Genfest del 1980- a “orientare la storia verso il suo compimento e, costi quel che costi”. Perché – sono ancora sue parole – “gli uomini che sanno guardare al futuro sono quelli che fanno la storia”.

A passi lenti ma inarrestabili verso un orizzonte di fraternità

Cosa ci attende, allora? Con il titolo della vostra giornata, avete scelto la strada da percorrere: “Tempo di fraternità”. E’ la fraternità universale, infatti, l’unico orizzonte possibile verso il quale gli uomini e i popoli della terra si stanno muovendo a passi lenti, ma inarrestabili. E’ la fraternità il motore di un mondo in pace, di un mondo unito. Ma per realizzarlo, lo avete già scoperto, occorre fare dell’“arte d’amare” che apprendiamo dal Vangelo, la norma ispiratrice della nostra vita. Si tratta di una rivoluzione: di superare i limiti dei legami familiari o di amicizia, per amare tutti, senza discriminazione alcuna; di prendere sempre l’iniziativa, senza aspettare un ritorno; di amare l’altro come noi stessi; di amare facendo il vuoto di noi per capire l’altro, accoglierlo e condividere le sue sofferenze o le sue gioie. Quest’arte è la chiave che trasforma ogni rapporto e apre ogni dialogo. Ma c’è di più: in un mondo alla ricerca inquieta di Dio, ma che crede solo in ciò che tocca, è possibile fare spazio a Gesù stesso, attirarLo fino al punto di farsi presente in mezzo a noi.

Il primo artefice di un mondo nuovo

Lo stiamo sperimentando da oltre sessant’anni: l’amore tende alla reciprocità e si dona finché anche l’altro che ci sta accanto non comincia ad amare. Allora, conseguenza dell’amore reciproco, che sempre sorprende e meraviglia, è il realizzarsi della promessa di Gesù: “Dove due o tre sono uniti nel mio nome Io sono in mezzo a loro”. Gesù presente nella comunità! Come quando due elementi si combinano insieme e ne viene fuori un terzo, che non è la somma dei due elementi ma è un’altra cosa, così se ci amiamo come Lui ci ha amato, Gesù si fa presente in mezzo a noi e Lui è davvero il primo artefice di un mondo nuovo. E’ favoloso! Poter generare nel mondo una fiamma: lo stesso Gesù che è vissuto duemila anni fa in Palestina, lo stesso Gesù Risorto!

Qui sta il fondamento della speranza in un mondo migliore

Ecco, carissimi giovani! L’augurio che vi faccio con tutto il cuore è di rispondere alla sfida della fraternità vivendo al cento per cento l’arte di amare, finché si sprigionerà la presenza di Gesù in mezzo a voi dovunque, lì dove siete e dove il Risorto vi ricolmerà dei suoi doni: gioia, mai conosciuta prima, pace, mai sperimentata, luce abbondantissima per comporre la terra in unità.   (altro…)

Tempo di fraternità

Tempo di fraternità

Tempo di fraternità a Loppiano, città “giovane”

Spesso definita “laboratorio di fraternità”, la cittadella di Loppiano, con i suoi cittadini d’ogni nazione e razza, fa da sfondo alla festa del 1° maggio che in 35 anni ha visto la partecipazione di oltre 150.000 giovani. Alla fraternità è stato dedicato l’intero programma di una giornata di sole splendente: appena arrivati, i più di 5.000 giovani provenienti da tutta l’Italia, ma anche dall’Europa dell’Est e Ovest, dall’Algeria, dall’Africa, Asia, Oceania e dalle tre Americhe, hanno partecipato a quattro workshop: lo sport: “Fraternità: gioco di squadra”; i media, “Fraternità Online”; la politica: “Libertà, uguaglianza… e la fraternità?”; e infine l’arte, sotto il titolo “FraternArte”. Ricco lo scambio di fatti di fraternità vissuti in vari paesi. Il collegamento telefonico del pomeriggio con la Terra Santa dà un respiro planetario a questo “viaggio” nel tempo della fraternità.

La fraternità, motore di un mondo in pace, di un mondo unito

Ai giovani riuniti a Loppiano e nella cittadella Arco Iris di Lisbona, Chiara Lubich ha inviato un messaggio augurando a tutti di rispondere alla sfida della fraternità, “motore di un mondo in pace, di un mondo unito”. “In un mondo alla ricerca inquieta di Dio, che crede solo in ciò che tocca – ha aggiunto – è possibile fare spazio a Gesù stesso, attirarlo, fino al punto di farsi presente in mezzo a noi”. Come? «Vivendo al cento per cento l’arte di amare, finché si sprigionerà la presenza di Gesù in mezzo a voi dovunque, lì dove siete e dove il Risorto vi ricolmerà dei suoi doni: gioia mai conosciuta prima, pace mai sperimentata, luce abbondantissima, per comporre la terra in unità».

Lisbona: il world wide web dell’unità

A Lisbona i giovani si sono ritrovati il 1° maggio. In 1000 da Portogallo, Spagna e Isola di Timor. Il programma lusitano si esprime nel titolo della giornata: www.deunidade. E’ ancora vivo nella penisola iberica il ricordo dell’attentato dell’11 marzo a Madrid: chi fra i presenti ha vissuto la difficile situazione del dopo 11 marzo, afferma, con la propria testimonianza di vita, che il perdono è possibile ed è l’unica via capace di costruire la vera fraternità fra persone di religione diversa. Non solo nel proprio Paese, ma intessendo una rete di pace nel mondo intero. Al meeting era presente anche l’Imam Allal Bachar dalla Spagna.   (altro…)

Vite vissute all’insegna di un mondo più unito

L’artista di strada che cambia rotta: a volte basta un piccolo gesto Sono A. M. dell’Australia. Suono il flauto praticamente da sempre. Posso dire che questo strumento significa tantissimo per me: per anni è stato il mio migliore amico, forse l’unico, quello che mi ha aiutato ad andare avanti nei momenti più duri. Infatti, alcuni anni fa, a causa di un periodo particolarmente difficile in famiglia e specialmente con mia mamma, me ne sono andata di casa con uno zaino, poche cose e l’inseparabile flauto. Dormivo per strada e guadagnavo qualche cent per vivere suonando il mio flauto… Vivevo letteralmente alla giornata, senza nessun punto di riferimento. Il dolore che avevo dentro era forte. Un giorno, mentre suonavo all’angolo di una strada, una donna si è fermata un po’ più a lungo: “Vorresti dare lezioni di musica ai miei figli? Guadagneresti qualcosa…”. Ho accettato subito quella proposta che, non sapevo ancora, avrebbe cambiato la mia vita. Frequentando così questa famiglia, ho conosciuto i Giovani per un Mondo Unito e quello che mi ha davvero colpito in quei ragazzi era che volevano amare tutti, senza distinzione. Il loro amore mi ha dato la forza di cambiare rotta. E per me amare – l’ho capito subito – significava riallacciare i rapporti con la mia famiglia e in particolare con mia madre. C’è voluto un po’ di tempo, ma poco a poco ci siamo riavvicinati ed ora va molto meglio. (E. S. – Australia) L’amore, la terapia più efficace Siamo una giovane coppia con 3 figli, ai quali vogliamo un bene immenso. Davide e Irene, quando sono nati, come tutti i bambini, ci hanno richiesto tante energie per trovare un nuovo equilibrio in famiglia, ma con Alessia, la terza, è un’avventura speciale. E’ nata apparentemente sana e bella, ma dopo qualche giorno, dai primi risultati della mappa cromosomica abbiamo saputo che aveva la sindrome di Down. Sono stati momenti difficili e inconsciamente speravamo in un errore della diagnosi. E’ stato come un terremoto improvviso, come se ci mancasse la terra sotto i piedi… Ma volevamo credere che ogni figlio è un dono di Dio e – pur nel dolore – sentivamo che questa situazione faceva parte di un suo disegno d’amore. Dopo qualche giorno, una dottoressa genetista ci ha confermato la diagnosi ma non ci parlò tanto della gravità dell’handicap. Piuttosto ci disse che l’amore che potevamo dare ad Alessia sarebbe stata la terapia più efficace. Era quello che in fondo avvertivamo: eravamo noi i protagonisti di questa storia, noi genitori, con gli altri due figli, le nostre famiglie e i nostri amici… Insieme avremmo aiutato Alessia a crescere sotto tutti i punti di vista. Oggi possiamo dire senza esitazione che Alessia è un dono per noi e per chi ci sta accanto. E’ una portatrice di gioia, di serenità. Ha fatto crescere l’amore tra noi due prima di tutto, e poi con i bambini si è instaurato un rapporto più maturo, un amore più grande. Loro stessi fanno a gara per riabbracciarla quando tornano da scuola e ci dicono che siamo stati fortunati ad avere una bambina speciale come Alessia! (M. e D. – Italia)

(altro…)