10 Set 2021 | Testimonianze di Vita
Nonostante le fragilità e le paure dei discepoli, Gesù ha fiducia in loro e li chiama a seguirlo, per condividere la sua missione: servire tutti. Servire, non tanto come uno schiavo, che è costretto al suo lavoro, ma come una persona libera che offre generosamente le sue capacità e le sue forze. Solidarietà per i rom La pandemia ha acuito i problemi sociali del nostro territorio. E uno dei problemi più gravi da noi è quello abitativo: tante persone non sanno come risolverlo e vivono in situazioni di angustia e anche di grave degrado. Quando, come parrocchia, abbiamo aiutato una famiglia rom a trasferirsi da una baracca umida e fatiscente in un’abitazione più dignitosa, questo gesto ha contribuito a superare certi preconcetti; come dire se don Peppino e gli altri parrocchiani accolgono degli stranieri rom, vuol dire che sono persone come noi, che possiamo e dobbiamo poter aiutare. Per loro si è attivata una vera gara di solidarietà c’è stato chi ha donato i mobili, chi ha provveduto a trasportarli e a montarli, chi si è occupato del contratto, chi delle utenze. M., mamma rom di due bimbi bellissimi, appena di ritorno dall’ospedale dov’era stata ricoverata per il Covid-19, mi ha detto: “Sono commossa e volevo ringraziarvi, perché non mi sono mai sentita voluta bene come mi volete bene voi e tutta la comunità”. (Don Peppino – Italia) Fai agli altri… A scuola avevo un compagno di classe svogliato e molto scadente in matematica. Più volte l’avevo incitato a impegnarsi di più nello studio, ma senza risultato. Alla verifica del primo semestre è risultato insufficiente: umiliato davanti a tutti, ha pianto. Anche se non aveva ascoltato il mio consiglio ed era colpa sua, mi tornava in mente “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te” e ho pensato di aiutarlo. Mi sono offerto per dargli ripetizioni di matematica e lui, sorpreso e felice, ha subito accettato. Non è stato facile portarlo a un livello accettabile, ma è avvenuto un piccolo prodigio: nella tesi del secondo semestre ha preso più della sufficienza! (Radu – Romania) Prossimità Una decina di anni fa, quando vivere in Siria era diventato difficile per noi cristiani, ci chiedemmo se fosse il caso di rimanere. Tanti parenti e amici avevano scelto di partire e dalle notizie ricevute sembravano aver trovato ambienti sereni, senza rumori di armi, terrori e pericoli. Eppure, anche se facciamo poco, ci sembra che la nostra presenza qui, giorno dopo giorno, corrisponda a una vera missione. Non si tratta tanto di testimonianza di fede o di fedeltà alla patria, ma di prossimità, quella di cui parla papa Francesco. Siamo certi che anche per i nostri figli questa situazione, anche se non rimane facile, risulterà una grande maestra di vita. (V.M. – Siria)
a cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, settembre-ottobre 2021) (altro…)
10 Lug 2020 | Focolari nel Mondo
Le due crisi che stanno scuotendo il paese pandemia e razzismo –potrebbero portare a un futuro migliore. Un contributo di Susanne Janssen, direttore di Living City Magazine.
Il razzismo è un virus che non è mai stato debellato negli Stati Uniti. Dopo la Guerra Civile (1861–1865), la schiavitù era stata dichiarata sconfitta sulla carta, ma ancora oggi persone di colore e bianchi non vengono trattati allo stesso modo. La morte di George Floyd ha riportato alla luce il problema. Poiché gli 8 atroci minuti durante i quali Floyd ha implorato per la sua vita sono stati filmati, non si poteva più affermare che fosse solo colpa della vittima; questo video, insieme alle tante persone (non solo afroamericane) che si sono unite durante le manifestazioni contro il razzismo, rappresentano un segno che questa volta qualcosa è diverso. Speriamo che quanto è successo non si esaurisca solo in un’ondata di proteste, ma che sia portatore di un cambiamento vero. Il ruolo della Chiesa Dopo alcuni giorni di silenzio, la Chiesa è scesa accanto a coloro che contestano il razzismo. Il cardinale di Boston, Sean O’Malley, ha scritto che l’omicidio di George Floyd “è una prova dolorosa di ciò che è ed è stato per gli afroamericani: il fallimento di una società che non è in grado di proteggere la loro vita e quella dei loro figli. Le manifestazioni e le proteste di questi giorni sono richieste di giustizia ed espressioni strazianti di profondo dolore emotivo da cui non possiamo allontanarci.” Anche la conferenza episcopale degli Stati Uniti ha affermato che il razzismo è come il peccato originale degli Stati Uniti, che accompagna la crescita della nazione e la impregna fino ad oggi. S’intensificano nella chiesa e nella società gli spazi di riflessione. I primi passi Con lo slogan “togliere i fondi” si vuol andare oltre una semplice operazione di ristrutturazione del corpo di polizia. S’intende piuttosto incominciare daccapo e dar vita ad una polizia più controllata dai cittadini. Negli ultimi anni si parla molto della sua progressiva militarizzazione; ma ad onor del vero occorre anche dire che molti dei compiti che svolge di fatto competerebbero agli assistenti sociali. A differenza di casi di violenza contro afroamericani accaduti in passato, oggi tante persone cercano di imparare, ascoltare e affrontare il passato, concentrando la riflessione problemi strutturali rimasti dopo l’abolizione della schiavitù e quelli legati alla segregazione, come le cosiddette “leggi di Jim Crow” e la legge sui diritti civili del 1964. Sì, perché guardare in faccia i pregiudizi che sono dentro ognuno e i privilegi sociali di cui godono i bianchi, è già un primo passo. Due autori, Ibram X. Kendi e Robin DiAngelo, affermano che serve un passo che vada oltre l’“essere una persona buona”. Occorre invece combattere le strutture di oppressione. Ancora oggi, in una situazione quotidiana come un controllo di polizia, solo il colore della pelle può fare la differenza tra la vita o la morte. Il contributo dei Focolari In primo luogo, le comunità del Movimento dei Focolari cercano di esaminare se anche al proprio interno ci siano discriminazioni e razzismo. Il pensiero dei Focolari sulla giustizia razziale è un punto di partenza per entrare in dialogo sincero fra di noi e con le persone attorno a noi. Facciamo spazio all’ascolto di dolorose testimonianze di razzismo, ma anche del vissuto di chi è cresciuto in un contesto di bianchi e cerca di avviare un processo di riconoscimento dei propri limiti. Queste conversazioni non sono facili, ma sono necessarie per ricostruire relazioni più vere. “Se non siamo attenti, finiremo per sottoscrivere i principi della retorica comune sulla diversità che spesso supporta i privilegi e accentua le differenze,” afferma una docente latina di colore. Un academico di più di 80 anni condivide come nella sua vita abbia dovuto imparare ad essere più aperto, soprattutto quando una delle sue figlie si è sposata con un giamaicano. “Ho pensato che i loro figli avrebbero sofferto la discriminazione. Ma adesso vedo come sono un esempio luminoso per tanti”. Il ruolo dei giovani I giovani sono in prima fila e chiedono un cambio di mentalità. Dice una giovane di razza mista: “Voglio aiutare i miei fratelli e le mie sorelle affinché siano ascoltati di più, altrimenti me ne pentirò per tutta la vita…” Anche lo slogan “Black Lives Matter” che ha unito tante persone e affollato strade è oggetto di polarizzazione. Non di rado ci si imbatte in messaggi che cercano di screditare chi lotta per una maggiore giustizia, ma pian piano si nota un cambio nell’opinione pubblica. Tanti, infatti, condannano il modo in cui il presidente Donald Trump ha gestito queste crisi recenti: la pandemia e il razzismo strutturale. Per adesso il candidato della Partito Democratico, Joe Biden, ha un vantaggio nei sondaggi del 13%, ma è ancora presto per dire come sarà la situazione in novembre quando gli Americani saranno chiamati alle urne.
Susanne Janssen, direttore Living City magazine
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10 Mag 2020 | Nuove Generazioni
Il Cardinale Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, in occasione della Settimana Mondo Unito 2020, ha mandato ai partecipanti un suo videomessaggio.
Nei tempi difficili che stiamo attraversando, segnati dalla crisi del coronavirus, molti sono confinati nei loro appartamenti, dovendo vivere in quarantena; già nel nome, quest’ultima ricorda più i quaranta giorni della Quaresima che la Pasqua. Anche i nostri servizi liturgici, in particolare le più importanti liturgie della Settimana Santa e della Pasqua, a causa dei divieti statali, sono stati celebrati in chiese in assenza di fedeli, a porte chiuse, e trasmessi in streaming. Questa esperienza fuori dall’ordinario mi ha riportato alla mente, in maniera più vivida di quanto mai fosse avvenuto nel passato, un dettaglio del racconto biblico della Pasqua. L’evangelista Giovanni inizia il suo resoconto dell’apparizione di Cristo risorto ai suoi discepoli con le parole: “La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei…” (Gv 20,19). Sebbene il Signore fosse già risorto e si stesse recando dai suoi discepoli, questi stavano ancora vivendo il Sabato Santo, come mostrano chiaramente la paura e le porte chiuse. In questo luogo assediato dalla paura, tuttavia, Gesù viene e cambia radicalmente la situazione, come sottolinea il Vangelo: “E i discepoli gioirono al vedere il Signore” (Gv 20,20). La gioia è l’espressione visibile del fatto che il Sabato Santo si è trasformato in Pasqua. Anche oggi, in questo momento gravato dalla crisi del coronavirus, possiamo rallegrarci perché sappiamo che il Signore non ci lascia da soli nelle nostre paure e nelle nostre preoccupazioni, ma viene anche in mezzo a noi e ci dona la sua presenza e la sua preziosa compagnia. Cristo è sempre in mezzo a noi, soprattutto quando aspettiamo la sua venuta. Chiara Lubich ci ha ripetuto questo messaggio più volte, senza mai stancarsi. Quando Gesù viene in mezzo a noi, ci porta anche un dono. È lo stesso dono che ha portato ai discepoli la sera di Pasqua. Il Vangelo narra che Gesù stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!” La pace è il primo dono che Gesù ha fatto ai suoi discepoli dopo la sua risurrezione. La pace è il vero dono pasquale. La pace è anche il dono che Gesù ci offre oggi. È quella pace che noi umani non siamo in grado di creare da soli, ma che possiamo soltanto ricevere in dono. Eppure è la pace più importante, e tutte le altre forme di pace a cui aspiriamo sono solo riflessi di quella pace. Infatti, solo la pace che viene da Cristo ci dà quell’unità che tanto desideriamo: l’unità nelle nostre comunità, nella nostra Chiesa, tra tutti i cristiani e in tutta l’umanità. Questa pace, naturalmente, non può rimanere chiusa in se stessa. Il Vangelo prosegue narrando che, dopo il saluto di pace, Gesù dice ai discepoli: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (Gv 20,21). Queste parole vengono rivolte anche a noi. Anche noi siamo chiamati a trasmettere agli altri la pace donataci da Cristo, così che anche per loro, e specialmente per coloro che vivono nella preoccupazione e nella paura, il Sabato Santo possa trasformarsi nuovamente in Pasqua. Anche in questo periodo di dura prova per il coronavirus, il vostro motto è vero e necessario: “In Time For Peace”. Di cuore auguro a voi tutti un tempo pasquale gioioso e colmo di pace. Il Signore della Pace Risorto vi benedica e vi protegga!
Kurt Cardinale Koch
https://youtu.be/PVa0bCLphzE (altro…)