Ago 30, 2016 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“You and Sportmeet for Nature”. È questo il titolo scelto per l’edizione 2016 della Summer School organizzata dalla rete Sportmeet, che ha riunito sportivi di varie parti del mondo per riflettere sull’attuale crisi ambientale e sul contributo specifico che lo sport può dare allo sviluppo di una autentica coscienza ecologica. E non solo: date le enormi potenzialità dello sport, un apporto anche a favorire l’amicizia fra i popoli e di questi con il Creato. Senza dimenticare l’alto valore educativo che la pratica sportiva ha in sé, specie se svolta nel segno dell’altruismo e della reciprocità. Alla scuola hanno preso parte, provenienti da 8 nazioni, 83 persone: sportivi di vari livelli, età e discipline, dirigenti sportivi, insegnanti di educazione fisica ed allenatori, ed altre figure legate allo sport, nella sua dimensione agonistica o ludica. Paolo Cipolli, coordinatore della rete Spormeet a livello internazionale, ha illustrato la storia e l’oggi di questa iniziativa, preceduto dai saluti delle numerose autorità presenti, fra le quali, il vicesindaco di Križevci Tomislav Katanović, il vicepresidente della Regione ed ex istruttorie federale di handball, Ivan Pal, il vice ministro della Scienza, Formazione e Sport Hrvoje Šlezak, dell’ambasciatore della Svizzera in Croazia Stefan Estermann, il secondo segretario dell’ambasciatore italiano in Croazia ed il saluto di Sportmeet Croazia, portato da Anna Lisa Gasparini e Zdenko Horvat.
Nei tre giorni di scuola, docenti ed esperti hanno offerto riflessioni su diversi temi: Sport e natura: una scoperta, una risorsa, una sfida (Paolo Crepaz – Sportmeet), Lo sport nella natura: stili di vita, salute ed aspetti ricreativi (Mirna Andrijasević – Università di Zagabria), Ecologia e chinesiologia (Ivan Prskalo – Università di Zagabria), Outdoor Education – motivi ed elementi qualificanti del “fare scuola” all’aperto (Andrea Ceciliani – Università di Bologna) che ha offerto anche un appassionante laboratorio teorico pratico. Anche Marija Zegnal, presidente dell’Associazione Kinesiologi di Križevci, ha proposto un divertente laboratorio teorico pratico sui giochi tradizionali croati. Brevi escursioni (al Monte Kalnik ed al lago Čabraj) così come la serata di condivisione di buone pratiche dalla rete Sportmeet, compresi due interventi in collegamento con Rio de Janeiro e Belgrado, hanno permesso ai partecipanti momenti di confronto e di costruttivo dialogo. Ad aprire i lavori della giornata conclusiva una video-conferenza tenuta da Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, alle Nazioni Unite nel 1986 sul tema della fraternità fra le persone e fra i popoli. È seguito un lungo e partecipato dialogo fra tutti i partecipanti che ha disegnato gli orizzonti e le prospettive della prossima Summer School, fissata per la prima settimana di luglio 2017 a Barcellona, in Spagna. Fonte: Sportmeet online Leggi anche: Sportmeet nei Balcani, quando lo sport unisce (altro…)
Giu 6, 2016 | Cultura, Focolari nel Mondo
«Un esperimento riuscito, che ha rivolto una parola di speranza: una persona aperta al dono di sé, infatti, può essere la risposta alle sfide ambientali epocali che l’umanità si trova a fronteggiare». A parlare, è Luca Fiorani, coordinatore internazionale di EcoOne, a conclusione del convegno “Relazionalità: tra consapevolezza ambientale e sfide sociali” (Budapest , Ungheria) tenutosi dal 27 al 29 maggio presso la Pázmány Péter Catholic University, con la partecipazione di 80 responsabili di ONG ambientali, docenti universitari, funzionari governativi, professionisti in campo ambientale, studenti delle scuole superiori e universitari di diversi paesi. Presentazioni scientifiche di alto livello hanno convissuto con esperienze pratiche e riflessioni transdisciplinari nel campo dell’economia, l’etica e la politica.
Vari contributi: da un ragazzo di 15 anni fino ad un’anziana dedita alla cura dell’ambiente nella cittadella olandese dei Focolari; tre studenti italiani hanno presentato la loro esperienza a cavallo tra risparmio energetico e “cultura del dare”; uno studente Erasmus a Budapest, uno di Roma e un brasiliano, hanno presentato le proprie esperienze. Il giovane venuto dal Brasile ha sostenuto il viaggio fabbricando e vendendo oggetti e ottenendo un contributo eccezionale dalla sua università. Cinque di loro, ricercatori, hanno ricevuto il “Premio Piero Pasolini” per la qualità della loro presentazione, grazie ai fondi messi a disposizione dall’Economia di comunione. Hanno collaborato, per la preparazione, in grande sinergia alcune agenzie del Movimento dei Focolari: Azione per un Mondo Unito, Economia di Comunione, Umanità Nuova, Giovani per un mondo unito, Movimento politico per l’unità, insieme a New Humanity e all’Istituto universitario Sophia, con “una logistica eccellente da parte del gruppo EcoOne ungherese», afferma Fiorani. Ha introdotto il convegno Zsusa Román, coordinatrice di EcoOne Ungheria, con la domanda: “Che tipo di persona è capace di aver cura dell’ambiente?”. Fiorani, invece, ha illustrato gli obiettivi e caratteristiche di EcoOne: «Un’iniziativa culturale su scala internazionale promossa da docenti, ricercatori e professionisti che operano nel settore delle scienze ambientali. Ci accomuna il desiderio di arricchire la nostra conoscenza scientifica con una lettura umanistica dei problemi ecologici e naturalistici. Insieme ad altri partner, con i quali persegue l’obiettivo della destinazione universale dei beni e della stretta interdipendenza tra i Paesi, EcoOne tenta di calare tali principi a livello sociale, politico, economico quali settori delle tematiche ambientali». Mons. János Székely, vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest, ha ricordato l’importanza della “sobrietà e del dono”, in linea con l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco. Dopo l’intervento del prof. Miguel Panão, centrato su una nuova visione antropologica in cui la persona è colta nella sua donazione agli altri e alla natura, si è aperto un vivace dibattito. Particolarmente apprezzata la tavola rotonda in cui le sfide sociali poste dall’ambiente sono state affrontate dal punto di vista teologico, climatologico, economico e politico, sottolineando quanto la problematica ambientale richieda il contributo di molte discipline, in primo luogo la politica che guida le scelte e l’economia che imposta i paradigmi di sviluppo. «Il convegno non è un punto di arrivo ma di partenza – conclude Fiorani –. Occorre ora prepararsi a nuove sfide. Il prossimo convegno si svolgerà in Asia!». Info: EcoOne. (altro…)
Giu 3, 2016 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Prof. Adam Biela
Adam Biela – allora preside della facoltà di Scienze Sociali dell’Università Cattolica di Lublino – è all’origine del conferimento del primo dottorato h.c. alla fondatrice dei Focolari Chiara Lubich (1920-2008). A quella di Lublino ne sarebbero seguiti infatti altri 15 in tutto il mondo e nelle più diverse discipline. Nella Laudatio il prof. Biela aveva parlato di “rivoluzione copernicana”, introducendo l’idea di un nuovo paradigma per le scienze sociali. A lui abbiamo chiesto le motivazioni che lo spinsero a promuovere il dottorato. «Nella mia Laudatio avevo spiegato le principali motivazioni del conferimento del Dottorato Honoris Causa in Scienze Sociali alla fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich, da parte dell’Università Cattolica di Lublino nel giugno 1996. Un filosofo americano della scienza, Thomas Kuhn (1962), vedeva la rivoluzione copernicana come quella che meglio in tutta la storia della scienza illustra la natura della rivoluzione scientifica. L’essenza del paradigma nella visione di Kuhn è un cambiamento di mentalità nella sua stessa natura. Copernico dovette cambiare il sistema geocentrico consolidato che funzionava non solo nella scienza della sua epoca, ma anche nella cultura, tradizione, percezione sociale, pure nella mentalità delle autorità religiose e politiche. E lo fece per una via ben preparata, empirica, metodologica e psicologica. In modo simile Chiara Lubich ha creato attraverso la sua attività sociale un’ispirazione rivoluzionaria per costruire un paradigma nelle scienze sociali. In una situazione estremamente difficile e rischiosa nel 1943 a Trento ha deciso non solo di scappare dall’emergenza della propria vita, ma insieme agli amici ha deciso di aiutare altre persone che erano in condizioni molto più difficili per sopravvivere. Ha deciso di affrontare il rischio dei bombardamenti della guerra per stare con bambini soli e anziani bisognosi di aiuto. Un tale tipo di esperienza ha fatto riscoprire la comunità in quanto modello di vita reale e ha permesso di realizzare e chiarire il carisma dell’unità. Comunque lo sviluppo di questo carisma dimostra che esso è un’attualizzazione concreta e pratica di una nuova visione delle strutture sociali, economiche, politiche, di educazione e dei rapporti religiosi, che consiglia, raccomanda, suggerisce, educa e promuove l’unità con altre persone. Nella mia laudatio ho usato il concetto di paradigma dell’unità per sottolineare l’attività sociale di Chiara Lubich e del Movimento dei Focolari nel costruire delle strutture psicosociali per l’unità in vari ambiti. Per esempio, nell’Economia di comunione, nella politica (Movimento Politico per l’Unità), nei mass media (giornalisti per l’unità – Net One ndr), nei rapporti ecumenici e interreligiosi (i centri per l’ecumenismo e per il dialogo interreligioso)». Il 3 e 4 giugno a Lublino, nell’Università oggi intitolata a Giovanni Paolo II, si svolge un congresso accademico dal titolo “Conflitto, dialogo e cultura dell’unità”. Quale il suo scopo? «L’Università Cattolica Giovanni Paolo II di Lublino nel giugno 1996 ha davvero trovato una via metodologica per esprimere la novità, l’originalità, il valore euristico e applicato del carisma dell’unità non solo nelle scienze sociali ma anche in altre discipline. Siamo veramente felici che il nostro messaggio sul valore metodologico del carisma dell’unità abbia trovato comprensione in così tanti centri accademici nel mondo che hanno conferito a Chiara Lubich delle lauree honoris causa. Il concetto del paradigma dell’unità è una grande ispirazione che inciterà le scienze sociali a costruire un proprio paradigma di ricerca con una forza e potenzialità mentale e metodologica da poter donare una nuova visione del mondo sociale. Pertanto il Congresso Conflicts, Dialogue and Culture of Unity analizzerà quanto la ricerca e la pratica ispirate dal paradigma dell’unità che è fondato sulla spiritualità dell’unità possono risolvere le questioni concettuali e applicate riguardanti la costruzione dell’integrazione sociale, economica e politica nell’Europa contemporanea e nel mondo». (altro…)
Dic 12, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
https://vimeo.com/148091366 (altro…)
Dic 12, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

Antonio Diana
(Foto Sergio Siano)
Fare impresa oggi non è certo ‘impresa’ facile. Specie a Caserta, un’area dell’Italia del sud, nota come “terra dei fuochi”, per i suoi roghi di rifiuti tossici. Eppure “una terra splendida – come l’ha definita mons. D’Alise in occasione della visita del Papa – sventrata e fatta deposito di rifiuti. C’è una disoccupazione che toglie il respiro, che strappa la speranza e mortifica le nuove generazioni…”. In dialogo con Antonio Diana, presidente di Erreplast , un’industria di questo territorio che si occupa di riciclo dei rifiuti: Come le è accaduto di trovarsi a capo di un’azienda di tutto rispetto come la sua? «Il 26 giugno ‘85, mio padre, Mario Diana, imprenditore, è caduto vittima innocente per mano della camorra, lasciando la nostra famiglia ad un bivio: costruire un futuro in territori più tranquilli, oppure continuare a testimoniare che la rinascita sociale, morale e culturale di questa terra è possibile. Insieme a tante persone oneste, dopo trent’anni possiamo dire di aver dato anche noi un modesto contributo per ridare speranza ai giovani e al territorio di questa provincia». Davvero si può fare impresa in modo etico in un contesto così problematico e per giunta in un settore ‘critico’ come quello dei rifiuti? «Si può, a patto di non adeguarsi alle consuetudini e di stare sul mercato senza scendere a compromessi. Anche se il rischio di apparire un folle è concreto. Oggi il gruppo è costituito da 5 aziende, oltre 160 persone, un volume di affari di circa 40 Ml€, 5 impianti industriali per il recupero e il riciclo di oltre 80.000 tonnellate/anno di rifiuti di imballaggi e da raccolta differenziata». Sappiamo che nei vostri programmi oltre a continue innovazioni del processo lavorativo, c’è una particolare attenzione all’ambiente, alla sostenibilità e al sociale … «Nel giugno 2013, accanto alle attività industriali, abbiamo creato una Fondazione intitolata a mio padre, con lo scopo di promuovere azioni orientate alla tutela dell’ambiente e del territorio, alla valorizzazione del patrimonio culturale, storico e artistico nazionale e locale, alla formazione dei giovani con progetti di collaborazione con le università». 
Antonio Diana
(Foto Sergio Siano)
Come riuscire a rimanere a galla nonostante la competitività? «Si sa che il cosiddetto ‘sommerso’, la contraffazione, i prestiti usurai, la corruzione, interferiscono con i meccanismi dell’economia di mercato alterando la concorrenza. Chi pratica l’illegalità ha certamente dei vantaggi in fatto di competitività, ma questi non generano un sistema industriale sano che è la struttura portante di un Paese avanzato. Ma mentre l’agire illegale a lungo andare opacizza la capacità di accrescere competenze e creatività, le buone pratiche della legalità portano a flessibilità, efficienza per il miglioramento della qualità dei processi e dei prodotti, continua ricerca di ridurre i costi. Fare progetti a lungo periodo, assumere e retribuire regolarmente, evitare gli sprechi, smaltire correttamente i propri rifiuti, sono tutti comportamenti che concorrono allo sviluppo globale e che, paradossalmente, permettono all’azienda di essere in concorrenza, in una vera economia di mercato». Due parole ancora sulle risorse umane? «Ho sempre cercato di creare un contesto aziendale (dalla ricerca dei collaboratori, alla struttura di governance) che coniugasse i risultati economici con la promozione sociale. Sono convinto che un’impresa ha innanzitutto bisogno di riscoprire, al suo interno ed a tutti i livelli, di essere essenzialmente una comunità di uomini in carne ed ossa, di persone che danno un senso a quello che fanno se riconoscono il contributo che stanno portando alla collettività. E ciò lo si raggiunge valorizzando la dignità del lavoro di ciascuno, nella trasparenza e nella condivisione dei progetti». (altro…)