Gen 1, 2024 | Spiritualità
Celebriamo oggi, 1 gennaio, la giornata mondiale della pace e, in questa occasione, proponiamo un pensiero di Igino Giordani (1894-1980) che ricorda come la vita nella pace consentirebbe di fare di ogni giorno un Natale.
Essendo dai più il Natale considerato come una grande festa tra le tante, più sontuosa che sacra, è bene tornare su alcuni degli aspetti tematici di questo evento, da cui la storia del mondo fu tagliata in due sezioni, una di prima, l’altra di dopo. (…)
C’è un contrasto abissale tra la nascita di un potente della terra, quale la sognava e realizzava il mondo antico, e la nascita oscura, ignorata di Gesù; un contrasto che già caratterizza l’originalità infinita di un Cristo-re che nasce da una povera donna, in una stalla. (…)
L’inizio della sua rivoluzione non prevede la superbia, ma l’umiltà per trarre al cielo i figli di Dio, a cominciare da quelli che mangiavano e dormivano sul terriccio: gli schiavi, i senza lavoro, i forestieri. (…) Nasce con quell’infante la libertà e l’amore: la sua libertà è libertà di amore. Questa la scoperta immensa.
L’amore universale da lui insegnato mira a disperdere un sistema di convivenza fatto in gran parte di prepotere politico, di abuso di autorità, di usura oziosa, di disprezzo del lavoro, di degradazione della donna, d’invidia corrosiva. (…)
La vita, nella pace, consentirebbe di fare di ogni giorno un Natale.
E questa è la rivoluzione di Cristo: farci rinascere continuamente contro la maledizione della morte. Perciò il massimo comandamento è di amare l’uomo; che è come amare Dio. Amare l’altro fino a dare la vita per lui.
(Igino Giordani in Città Nuova, 1974, n.24)
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Mar 28, 2019 | Cultura
Europe time to dialogue è un’iniziativa del Movimento dei Focolari, concepita per contribuire al dibattito in vista delle prossime elezioni del Parlamento Europeo. L’appuntamento è su Facebook. La scelta di un Social Network come Facebook è decisiva: gli ultimi grandi appuntamenti elettorali – ci dicono gli esperti – sono stati influenzati dalle incursioni nelle reti sociali di gruppi interessati ai risultati, spesso sollecitati da visioni incompatibili con le ragioni della democrazia. I Social, dunque, sono un territorio nel quale si deve essere presenti, se si vogliono offrire i temi del bene comune, della partecipazione e della solidarietà.
Con la campagna Europe time to dialogue si offriranno le ragioni di un Europa più fraterna e più coesa in tempi in cui, da molte parti, sembrano sorgere, invece, le nubi dei nuovi egoismi sociali, dei neo-sovranismi, dei nazionalismi. La cultura dell’unità che scaturisce dal carisma vissuto dai membri del Movimento dei Focolari è al servizio di una politica nella quale le spinte alla collaborazione, alla condivisione e all’aggregazione, sono favorite e incoraggiate. D’altronde, fra i grandi testimoni dell’Europa unita vi sono anche Chiara Lubich e Igino Giordani, i quali hanno sempre avuto chiaro che l’Europa unita doveva farsi promotrice della pace mondiale e della condivisione planetaria. “Gli Stati Uniti d’Europa per gli Stati Uniti del Mondo”: in questo modo, Giordani fin dagli anni Venti del secolo scorso, e Chiara Lubich nelle numerose circostanze nelle quali ha parlato ai politici di tutto il mondo, hanno intravisto con lucidità il destino del Vecchio Continente. Ecco perché la comunicazione di Europe time to dialogue si presenta con un duplice volto: un messaggio proveniente dal passato, cioè la citazione di qualcuno dei passaggi sull’Europa unita e la sua missione universale di figure come Chiara Lubich, Igino Giordani, Pasquale Foresi, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman, Paul-Henri Spaak, Jean Monnet…, e un commento d’attualità, sulla visione che scaturisce dal messaggio di questi grandi testimoni nella lettura dell’oggi. Per seguirci, basta collegarsi a Europe time to dialogue su Facebook, e contribuire con un commento, una riflessione, e condividere i post con tutti i propri amici.
Alberto Lo Presti
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Mag 18, 2018 | Centro internazionale, Spiritualità
«Maria, senza più Gesù in terra, convive con la Chiesa, in cui Gesù continua. Esternamente non appare madre di Gesù, scom¬parso alla vista; appare madre di Giovanni, in cui i discepoli di lui si figurano. E così Maria si vede in grembo alla Chiesa, nel cenacolo. Ivi, dal monte dell’uliveto, dove era avvenuta l’ascensione, ella si era recata col gruppo degli apostoli e dei discepoli, e le pie donne. E ivi gli apostoli «perseveravano concordi nella preghiera, assieme con le donne, e con Maria, madre di Gesù» (Atti, 1, 14). La prima Chiesa – dice san Luca – formava «un cuore solo e un’anima sola» e «non c’era nessuno che avesse bisogno»; c’era un’unica mensa. Perché tanta comunione che faceva di tutti uno? Perché c’era Maria e dunque lo Spirito Santo: e perciò sì realizzava l’ideale del Figlio e vi regnava il Padre. Era venuto il suo regno: c’era il Padre nostro dai cieli e il pane nostro quotidiano in terra. Si ripeteva il Magnificat e si svolgeva la diakonia, il servizio. La funzione di Maria -funzione di amore, e dunque di Spirito Santo, – era, ed è di unificare, accomunando beni celesti e beni terrestri; e così con¬correva a suscitare il corpo mistico di Cristo; così seguitava a generare al mondo Gesù; e in lui unificava e accomunava anime: le sistemava nella sapienza. È il modello di quel che deve essere la madre nella casa cristiana: cuore che unifica, mente che vivifica […] riaccendendo, ogni giorno, l’atmosfera del focolare, dove tutti si sentono uno: cellule d’un unico corpo. Consapevole di questa missione, che è partecipazione dell’opera di Cristo, la donna, – associata più d’ogni altra creatura all’opera della creazione -, più facilmente si volge al Creatore, e più teneramente si confida a Maria, mentre sull’esempio di lei conferisce all’intimità casalinga una purezza verginale con un calore materno, per cui si fa copia della Vergine Madre. Maria nel cenacolo rappresentava Gesù e quindi significava la dignità più alta, che sosteneva spiritual¬mente la preminenza giuridica di Pietro. Ma col suo contegno appariva l’anima che s’immedesima con la Chiesa, la fa sua, la vive come frutto benedetto del suo seno: persa in lei, nascosta, vera ancilla Domini. E questo è il sentimento con cui devono vivere la Chiesa, nella Chiesa, con la Chiesa, tutti i fedeli, anche i laici; ai quali così la Chiesa non apparirà più come qualcosa di estraneo, ma risulterà cosa loro, vita loro, centro della loro santità. Non occorre parlare o vestir abiti speciali; occorre viverne la santità. E primo frutto sarà la sua unità. Maria ispira «le forme tanto diverse dell’apostolato dei laici… Alle anime bramose di vivere più apertamente e più interamente la dottrina di Gesù, a quel¬le che ardono dal desiderio di farla conoscere agli altri, e in particolare ai loro compagni di lavoro, a chi vuoi ripristinare l’ordine della giustizia e della carità negli istituti sociali e portare nell’ordine temporale del¬la società un riverbero dell’armonia perfetta che unisce i figli di Dio, Maria ottiene la grazia dell’apostolato; ella pone Sulle loro labbra le parole che convincono senza urtare…» (Pio XII). Maria riformatrice sociale: modello di apostolato che convince; simbolo di carità, fonte di giustizia, a cui non pochi movimenti di laici guardano per concorrere a costituire l’unità, ideale testamento di Gesù, in un ordine “mariale” di cose, preparatorio del¬la città di Dio in terra; ella che già fu vista dai santi come la città di Dio». Igino Giordani, Maria modello perfetto, Città Nuova, Roma, 1967 2012, pp.150-152. (altro…)
Apr 18, 2018 | Centro internazionale, Spiritualità
20 aprile 1979 – Come ogni cristiano, il mio amore torna ogni istante al Signore e lo contempla con amore e timore. Talvolta però si prende delle confidenze: non reprime la sua vocazione allo scherzo. E stamane, alla Messa, mi è venuto di colpo al pensiero un invocazione: «Tu sei l’Onnipotente». E subito dopo la mia debolezza versaiola ha cercato una rima: «Io sono l’onniniente». Ma poi ho subito ricordato che, se sono niente, ricevendo Dio in me assumo un valore divino. 5 novembre 1979 – Mi viene spesso al pensiero la prossima fine della vita. Ma non viene nel buio e nella tristezza. Viene come una luce che mostra la grandezza e bellezza della vita e quindi del suo Autore, che non poteva essere padre più benevolo, più grande di così. Guardata in certi periodi l’esistenza è stata dura, cruda, desolata: la miseria, i lutti, le guerre, i tradimenti, le vanità…; ma contemplata nel suo insieme m’appare un prodigio – quasi una dimostrazione – della paternità di Dio: 86 anni di vita, pur con le ferite sempre presenti della guerra, e le lotte politiche, le difficoltà economiche, le incomprensioni subite e operate, le debolezze fisiche, ecc. Nel complesso mi appare come una sconfitta della morte, un’operazione utile e gioiosa, in cui mi è stato concesso di fare più bene che male e dove ho sperimentato commozioni straordinarie di successi, di amicizie, di viaggi, di elevazioni mistiche, di lezioni di sapienza e di fede. Non finisco di ringraziare l’elargitore di tanti beni, gratuitamente donatimi. Insomma, pur con le ombre e i lutti, la vita per me è stata bella, un dono degno del Creatore: e questa constatazione ragionata e verificata quotidianamente mi dimostra la verità della fede religiosa, da cui fu sempre illuminata e per cui ho voluto – o ho cercato – sempre di viverla. Davvero, la vita è bella, e la sua bellezza comprova l’assurdità della politica e della condotta personale di chi ha lavorato per farla brutta (guerre, concussioni, terrore, sfruttamento, edonismo, avarizia, lussuria) e tutte le deformazioni e lacerazioni inventate dalla stupidità, che è l’intelligenza del Nemico dell’uomo. Fonte: Igino Giordani, Diario di fuoco, Città Nuova, Roma, 2005 (1980), pp.238-240. Brochure: nella ricorrenza della sua morte, il Centro a lui intitolato ha pubblicato una brochure per diffondere e approfondire la conoscenza di Igino Giordani e del suo percorso storico e spirituale. Per informazioni: info@iginogiordani.info Giordani su Facebook (altro…)
Dic 2, 2017 | Centro internazionale, Spiritualità
Essendo dai più il Natale considerato come una grande festa tra le tante, più sontuosa che sacra, è bene tornare su alcuni degli aspetti tematici di questo evento, da cui la storia del mondo fu tagliata in due sezioni, una di prima, l’altra di dopo. Data l’importanza infinita di tale evento, uno se lo sarebbe aspettato tra pompe, trionfi, suoni e spari, con manifestazioni di potenza e afflusso di milioni di curiosi. C’è un contrasto abissale tra la nascita di un potente della terra, quale la sognava e realizzava il mondo antico, e la nascita oscura, ignorata di Gesù; un contrasto che già caratterizza l’originalità infinita di un Cristo-re che nasce da una povera donna, in una stalla. Non risulta davvero un Dio e neppure il più fastoso degli uomini, ma l’ultimo di essi, messo subito sul livello della degradazione più paurosa. Si presenta sullo strato socialmente più basso, per mettersi subito in grado di poter vedere da terra tutti gli esseri umani, di poter vedere con gli occhi dei miserabili. L’inizio della sua rivoluzione non prevede la superbia, ma l’umiltà per trarre al cielo i figli di Dio, a cominciare da quelli che mangiavano e dormivano sul terriccio: gli schiavi, i senza lavoro, i forestieri: la feccia. Nasce con quell’infante la libertà e l’amore: la sua libertà è libertà di amore. Questa la scoperta immensa. L’amore universale da lui insegnato mira a disperdere un sistema di convivenza fatto in gran parte di prepotere politico, di abuso di autorità, di usura oziosa, di disprezzo del lavoro, di degradazione della donna, d’invidia corrosiva. Logicamente per le persone innestate in tal sistema quell’annunzio è una follia: roba da galera e da patibolo. Beati i poveri e quelli che si fanno poveri per aiutare i miseri… Figurarsi le furie di costoro per i quali il denaro era il bene sommo… «Fu detto agli antichi: non ucciderai. Ma io vi dico: chiunque si adira contro il suo fratello sarà passibile di giudizio…». La massima apparve e appare tuttora lesiva dell’onore degli armigeri e delle industrie belliche; mentre non odiarsi col fratello equivale a por fine a risse, fazioni, violenze. La massima renderebbe la società una coabitazione pacifica, dove invece di urlare e sparare, la gente riderebbe e mangerebbe. La vita, nella pace, consentirebbe di fare di ogni giorno un Natale. E questa è la rivoluzione di Cristo: farci rinascere continuamente contro la maledizione della morte. Perciò il massimo comandamento è di amare l’uomo; che è come amare Dio. Amare l’altro fino a dare la vita per lui. Questo in breve il significato del Natale: revisione del passato, fine delle guerre, delle passioni turpi, dell’avarizia; inizio dell’amore universale, che non ammette divisioni di razza, casta, classe, politica… Con la sua vita e la sua morte Gesù predica e insegna la vita. Perciò il Natale si può celebrare anche col panettone, se aiuta a suscitar l’amore; ma si celebra soprattutto con la riconciliazione, che mette fine alle malattie dello spirito e dà salute. Si celebra in gratitudine al Signore e a Maria, che han patito per insegnarci e aiutarci a metter fine al nostro patire. Igino Giordani, Il Natale come rivoluzione, Città Nuova, Roma 1974, n.24, p.18 (altro…)