Nov 4, 2017 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
La pace è scienza, è civiltà, è luce: come la guerra è ignoranza, è istinto è buio. Aspettarsi, come s’è fatto, dalla carneficina una civiltà migliore, cioè dal bene il male, dal nero il bianco, è lo stesso che pretendere dalla ghigliottina il miglioramento pedagogico delle teste che recide. La scienza, volta ad escogitare strumenti di eccidio, renderà la prossima guerra di una efferatezza raffinata, metodica, squisitamente stupida. La paura regola i vicendevoli rapporti degli uomini. Sotto gli stimoli della paura paesi stremati tengono in piedi eserciti sproporzionatamente grandi e costosi […]. Ci sarebbe una soluzione: sostituire alla paura vicendevole la fiducia reciproca, alla diffidenza l’amicizia. Ma la soluzione è troppo … facile: perciò così difficile. E getterebbe sul lastrico varie oligarchie. Ai giovinetti impulsivi e saccenti, ai deputati e uomini pubblici, ai giornalisti improvvisati e ai roditori di banca, alle signorine insipide e alle zitelle dei comitati, a tutti gli speculatori alti e bassi, ai generali e ai professori, che sostengono la guerra … io imporrei un rimedio per rinsavire: li caccerei per dieci minuti in una trincea sotto un bombardamento debilitante, ossessionante, in cui la ragione si smarrisca e tutta la natura si ribelli – se uno ne esce sano capirà la guerra e la maledirà. Questa onorata società di ministri, deputati, giornalisti che spiegano a noi che la facemmo il significato della guerra, dovrebbe capire una buona volta che quelle disquisizioni a noi danno il senso della nausea; noi vogliamo dimenticare … Noi vogliamo la pace, la serenità e vogliamo che la violenza a cui si scatenarono si plachi. Si chiede troppo? Igino Giordani, da “Rivolta Cattolica”, Edizioni Gobettiane, 2016, Roma, pp.10-13 Centro Igino Giordani (altro…)
Ago 13, 2017 | Centro internazionale, Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Igino Giordani trattava i giovani con quell’amore che scaturisce dall’unità fra le generazioni. Era un fratello per chiunque, per i piccoli e per i grandi, giacché la fraternità ci raccoglie in uno, al cospetto dell’unico Padre: «Gesù usò le espressioni più vive per affermare questa sua intima fraternità con gli uomini. Si può immaginare quanto amasse sua madre e i suoi cugini, compagni della sua infanzia e confidenti della sua gioventù. Pure, una volta che gli vennero annunziati mentre insegnava, rispose: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? – E stendendo la mano verso i discepoli, disse: – Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; chiunque fa la volontà di mio Padre, che è nei cieli, è mio fratello e mia sorella e mia madre” (Mt 12, 48-50). Il significato della risposta è ovvio: chiunque accetta la paternità di Dio, che è l’oggetto della predicazione evangelica, entra a far parte della famiglia di Gesù, diventa fratello, sorella, madre di Lui. Il cristianesimo imparenta con Cristo e, per lui, con Dio, col primo grado di parentela, che è la fraternità». [da: Igino Giordani, Il messaggio sociale del cristianesimo, 2001, p. 87] Paragonava l’unità delle generazioni alla guida di una macchina: la gioventù è come un motore, l’anzianità è la guida prudente; tutte e due indispensabili per arrivare ad una meta! Tra i numerosi suoi corrispondenti, nel 1979, un anno prima di morire, troviamo un bambino di 9 anni sopranominato Sandokan, che stabilisce un rapporto profondo con Igino e lo chiama “nonnetto, col cuore di un gen”: «Caro nonnino, da quando so che sei ammalato cerco di pregare di più per te. Oggi con la mamma e papà abbiamo chiesto al sacerdote di ricordarti nella Messa e a Gesù nel mio cuore ho chiesto di aiutarti e di starti vicino in questo momento. Ricordo che in una lettera ti ho scritto che sarei venuto a casa tua, ma non ho potuto, l’importante però è averti nel mio cuore e io nel tuo. Quando avrai lasciato tutti noi puoi salutarci Gesù? Sai a me dispiace che tu vada perché ti voglio tanto bene, però sono contento che tu possa vedere Gesù che è stato tutto per te. Un grosso bacione dal tuo Sandokan». «Carissimo Sandokan, detto Ferdinando, ti ricordo benissimo: siamo tu e io figli dello stesso Padre, Gesù. E io passo le giornate accanto a te, senza badare se viviamo lontano. Papà ti ha spiegato bene: sono un nonnetto, col cuore di un gen. Perciò siamo coetanei e fratellini. Giusto salutami tanto i tuoi fratellini, figli anche loro di Gesù; e amali come ami mamma e papà e come ami Gesù… Un bacetto sul nasino dal tuo nonnino». Nella panchina del Centro Mariapoli, centro per i Congressi del Movimento dei Focolari, i giovani gli si affollavano attorno, cantando e danzando, si intrattenevano in colloqui intimi: ciascuno si sentiva amato e stringeva con lui il patto di seguire e vivere l’Ideale dell’unità proposto da Chiara Lubich. Giordani annota uno di questi incontri gioiosi nel suo Diario: «Pur senza voce, oggi, mi han pregato di parlare alla scuola dei gen e delle gen: trecento persone. Ho improvvisato, parlando di varie cose, ma polarizzandole attorno al mistero d’amore, in cui agisce la triade: Dio-Fratello-Io. Un entusiasmo, abbellito da canti, è esploso tra le gen e i gen, a dimostrazione della gioia e dell’unità di tutti i presenti». [da: Diario di fuoco, 25 aprile 1979]. (altro…)
Mag 14, 2017 | Centro internazionale, Spiritualità
«Come madre Maria fu una madre esemplare; e perciò divenne e resta modello della maternità. Non solo fu degna della divinità del Figlio, alla quale del suo cuore fece tempio, ma fu degna anche della umanità di lui: sicché, se egli fu, non solo uomo, ma l’Uomo nella perfezione, ella fu, non solo una donna, ma la Donna, che visse in sé unitariamente la doppia vita, cioè l’intera vita, umana e divina: tutta per Iddio e tutta per il Figlio e, attraverso lui, per l’umanità. Insegnò così e insegna come si debba vivere armoniosamente la vita dello spirito e quella della carne, in santità e castità, facendo di questa una custodia di quella. La doppia vita incluse sopra tutto le gioie della divinità – l’amore dello Sposo, lo Spirito Santo -, e le sofferenze dell’umanità, – privazioni, maldicenze, persecuzioni e infine l’assassinio sulla croce. Da Maria le madri in particolare, e le donne in genere, o meglio tutti gli esseri razionali, hanno da apprendere questa integralità, per la quale l’esistenza è piena: ché, se si trascura l’elemento spirituale o si trascura l’elemento materiale, si cade in difetto o verso l’umanità o verso la divinità. Maria prese e armonizzò, nella giusta gradazione gerarchica, a mo’ dell’uomo-Dio, la doppia realtà: fu vergine e fu madre; e risolse sempre il dolore in amore. Fu la donna forte: perché Dio era con lei. Divinamente forte. Su un tale modello si foggiarono milioni di creature, sopra tutto madri, le quali, appunto, perché con Maria si ritemprano in Dio, facendosi serve della volontà di lui, non danno in smania a ogni stormir di fronda, come donne vacue: vacue (vuote) di Spirito Santo. «Se Dio è con noi, chi contro di noi?». Il motto piacque assai alla santa Cabrini, modellata su Maria Vergine Madre, come piacque a migliaia di martiri illustri e a milioni di vittime ignote della miseria, della persecuzione, della guerra, della disgrazia: donne e uomini umili che chiusero e chiudono vigorosamente nel cuore la loro pena, guardando Maria. La quale così fu e resta fonte di energia: madre di un amore più forte della morte. Madre di Gesù e madre di tutti: e maestra. San Bernardo c’insegna che Dio ha voluto che noi avessimo ogni cosa per le mani di Maria: Maria, madre delle grazie e della misericordia. Si dirà: ma il mediatore delle grazie è Gesù. Vero: però Gesù è il fratello nostro, carne nostra, fatto tale da Maria: e rivolgersi a lui pel tramite di Maria è interporre tra lui, offeso, e noi, offensori, la madre. Si inizia così una catena per cui Maria ascolta il peccatore. Gesù ascolta Maria, il Padre ascolta Gesù: e circola nella relazione lo Spirito Santo. Gesù venne a noi per mezzo di Maria: noi andiamo a Gesù per lo stesso tramite; quasi alveo, per il quale la vita transita da Dio agli uomini e ritorna dagli uomini a Dio. Il cristiano fa valere, per le labbra della Madre, questa sua fraternità con Cristo: questa sua parentela con Dio. – Mater Dei et mater mei – invocava ingenuamente la pietà medievale; e cioè: – Madre di Dio e madre di me! – Pensiero che anche Silvio Pellico (1) tradusse in versi: Consolatrice Vergine, dei tribolati speme, sei madre nostra e insieme sei madre al Salvator! E dunque per Maria la convivenza si fa circuito familiare, dove circola la vita di Dio». Da Igino Giordani, Maria modello perfetto, Città Nuova, Roma, (1967) 2012, pp. 81-85, 108-109. (1) Scrittore, poeta e patriota italiano, nato nel 1789 e morto nel 1854, noto soprattutto come autore de “Le mie prigioni”. (altro…)
Apr 18, 2017 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Spiritualità
3 novembre 1955 Se la storia universale è un quinto Evangelo per l’umanità, la vicenda personale è la stessa cosa per ciascuno. Vista da Dio essa appare un disegno per riportarci dalla dispersione all’unità con Lui. Si vede allora come il distacco di persone care e la perdita di onori e posizioni siano uno sgombero di fattori umani per lasciarti solo col Solo. E allora ogni giornata assume il valore di un’avventura divina, se è servita a farti salire lungo il raggio solo – il raggio tuo – che si collega al Sole di Dio. Si dice una marcia verso la morte: ed è un progresso verso la libertà, in cima a cui ti aspetta il Padre: quindi una marcia verso la vita, che non ha mai fine. 19 dicembre 1956 La Sapienza cristiana, nel chiederci di rinunziare a noi stessi, non ci chiede una rinunzia, ma un acquisto. Accende, al posto delle ambizioni umane, un’ambizione divina. Ci suggerisce di metter Dio al posto del nostro Io; e cioè di sollevarci dal piano umano al livello divino, di fare società con la Trinità. E’ un’umiltà che opera una grandezza sterminata. Ecco perché poi, da quella vetta, il mondo appare gramo, e le ricchezze appaiono pula e le grandezze diventano rena. Rinunziare dunque a noi, per essere sempre con Dio: trasferire l’Eterno nel tempo, far della terra il Paradiso. Allora il dolore è materia prima di grandezza: la croce una scala all’Eterno Padre. 26 dicembre 1956 La vita è un’occasione unica dataci per amare. 16 ottobre 1959 Come reazione all’individualismo oggi si coltiva la vita comunitaria e si dà alla socialità un posto centrale nello studio e nell’educazione. E’ un movimento che aiuta a menarci verso il fratello e ci induce a fare la scalata verso Dio in unione, in cordata. Ma esso contiene anche un pericolo: che a furia di stare coi fratelli ci si scordi di stare con Dio. Il fratello vale come Ianua coeli: ma se dietro di Lui non si vede il Padre, si rischia di sostituire alla desolazione dell’individualismo la desolazione del gruppismo. Chi ci fa compagnia è il Padre: chi ci assiste e vivifica è Lui. Ecco perché con le delusioni che piovono ogni giorno dalla convivenza umana Egli ci ricorda che c’è pure una convivenza divina: o meglio che la comunione c’è se dal fratello si passa al Padre e dal Padre si torna al fratello. Igino Giordani (altro…)
Dic 11, 2016 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Per gli antichi Cristo voleva dire re. Ma Cristo fu un re fuori dello schema accettato: chè nacque in una stalla da una figlia di contadini, tra bestiame e pastori. Dove gli altri sovrani incombevano dall’alto,calando da troni e talami, per dominare, egli venne dal basso – dallo strato ultimo per servire: sotto a tutti per essere il servo universale. E in questo servizio fece consistere la sua regalità. Tutto è semplice e incantevole, come un idillio, in questa nascita di un bambino nel cuore della notte ventosa – nel cuore della notte dei tempi -; e tutto è insieme tragico e rivoluzionario: poiché questa nascita prelude a un patibolo. Questo figlio di re, questo figlio di Dio, viene fuori tra umili creature, in un rifugio di fortuna, a mò di profugo respinto dalla gente quattrinosa e ignorato da quella miserabile: e dal nulla muove la rivoluzione. Quando apparve il Salvatore, una grande luce rischiarò la notte. Resta la notte, ma resta anche la luce, e nel cristianesimo è sempre Natale. E Natale porta tra le lagrime la gioia, perfino oggi. Disceso Dio tra noi, noi risaliamo a Dio; Egli si umanizza e noi ci divinizziamo; il punto d’incontro è il cuore di Lui. Gesù nacque in una stalla, per dimostrarci che può nascere anche nel cuore nostro, che è un locale talora non meno sordido. E quando nasce nel cuore nostro, come sulla grotta si levano a cantare gli angeli, splende nella notte la luna e piove in terra la pace. E così in certo modo il Verbo – la ragione – s’incarna fra noi oggi, e può trasformare una stalla in un vestibolo di Paradiso. Igino Giordani Le Feste S.E.I. (1954) pp. 36-42 (altro…)