9 Gen 2016 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Nei giorni precedenti il Natale siamo andate a Gostilya, un villaggio a nord della Bulgaria, per trovare alcuni amici che negli ultimi anni sono venuti a Sofia per le Mariapoli. Volevamo dimostrare la nostra riconoscenza ed affetto, andandoli a visitare nel posto dove vivono». È il racconto di M. Lucia, Majda, Julia e Ildiko, originarie di Italia, Slovenia, Germania e Romania e che attualmente compongono l’unico centro del Movimento dei Focolari in Bulgaria. «Non ci aspettavamo di trovare un paesino quasi morto», continuano. Dei 1.500 abitanti agli inizi degli anni ’90, infatti, ora sono appena un centinaio a causa della forte emigrazione. I ragazzi sono una ventina. Hanno chiuso la scuola, l’asilo, la biblioteca e altri luoghi pubblici. La chiesa cattolica è stata riaperta da 3 anni, da quando è stato ordinato un anziano diacono che vive la spiritualità dell’unità.
«Avevamo preparato una tombola con regali per tutti e portato in dono la statuetta di Gesù Bambino in gesso realizzata dai bambini. Non potevamo immaginarci che la loro gioia sarebbe stata così grande: erano grati che qualcuno fosse venuto da loro. Sono arrivate anche una famiglia che abita a 30 km di distanza, e altre persone a quasi 3 ore di macchina. Il Sindaco ci ha volute suoi ospiti e ci ha fatto fare una “visita guidata” del paesino». «Tutti facevano a gara per donarci qualcosa: una anziana signora, molto povera e malata, che non è potuta venire all’incontro, ha fatto una focaccia dolce per la colazione. Prima di partire, siamo passati da casa sua per ringraziarla e regalarle un Gesù Bambino. Commossa, ha ascoltato i nostri canti di Natale sulla porta. E ancora abbiamo ricevuto un pollo enorme per il pranzo di Natale, barattoli di miele e altre conserve fatte in casa “ecologicamente pulite” – come hanno tenuto a precisare».
Dopo Gostilya, è la volta dell’estrema periferia della capitale bulgara. A Sofia, il 24 dicembre, le focolarine fanno visita ad una famiglia rom con 7 bambini. Li conoscono da anni, e cercano di aiutarli come possono. Una di loro, Majda, li ha preparati al battesimo e un’altra ha fatto da madrina. A sottolineare l’amore e la stima, la mamma ha voluto chiamare l’ultima figlia Majda, un nome sloveno, che non c’è in Bulgaria. Julia, che lavora invece in una scuola tedesca, ha parlato di questa famiglia ai suoi colleghi, che hanno voluto donare vestiti, generi alimentari e giocattoli. «Abbiamo potuto preparare così dei regali personalizzati per ciascuno – raccontano -. Un’insegnante ha voluto che venissero con noi i suoi tre figli (di 8, 11 e 13 anni), per accostarsi ad una realtà diversa da quella a cui sono abituati. Sostenuti da tutta questa solidarietà, siamo partiti per Botunetz, il nome del sobborgo in cui vive la nostra famiglia. Avevamo comprato un piccolo albero di Natale, per adornarlo insieme. La mamma aveva pulito la casa e vestito bene i bambini, ma c’era tanta umidità e freddo e muffa. Siamo stati da loro alcune ore, preparando l’albero, cantando canzoni di Natale, colorando disegni del presepe, aprendo i regali. Tutti erano felici e c’era fra noi l’aria di un vero Natale». È stato così anche alla tradizionale Messa nelle carceri di Sofia, dove un gruppo del Movimento dei Focolari va ogni anno insieme con le Suore di Madre Teresa; e per la festa in un club di pensionati… Un Natale in cui, per chi racconta, è stato possibile sperimentare una condivisione, all’insegna della gioia, della sobrietà e della solidarietà. Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
25 Nov 2015 | Chiesa, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Taung forma un’unica diocesi con Kimberley, famosa per la sua antica e non più attiva miniera di diamanti. Visitatori di tutto il mondo scelgono Kimberley per ammirare il suo Big Hole, l’enorme ‘buco’ rimasto dopo gli scavi, nel quale, vincendo scoscesi dirupi, i più coraggiosi si immergono per un bagno d’eccezione. Ma anche Taung vanta un suo primato. Nel 1924, proprio lì è stato ritrovato un fossile di un cranio infantile risalente a 2,3 milioni di anni fa, una scoperta importantissima per studiosi e ricercatori, nota come il Bambino di Taung. Il 24 ottobre, però, la festa non era di carattere geologico-culturale.Da città e villaggi sono giunti a Taung in 4.000, per festeggiare il 120° anniversario dell’arrivo della chiesa cattolica tra il popolo Tswana del Sud Africa. Il superiore degli Oblati e il vescovo locale hanno fatto gli onori di casa. C’era anche il vescovo di Klerksdorp e una cinquantina fra sacerdoti e religiosi. In rappresentanza del governo è intervenuto il ministro della cultura della provincia. Era presente anche il Kgosi, il capo tradizionale che rappresenta il popolo Tswana – circa 300 mila persone – che vive nei villaggi di Taung. Nella celebrazione è stato dato ampio rilievo alle attività della missione, specialmente quelle portate avanti dai tre membri che vivono nella comunità del Focolare: il camerunese Dominic, Chris che è tedesco e Moris venuto dal Kenya. Ognuno di essi ha un ruolo chiave nella missione. Dominic, che è sacerdote, svolge la funzione di viceparroco. Essendo lì da non molto tempo, la lingua Tswana è ancora una sfida per lui, così, al momento dell’omelia, si fa aiutare da Rapelang, un papà di famiglia che ha fatto propria la spiritualità del Focolare e ben volentieri si presta a dare voce al suo pensiero completandolo poi con proprie esperienze di vangelo vissuto.
Chris ha affidato la scuola professionale che dura un biennio e che abilita di volta in volta una trentina di bravi e promettenti falegnami. Si tratta di giovani che per vari motivi hanno dovuto lasciare la scuola pubblica e ai quali viene offerta una seconda chance con una professione.
Moris è preside della scuola primaria che conta 550 alunni. È impressionante, al mattino, vedere questa moltitudine di bambini e adolescenti mettersi in fila per l’ispezione, a cura degli stessi alunni preposti, di volta in volta, a verificarne l’igiene e l’uniforme. È una scuola che oltre a formare professionalmente offre una preparazione spirituale e morale per la vita. Per i suoi programmi innovativi e per lo stile d’insegnamento incentrato sui valori, è considerata una scuola di eccellenza, frequentata non soltanto dai figli di cattolici, ma anche da quelli di famiglie protestanti (che rappresentano ca. il 30% della popolazione sudafricana), con le quali il dialogo ecumenico è sempre aperto e costruttivo. Dalle scuole cattoliche della Missione, nei 100 anni di attività, sono usciti donne e uomini di alta statura umana e professionale che si sono impegnati in posti chiave della società. (altro…)
1 Dic 2014 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Domenica 22 novembre. È pomeriggio. Suona il campanello al focolare di Kinshasa. Davanti alla porta si ferma una macchina imponente – scrive Edi -. Vediamo uscire una signora impegnata in uno dei partiti politici più importanti del governo congolese. La donna scende accompagnata dalla sua guardia del corpo e porta con sé un grande pacco. Gioiamo al vedere che si tratta di Georgine, ex-deputata, tuttora impegnata in politica e che ora si occupa di mamme indigenti. L’abbiamo conosciuta da poco. Il pacco pesante che porta in mano è pieno di panie congolesi, un tessuto tipico dal quale si cuciono i vestiti tradizionali sia per donna che per uomo. “Ho voluto venire a trovarvi – ci dice –, perché ho saputo che avete perso una valigia… Ecco, con questi panie potrete rifarvi nuovi vestiti”. La donna condivide delle panie di alto valore, corrispondenti almeno a due salari mensili, sufficienti per noi e per altri. Alcuni giorni fa una di noi, ritornando da un convegno a Roma, aveva perso il bagaglio a mano all’interno dell’aereo. La valigia conteneva non solo i suoi vestiti, ma anche la “comunione di beni” che aveva raccolto in Italia per i poveri; un fatto che ci aveva procurato tanto dolore. Rimaniamo quindi sbalordite e in Focolare si scatena una danza spontanea intorno alla signora! Ma come mai questo gesto di una persona che solo da poco ci conosce?».
Era successo questo: andando a Messa la mattina, la signora aveva notato che una di loro, anziché togliere la polvere solo dal suo banco, spolverava anche gli altri senza che nessuno glielo chiedesse. Si era incuriosita e aveva voluto conoscere la vita di queste giovani rimanendo impressionata. «Dopo aver danzato intorno a lei, per ringraziarla – scrivono – Georgine ci spiega il motivo del suo gesto: “Volevo rendere grazie al nostro Dio per voi e condividere la gioia che ho in cuore perché ci siete! Colui che avete seguito non dimentica le sue figlie. In questo mondo di tenebre dove regnano le forze del male, voi vivete come agnelli in mezzo ai lupi. Non è facile vivere in mezzo al mondo ed essere donate a Lui. Ma abbiate coraggio, siete luce per il mondo”. Siamo, allora, andate insieme nella nostra piccola cappella per ringraziare il Signore». Dal Focolare di Kinshasa (altro…)
30 Ago 2014 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Arrivare in Terra Santa a fine luglio, con notizie drammatiche sui telegiornali, è stata, come qualcuno l’ha definita, “un’autentica pazzia”. Questo del ‘focolare temporaneo’, cioè un Focolare di un mese nella Palestina, era un progetto partito in primavera, quando sembrava tutto calmo. Poi, poche settimane prima della partenza, la situazione è precipitata: “Che fare?”, ci siamo chiesti e subito la risposta:“È questo il momento più opportuno per andare e testimoniare che l’amore è più forte della paura”. Sicuramente la presenza dei Focolari presenti nel territorio, da decenni ormai, era ed è la nostra sicurezza. Perciò, il 30 luglio ci siamo insediati a Betlemme, in un piccolo appartamento. Risvegliarsi nella città dove è nato Gesù, è stata un’impressione forte. “È un sogno?”, ci siamo domandati. Abbiamo presto iniziato con le visite alle famiglie, sacerdoti, giovani: tutti sorpresi e felici di vedere che due focolarini dall’Italia erano davvero arrivati ed uno da Gerusalemme si era unito a loro. Ci sono stati anche alcuni appuntamenti forti, come la Mariapoli a Nazareth, che ha avuto un bel numero di partecipanti (nonostante la situazione), con una lettera e delle foto arrivate dai nostri residenti a Gaza che non potevano essere fisicamente presenti. Poi l’8 agosto, nel pieno dei combattimenti, un incontro interreligioso a Gerusalemme, con arabi cristiani ed amici ebrei e musulmani insieme: lo scopo era pregare e chiedere la pace. Un’ora di ‘luce intensa’ nella notte della guerra, con momenti intensi ed emotivi. Un rabbino ha sorpreso tutti con una commovente preghiera per i bambini di Gaza. In tutto circa 80 partecipanti. Un piccolo miracolo, data la situazione.
Ci sentiamo profondamente cambiati per tre aspetti: il dolore, l’amore e la preghiera. Il primo è il dolore per le storie che i nostri ci raccontano: le aspirazioni ad uno Stato, quelle di una pace vera e duratura; dall’acqua, alla libertà di movimento, ad un futuro migliore per i propri figli e, soprattutto, l’aspirazione a vivere in armonia ed in pace con tutti i vicini. Il secondo elemento è l’amore: quanto amore abbiamo ricevuto in queste tre settimane! Molto più di quanto abbiamo dato. E il terzo, la preghiera: momenti lunghi, a volte anche giorni interi passati in silenzio a pregare per tutti: per chi muore e per chi spara; e preghiera affinché arrivi perdono reciproco in questa terra imbevuta di sangue. La caratteristica di tutta l’esperienza è stata vivere in mezzo alla gente, mescolati tra tutti. Non un comodo appartamento nella grande città: abbiamo imparato a razionare l’acqua che scarseggia, per esempio. Questa è praticamente la vita dei palestinesi. Volevamo e stiamo provando cosa significhi passare i check-point; cosa significhi sorridere e salutare ad un soldato con un mitra in spalla; oppure essere gentile con una nonna che, sotto il sole, cerca di vendere piantine di menta. In tutto questo abbiamo sperimentato la presenza di Dio. E Dio, in Terra Santa, lo senti camminare fianco a fianco a te ancora una volta, per queste strade. Un’esperienza vissuta insieme a quelli che sono qui per contribuire a realizzare il sogno di Gesù: ‘che tutti siano una cosa sola’ (Gv 17,21). Quella preghiera per cui Chiara Lubich ha dato la sua vita. Un giorno arriverà il mondo unito anche in Terra Santa: sarà il mondo del perdono reciproco, la vera acqua che disseterà questa sete di pace. E quel giorno, noi tutti insieme, dobbiamo essere qui per continuare ad amare». Luigi Butori (Italia) (altro…)
7 Mar 2014 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Sociale, Spiritualità
«Lo scorso 23 febbraio – scrivono i focolarini –, assieme ad una rappresentanza della comunità e con la presenza dell’arcivescovo mons. Wilson Tadeu Jönck, abbiamo fatto una semplice e fraterna cerimonia per ufficializzare il trasferimento del focolare maschile alla favela del Morro Mont Serrat, nella periferia della città. L’arcivescovo ha benedetto il nuovo focolare ed ha celebrato la messa nella cappella della comunità locale, concelebrata da Don Vilson Groh, sacerdote volontario del Movimento, auspicando che la vita dei focolarini “sia una testimonianza di santità così come Dio è santo”». Nei presenti si sentiva la gioia di camminare insieme alla Chiesa oggi, che attraverso papa Francesco «continua ad invitarci ad andare incontro all’umanità – aggiunge Keles Lima – vicino alle persone, specialmente quelle più povere”».
«È proprio il carisma dell’unità – afferma Lucival Silva –, che ci fa sentire l’importanza di esserci per dare il nostro contributo, insieme a tutte le forze che già lavorano nella Chiesa locale e nel Morro, cercando di essere costruttori di “ponti” che uniscono le persone delle diverse classi sociali, separate spesso dalle mura dell’indifferenza». Contagiava la gioia presente negli occhi dei focolarini coinvolti in quest’avventura e anche della comunità locale del Movimento. Era come riprendersi un pezzo di storia dei Focolari, quando Chiara Lubich con il primo gruppo a Trento ha cominciato dai poveri, fino a capire che «tutte le persone sono candidate all’unità». Don Vilson Groh è da anni che abita e lavora nel Morro portando avanti una rete di iniziative in collaborazione con la società civile, la pubblica amministrazione e il mondo imprenditoriale; azioni finalizzate ad aprire nuove prospettive di vita ai giovani. Francisco Sebok, lavora con lui in uno di questi progetti in un quartiere dominato dal traffico delle droghe. Fabrizio Lucisano già lavora da qualche tempo come medico di famiglia nel Morro; e Keles ha cominciato a lavorare come insegnante nella scuola elementare locale. Completano la squadra dei focolarini due sposati, Miguel Becker e Arion Góes.
La casa presa in affitto è modesta, non stona con le altre circostanti. «È piaciuta a tutti – dice gioioso Francisco –; infatti, anche se con pochi mezzi, abbiamo cercato di arredarla con buon gusto. Al momento ha 2 stanze, una sala, una cucina ed un bagno. «Siamo coscienti che non risolveremo il problema sociale del Brasile né di una città – afferma Lucival –, e neanche di questa favela; ma questa esperienza può essere un segnale del nostro Movimento alla Chiesa e alla società, per dire che noi vogliamo camminare insieme a tutti, ricchi e poveri, per contribuire a realizzare il testamento di Gesù “che tutti siano uno”». «Nel 1993 – ricorda Fabrizio –, Chiara Lubich aveva dato al focolare maschile di Florianópolis il nome di “Emmaus”, e lei stessa scriveva: “Dove Gesù era tra i discepoli, simbolo di Gesù in mezzo, che illuminava le scritture….”. Abbiamo voluto mettere questo augurio di Chiara all’entrata del focolare per ricordarcelo sempre». (altro…)