Set 23, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Da giovedì 17 settembre – giorno del colpo di stato – siamo tutti a casa: scuole, uffici, negozi, tutto chiuso. Scarseggiano la benzina e i viveri, e se riesci a trovare qualcosa, i prezzi sono raddoppiati”, spiega Aurora De Oliveira del Focolare di Bobo-Dioulasso, seconda città del Burkina Faso. Lì la protesta si sente, ma non così forte come nella capitale Ouagadougou (1.500.000 ab.), teatro delle principali vicende dell’ultima settimana dove ci sono stati più di cento feriti e almeno dieci morti. “È una popolazione determinata che non vuole più essere soggiogata. Nelle grandi città del Burkina Faso hanno tutti manifestato, però nella pace. C’è anche tanta paura, non bisogna negarlo, perché la guerra può esplodere da un momento all’altro”. “Le attività a Ouaga – dove è entrato l’esercito – sono rallentate”, scrive Jacques Sawadogo, della comunità dei Focolari nella capitale. “Banche, negozi, stazioni sono chiusi. Vanno avanti piccole attività di sussistenza. Come membri del Movimento a Ouagadougou, cerchiamo di rimanere in contatto, via email o telefonicamente. Cerchiamo di essere artigiani di pace nelle azioni e nelle parole”. Raggiungiamo telefonicamente anche padre Sylvestre Sanou, vicario generale della diocesi di Bobo-Dioulasso. La situazione è in continua evoluzione e si teme che possa degenerare. “C’è sciopero generale in tutto il Paese – spiega p. Sylvestre – In realtà non si è trattato di un vero e proprio colpo di stato, ma dell’irrompere di un piccolo gruppo della Guardia Presidenziale, guidato dal generale Gilbert Diendéré, vicino all’ex presidente Blaise Compaoré, salito al potere con un colpo di stato nell’ottobre 1987 e costretto a fuggire dopo 27 anni, solo nell’ottobre 2014, dopo giorni di protesta popolare. Da allora è rifugiato in Costa d’Avorio. “Il generale Diendéré ha tentato di negoziare la sua immunità, da quanto si capisce, dopo aver agito per tanti anni come mano destra del presidente Compaoré”. Non si tratta dunque di conflitti religiosi, tra musulmani (50%), cristiani (30%) o religioni tradizionali (20%) ma di natura politica. “L’esercito sembra prendere posizione a favore della popolazione, e anche i governatori delle diverse regioni sono contrari al “golpe”; persino nel paese natale di Diendéré è stata bruciata la sua casa. Violenza chiama violenza”, continua p. Sylvestre. “Il 22 settembre siamo stati col fiato sospeso per l’ultimatum dell’esercito, giunto nella capitale da 4 città. Il futuro politico del Paese è incerto, nonostante la mediazione dei presidenti di Benin e Senegal, a nome del CEDEAO (Communauté Economique Des Etats de l’Afrique de l’Ouest) e il ritorno del presidente della transizione del Burkina Faso, Michel Kafando ed anche del primo ministro Isaac Zida (arrestati e poi rilasciati)”. “Ero appena arrivato da un soggiorno nella cittadella “Victoria” del Movimento dei Focolari in Costa d’Avorio e mi sono trovato in questa situazione” conclude p. Sanou.” È stato bloccato il processo in corso che trovava i diversi partiti in dialogo e che stava arrivando ad un certo consenso. Ma ora è tutto saltato. Preghiamo perché si trovi una soluzione senza spargimento di sangue e velocemente. Intanto, con i sacerdoti, religiosi/e e catechisti/e della diocesi abbiamo iniziato, con il nostro vescovo, l’incontro pastorale programmato prima di questi eventi. Ci sembra importante andare avanti e pregare per la nostra gente e il nostro Paese”. “Come stiamo vivendo? All’inizio eravamo arrabbiati, delusi – confida Aurora De Oliveira – perché dopo i fatti del 2014 la situazione politica stava andando bene. A un passo dalle elezioni, previste inizialmente per l’11 ottobre (e adesso spostate al 22 novembre), arriva un gruppo armato e manda all’aria tutto. Questa è stata la prima reazione, che ci faceva sentire il bisogno di protestare. Il passo successivo è stato quello di riconoscere in questo dolore un volto di Gesù Abbandonato, e quindi cercare di rinsaldare l’unità tra noi per poter trasmettere la pace e il perdono. Abbiamo cercato di contattare quanti condividono la spiritualità dell’unità, perché l’amore deve vincere”. “Continuiamo a pregare e a vivere nell’unità più serrata con voi tutti, sicuri della protezione di Maria”, scrive la presidente dei Focolari Maria Voce alla comunità del Burkina Faso, mentre è in corso il raduno dei delegati dei Focolari di varie nazioni, che rende più vicine le attese e i dolori di tante parti del mondo. https://vimeo.com/140074710 (altro…)
Set 18, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Per oltre 30 anni ho vissuto fuori del mio paese. Ogni volta che sono tornato, ho sempre trovato uno dei miei fratelli o sorelle che si era nel frattempo sposato, una nascita di un nipote… I nostri legami familiari e soprattutto la fede della nostra mamma, una donna semplice e coraggiosa come molte donne africane, è stata la forza che mi ha sostenuto nelle scelte che ho fatto. Sin da bambino sono stato colpito da un mio zio, frate francescano che, quando veniva a farci visita, si prendeva cura di tutti i bambini del quartiere e non solo dei suoi nipoti; questo ha lasciato un segno nel mio cuore bambino, il desiderio, crescendo, di diventare come lui. Durante l’adolescenza – Mandela era ancora in prigione -, il massacro dei giovani di Soweto mi sconvolge e scoppio di rabbia contro Padre Paolo, un gesuita belga. Gli dico: «Se dipendesse da me, tutti i bianchi dovrebbero tornarsene a casa loro». Con calma, lui mi risponde: «Sai, si può combattere contro la discriminazione razziale con un’altra arma». Alcuni mesi dopo, mi invita a conoscere il gruppo della Parola di vita della mia città. Cinque anni dopo, mi trovo a Fontem, in Camerun, la prima cittadella di testimonianza del Movimento dei Focolari in terra africana, fianco a fianco con giovani italiani, francesi, irlandesi, belgi, e di varie nazioni africane: Burundi, Uganda, Kenya, Camerun; e con loro, scopro che siamo fratelli, nonostante le differenze. Così nasce nel mio cuore un grande desiderio non solo di gridare dai tetti questa fraternità, ma soprattutto, di testimoniarla nel quotidiano. Nel 1986 arrivo a Man, in Costa d’Avorio, dove rimango per otto anni. Insieme a quanti vogliono vivere lo stesso ideale di fraternità, sperimentiamo l’amore reciproco fra noi che ci spinge a promuovere iniziative concrete a favore di chi è nel bisogno e, anche attraverso la musica, diciamo che un mondo unito non è un’utopia. A 40 anni mi ritrovo a San Paolo, in Brasile, a dover apprendere una nuova lingua. Incontro un popolo che mi piace chiamare un “popolo fatto da popoli”: indios, brasiliani originari e poi discendenti tedeschi, italiani, ucraini, giapponesi, cinesi, afro brasiliani e molti altri, ma tutti brasiliani! Creativi, generosi, di una gioia contagiosa, che in Africa conosciamo bene. In breve tempo mi sento uno di loro, cioè brasiliano.
Per quindici anni, ho lavorato alla Mariapoli Ginetta come graphic designer e alla produzione di libri e riviste per l’editrice Cidade Nova, costruendo relazioni sincere all’interno della nostra casa editrice e con i fornitori, i tipografi e anche con i guardiani che ti fanno aprire il portabagagli per i controlli di routine. Ho coordinato anche, insieme ad altri, le attività degli adolescenti del Movimento dei Focolari: Gen3 e Ragazzi per l’Unità; un’esperienza che considero tra le più importanti di questi anni, perché con loro ho imparato ad essere “adolescente”, sebbene adulto. Per l’amore che abbiamo avuto verso ciascuno e tra noi, ho scoperto che sono capaci di grandi sacrifici, perché di energia e di entusiasmo ne hanno “da vendere”. Ho anche capito che i genitori cominciano ad avere i capelli bianchi quando hanno un adolescente in famiglia. Eccomi adesso di nuovo in Costa d’Avorio: sono tornato per continuare a costruire insieme questo percorso iniziato tanti anni fa con i giovani. Mi ha sempre impressionato che i focolarini nella cittadella Victoria durante il periodo della guerra, anche se avrebbero potuto lasciare la zona, hanno scelto di restare. Avevano sigillato un patto, come Chiara Lubich e le sue prime compagne, quello di essere pronti a dare la vita l’uno per l’altro. Questa testimonianza è vicino al mio cuore, e vorrei, con la grazia di Dio, vivere secondo questa misura con tutto il nostro popolo. Non so se vivremo cose straordinarie, ma voglio vivere ogni momento come se fosse l’ultimo della mia vita». Fonte: Nouvelle Cité Afrique, luglio 2015 (altro…)
Set 11, 2015 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale
«Un dolore che incontriamo, sotto volti diversi, davanti alle nostre case e porte, ogni giorno», scrivono Viktória Bakacsi e László Vizsolyi, responsabili del Movimento dei Focolari in Ungheria, per esprimere quanto vivono in questo periodo. «Abbiamo ascoltato le parole di Papa Francesco, ed ora proveremo a capire come metterle in pratica ancora di più». «Ormai da mesi – scrivono – il flusso di immigrati è continuo, tutti i giorni arrivano in Ungheria circa 2000 persone: famiglie con bambini, stanchissimi, disperati, anche ammalati, senza niente e spesso senza documenti e con la ferma volontà di proseguire verso la Germania o altra destinazione. Nonostante la confusione, tantissime persone si muovono e aiutano: organizzazioni ecclesiali così come associazioni civili». In questa situazione drammatica anche il Movimento dei Focolari in Ungheria si dà da fare: «Abbiamo messo in comune esperienze ed idee anche col Nunzio – continuano Viktória e László – e ci siamo impegnati ad unire le forze e ad agire in modo coordinato per essere più efficaci. Stiamo iniziando a metterci in rete coi Gesuiti che hanno già un programma elaborato, e a gruppi come la Comunità di Sant’Egidio, che ha non solo l’organizzazione e l’esperienza, ma anche esperti giuristi. Il lavoro comune intrapreso mira anche alla formazione delle coscienze all’accoglienza, che abbiamo già cominciato durante il campo estivo con 230 giovani».
Membri dei Focolari attivi in parrocchia sono presenti alla Stazione Keleti. Una di loro scrive: «Sono in mezzo ai profughi quasi da due mesi. Siamo in molti ad aiutarli. Ci sono tanti bambini, persone disperate… Cerco di vedere in ciascuno un volto di Gesù, e questo mi dà forza. Loro sono molto grati per ogni aiuto, i bambini gioiscono per ogni piccolo regalo». E una psicologa: «Cerco di mettere in comunione la mia professione per sostenere i tanti volontari». Un sacerdote focolarino scrive: «Giovedì scorso avevamo un incontro per sacerdoti. Dopo aver letto la Parola di Vita del mese, siamo andati in 6 alla Stazione dai profughi ad aiutarli». Una giovane: «Dopo il campo dei Giovani per un Mondo Unito siamo andati dai profughi per occuparci soprattutto dei bambini. Eravamo una ventina, di cui due vestiti da Gibì e Doppiaw. Attorno a noi si sono aggiunte una 70ina di giovani, bambini e famiglie, afgani e siriani. Abbiamo giocato, disegnato e, via via che l’atmosfera si scioglieva, anche gli altri si sono esibiti in varie danze. Abbiamo comunicato in tutti i modi – non tutti parlano l’inglese – e tanti di loro si dilettavano ad insegnarci qualche parola araba. Abbiamo deciso di andare una volta a settimana».
«Ci siamo accorti della difficoltà nel comunicare e la mancanza di informazione. Una focolarina in collaborazione coi volontari di soccorso dell’Ordine di Malta si è impegnata a trovare persone che conoscano l’arabo per preparare dei cartelli esplicativi e per fare da interpreti. Anche a Szeged continuiamo ad aiutare i profughi che arrivano continuamente. Oltre le raccolte ormai regolari, hanno portato casse extra di frutta per i profughi. Una di noi che fa la poliziotta, tutti i giorni dopo il lavoro si reca nel campo ad aiutare donne e bambini». «Siamo consapevoli – concludono – che tutto quello che possiamo fare è solo una goccia nell’oceano … ma non vogliamo che manchi». (altro…)
Set 4, 2015 | Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Sull’autobus che mi porta ad Harefield (Gran Bretagna) – l’ospedale dove studio infermieristica – mi colpisce il modo di fare di una collega. L’approccio non è dei più semplici, dato che sono timida e spesso attorniata da amici altrettanto “selvaggi” come me. Ma lei non disdegna la mia compagnia, anzi, un giorno mi propone di fare colazione assieme. Diventiamo amiche. Da un po’ di tempo il mio cristianesimo non mi soddisfa: frequento la chiesa per un senso del dovere, per mettere a posto la coscienza. Lei invece mi parla di una fede gioiosa, autentica, che condivide con altri giovani come lei, una fede illuminata dall’amore. Un giorno arriva in ospedale con la chitarra: è per far festa ad un’infermiera con la quale notoriamente non è facile andare d’accordo. Ma allora, mi dico, se questa ragazza arriva a tanto, forse vale la pena di sapere che cosa la spinge ad agire in questo modo. Mi racconta della spiritualità dell’unità che la anima. Così, anch’io come lei, comincio a frequentare le persone del Focolare e ogni volta scopro sempre nuove occasioni per donarmi: mettere in comune del vestiario o del cibo con chi ha bisogno, offrirmi per cure o altri servizi, ecc. Questi piccoli gesti, frutto del Vangelo che anch’io inizio a mettere in pratica, mi danno tanta gioia. Anche se non so ancora bene cosa sia il Movimento dei Focolari, sento di aver trovato la mia casa. Ma posso io fare la scelta radicale delle focolarine ? Loro sono cattoliche, io anglicana… Dentro mi risuona una voce: «Perché no? Basta che tu dica il tuo sì a me». Mi sento come una che sta facendo un salto nel vuoto, ma ugualmente dico il mio si a Dio, felice di volerlo seguire per sempre. Ero diventata infermiera, specializzata in ostetricia, per un profondo desiderio di portare un cambiamento nella società. Pensavo che con questo diploma avrei potuto lavorare all’estero e già avevo messo da parte dei soldi per il viaggio. Quando sono entrata in focolare, ho dato quei soldi a chi ne aveva bisogno e ho iniziato la mia formazione per diventare focolarina. La mia prima destinazione è stato il focolare di Leeds per 5 anni. Lì ho lavorato in un quartiere a rischio. Venendo da un ambiente agiato, dei poveri avevo un’idea romantica: non sapevo come davvero la gente vivesse “dentro” la povertà. Avevo in cura una giovane madre. Ogni volta che veniva ai controlli notavo che aveva sempre gli stessi vestiti e i collant pieni di buchi. Ho cercato di stabilire un rapporto, affinché potesse dirmi la sua situazione, dove abitava, ecc. Così una volta sono andata a farle visita a casa sua. Sulla porta c’era il suo partner, una persona aggressiva e scostante. Scioccata da quell’uomo e dalla sporcizia e disordine di quel luogo, non sapevo da dove incominciare per avviare un rapporto. Poi mi sono accorta di un grande serbatoio per l’allevamento del pesce che era lì dentro. Ho iniziato a parlare di pesci, così la tensione si è rasserenata. La volta successiva ho portato dei vestiti e l’altra volta ancora la donna si è fatta trovare con gli abiti indossati per farmeli vedere. Ora vivo nel focolare di Welwyn Garden City (nei pressi della capitale) e continuo a lavorare per il Servizio Sanitario Nazionale (NHS). In questi ultimi anni qui da noi c’è stato un grande sconvolgimento nelle politiche sanitarie e non è così facile portarvi quel cambiamento che animava l’inizio della mia carriera. Ma anche in questo sconvolgimento cerco di fare ogni cosa come un atto d’amore a Dio nei fratelli. Vivere in comunità con persone che hanno fatto la mia stessa scelta di vita è una chance molto importante, anche per il mio lavoro. Ma anche per crescere insieme nell’unità fra di noi e nella fede in Dio Amore, donandoci agli altri al di là di essere cattoliche o anglicane». (altro…)
Ago 5, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo
Una nobiltà nascosta, nutrita di gesti semplici, poco eclatanti. Una naturale gentilezza e amabilità, una viva intelligenza del cuore che lo portavano a tessere rapporti veri e profondi con tutti.

Così era
Pier Giorgio Colonnetti (1930-2013). Così lo ricordano tutti. Così ritorna nelle parole dell’amico Franz Coriasco che nel volume ne riscostruisce la vita: la famiglia d’origine, piemontese, colta (il padre è lo scienziato Gustavo Colonnetti), di illustri frequentazioni (tra gli altri, Laterza, Casati, Gobetti, Croce); l’infanzia e l’adolescenza serene; il lavoro nella fabbrica Olivetti di Ivrea e l’impegno nel sindacato fino all’incontro con la spiritualità del Movimento dei Focolari di Chiara Lubich, alla quale aderirà insieme alla moglie Simonetta. Inizia per lui una nuova importante stagione di vita: l’impegno in prima linea nella realtà internazionale delle Famiglie Nuove; Presidente per 11 anni della ONG AMU, Azione Mondo Unito, il lavoro in Umanità Nuova, punta avanzata dell’ecosistema focolarino nel sociale, il dialogo con gli altri Movimenti nella Chiesa. Ed.
Città Nuova