Movimento dei Focolari
Messico, famiglia: reciproca accoglienza

Messico, famiglia: reciproca accoglienza

20150131-01Le due voci si intrecciano in un crescendo di sofferenza e di speranza, di commozione e di meraviglia. Fino a  farci scoprire il segreto che li ha portati a ricomporre quell’unità che sembrava irrimediabilmente spezzata.  Ad iniziare il racconto è Fili: «Con Nacho siamo sposati da 24 anni e abbiamo due figli. Io sono la sesta di undici fratelli. C’erano dei dolori nella mia famiglia, come il sapere che mio padre aveva un’altra moglie ed altri figli e questo mi faceva tanto soffrire». «Anch’io da piccolo – interviene Nacho – ho sofferto  per l’assenza di mio padre e la poca attenzione di mia madre.  A prendersi cura di me è stata la mia nonna materna. Con Fili ci siamo sposati innamorati, ma con un vuoto esistenziale molto grande nel quale ciascuno di noi si identificava con l’altro. Abbiamo unito le nostre solitudini, ma non ci conoscevamo interiormente e presto ci siamo accorti di non saper amare e neppure cos’è l’amore». «I nostri problemi sono cominciati fin dall’inizio del matrimonio – prosegue Fili –. Io ero molto gelosa e possessiva, al punto da far sì che Nacho cambiasse continuamente lavoro».  «Un atteggiamento il suo – prosegue Nacho – che provocava in me rancore, ira e frustrazione e le discussioni fra noi non finivano mai. In questo ambiente così poco ospitale sono nati i nostri figli. Sia io che Fili avevamo un amore molto forte per loro, ma non essendoci amore fra noi due, pensavamo di sopperire con cose materiali, invece avremmo dovuto dare loro ascolto, tenerezza. Così sono passati 15 anni. Deluso da questa situazione, sono andato via di casa. L’avevo fatto altre volte, ma ogni tentativo di tornare e ricostruire il nostro rapporto falliva. Come fare, mi domandavo,  quando una relazione è completamente spezzata?». Riprende Fili: «Infatti per me era impossibile ricostruirla, tant’è vero che ho accettato che tornasse, soltanto perchè vedevo la sofferenza dei figli che avevano bisogno di lui». «Un sabato sera – riprende Nacho  –  guardavo alla TV un programma di boxe. Non mi sembrava così interessante così ho cambiato canale. Sono capitato in un programma religioso e per curiosità sono rimasto a guardare. C’era una donna (dopo ho saputo che era Chiara Lubich) che parlava dell’Amore. Le sue parole hanno avuto un forte impatto su di me. Alla fine del suo discorso, hanno fatto scorrere alcune immagini della cittadella del Movimento dei Focolari in Messico, che si trovava vicina al nostro paese,  ma che non conoscevo». «Così, all’indomani – incalza Fili – siamo andati a Messa a El Diamante (è questo il nome della cittadella) con tutta la famiglia. Ci ha colpito il modo in cui ci hanno ricevuto, era come se ci avessero conosciuti da sempre. Mancava soltanto una settimana alla Mariapoli, un convegno che si sarebbe svolto proprio lì, e abbiamo deciso di andarci. La proposta del primo giorno era la frase del Vangelo: “Perdona fino a settanta volte sette”. Mi sono chiesta: ma come è possibile perdonare sempre? La spiegazione l’ho avuta quando ci hanno parlato di Gesù nel suo abbandono: Egli non solo perdonò, ma diede la sua vita per noi. Mi sono accorta che di fronte ad un tale amore, i miei dolori erano molto piccoli. Non è stato facile ricominciare, ma la Parola “Perdona settanta volte sette” mi ha sempre aiutata a farlo». «Anche a me – confida Nacho – quella Mariapoli ha capovolto la vita. Ho imparato ad avere fiducia in quel Dio a cui tutto è possibile. Con Fili abbiamo imparato ad amarci nella diversità. Poco a poco ci siamo innamorati l’uno dell’altro. Abbiano scoperto una pienezza d’amore mai sperimentata, neanche quando eravamo fidanzati, perché ora ci amiamo nella libertà, in Dio». (altro…)

Dove vado a finire?

Dove vado a finire?

a Villa Achillia

Suor Mariella Giannini (seconda da sinistra) al Centro delle Religiose del Movimento dei Focolari in Grottaferrata, Roma.

Difendere la vita umana in condizione di fragilità. È ciò che anima le Suore ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, la famiglia di suor Mariella Giannini, religiosa che vive la spiritualità del Movimento dei Focolari e protagonista di questa storia. «Attraverso l’incontro con il carisma dell’unità di Chiara Lubich – racconta – sono riuscita a ricomporre la mia identità di religiosa nel carisma dell’Ospitalità, che è lo specifico del mio Istituto». Filippine, Spagna, Italia, sono le tappe che ha toccato nel suo cammino. La scoperta che Dio «ci ama immensamente» la segna fortemente; nonostante questo arriva presto un momento triste, uno di quelli che volentieri si eviterebbe, soprattutto dopo aver scelto una vita di donazione così impegnativa. «Si trattava di un forte dolore morale – confida suor Mariella -, un momento di prova, forse anche di tentazione. Sicuramente di lotta contro Dio. È arrivato improvviso il buio, è scesa in me la notte, insieme al silenzio di un mare oscuro e profondo, di un fiume limaccioso da attraversare. Ma dove vado a finire? Mi chiedevo. Non avevo futuro». Ricorda con emozione quei momenti duri e confessa che, nonostante il buio, non ha mai smesso di donarsi agli altri. «Mi è venuto incontro in modo inaspettato il grido di Gesù sulla Croce: “Dio mio, perché mi hai abbandonato? Colui che per assurdo è senza risposte, è stato la chiave al mio dolore e a quello di ogni dolore umano». Un passaggio delicato risolto non tanto con la forza di volontà, ma con l’abbandono fiducioso a Dio. «All’interno di ogni famiglia religiosa – continua suor Mariella – è inevitabile che ci siano dei problemi, perché l’egoismo non è mai estirpato del tutto. Ma certe cose cambiano dentro di te. L’ho sperimentato specialmente con i nostri collaboratori laici, che non vedo più come degli estranei, o peggio, solo dei dipendenti, ma nostri fratelli e sorelle con cui condividere il carisma e realizzare insieme nuovi progetti. Inoltre, Dio mi ha donato una nuova famiglia anche col Movimento dei Focolari. Il mio cuore si è dilatato. Il carisma dell’ospitalità e il carisma dell’unità sono diventati per me una unica forza, una dinamite che rinnova la casa di Dio, la Chiesa». Parla con cognizione di causa, perché i compiti da lei svolti sono stati diversi e delicati, non solo come superiora provinciale, ma anche in giro per il mondo. «Amore chiama sempre Amore – afferma con convinzione. – Ho potuto constatarlo e viverlo perché, dopo l’incarico di Provinciale per l’Italia del mio Istituto, sono stata inviata, come formatrice, tra le Juniores delle Filippine. La prima formazione è una fase delicata, affascinante e coinvolgente, ma con l’ascolto quotidiano e il dialogo reciproco ci si capisce. A questo livello, quando cioè accolgo la vita dell’altra in un rapporto da cuore a cuore, allora divento grembo per ogni sofferenza passata e presente. Vivere così mi fa superare ogni barriera di lingua, cultura e di generazione». Dalle Filippine si reca in Spagna per preparare le giovani suore ai voti perpetui. Tornata in Italia, a Viterbo, si occupa di un gruppo di ammalati psichici, alcolisti e di persone con disturbi del comportamento. Visita regolarmente i detenuti nel super-carcere della città: «Gesù dona grande gioia anche a questi ultimi perché è Lui per primo che ha scelto di essere l’ultimo, e quando questi due poli “Dio e uomo” s’incontrano, misteriosamente il rapporto s’illumina e i cuori si riscaldano». (altro…)