L’Avventura dell’unità/Anni di sospensione

Il card. Bea visita, nel 1965, il Centro Mariapoli di Rocca di Papa
Il card. Bea visita, nel 1965, il Centro Mariapoli di Rocca di Papa
Nell’estate del 1949, il deputato Igino Giordani, che da qualche mese aveva incontrato la spiritualità dell’unità, raggiunse Chiara Lubich, che vi si era recata per un periodo di riposo, nella valle di Primiero, a Tonadico, sulle montagne del Trentino. Insieme alla piccola comunità di Trento, ormai sciamata in diverse altre città d’Italia, nelle settimane precedenti avevano vissuto intensamente il passaggio del Vangelo di Matteo sull’abbandono di Gesù sulla croce. Il 16 luglio, cominciò un periodo di intensità straordinaria, conosciuto ora come “Paradiso ‘49”. Chiara scriverà più tardi a proposito di quei mesi: «Se il 1943 fu l’anno dell’origine del Movimento, il 1949 segnò invece un balzo in avanti. Circostanze impensate, ma previste dalla Provvidenza, fecero sì che, per riposo, il primo gruppo dei membri del Movimento si ritirasse dal “mondo” in montagna. Dovevamo ritirarci dagli uomini ma non potevamo allontanarci da quel modo di vivere, che costituiva il perché della nostra esistenza. Una piccola e rustica baita di montagna ci ospitò nella povertà. Eravamo sole: sole fra noi col nostro grande Ideale vissuto momento per momento, con Gesù Eucaristia, vincolo d’unità, a cui si attingeva ogni giorno; sole nel riposo, nella preghiera e nella meditazione.
E lì iniziò un periodo di grazie particolari. Avevamo l’impressione che il Signore aprisse agli occhi dell’anima il Regno di Dio, che era fra noi la Trinità che abita in una cellula del Corpo mistico: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi”; e ci parve di capire che l’Opera che stava nascendo non sarebbe stata nient’altro che una mistica presenza di Maria nella Chiesa. Naturalmente, non saremmo più scese da quella montagna, piccolo Tabor dell’anima nostra, se la volontà di Dio non fosse stata diversa. E fu solo l’amore a Gesù crocifisso e abbandonato, che vive nell’umanità immersa nelle tenebre, che ce diede il coraggio» . (1) In altra occasione, ancora Chiara afferma: «E’ iniziato un periodo luminoso particolare in cui, fra il resto, ci è sembrato che Dio volesse farci intuire qualche suo disegno sul nostro Movimento». Negli anni successivi, Chiara non ha fatto altro che realizzare quanto in quell’estate di luce le è stato donato. (1) Chiara Lubich, in Scritti Spirituali/3, Rome 1996, pp 41-42. (altro…)
Il 25 novembre, Maria Voce ha tenuto la Lectio Magistralis per l’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Roberto Bellarmino” della città di Capua. Ha svolto uno dei punti basilari della spiritualità dell’unità “Gesù Abbandonato, luce per la teologia”, alla presenza di Vescovi di diverse diocesi della regione Campania ed il Sindaco della città, Carmine Antropoli. La presidente dei Focolari traccia “gli aspetti salienti”, giacché – come lei stessa afferma – “non si può esaurire in breve tempo tutta la ricchezza della dottrina contenuta su questo argomento nella spiritualità di Chiara Lubich”. Ecco un brano della sua Lectio: «Vorrei partire dallo stralcio di una lettera che Chiara scrive ad una amica ancora nel lontano 1946. Stralcio emblematico, dove si legge: “Vedi (…), io sono un’anima che passa per questo mondo. Ho visto tante cose belle e buone e son sempre stata attratta solo da quelle. Un giorno (indefinito giorno) ho visto una luce. Mi parve più bella delle altre cose belle e la seguii. M’accorsi che era la Verità”. Gesù sulla croce. Venuto sulla terra per ricondurre gli uomini (che si erano allontanati da Dio con il peccato) nella piena comunione con Lui, prende su di sé ogni aspetto negativo dell’uomo: i suoi dolori, le sue angosce, la sua disperazione, le sue pene, i suoi peccati…, rendendosi Lui stesso, che era l’Innocente, simile all’uomo peccatore. “Per riportare all’uomo il volto del Padre, Gesù ha dovuto non soltanto assumere il volto dell’uomo, ma caricarsi persino del ‘volto’ del peccato” , dice Giovanni Paolo II.
Siamo agli inizi del Movimento, nel 1944, ancora in piena guerra mondiale. In una circostanza particolare un sacerdote dice a Chiara che, a suo parere, il dolore più grande di Gesù è stato quando in croce ha gridato: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27, 46). È immediata la conclusione di Chiara: se è stato il culmine del dolore, è stato anche certamente il vertice del suo amore per noi. Da allora si sente chiamata ad essere, insieme alle sue prime compagne e, poi, a quanti avrebbero seguito il suo Ideale, la “risposta d’amore” a quel grido. Gesù Abbandonato le si manifesta, dunque, come “la viva dimostrazione dell’amore di Dio qui in terra”. Ben lo evidenzia un noto “canto” di lode e di gratitudine, sgorgato spontaneo dal suo cuore, dedicato proprio a Gesù Abbandonato: “Perché avessimo la Luce Ti facesti cieco. Perché avessimo l’unione provasti la separazione dal Padre. Perché possedessimo la Sapienza Ti facesti ‘ignoranza’. Perché ci rivestissimo dell’innocenza, divenisti ‘peccato’. Perché sperassimo quasi Ti disperasti… Perché Dio fosse in noi Lo provasti lontano da Te. Perché fosse nostro il Cielo sentisti l’Inferno. Per darci un lieto soggiorno sulla terra, tra cento fratelli e più, fosti estromesso dal Cielo e dalla terra, dagli uomini e dalla natura. Sei Dio, sei il mio Dio, il nostro Dio di amore infinito”.
Per questo amore infinito, che Gesù nell’abbandono in croce ha avuto per ogni uomo sulla terra, ogni nostro dolore è stato trasformato, ogni vuoto riempito, ogni peccato redento. La nostra lontananza da Dio è stata superata nella ritrovata comunione con Lui e fra noi. In Gesù Abbandonato è racchiusa, quindi, la chiave per penetrare e dare risposta al mistero più profondo che avvolge la vita dell’uomo e dell’intera umanità: il mistero del dolore, della sofferenza. E’ un grande mistero questo, che tocca profondamente il cuore di Chiara: “Gesù sulla terra… – scrive con commozione palpabile – Gesù nostro fratello… Gesù che muore fra ladri per noi: Lui, il Figlio di Dio, accomunato con gli altri. ‘(…) Se sei venuto fra noi, è perché la nostra debolezza ti ha attirato, la nostra miseria t’ha ferito a compassione’. Certo non c’è madre o padre terreno che attendano un figlio perduto e facciano ogni cosa per il suo ritorno come il Padre celeste”. Dal mistero vissuto da Gesù sulla croce, Chiara vede sprigionarsi una luce capace di illuminare e di dare senso ad ogni esperienza di dolore e di abbandono che l’uomo può vivere. E ne parla con semplicità, confidando che, da quando Gesù Abbandonato le si è manifestato, le è parso di scoprirlo dovunque: “Egli, il suo volto, il suo misterioso grido, sembrarono colorire ogni istante doloroso della nostra vita”. “Il buio, il senso di fallimento, l’aridità scomparivano – annota Chiara -. E si cominciava a capire quant’è dinamicamente divina la vita cristiana che non conosce noia, croce, dolore, se non di passaggio, e fa gustare la pienezza della vita, che vuole dire risurrezione, luce, speranza pur in mezzo alle tribolazioni”». A conclusione, l’arcivescovo di Capua, Salvatore Visco ha sottolineato “chi e cosa sia in realtà l’essenza di questa ricerca che (…) diventa personale cammino di scoperta, talvolta stupita, delle profondità di Dio. Credo che coloro che hanno proposto il tema (della Lectio Magistralis, NdR) abbiano tenuto conto non solo dello specifico dell’Opera di Maria (Movimento dei Focolari), ma anche il fine dello studio teologico che ha senso solo se viene illuminato dal mistero della morte e Risurrezione del Signore”. (Leggi il testo completo della Lectio in italiano) (altro…)
«Devo raccontare, tra i tanti, un fatterello. I ragazzi sono in corridoio che passeggiano. Uno dei nostri vede un nuovo arrivato. Ha gli occhi spaventati, immobile. Il nostro si avvicina e gli chiede: “Cosa c’è? “. L’altro è ammutolito. Lui lo capisce benissimo: è stata anche la sua esperienza. Gli dice: “Dai, vieni nella mia cella che ti offro un buon caffè! “. Mentre lo prepara, continua: “Guarda! qui si sta bene, oggi c’è il sole e poi hai trovato un amico cosa vuoi di più dalla vita?”. Nel giorno dei colloqui sono, casualmente, tutti e due presenti nella stessa stanza. Il figlio e la moglie del nuovo arrivato si alzano e vanno a ringraziarlo per il bene che ha donato al loro familiare». È il racconto di P.B. che opera come volontario nel carcere di Padova, testimonianza di una dignità che varie storie mettono in rilievo e che nasce dai piccoli gesti quotidiani. È stata raccolta nell’ambito di un laboratorio, il primo, per gli operatori delle carceri in Italia organizzato dal Movimento Umanità Nuova (Focolari) insieme alla rete internazionale Comunione e Diritto (CeD). L’incontro si è tenuto il 9 e 10 Novembre scorsi a Castelgandolfo (RM). Cinquanta persone, tra volontari carcerari, insegnanti, un assistente sociale, una ex carcerata, un magistrato di sorveglianza, un ex presidente di tribunale ora in pensione. C’è anche un sacerdote anglicano con la moglie, che, insieme ad altri, vuole approfondire il tema. Sono loro i protagonisti di questo primo seminario: laboratorio quanto mai attuale per la situazione carceraria che vive l’Italia, e che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha recentemente denunciato. Qualche dato: 45.647 posti nelle carceri a fronte di 65.831 carcerati, più di 20.000 persone in esubero che si trovano a scontare la pena in situazioni umanamente invivibili per la mancanza di spazi e delle più elementari norme igieniche: per non parlare delle violenze e dei soprusi che notoriamente si vivono in questi ambienti. Come rispondere a questo stato di cose? «Abbiamo cercato di addentrarci nella sofferenza e, a volte, impotenza umana di fronte a queste situazioni» – racconta Francesco Giubilato, assistente sociale – «abbiamo puntato così all’essenziale: la persona e la relazione. La persona con le sue sofferenze, i suoi bisogni e le aspettative del carcerato, della guardia carceraria, dell’operatore carcerario fino alle loro famiglie e alla Comunità. La relazione, quella vera, quella che allieva la solitudine ed il dolore e che a volte risana. Relazione attenta al bisogno e creativa nelle soluzioni pur nel rispetto della norma». Il programma del laboratorio ha messo in rilievo le varie esperienze che ci sono in Italia per rispondere a questa situazione. Come G.D. che ha vissuto un anno di servizio civile con l’Associazione “La fraternità” all’interno del Carcere di Montorso a Verona ed ora continua a dare la propria disponibilità all’interno dell’Associazione nel Centro di Ascolto per le famiglie dei carcerati e per le necessità degli ex carcerati. O come Alfonso Di Nicola, che lavora nelle carceri romane. Queste esperienze hanno evidenziato le criticità, legate anche alla difficoltà di relazione fra tutti i soggetti coinvolti, e al tempo stesso dimostrato come l’interazione, se è vissuta nella dimensione della fraternità, può cambiare radicalmente le persone e l’ambiente. Gianni Caso, Presidente Aggiunto Onorario emerito della Corte di Cassazione ha aperto un altro fronte che è quello dell’informazione. Informazione vera, onesta che fa crescere la coscienza dei cittadini e che la smuove fino a promuovere o modificare la legge e la sua applicazione in una dimensione di giustizia, equità e rispetto della dignità umana. (altro…)
Rod Gorton, focolarino sposato, il 14 novembre ci ha lasciati in seguito ad un incidente, mentre compiva un atto d’amore. Nato a Boston (USA) nel 1933, ha conosciuto l’ideale dell’unità negli anni 60. La sua infanzia è stata segnata dalla separazione dei genitori: “A sei anni mi trovavo senza papà e, a causa dell’ambiente familiare, senza Dio”. In questo periodo lo aiuta la passione per la musica. A 20 anni entra nell’Accademia Navale per diventare Ufficiale della Marina degli Stati Uniti. Il regolamento prevede l’obbligo di seguire le celebrazioni domenicali in una chiesa a scelta ed è così che Rod sente per la prima volta parlare di Dio. Gli nascono le prime domande e si chiede: “Sono tutti matti questi? O sono matto io?”. Dopo una ricerca piena di dubbi, si rende conto che dentro di sé qualcosa è cambiato: “Io credevo!”. Ma scopre presto le contraddizioni della nuova vita perché non trova persone che prendono sul serio il Vangelo. Diventato ufficiale della Marina comincia a viaggiare per il mondo. È attirato dai missionari che incontra nei vari paesi e, dopo 4 anni, entra in seminario per diventare sacerdote e missionario. Ma è ancora in ricerca…
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