Movimento dei Focolari
31 ottobre: giorno della Riforma

Questione eutanasia, un’esperienza dall’Australia

«Negli ultimi 25 anni ho avuto l’occasione di visitare tante persone ammalate, specialmente i malati terminali, nella mia comunità parrocchiale. E posso dire che ho vissuto tante forti esperienze stando accanto a loro. Un pomeriggio sul tardi, mi arriva un email da una ex-collega. È stato come un fulmine a ciel sereno. Diceva: «Immagino che nessuno ti abbia mai chiesto una cosa simile. Non ho il diritto di chiedertelo, ma sto interrogando la mia coscienza e ho bisogno d’aiuto per trovare la risposta. Una persona mi ha chiesto di accompagnarla in Svizzera per assisterla a morire. Come forse sai, l’eutanasia è legale in quel Paese. La sua vita è diventata insopportabile per via della malattia. Non c’è speranza per lei di tornare a vivere una vita normale. Personalmente non ho una fede religiosa, ma apprezzerei molto una risposta sincera da parte tua. Si tratta di un membro della mia famiglia». Ho letto e riletto questo messaggio 4 o 5 volte prima di incominciare a pensare alla risposta da dare. Come rispondere a questo grido d’aiuto pieno di dolore? Mi è venuto in mente il pensiero del giorno che stavo vivendo con i miei amici del Focolare: “Essere libero da tutto per essere la volontà di Dio vivente”. Ma come attuarla? Ho cercato di vivere l’attimo presente, mettendo da parte tutto il resto e cercando di prendere su di me i pesi di chi mi aveva chiesto aiuto. Ho pregato Dio chiedendo il coraggio di dire con sincerità ciò che sentivo nel mio cuore, senza paura. Le ho risposto condividendo alcune mie riflessioni, e anche le esperienze vissute negli anni assistendo i malati terminali, ciò che avevo sperimentato stando accanto a loro e le loro famiglie: sofferenze, gioie, trionfi. Ho detto che personalmente non avrei scelto la strada che il suo parente voleva intraprendere, dando le ragioni più profonde nel mio cuore. Poi le ho spiegato che esistono degli ottimi centri di cure palliative, indicando i contatti di quelli più vicini. La mia amica, sempre molto riconoscente dell’aiuto ricevuto, mi racconta che il suo parente aveva consultato i contatti che avevo fornito e aveva deciso di non andare in Svizzera, scegliendo invece l’opzione delle cure palliative. Da allora ha vissuto ancora due anni, durante i quali ha potuto ricostruire tanti rapporti nella sua famiglia». R.L. (Australia) (altro…)

31 ottobre: giorno della Riforma

La strada fiorita: convivere con l’Alzheimer

«Mia madre, ottantenne, ha cominciato a fare passi nella strada fiorita: pian piano smetteva di ragionare e vedeva le cose con il cuore. Alla fine ha piegato anche il cuore e sono rimasti solo i suoi occhi puri. Spesso diventa una bambina di sei o sette anni e chiede notizie delle sue amichette; qualche volta piange perché vuole vedere la sua mamma e il suo papà; ma sorride ingenua alternando l’entrata e l’uscita dalla strada fiorita. Ogni tanto, seguendo la mamma, entro anch’io nella strada fiorita, e i pesi affannosi del mondo diventano nuvole del cielo, anch’io divento solo un fiore nel recinto sicuro di mia madre».

La consegna, è avvenuta il 16 settembre nella Sala-conferenze di Coex, a Seoul.

Così inizia la prefazione de “La strada fiorita di mia madre”, una raccolta di episodi che scaldano il cuore, dell’autrice coreana, Maria Goretti Jeung Ae Jang, poetessa e infermiera, che raccontano del tempo vissuto insieme a sua madre affetta da Alzheimer. Il libro-testimonianza ha ricevuto il premio nazionale 2013: un riconoscimento assegnato dal Ministero della Sanità e del Benessere della Corea del Sud per le buone prassi nell’accompagnamento dell’Alzheimer. La consegna, è avvenuta il 16 settembre nella Sala-conferenze di Coex, a Seoul, dalle mani del ministro. «Quando scrivevo gli episodi vissuti con mia madre – racconta sorpresa l’autrice –, nemmeno sapevo dell’esistenza di un premio di questo genere. Desideravo solo che potesse diventare un piccolo aiuto per le famiglie che hanno i membri affetti da questa grave malattia. È un dono che mai avrei immaginato di ricevere. Io ho solo amato mia madre affetta da Alzheimer e poi ho pensato di condividere queste esperienze con gli altri. Ma sono molto contenta, perché è un’occasione per far conoscere questo libro al maggior numero di persone le quali potranno riflettere sul fatto che nessuna malattia può prescindere dalla dignità umana».

A destra: l’autrice coreana, Jeung Ae Jang

«La malattia dell’Alzheimer – continua l’autrice coreana – è un percorso faticoso, sia per la persona che la vive, sia per la famiglia. Ma sono convinta che il dolore ci purifica. Vorrei suggerire di non aver paura dell’Alzheimer, ma di accettarlo come una malattia, da cui chiunque può essere affetto; di cercare di affrontare la cura adatta e di guardare la situazione con gli occhi delle persone malate». E conclude, con la forza e convinzione risultato di un’esperienza vissuta: «Togliamo i pensieri negativi dal nostro cuore e badiamo a questi malati con amore. Così l’Alzheimer diventa un aspetto della vita, con cui è possibile convivere». «Ringrazio di cuore Chiara Lubich, che considero la mia madre spirituale – confessa Jeung Ae Jang –, perché mi ha insegnato come amare. La spiritualità dell’unità mi ha aiutato, infatti, ad allenarmi a vedere un volto sofferente di Gesù in mia madre, al di là della malattia che la rendevano sempre più limitata. È stato il segreto che mi ha fatto riconoscere in lei una persona davvero preziosa e piena di dignità. Mi risuonavano forti le parole di Chiara, ascoltate alcuni anni fa: “Dovete essere madri di vostra madre…”; per me è stato un vero mandato». (altro…)