3 Set 2012 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
«Alcuni decenni fa le grandi manifestazioni giovanili avevano un significato particolare. Ora il mondo è cambiato. Con la crescente mobilità i giovani possono fare tante valide esperienze internazionali. Attraverso i social network sembra loro di potersi incontrare facilmente anche nel nome di ideali comuni. Ormai sono numerosi i meeting e le conferenze internazionali con dei documenti finali, ma con poco impatto concreto sul mondo. In questo contesto come vede Lei il ruolo e il significato del Genfest? La situazione cambiata quale riflessione chiede al Movimento?» «Dopo 12 anni dall’ultima edizione, questo Genfest era attesissimo da tutti nel Movimento. E i giovani si sono dati un anno di Genfest, dal 1° maggio 2012 al 1° maggio 2013, proprio a significare che l’uno e l’altro aspetto ne fanno parte, quello della grande manifestazione internazionale e quello della continuità nella vita quotidiana, che loro vivono anche nel web. Nel messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali del 2011, il Papa ha fatto un’importante riflessione sulla “vasta trasformazione culturale” che le nuove tecnologie producono, cambiando non solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa. Il Papa fa una lucida analisi delle potenzialità e dei limiti dei social network, in cui i giovani vivono, e invita i cristiani ad esservi presenti con creatività, “perché questa rete è parte integrante della vita umana”. “II web – dice il Papa – sta contribuendo allo sviluppo di nuove e più complesse forme di coscienza intellettuale e spirituale, di consapevolezza condivisa”. D’altra parte, sottolinea che, “il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita”. Ne siamo convinti anche noi e l’entusiasmo e l’impegno, gli sforzi fatti da tanti per essere a Budapest ce lo conferma: i giovani hanno sete di rapporti autentici, “globalizzanti” direi, che coinvolgano l’intera persona. E’innegabile che solo nel contatto diretto si può sperimentare appieno la gioia dell’incontro con l’altro, la sfida e la ricchezza della diversità, la forza di un ideale condiviso per cui spendersi insieme… Il Genfest è un momento in cui vedere realizzata già quell’unità e fraternità in cui questi giovani credono e per le quali si impegnano. Il Movimento comunque si pone davanti a questa sfida con la consapevolezza che il dono che Dio gli ha dato, il carisma dell’unità, è più che mai consono alla chiamata dell’umanità a vedersi e a vivere come una sola famiglia, in un’interdipendenza e solidarietà che questa nuova situazione culturale accelera e sottolinea. Poi le forme, i metodi, vanno cercati, elaborati. Naturalmente questa riflessione è già iniziata e viene portata avanti nel Movimento, sia a livello globale che anche nelle sue manifestazioni concrete locali. Credo che questo Genfest, non solo come manifestazione, ma come fenomeno di condivisione che i giovani hanno cominciato nella preparazione e prosegue con progetti concreti, è un importantissimo passo, un’esperienza che ci darà spunti notevoli. Ed è interessante soprattutto portare avanti questa riflessione insieme, giovani e adulti.» Leggi tutto: http://www.magyarkurir.hu/node/41764
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31 Mag 2012 | Centro internazionale, Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Intervista di Lucetta Scaraffia (L’Osservatore Romano)
Ci tenevamo che il nuovo inserto dedicato alle donne de «L’Osservatore Romano» uscisse con una sua intervista: lei è l’unica donna alla testa di un movimento di così grande importanza. Questa singolarità le pesa nei contatti con le gerarchie ecclesiastiche? Non solo non mi pesa, ma è una peculiarità sempre più riconosciuta dal Papa, da cardinali e vescovi, secondo il suo significato originario espresso da Giovanni Paolo II: essere segno e garanzia di quel profilo mariano che dice primato dell’amore soprannaturale, della santità, coessenziale al profilo apostolico-petrino. Dimensioni che concorrono, ha detto Wojtyła, «a rendere presente il Mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mondo». Non così nel primo ventennio della nostra storia: era una tale novità! Dietro c’è un lungo iter non privo di sofferenza. Anche la sua successione a Chiara Lubich è stata diversa dalla prassi: nessuna designazione, ma voto democratico. Anche nelle decisioni il movimento sembra seguire un iter democratico. Succedeva anche quando era in vita Chiara? La successione è avvenuta attraverso un’elezione, ma non si può dire che si sia seguito un iter democratico. Se ci fosse stato avremmo poi dovuto accettare un compromesso per comporre la polarizzazione, il che sarebbe stato in contrasto con il nostro carisma che chiede l’unità. Da quel momento abbiamo capito meglio il senso dell’eredità di Chiara: Gesù che si fa presente quando «due o più sono uniti nel mio nome». In quell’ora cruciale ne abbiamo sperimentato la forza trasformante e la luce che è guida. Ci è richiesto quell’amore scambievole che non misura, che anzi punta alla misura stessa di Gesù: dare la vita. A oggi non conosciamo altro modo nel prendere decisioni: ciò significa ascolto, condivisione di pesi, conquiste, esperienze, punti di vista, pronti a perdere tutto nell’altro. Soprattutto fedeltà allo sposalizio con Gesù crocefisso per trasformare dolori, dubbi, divisioni e ricomporre l’unità. Quando Lui c’è risplendono i doni dello Spirito: pace, nuova forza, luce; risplende l’uguaglianza, senza vanificare “il dono dell’autorità”. Mi sembra che fra i movimenti voi siate i più restii alla pubblicità: «umiltà e reticenza, mai mettersi in mostra» diceva Chiara. Quindi le persone vi conoscono quando vengono in contatto con qualcuno di voi, attraverso un rapporto personale. Questa modestia vi rende però poco noti all’esterno: ha qualcosa a che fare con la guida femminile? Siamo restii alla pubblicità, non alla comunicazione! Significativo che Chiara abbia voluto che la grande parabolica per i collegamenti intercontinentali fosse sistemata nel suo giardino: era per lei il «monumento all’unità». È vero, c’è stato un lungo periodo di silenzio, quando il Movimento era sotto studio da parte della Chiesa. Ma negli anni successivi non sono mancate grandi manifestazioni internazionali irradiate nel mondo dai satelliti, si sono moltiplicate riviste e siti web, è in funzione un ufficio stampa. Ciò che ci muove non è ricerca di notorietà, ma il detto evangelico che chiede di non tenere la lampada sotto il moggio, ma di metterla sul tavolo per far luce nella casa. Lo spirito focolarino risente della sua matrice femminile. Quali altre caratteristiche femminili si possono rintracciare nel vostro carisma? Il focolare ha una matrice femminile perché è «opera di Maria». Maria, la più alta espressione dell’umanità redenta, “tipo” del cristiano e della Chiesa tutta, come sancito dal Concilio. È lei che ha impresso a tutto il movimento il suo timbro: interiorità che lascia spazio a Dio e ai fratelli, fortezza, fede senza se e ma, Parola vissuta, canto di quel Magnificat che annuncia la più potente rivoluzione sociale, quella maternità possibile oggi nel generare ovunque la presenza misteriosa, ma reale, del Risorto che fa nuove tutte le cose. Nel movimento vi sono, come membri o simpatizzanti, esponenti delle gerarchie ecclesiastiche. Come risolvete il confronto fra autorevolezza della guida del movimento e autorità delle gerarchie che essi rappresentano? Nei rapporti con i vescovi non c’è mai stato conflitto d’autorità, ma scambio di doni: dal carisma dell’unità i vescovi attingono quella spiritualità così incoraggiata dai Papi, per dare alla Chiesa il volto delineato dal Concilio, la Chiesa comunione. Nel carisma proprio delle gerarchie ecclesiastiche, riconosciamo l’evangelico «chi ascolta voi ascolta me». Oltre agli scritti della fondatrice, a cui ovviamente vi ispirate, che rapporto avete con le sante e con i testi che hanno scritto? Due esempi: Chiara ha assunto il nome della santa d’Assisi perché affascinata dalla sua radicalità evangelica. Per anni, alla festa della santa, abbiamo approfondito aspetti paralleli delle due spiritualità. Teresa d’Avila ha fatto luce per leggere, nel nuovo carisma donato alla Chiesa, una via autentica di santità, che ha come meta non solo edificare il “castello interiore”, ma anche “il castello esteriore”, al cui centro è la presenza di Gesù nella comunità.
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3 Gen 2012 | Centro internazionale, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dunque, per parlare di speranza occorre ammettere che ci manca Dio? Credo che molti oggi ammettano che qualcosa ci manca; magari non lo chiamano Dio ma, ovunque vado, io vedo una gran sete, a fronte del nulla con cui siamo abituati a confrontarci; cerchiamo qualcosa che dia senso al vivere, perché l’uomo di fronte al nulla si annienta.
Lei viaggia per seguire il Movimento, in Europa, in America, in Asia. Che cosa in questi viaggi le dà ragione di speranza? Quest’anno sono stato in diverse città del mondo, e ho incontrato ogni volta centinaia di ragazzi, invitati dai giovani del Movimento. Ragazzi anche lontani dalla fede. I nostri stessi giovani si sono stupiti di quanti avevano accolto l’invito; e io, personalmente, da come erano attenti, partecipi, con domande vive e brucianti: cosa ti resta, quando ti muore un amico? Come si può pensare di sposarsi, quando tutto è così incerto? Ho visto in questi ventenni, nello stesso tempo, un grande vuoto e un grande bisogno. Ma quel bisogno era già il principio di una domanda (leggi tutto)
21 Ott 2011 | Centro internazionale, Chiesa, Spiritualità
«È con sorpresa e grande gioia e gratitudine che abbiamo accolto l’annuncio del prossimo “Anno della fede” indetto da Papa Benedetto XVI. E ancor più la sua lettera apostolica “Porta fidei”, con cui egli indice tale anno, che avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel 50° dell’apertura del Concilio Vaticano II. Ancora una volta si coglie la forte spinta dello Spirito Santo in questa iniziativa che giunge puntuale in questo momento della storia. I giovani della Gmg, le famiglie, i lavoratori e i giovani che scendono nelle piazze, inaugurano nuove primavere e invocano profonde riforme sociali; sono segnali che dicono quanto l’umanità oggi sia alla ricerca di cambiamento. Ne ho avuto conferma anch’io nei recenti viaggi che ho compiuto negli Stati Uniti, Santo Domingo, Russia, Slovenia, Gran Bretagna. “Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta”[1], scrive il Papa. È un’urgenza che avvertiamo profondamente anche noi e che ci richiama ad una conversione: vivere con particolare intensità la Parola di Dio. Rilanciati con ancor maggiore vigore dal ‘mandato’ del Papa, ci siamo impegnati a ritornare alla radicalità degli inizi del Movimento, a rievangelizzare innanzitutto noi stessi, per poi irradiare il Vangelo, con la sua forza di trasformazione, sull’umanità che ci circonda. Ancora oggi – come scriveva Chiara Lubich già nel 1948 – “il mondo ha bisogno di una cura di Vangelo”[2]. Inoltre, profonda eco ha trovato in noi il pressante invito del Papa a dare pubblica testimonianza della fede, della Parola vissuta “come esperienza di un amore ricevuto”, “comunicata come esperienza di grazia e di gioia”[3]. Nei primi anni di vita del Movimento dei Focolari era una novità la comunione delle esperienze della vita della Parola. Queste risultavano inconfutabili, perché ‘vita’, e feconde, capaci di generare l’incontro vivo con Gesù, di far di persone disperse una comunità. Benedetto XVI ci ha ricordato che non si affronta questa impresa da soli, ma in compagnia. Vogliamo intensificare quella esperienza di comunione e fraternità nei nostri ambienti: nei parlamenti, nelle fabbriche, nei quartieri, nelle università, nelle famiglie, perché è nella comunione che il Risorto stesso si fa spiritualmente presente, tocca i cuori e trasforma. Il Papa ci ha rafforzati nella convinzione che questo è un momento di grazia speciale per la Chiesa, in cui lo spirito di rinnovamento del Concilio è quanto mai in atto».
[1] Lettera apostolica “Porta Fidei”, n°3
[2] Lettere dei primi tempi. Alle origini di una nuova spiritualità, a cura di F.Gillet e G. D’Alessandro – Città Nuova Editrice, 2010
[3] Lettera apostolica “Porta Fidei”, n°7
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