Feb 17, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
L’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande che si richiamano per spiegare l’universo, l’applicazione di scoperte come il “bosone di Higgs” in campo medico, tecnologico, sociale. Di questo ha parlato la scienziata Fabiola Gianotti, prossimo direttore Cern di Ginevra, il 15 febbraio a Loppiano, davanti a 800 persone tra scienziati, cultori del mondo scientifico, artisti, amici, famiglie e circa duecento studenti di scuole superiori. Insomma, pare che la scienza sia tornata di moda in questo 2015 in cui la gente è ancora attanagliata dalla crisi economica, ma ricerca al contempo «spazi d’infinito, che rimettano a fuoco chi siamo, quale sia la nostra dignità e missione nella vita», a dire da uno dei presenti. Merito certamente di scienziati come la Gianotti, ma anche di appuntamenti come il premio “Renata Borlone, donna in dialogo”. Evento di alto valore educativo in cui fede e cultura si intersecano dando vita ad un’occasione di crescita personale e sociale. Molti i messaggi di congratulazioni giunti alla dott.ssa Gianotti, tra cui quello di Maria Voce: «L’associazione culturale Renata Borlone e l’Istituto Universitario Sophia (IUS) si sono uniti al coro di generale plauso, sottolineando in particolare i valori ai quali la dott.ssa ispira la sua vita di donna e di scienziata». La presidente dei Focolari sottolinea “la consonanza di ideali e d’intenti tra queste due figure” (Gianotti e Borlone), pur nella diversità di ambiti. «Si parla del bosone di Higgs come del luogo che dà consistenza a tutte le altre particelle – afferma Lida Ciccarelli, postulatrice della causa di beatificazione di Renata Borlone –. Anche Renata innamorata, oltre che della scienza di tutto ciò che riguarda l’umanità, aveva trovato il luogo, il campo che ha dato spessore a tutta la sua vita e significato alle sue giornate: è Dio. E come la scienziata si appresta a sollevare per noi il velo sul mondo della scienza – ha continuato – lei ha trovato in Dio colui che le ha rivelato ‘il fratello’ che le chiedeva amore, accoglienza, comprensione, condivisione delle gioie e dei dolori, con un cuore di carne. Ha vissuto in questo spazio divino e chi la sfiorava, ritrovava la dignità di scoprirsi figlio di Dio».
La terza edizione del premio è destinato ai cultori della ricerca scientifica e punta a promuovere il dialogo con quanti, anche in campo accademico, s’impegnano per una cultura che rispetti la dignità della persona umana. La motivazione del conferimento a Fabiola Gianotti, viene letta dal prof. Sergio Rondinara dello IUS: “Per le sue alte qualità professionali, per la passione mostrata nella ricerca scientifica e per le capacità umane mostrate nel fruttuoso coordinamento dell’elevato numero di scienziati e ricercatori presenti nell’esperimento ATLAS presso il Cern”. Il premio è un opera dell’artista cinese Hung e rappresenta un acceleratore di particelle in miniatura. L’intervento della dott.ssa Gianotti è un’intensa ed appassionata esposizione che cattura la sala, accompagnando i presenti in un tour virtuale dentro l’universo dell’infinitamente piccolo, quello delle particelle elementari ed in particolare del bosone di Higgs, scoperto a fine 2012 grazie al lavoro costante di 3.000 scienziati di 38 Paesi e alla tecnologia dell’acceleratore di particelle LHC (Large Hadron Collider), lungo 27 Km, che si snoda a un centinaio di metri sotto terra tra la Svizzera e la Francia. «Qualcuno di voi si chiederà: ma chi se ne importa delle masse delle particelle? – afferma la scienziata –. In realtà questa domanda è molto vicina alla nostra vita perché se le particelle non avessero le masse che hanno, noi non saremmo qui. Se l’elettrone non avesse massa, l’atomo non starebbe assieme e dunque non ci sarebbe la chimica, non ci sarebbe la materia come la conosciamo. Quindi noi siamo qui grazie anche a questo meccanismo di Higgs». Riguardo alle applicazioni degli acceleratori di particelle, spiega che vengono utilizzati ampiamente in campo medico per la cura dei tumori. La dottoressa conclude che la ricerca al Cern affronta domande fondamentali sulle particelle elementari e quindi sulla struttura e l’evoluzione dell’universo, importanti per la ricaduta sulla vita quotidiana. «Ma la conoscenza fondamentale – conclude – è importante di per sé, perché è uno dei diritti-doveri irrinunciabili dell’uomo, al di là delle applicazioni concrete, un po’ come l’arte che è tra le espressioni più elevate dell’uomo come essere pensante. Quindi negare l’importanza assoluta di queste attività umane, significa snaturare la natura umana stessa».
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Gen 21, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Approfittando dell’estate nell’emisfero sud e quindi delle vacanze, una cinquantina di studenti di 10 paesi sudamericani di lingua spagnola e dal Brasile hanno frequentato il 3° ciclo conclusivo della Summer School (EdeV) dell’Isituto Universitario Sophia (IUS) organizzata in collaborazione con la Mariapoli Lia ed un pool di professori venuti da Messico, Guatemala, Panama, Colombia, Perù, Bolivia, Cile, Paraguay, Uruguay e dalla stessa Argentina. Questi ultimi al loro attivo avevano uno stimolante lavoro di approfondimento interculturale e interdisciplinare, frutto di una serie di seminari e attività culturali, che per l’area latinoamericana risultava di grande interesse. Dall’ateneo internazionale, che ha sede a Loppiano (Firenze), sono intervenuti i proff. Araceli del Pozo e Sergio Rondinara. Più della metà degli allievi aveva già partecipato alla prima e alla seconda edizione della EdeV. Il programma era incentrato su tre grandi filoni: comunicazione, pedagogia, arte. Nelle mattinate venivano illustrati i concetti centrali di ogni disciplina, mentre nei pomeriggi si svolgevano i workshop e le attività inerenti le diverse tematiche: apprendistato e servizio solidale, prosocialità, attuali forme di comunicazione, dialogo tra le culture indigene e la contemporaneità, espressività della letteratura e della musica, e così via. All’inizio della giornata, il professor Rondinara conduceva uno spazio denominato “Esercitazione per una Cultura dell’unità”, nel quale, in forma interattiva, allievi e professori riflettevano e ponevano domande su testi dei diversi autori presentati dal docente. Alcuni workshop pomeridiani erano invece condotti dagli studenti stessi, che ne avevano curato anche la preparazione.
Al termine della EdeV, molti tra i docenti condividevano l’impressione di aver percorso un vero cammino di crescita, e questo grazie al contributo degli studenti. Un giovane affermava che l’esperienza di questo corso gli aveva ‘rotto la testa’, nel senso di aver scoperto che la sua precedente visione dell’America Latina era molto riduttiva. Un altro con sorpresa scopriva di essere passato dall’esigere al comunicare. Una ragazza affermava, con commozione, che per la prima volta riusciva ad accettare e abbracciare con amore le radici indigene del suo popolo, che prima rifiutava. Un’altra ancora si sentiva ‘sopraffatta e felice’ per la sensazione di aver demolito molte cose superficiali nella sua vita. Tanti avrebbero desiderato ancor più dialogo, più opportunità per donarsi, raccontarsi e capirsi insieme. E molti, semplicemente, esprimevano l’esigenza di approfondire di più. I momenti di dialogo personale e a piccoli gruppi tra studenti, docenti e tutor, sono state occasioni privilegiate per i giovani di aprire la propria interiorità e comunicare domande, scoperte, desideri profondi, quali: perché studio? quale strada seguirò nella vita? come distinguere la verità nelle idee, nel mondo ed in me? Una Summer School che è stata una grande sfida, raccolta dai docenti con gioia ed onestà intellettuale, mettendosi loro stessi in gioco cercando di scavare dentro di sé per dare il proprio contributo e insieme camminare verso la Verità. Una tappa che – studenti e professori ne sono certi – avrà una continuità nella ricerca della cultura dell’unità, grazie anche allo specifico contributo del pensiero latinoamericano.
Dic 20, 2014 | Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Povertà in Centro America e nel Sud del continente, giovani, cultura digitale, la donna, le culture originarie, gli afrodiscendenti, movimenti sociali, le nuove prospettive teologiche del continente. Alcuni degli argomenti trattati durante il II Seminario di Antropologia Trinitaria, promosso dal Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM), e che si é realizzato ad ottobre scorso a Cochabamba (Bolivia). Sotto il titolo “Una Antropologia Trinitaria da e per i nostri popoli. Alterità e pluralità”, il simposio è stato portato avanti da una équipe composta da teologi esperti dell’America Latina (gesuiti, conventuali, sacerdoti del clero e laici) e la presenza del teologo italiano Piero Coda, preside dell’Istituto Universitario Sophia (IUS), ateneo internazionale dei Focolari, con sede presso la cittadella di Loppiano (Firenze). Da evidenziare la partecipazione attiva di 4 studenti dello IUS provenienti dalla Bolivia, Colombia e Argentina. Infatti, l’ateneo sta muovendo i primi passi per radicarsi anche in America Latina. Il primo giorno, si è tenuta una conferenza stampa online con giornalisti per presentare il primo libro dell’équipe che già ha lavorato l’anno scorso nel seminario realizzato nella cittadella argentina dei Focolari “Mariápolis Lia”. Presenti giornalisti di Brasile, Colombia, Paraguay, Cile, Ecuador, Perù, Bolivia e Argentina. Una nota singolare è stata la visita realizzata all’Istituto di Missionologia, di cui il direttore dott. Roberto Tomichá, aborigene francescano, è membro dell’équipe centrale di Antropologia Trinitaria. I congressisti hanno visitato il centro di studio che è stato pensato secondo categorie e parametri indigeni. Il quell’occasione il direttore, ha espresso la sua convinzione di trovare nell’antropologia trinitaria “il fondamento per la teologia dei popoli originari”. Affinché questo itinerario di riflessione comune, di pensiero e vita continui, si è deciso che sia il nascente Istituto Universitario Sophia latinoamericano a rappresentarli davanti al CELAM. In questo accordo ci sono i diversi atenei a cui appartengono i vari partecipanti. Trattandosi di teologi riconosciuti a livello latinoamericano e anche mondiale, hanno sorpreso tutti le loro impressioni che sottolineano “la profonda libertà e feconda creatività che sperimentiamo nell’équipe di lavoro, nella metodologia stabilita, e nell’orizzonte verso il futuro”. Il prossimo appuntamento sarà in Argentina nel 2015. (altro…)
Nov 15, 2014 | Chiara Lubich, Cultura, Spiritualità
L’opzione privilegiata per i poveri, il cammino sofferto della teologia della liberazione, l’attuale crisi religiosa, la fede “fai-da-te” e il vuoto di senso. Ma anche la disuguaglianza sociale e il deficit di relazioni. Sono alcuni dei punti affrontati nei tre giorni di incontro in Brasile (Mariapoli Ginetta, 31 ottobre-2 novembre) da un gruppo di docenti universitari e giovani laureati, alla ricerca di una nuova prospettiva culturale per l’America Latina. Istanze coniugate con la domanda di testimoni e la sete spirituale, la valorizzazione delle culture originarie e degli afro-discendenti. Giorni in cui è emersa la vocazione tipicamente plurale e sociale del continente. Tra i presenti, il prof. Piero Coda, teologo, preside dell’ Istituto Universitario Sophia (Loppiano, FI), che ha visto passare tra i suoi studenti anche numerosi latino americani, tra cui alcuni brasiliani, presenti all’incontro. “Nell’attuale momento di grande svolta, di cambiamento d’epoca, di visione dell’uomo e del mondo, è un’urgenza storica offrire il contributo maturato in questi decenni dal dono di un carisma, il carisma dell’unità affidato a Chiara Lubich”, ha affermato il prof. Coda. E negli oltre 50 anni in cui il Movimento dei Focolari è presente in Brasile e nei vari Paesi dell’America Latina, molte sono state le iniziative a carattere culturale nate nelle varie università. La fraternità è stata spesso proposta come categoria che può imprimere rinnovamento alle diverse discipline, dalla politica ed economia al diritto e pedagogia. Con l’intenso scambio di esperienze, proposte, riflessioni che ha caratterizzato i tre giorni di incontro si è aperta una nuova prospettiva, un nuovo passo da compiere: che anche in America Latina nascesse un centro universitario con la stessa ispirazione che ha dato vita a Sophia. Si tratta di un progetto embrionale, con connotazioni specificamente latinoamericane. Vi hanno preso parte anche la teologa Maria Clara Bingemer, della Pontificia Università Cattolica (PUC) di Rio de Janeiro, che ha ripercorso il cammino conciliare e post conciliare della Chiesa nel continente, e il politologo argentino Juan Esteban Belderrain, che ha messo il dito su alcune delle piaghe più profonde del continente e le sue cause, tra cui la carenza di coesione sociale. La proposta culturale di Sophia si profila qui dunque con una connotazione peculiare, in sintonia con gli orientamenti della Chiesa latinoamericana e con le radici nell’ispirazione e metodologia originarie presentate da Chiara Lubich nel 2001. Sophia, in questi anni ne è stato un laboratorio di sperimentazione, come testimoniato dagli ex alunni: «qui studenti e professori mirano a coniugare pensiero e vita, privilegiando i rapporti a tutti i livelli e puntando alla trans-disciplinarietà, in risposta alla frammentazione dei saperi». «In Chiara non c’è mai stata contrapposizione fra vita e pensiero» – rimarca il copresidente dei Focolari Jesús Morán in una recente intervista – «Chiara è quella della “devozione alla mente di Gesù” e la fondatrice della Scuola Abba e dell’Università Sophia. Come tutti i grandi fondatori, lei era pienamente cosciente che un carisma che non si fa cultura non ha futuro. La cultura è sempre vita». Attualmente gli studenti dell’Istituto Universitario Sophia provengono da 30 nazioni. La convivenza internazionale offre un contributo ulteriore a formare “uomini-mondo”, dove la cultura tipica di ciascuno si apre a dimensione universale. Un progetto in consonanza con il trinomio consegnato recentemente da papa Francesco ai Focolari: contemplare, uscire, fare scuola. E il Papa, nel videomessaggio per il 50° della cittadella di Loppiano ha proprio ricordato Sophia come luogo in cui si possono formare giovani uomini e donne «che, oltre ad essere opportunamente preparati nelle varie discipline, siano al tempo stesso, impregnati della sapienza che sgorga dall’amore di Dio». (altro…)
Ott 22, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Ci sono molti modi per spingere il cambiamento oggi. A dimostrarcelo sono ancora una volta i giovani: da Occupy Wall Street, passando per le primavere arabe, fino al movimento “degli ombrelli” ad Hong Kong. Cambiano le epoche, gli strumenti, le armi e certamente le cause, ma la spinta a migliorare se stessi e il mondo, resterà sempre. È questo il messaggio lanciato il 20 ottobre scorso, dagli studenti dell’Istituto Universitario Sophia, alla cerimonia d’inaugurazione del settimo anno di vita. Dal popolo studentesco di questo piccolo ateneo toscano che si affaccia sul mondo – sono 115 di 30 Paesi – emergono alcune provenienze interessanti come Ucraina, Siria, Venezuela, Cuba, Camerun e Congo. Zone “calde”, ma in cerca di riscatto, a giudicare dalle scelte di tanti giovani, leve di questi popoli, non ultime quelle che frequentano Sophia. Vogliono conoscere, formarsi, prepararsi per agire in loro e attorno a loro. Oggi con la globalizzazione è senza dubbio più facile; esiste per questo la Fondazione “Per Sophia” che raccoglie fondi e distribuisce borse di studio che consentano a studenti indiani, brasiliani, ma anche europei e italiani di venirsi a formare ad una cultura dell’unità. A Sophia c’è grande impegno nel calibrare l’offerta accademica in base alle esigenze dell’umanità, dei mercati e del mondo del lavoro, come ha sottolineato il preside Piero Coda, ma non finisce qui. L’oro, il valore aggiunto di questo luogo è anche il “capitale umano”, gli studenti stessi, che hanno saputo fiutare la novità e la capacità rivoluzionaria dei corsi, siano essi di politica, economia o ontologia.
Samar Bandak ha 30 anni, è giordana di origini palestinesi. È tornata ad Amman da oltre un anno, dopo aver terminato nel 2012 il corso in politica allo IUS. Attualmente è uno dei dirigenti della Caritas nazionale, alla guida del dipartimento per il sostegno educativo del milione di rifugiati che sostano nel Paese su una popolazione totale di 5 milioni. Spiega così la propria scelta accademica, non proprio “ovvia”, se si considera che è laureata in Scienze della Nutrizione: «Ho scoperto che il principio della fraternità universale può essere una vera e propria categoria politica accanto alla libertà e all’uguaglianza. È una scelta, una risposta che ripara l’ingiustizia. A Sophia non si studia soltanto, si dà una grande importanza all’esperienza». C’è anche Patricio Cosso, attuale rappresentante degli studenti e proveniente dall’Argentina: «Cinque anni fa il mio obiettivo era specializzarmi in Finanza o Amministrazione per lavorare in banca o per fare qualcosa di simile di ciò che si fa a Wall Street”, racconta. “Poi, nel 2011, in una libreria ho trovato un testo che parlava di Economia di Comunione. Un binomio impossibile ai miei occhi, che pretendeva di coniugare egoismo e condivisione. Come potevano convivere? Mai avrei immaginato che oggi sarei stato qui, ad accordare formazione professionale e convinzioni etiche. Qui sto scoprendo che ogni domanda trova la luce giusta nella qualità fraterna che dò ai rapporti e nelle differenze culturali e religiose, nelle guerre, nelle crisi economiche dei nostri popoli”. “Immaginare e sperimentare una nuova cultura in tutti i campi della vita sociale: dalla famiglia alla politica, all’economia. Cioè la cultura delle relazioni”: stavolta sono parole di papa Francesco. Sì, perché nel sorprendente videomessaggio inviato per il 50° della Cittadella internazionale di Loppiano, ha voluto menzionare anche Sophia (in greco ‘sapienza’) tra le esperienze che vi hanno trovato casa, aggiungendo, e confermando così la via da percorrere, e cioè che “Principio della sapienza è il sincero desiderio di istruzione” e “la cura dell’istruzione è amore”. Galleria di foto su Flickr (altro…)