Nov 15, 2016 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
«L’oggi della storia ci presenta in modo incalzante l’immagine di un mondo lacerato da conflitti di ogni genere, di muri che si ergono, di migranti e di rifugiati che fuggono dalla miseria e dalla guerra, di egoismi politici che si fronteggiano incuranti delle ricadute umane». Così descrive Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, l’odierno scenario mondiale in un intervento che, impossibilitata ad essere presente, viene letto da Catherine Belzung. Scenario sintetizzato da papa Francesco – ricorda la presidente – «nell’espressione di “terza guerra mondiale a pezzi”. Una violenza non convenzionale, ubiqua e pervasiva, difficile da sconfiggere con gli strumenti sinora utilizzati. […] Sono conflitti che possono essere risolti solo con un impegno corale, non solo della comunità internazionale, ma della comunità umana mondiale. Nessuno può sentirsi escluso da questa azione: essa deve passare nelle nostre strade, nei luoghi del lavoro, dell’istruzione e della formazione, dello sport e del divertimento, delle comunicazioni, del culto. Alla “guerra mondiale a pezzi” si risponde con una pace mondiale fatta anch’essa di “singoli pezzi”, di piccoli passi, di gesti concreti. Tutti hanno un ruolo, ognuno ha una responsabilità». Maria Voce sottolinea l’impegno delle organizzazioni internazionali, della società civile, di associazioni e movimenti. Come quello che lei stessa rappresenta e che attinge ad un’esperienza di oltre settant’anni di lavoro per l’unità e per la pace iniziato da Chiara Lubich e portato avanti nei più diversi crocevia del pianeta in un dialogo a tutto campo nel mondo cristiano, con altre religioni, con persone di convinzioni non religiose. Un dialogo «basato sull’accoglienza delle persone, sul comprendere profondamente le loro scelte, le loro idee, valorizzando il bello, il positivo, quello che ci può essere di comune, che può formare dei legami».

Catherine Belzung legge il discorso di Maria Voce
«È la fraternità – afferma Maria Voce citando Chiara Lubich – che può far fiorire progetti ed azioni nel complesso tessuto politico, economico, culturale e sociale del nostro mondo. È la fraternità che fa uscire dall’isolamento e apre la porta dello sviluppo ai popoli che ne sono ancora esclusi. È la fraternità che indica come risolvere pacificamente i dissidi e che relega la guerra ai libri di storia. È per la fraternità vissuta che si può sognare e persino sperare in una qualche comunione dei beni fra paesi ricchi e poveri, dato che lo scandaloso squilibrio oggi esistente nel mondo è una delle cause principali del terrorismo. Il profondo bisogno di pace che l’umanità esprime dice che la fraternità non è solo un valore, non è solo un metodo, ma un paradigma globale di sviluppo politico». «Su queste basi – prosegue Maria Voce – è possibile ripensare la pace, anzi è possibile reinventarla». E ne enumera ambiti e significati: innanzitutto impegnarsi a fondo sul dialogo; realizzare progetti politici che non siano condizionati da interessi di parte; abbattere il muro dell’indifferenza e ridurre le disuguaglianze; promuovere una cultura della legalità; avere a cuore la salvaguardia del creato. «Reinventare la pace significa amare il nemico […], significa perdonare. Il perdono non è contrario alla giustizia internazionale, ma offre la possibilità di riavviare i rapporti su nuove basi. […] Per questo è necessaria una profonda operazione culturale. Occorre investire sulla cultura e sull’istruzione, come raccomanda questa Istituzione. […] Infine, reinventare la pace significa amare la patria altrui come la propria, il popolo, l’etnia, la cultura altrui come i propri». Leggi il testo integrale (altro…)
Nov 9, 2016 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
La città di Como è salita alla ribalta delle cronache per il notevole afflusso di profughi che, costretti da muri e filo spinato a deviare da altre rotte, tentano di attraversare la Svizzera per raggiungere i Paesi del nord Europa alla ricerca di fortuna o del ricongiungimento con familiari che li hanno preceduti. Il tragitto da percorrere, a piedi o con i mezzi, è assai breve, ma al confine i controlli sono rigorosi ed i respingimenti la regola. Cresce così il numero di persone accampate, in attesa dell’occasione propizia per eludere i controlli: sono uomini e donne, famiglie con bambini piccoli, minori non accompagnati. Il vescovo, mons. Coletti, in un appello rivolto alla città ha chiesto a tutti di raccogliere la sfida dell’accoglienza e, in particolare, si è rivolto alla comunità ecclesiale perché metta in pratica le opere di misericordia, nel Giubileo della Misericordia. Un’occasione di condivisione e di crescita. «Abbiamo sentito rivolto anche a noi questo invito – raccontano i membri della comunità locale dei Focolari – e ci siamo subito mobilitati, mettendoci a disposizione della Caritas diocesana in prima linea nell’organizzazione degli aiuti. Attraverso la rete della nostra comunità è emersa una risposta a cascata che coinvolge persone a noi vicine: familiari, amici, conoscenti. Si tratta di raccogliere alimenti, coperte ed altri generi di prima necessità, di coprire i turni di servizio dedicati all’accoglienza dei migranti, all’accompagnamento alle docce ed alla mensa, alla distribuzione delle vivande, alla cucina, alle pulizie. Di sera si servono fino a cinquecento pasti. Si incrociano sguardi spaesati, spaventati, riconoscenti, a volte ancora diffidenti. Difficile comunicare con chi parla idiomi sconosciuti. Ma anche il solo essere lì, stanchi e sudati come tutti, a porgere un piatto col sorriso, cercando di capire a gesti se è gradito, gomito a gomito con altri volontari che come noi si sono messi in gioco per i fratelli profughi, ci fa sentire parte di una grande famiglia». Una persona della comunità al servizio mensa, scrive: «Mi ha colpito la fede, l’intensità dei cristiani copti nella preghiera di ringraziamento prima e dopo il pasto». E poi: «Nel fratello profugo che accompagniamo alle docce e che serviamo a tavola, guardandolo negli occhi, riconosciamo Gesù che ci ricambia: “Sono Io…!». E ancora: «Dopo una serata trascorsa a servire, condividendo l’esperienza con altri volontari delle più varie estrazioni, si esce con il cuore gonfio di sentimenti e di propositi». Nella festività del santo patrono della città di Como si è vissuto un pomeriggio speciale in una basilica affollata, alla presenza del vescovo e delle autorità cittadine, con la partecipazione dei migranti cristiani eritrei, etiopi, somali ed una rappresentanza degli oltre 500 volontari. «La lettura del brano evangelico del giudizio universale, in italiano, inglese e tigrino, ha suscitato una grande emozione – raccontano –. Padre Claudio, missionario comboniano della nostra comunità, che ha trascorso più di 30 anni in quei Paesi e ne conosce lingue e dialetti, da settimane si prodiga per assistere le persone accampate nei pressi della stazione. A lui il vescovo ha affidato l’incarico di accompagnarli spiritualmente, mettendo a disposizione la stessa Basilica. Gesù è venuto oggi a visitarci in questi fratelli migranti e vorremmo, non solo accoglierlo, ma rispondere in modo concreto e con una progettualità». Fonte: Movimento dei Focolari Italia (altro…)
Nov 6, 2016 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
«Poiché le guerre hanno origine nello spirito degli uomini, è nello spirito degli uomini che si debbono innalzare le difese della pace». Così recita il preambolo dell’atto costitutivo dell’Unesco, presso la cui sede, a Parigi, il prossimo 15 novembre, si ricorda Chiara Lubich e l’impegno del Movimento dei Focolari per la pace. Proponiamo dagli scritti di Igino Giordani (protagonista di due guerre) alcuni pensieri sulla pace: «Le ferite sociali si chiamano guerre, dissidi; e lacerano il tessuto sociale con piaghe che a volte sembrano non marginabili. L’anima antica, nelle ore migliori, sospirava la pace. “si vis pacem, para bellum” [se vuoi la pace prepara la guerra], dicevano i romani; ma nello spirito evangelico è vera pace non quella procurata dalla guerra, ma quella germinata da una disposizione pacifica, da una concordia d’animi. Non si fa male per avere bene. “Se vuoi la pace, prepara la pace”. Anche qui si rinnova, costruendo alla pace, per piattaforma, non le armi, fatte per uccidere, ma la carità, fatta per vivificare. La carità, movendosi, genera fraternità, eguaglianza, unità, ed elimina invidie, superbie e discordie, tenendo a raccogliere gli uomini in una famiglia di una sola mente. La vita umana è sacra. Non uccidere! Non vendicarti ! Ama il nemico. Niente taglione… L’umanità che ha seguito Cristo ha inteso nel Vangelo il messaggio angelico cantato nella notte della sua nascita: “Pace in terra”. Basta che ci sia uno che ami la pace. Condizione prima delle relazioni. Gesù opponeva a generali ed eroi insanguinati gli eroi pacifici, vittoriosi su sé stessi, suscitatori di pace con sé, coi cittadini, coi forestieri; creava un eroismo nuovo e più arduo; quello di evitare la guerra sotto tutte le sue forme, spezzandone continuamente la dialettica con il perdono e la remissione. Questa pace è frutto di carità, quella per cui ci è imposto di amare anche i nemici, anche i calunniatori: essa impedisce le rotture, o le ripara. In regime d’amore la discordia è un assurdo, un rinnegamento; e chi lo provoca, si mette senz’altro fuori dello spirito di Cristo, e fuori resta sino a che non restaura la concordia». Igino Giordani, Il messaggio sociale del cristianesimo, Editrice Città Nuova, Roma (1935) 1966 pp. 360-368 (altro…)
Ott 18, 2016 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
La decima edizione del “Forum mondiale della pace”’ e la seconda del “Forum Mondiale dei Giovani per la Pace” si sono svolte contemporaneamente a Florianópolis, Brasile (22-25 settembre), con alcuni programmi condivisi, e altri momenti distinti. Il Forum ha visto la partecipazione di 1.500 giovani e adulti provenienti da 60 paesi, di diverse culture e varie fedi religiose. Il tema “Noi Crediamo”, era così articolato: Noi crediamo nel cambiamento, Giornata dedicata all’ecologia; Noi crediamo nei diritti umani, Giornata dedicata all’umanità; Noi crediamo nella pace, Giornata dedicata all’educazione. Il 21 settembre, la cerimonia di apertura si è tenuta nella piazza di fronte alla Cattedrale dove si è fatto uno spettacolo con più di 400 ballerini. Tra le cinque bandiere sventolate nella coreografia, c’era anche quella del Movimento dei Focolari. Ciò che ha caratterizzato maggiormente la cerimonia è stato il profondo clima di preghiera per la pace. Il 22 settembre, si è svolta una marcia per la pace lungo le strade della città che ha coinvolto bambini, giovani e adulti. «È stata una grande emozione – commenta Carlos Palma, Presidente del Forum Mondiale dei Giovani per la Pace – vedere scritto, sulla porta di una delle grandi aule, il nome di Chiara Lubich accompagnato dal titolo “Costruttore di Pace” (assegnato dall’UNESCO nel 1996 per l’Educazione alla Pace)».
Il Forum con i giovani è stata un’esplosione di vita con toccanti testimonianze dei loro vari progetti e esperienze personali vissute nell’impegno in favore della pace. Il 23 settembre, altri 500 giovani provenienti da tutto il mondo sono stati collegati via web alla Conferenza Mondiale dei Giovani per la Pace che fa parte del progetto Living Peace International in collaborazione con Peace Pals International (New York, USA), che si svolge ogni due mesi. Il Forum mondiale della Pace si è concluso il 25 settembre con un profondo momento di preghiera interreligiosa, con circa 30 rappresentanti di diverse religioni e tradizioni spirituali. Una parte importante del programma è stata dedicata alla Educazione alla Pace, al centro della quale c’è stata la presentazione di Living Peace. La presentazione e la storia di questo progetto, come si è diffuso in tutto il mondo e la sua pedagogia, era accompagnata da una carrellata di testimonianze di giovani del Brasile, Spagna, Paraguay, Stati Uniti d’America e di altre parti del mondo.
La consegna del Premio Lussemburgo per la Pace a Omar Abou Baker del Cairo, un giovane di Living Peace International è stato un momento particolarmente toccante. Così come l’annuncio delle successive edizioni del Forum Mondiale della Pace: ad Amman (Giordania), nel mese di settembre 2017 insieme agli adulti, e un altro a Manila /Filippine), organizzato dai giovani in occasione del Genfest 2018. La firma, in una solenne cerimonia, del Protocollo di Florianópoli è stata una degna conclusione: s’intitola “1% per la Pace”. Questo documento propone alle organizzazioni private e pubbliche di destinare l’1% di quello che spendono per la sicurezza interna ed esterna, al finanziamento delle azioni e progetti per la formazione di una cultura di pace. Eliana Quadro, una giovane volontaria dei Focolari di Florianópolis, ha ricevuto una medaglia d’argento: “Comandante del Forum Mondiale per la Pace”, in riconoscimento del suo impegno nella realizzazione dell’evento. «Il Forum si è caratterizzato per i rapporti profondi che sono stati creati, – ha concluso Carlos Palma – per la grande gioia nei cuori di tutti i partecipanti, e soprattutto, per l’immensa gratitudine verso Dio, e verso il carisma di Chiara Lubich che ci spinge verso l’umanità, facendoci costruttori di pace e di unità».
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Set 23, 2016 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Organizzato dalla Diocesi umbra con le famiglie francescane e la Comunità di Sant’Egidio, l’evento ha raccolto leaders religiosi di tutto il mondo con la partecipazione anche di uomini e donne di cultura e delle istituzioni. Presente anche il Movimento dei Focolari, sia in fase di preparazione che di partecipazione, soprattutto dalle comunità in Umbria e da Rita Moussalem e Roberto Catalano responsabili centrali del dialogo interreligioso dei Focolari. Con la sua presenza, lo scorso 20 settembre, papa Francesco ha dato continuità a quanto Giovanni Paolo II aveva intuito nel 1986: la necessità di pregare per la pace e il ruolo che le religioni hanno per evitare i conflitti come pure per contribuire a risolverli. Nel 2011, Benedetto XVI aveva presentato la pace non solo come un impegno degli uomini di fede, ma anche come un progetto culturale. Ma il mondo non è più quello degli anni ’80, quello bi-polare della Guerra fredda. Si è arrivati al mondo globalizzato e multipolare di oggi, dove anche le guerre sono cresciute, senza mai essere di religioni. Papa Francesco ha salutato i leader presenti uno a uno, iniziando da un gruppo di profughi, immagine delle sfide del mondo di oggi. Non si è trattato solo di un atto formale. Sono stati attimi profondi, di rapporto intenso, capaci di stabilire intese importanti per il futuro. Un secondo momento è stato il pranzo per il quale, nel Sacro Convento, il Papa ha voluto tutti accanto a sé. Consumare un pasto insieme, sotto lo stesso tetto è in sé un atto di pace. È seguita, poi, la preghiera comune. Ben inteso, non insieme. Ogni religione aveva un luogo dove i suoi seguaci potevano recarsi per pregare, secondo la propria tradizione religiosa, per la pace del mondo. Ognuno lo ha fatto distintamente; un atto che ha inteso cancellare il dubbio che questi momenti trasudino di sincretismo. I cristiani hanno pregato insieme, a dimostrare che l’unità fra le Chiese è fondamentale per dare un contributo importante alla pace, come seguaci di Cristo.

Il Papa presiede la preghiera ecumenica nella basilica di S. Francesco. Foto: CNS/Paul Haring
Il momento finale, sulla piazza antistante la Basilica di San Francesco. Leader di ogni religione seduti a semicerchio, attorno a papa Francesco, a dimostrare che nessuno reclama una superiorità, nonostante la stima e il riconoscimento di tutti per il papa di Roma. Il suo nome, il suo esempio di vita sobria, le sue parole, i suoi gesti sono stati costantemente citati nel corso dei 29 panel o tavole rotonde svoltisi nelle due giornate precedenti in ogni angolo di Assisi. La conclusione è stata scandita da riflessioni profonde e vitali da parte di leader cristiani, buddhisti e musulmani, ma anche da condivisioni toccanti: quella di una giovane madre siriana arrivata in Italia attraverso i corridoi umanitari e quella di un anziano rabbino israeliano sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti. A coronare la serata è arrivato l’intervento di papa Francesco che ha tracciato una road-map della pace. Infatti, «Solo la pace è santa, non la guerra!». Il Papa ha declinato il significato di pace parlando di perdono, di accoglienza, di collaborazione e di educazione, come degli elementi fondanti per renderla possibile. «Il nostro futuro è vivere insieme», ha affermato. Un’idea che universalizza la lettura del grande Bauman che, nella cerimonia inaugurale, aveva sottolineato come l’umanità sia chiamata oggi a vivere la dimensione del “noi”, dimenticandosi del “loro”. Ancora una volta è stato decisivo l’ambiente Assisi. Qui, infatti, la pace si respira. La famiglia francescana ha offerto in questi giorni un esempio di ospitalità umile, intelligente, rispettosa, costantemente al servizio dei leader delle diverse fedi. È stata una dimostrazione evidente di come l’umiltà di cui Francesco d’Assisi parlava e che chiedeva ai suoi seguaci sia una condizione fondamentale per il dialogo e per la pace. Una dimostrazione che la pace la costruiamo tutti, insieme, e che ognuno porta un dono unico e imprescindibile per i processi di pace. di Roberto Catalano (altro…)