Mar 21, 2015 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Sabato 14 marzo. Il “Salão dos Atos” immerso nel verde del Parque Barigui di Curitiba, era affollato da deputati federali, statali, sindaci, assessori, funzionari pubblici, giovani e accademici giunti dall’Amazzonia, dal Nordest, Brasilia e da altre città del Brasile. In quella sala sono risuonate parole insolite: la politica presentata come «“l’amore degli amori”che conferisce agli amministratori pubblici di fare progetti capaci di rispondere alle esigenze della comunità e ai cittadini di realizzare le proprie aspirazioni». È stato ricordato che «il potere conferisce la forza, ma è l’amore che dà autorità». Molte volte è stata ripetuta la parola “fraternità”, non solo quale principio etico della politica, ma come “la sua sostanza”. Sono questi i punti centrali del pensiero di Chiara Lubich, che Maria Voce, presidente dei Focolari, ha citato nel suo messaggio e che sono stati approfonditi nei vari interventi. Questa visione della politica che Chiara stessa aveva proposto, anni fa, nei parlamenti di vari Paesi, oggi è apparsa come una luce nel tunnel della crisi che attraversa il Brasile. Ha risvegliato nuova speranza, perché molti sono stati i testimoni che ne hanno mostrato l’attuazione, non solo in Brasile, ma anche in altri Paesi. Un panorama innovativo, presentato nel video-documentario all’inizio dell’evento promosso dal Movimento Politico per l’Unità (MPPU) espressione dei Focolari, nel 7° anniversario della sua morte. L’incontro ha avuto luogo in concomitanza di due manifestazioni popolari di segno opposto e molti degli interventi hanno evidenziato la crisi politica, economica ed etica, sottolineando la crescente mancanza di fiducia nelle istituzioni. «Noi siamo qui come mediatori, chiamati a cambiare questa situazione attraverso il dialogo e la fraternità», ha detto Sergio Previdi, presidente nazionale del MPPU.
«Questa è una grande sfida. La democrazia non è solo un fatto tecnico, ha bisogno di un’anima. Dobbiamo ripensare la politica per poterla riumanizzare», ha affermato Gustavo Fruet, sindaco di Curitiba. Ed ha citato l’innovativa cultura politica espressa da Chiara, dalla quale trae ispirazione il programma 2010-2030 per far di Curitiba “una città innovatrice globale”, già riconosciuta quale modello di pianificazione sostentabile e come “città della fraternità». Molti gli interventi di deputati e assessori di diversi partiti che cercano, non senza fatica, di attuare una politica contro-corrente che hanno testimoniato come attingono dal MPPU “nuova forza e nuovo impegno”. «Fraternità significa attuare una strategia di unità, cercare il dialogo tra maggioranza e opposizione, tra istituzioni e società, nella comune ricerca del bene comune», ha affermato il sindaco di Sorocaba, Antonio Carlo Pannunzio. Julio Carneiro del MPPU Brasile, ha citato le cittadelle fondate da Chiara Lubich (oggi più di 20) quali bozzetti-modello di città, per testimoniare l’incidenza della fraternità nella convivenza civile. «Una nuova cultura politica richiede uomini nuovi», ha affermato il prof. Marconi Aurélio Silva, evidenziando l’urgenza della formazione dei giovani alla cittadinanza attiva, basata sulla fraternità: «essendo noi per natura esseri relazionali e non individui isolati». Ed ha parlato dei molti frutti della Scuola Civitas in molti stati del Brasile e del mondo. Para saperne di più: www.mppu.org.br – www.focolares.org.br (altro…)
Mar 14, 2015 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

Margarita Stolbizer
L’America Latina è fatta di unità e di diversità e ciò che la rende forte è il suo percorso verso l’integrazione. È un disegno, senza dubbio, non ancora raggiunto con una comune-unità di sentimenti, emozioni, legami di fraternità, tutti basati su una storia condivisa. È questa la visione profetica che Chiara Lubich ha intuito su questa regione del mondo ed è verso questa visione che faticosamente camminiamo. Le democrazie in America Latina, anche se si sono poco a poco consolidate grazie ai processi di democratizzazione post-dittatoriali e di integrazione regionale, non hanno seguito, in quanto a qualità, una linea di miglioramento progressivo. L’America Latina deve affrontare un futuro incerto e complesso. La crescita economica degli ultimi anni, non è riuscita a sradicare completamente la povertà, né ha intaccato la disuguaglianza sociale e l’insicurezza. Ed è qui che si fa evidente lo stretto legame tra la politica e l’idea di fraternità. L’idea di fraternità, soprattutto nella testimonianza e nelle parole di Chiara Lubich, ha a che fare con due elementi centrali della politica. Il primo è l’idea di politica come progetto collettivo dell’America Latina che vada oltre le nostre individualità, che implica un gesto di comunione, un atto di fraternità, perché consiste nel riconoscimento dell’altro, nel rispetto della diversità. Ed è il dialogo lo strumento principale per la sua costruzione. 
Cristina Calvo
Il secondo elemento è la prospettiva a medio termine. L’idea di lavorare per azioni di cui forse non se ne vedrà mai il frutto, è il più grande gesto di grandezza della politica. Chiara Lubich ha dato vita, non solo in America Latina ma in tutto il mondo, a numerose iniziative in quattro ambiti: lo Stato, le organizzazioni sociali, il settore privato e quello della conoscenza. L’accesso ai diritti fondamentali, all’educazione e al lavoro, sono stati e devono tornare ad essere le colonne portanti della costruzione di un’identità nazionale. Le istituzioni vanno recuperate non come edifici, ma come ambiti in cui si garantiscono i diritti delle persone e si rende operativo l’esercizio di quegli stessi diritti, affinché si possano realmente esercitare e non rimanere una questione di declamazioni retoriche. Il contributo di Chiara Lubich ha messo in evidenza anche la dimensione etica della politica che ha a che fare con la trasparenza e legata direttamente all’idea della fraternità: l’etica ci permette di indignarci allo stesso modo davanti alla corruzione e davanti alla povertà e alla diseguaglianza. Siamo certi che l’America Latina, dal punto di vista della politica, deve recuperare un modello e un progetto di sviluppo economico produttivo basato sull’inclusione sociale, che garantisca l’accesso ai diritti umani nella loro integralità e generi e sostenga condizioni di vita degne. Abbiamo bisogno di recuperare una leadership affidabile, prevedibile, esemplare. Soprattutto sottolineiamo l’idea dell’esemplarità che non disciplina né con il denaro né comprando le volontà, ma che lo fa invece con la propria condotta. Un’esemplarità che non può essere solo individuale, deve altresì costruire leadership collettive, partecipative. Non esiste un progetto di sviluppo che non definisca come prioritaria la soluzione della condizione dei settori maggiormente vulnerabili, dei settori più poveri. Bisogna anche recuperare l’idea della fraternità come valore legato alle priorità dell’agenda pubblica. È imperativo recuperare una politica di convinzioni. Questo implica accettare la diversità. In Argentina e nel resto dell’America Latina abbiamo bisogno di recuperare la fiducia e innanzitutto una cultura di valori, di valori etici incarnati nella prassi e nel pensiero politico. E qui ritroviamo i principi e la testimonianza di vita per cui stiamo oggi celebrando Chiara Lubich. Per l’America Latina, Chiara coniuga carisma, sapere, leadership, azione e destino. In quel destino, in quell’impegno, ci siamo noi. Di Margarita Stolbizer (1) e Cristina Calvo (2) (1) Avvocato argentina, deputato nazionale, presidente del Partito Generazione per l’Incontro Nazionale – GEN e candidata del centro-sinistra alla Presidenza 2015 della Repubblica Argentina. (2) Economista argentina, dirigente del Partito Generazione per l’Incontro Nazionale – GEN) (altro…)
Mar 12, 2015 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale
La tragedia dei profughi siriani in Libano e Giordania irrompe in una delle sale della Camera dei deputati attraverso le parole di Lara e George: schiette, semplici, fiduciose, come lo si è a vent’anni. La guerra che dilania la vicina Siria ha i colori del dramma di chi perde figli, casa, amici e al contempo si colora degli atti di fede e di eroismo di chi cerca e crede nel perdono anche tra religioni e non solo tra uomini. Abraham invece ha con se il bagaglio di un Paese dilaniato dal narcotraffico e dai signori della morte: il Messico. Lui stesso si è visto puntare una pistola alla testa dalla polizia perché scambiato per spacciatore, al posto di uno vero che gli stava a fianco e che la miseria aveva spinto su questa strada. La celebrazione del settimo anniversario di Chiara Lubich ha i connotati dell’impegno e delle azioni nei luoghi di frontiera, vissuti politicamente dai giovani dei Focolari, che in oltre trecento si sono dati appuntamento a Roma, nei luoghi del governo del Paese per mostrare azioni di dialogo, di solidarietà, di pace che toccano l’Italia e trasversalmente il pianeta.
La presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini, interpellata sul ruolo della politica nel sanare i conflitti e nel tutelare i diritti, ringrazia anzitutto per il coraggio di «accorciare le distanze tra istituzioni e cittadini e di far pace con il Palazzo, venendo ad abitarlo con questo incontro». Poi c’è l’analisi dei «virus attribuiti ai politici», tradimento del bene comune, razzismo, chiusura, demagogia che di fatto rispecchiano la società. La presidente però chiede di non cedere a chi vuole cambiare il dna del nostro popolo fatto di accoglienza e di solidarietà e sprona i giovani a mettersi «a disposizione della cosa pubblica con generosità, per influenzare le decisioni e le scelte fare così un servizio doveroso al Paese senza appiattirsi sulle contrapposizioni e sulla logica del nemico perché nei valori di Chiara Lubich c’è una visione di società e questa è politica, questo è non tirarsi fuori».
Il dialogo che segue apre spaccati sulle ferite del nostro tempo: il rapporto con il mondo musulmano, le guerre e le epidemie africane, le calamità naturali del sudest asiatico. Pasquale Ferrara, a proposito del rapporto con l’Islam, con le fedi, con la diversità ribadisce che «il dialogo non è l’arma dei deboli, ma progetti di azioni comuni che non sono belle iniziative ma operazioni che sanno costruire le fondamenta dello spazio pubblico, da cui il dialogo non può non proiettarsi. Dialogo diventa pensiero e progetto di futuro in cui mettere in gioco il positivo delle proprie identità». L’economista Luigino Bruni a proposito delle enormi disparità sociali invita i giovani «a studiare molto e ad imparare bene un mestiere, per non fermarsi agli effetti della povertà o delle discriminazioni per individuare le cause e innescare il cambiamento, perché pochi e ben motivati posso davvero dare una svolta». E cita la campagna di Slotmob, partita da quattro persone e ora capace di cambiare la legge dello stato; ricorda la marcia del sale di Gandhi che portò all’indipendenza dell’India. Conclude ricordando che «la felicità più importante non è la nostra ma quella degli altri e quindi serve impegnarci con creatività a risolvere problemi e trovare i beni e mettersi insieme per fare cose nuove».
Il senso comunitario dei progetti messi in atto dai giovani dei Focolari e monitorati dall’Osservatorio della fraternità previsto dallo United world project esplicita secondo Paolo Frizzi la «prospettiva antropologica e civile del carisma dell’unità capace di forgiare un’umanità nuova in grado di condividere azioni di vita a partire anche dalle differenze per costruire cose durature con l’orizzonte del mondo». Si conclude con un appello alla politica che impegna i parlamentari presenti a rispondere con i fatti alle richieste comuni dei giovani europei e non, sul commercio di armi, sull’istruzione e sulle diseguaglianze, sulla legalità, sulle crisi umanitarie del Mediterraneo e persino sul controllo democratico delle scelte politiche. “La fraternità in cammino”, titolo scelto per la manifestazione vuole passi concreti e comuni da politica e cittadini. La votazione unanime dei presenti lo ha confermato. di Maddalena Maltese fonte: Città Nuova online
Fraternità in cammino: rivedi la diretta streaming
Mar 12, 2015 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Spiritualità
Da Montecitorio al mondo: questo percorso di Igino Giordani ha inizio verso la fine degli anni Quaranta, quando Igino è arrivato a un punto della vita un po’ problematico. Il mondo lo riconosce come un grande intellettuale cristiano, un fulgido studioso dei Padri della Chiesa, uno scrittore apologeta e coerente, ma lui avverte di vivere una certa “noia dell’anima”. A risvegliare la sua fede e la sua carità è l’incontro con Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari. L’incontro fra i due fu qualcosa di straordinario e lo dicono le circostanze speciali in cui avvenne: Igino Giordani era un uomo sposato, aveva 54 anni, 4 figli già grandi. Chiara era una giovane che aveva più o meno la metà dei suoi anni e chiedeva udienza per una necessità concreta: trovare un appartamento a Roma. Giordani, già membro dell’Assemblea costituente, era anche un deputato della Democrazia cristiana, di quelli “storici”, perché fu tra i primi – già negli anni Venti – a lavorare per il neonato Partito Popolare, il partito d’ispirazione cristiana fondato dal sacerdote Luigi Sturzo. Chiara era una giovane laica, e l’incontro avvenne ben prima del Concilio Vaticano II, quando normalmente non era frequente che alle signorine laiche venisse riconosciuto qualche ruolo nella Chiesa. Eppure, nonostante queste enormi differenze, l’incontro con Chiara trasformò Giordani, e da quel momento egli porterà in politica l’Ideale dell’Unità. Il suo annuncio giunse in un parlamento dove il contrasto ideologico era fortissimo. Il 16 marzo 1949 c’è in ballo il Patto Atlantico. «Giusto quando conoscevo da pochi mesi Chiara, – sono parole di Giordani – c’era una discussione sul Patto Atlantico, c’era la formazione dei due blocchi: uno che faceva capo all’America, agli Stati Uniti, uno che faceva capo alla Russia; si preparavano i preliminari per fare una nuova guerra, un massacro, la guerra definitiva. E un giorno si discuteva alla Camera nella discussione più aspra; mi ricordo: eravamo così arrabbiati quella sera nella Camera, che io temevo che qualcuno tirasse fuori una rivoltella e sparasse, tanto odio c’era tra i due gruppi. Io avevo chiesto di parlare ed ecco che prima di parlare si viene a mettere a sedere vicino a me un deputato cristiano, cattolico: Pacati, l’onorevole Pacati. Dunque mi disse: ‘Mettiamo Gesù in mezzo adesso che parli’. E io prendo la parola. Sul principio chiasso, urla, ecc.; piano piano si fa il silenzio, alla fine la Camera pareva diventata una chiesa, c’era un silenzio perfetto e io esprimevo le idee che noi impariamo nel nostro Movimento, cioè che la guerra non serve a niente, la guerra è la più grande stupidità, la guerra serve per la morte; noi non vogliamo la morte, noi vogliamo la vita e la vita sta nell’amore, nel cercare l’accordo. (…) Noi tutti quanti dobbiamo reagire, di qualsiasi parte del paese, di qualsiasi partito o fede noi siamo, perché si tratta veramente, sotto tante lacrime, sotto le brutture accumulate dalla guerra e dal fango, si tratta veramente di riscoprire il volto dell’uomo, in cui si riflette il volto di Dio». Lo stenografo parlamentare conclude il suo resoconto della discussione descrivendo gli applausi e le congratulazioni che da ogni parte dell’emiciclo giunsero all’indirizzo di Giordani. Ben presto, attorno a Igino si radunano numerosi parlamentari desiderosi di seguire l’ideale dell’unità. Ricordiamo solo qualche nome: Gaetano Ambrico, Palmiro Foresi, Tarcisio Pacati, Enrico Roselli, Angelo Salizzoni e Tommaso Sorgi, colui che diverrà il principale biografo di Giordani. Con loro, Giordani fa delle cose controcorrente, rispetto al clima dell’epoca. Per esempio, nel 1951 lavora all’«Intesa interparlamentare per la difesa della pace», insieme ad altri 40 parlamentari provenienti dal partito liberale, da quello repubblicano, socialdemocratico e democristiano. Sempre controcorrente, in pieno clima di guerra fredda, il suo pacifismo lo porta nel 1949 a promuovere con un parlamentare socialista, Calosso, la prima legge sull’obiezione di coscienza. Figurarsi le difficoltà che incontrò Giordani quando, come relatore, presentò la proposta alla Camera! Ma le sue convinzioni erano inossidabili: uccidere l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, significa commettere deicidio. «Nasce una nuova coscienza civica, – scrive Giordani – la quale abbatte le divisioni di partiti o fazioni o correnti e di privilegi di casta, di razza, di classe, e, dilatandosi, supera i confini statali. L’impulso comunitario suscitato dall’amore cristiano e spinto sino ad inserirvi Gesù, è un risveglio religioso e sociale, che, se, come noi crediamo, riesce, muta la storia dell’umanità». Certo, proclamare oggi gli ideali di amore e di comunione in politica sembra quanto mai spericolato… ma era spericolato (e forse di più) pure ai tempi di Giordani. Sì, Giordani viveva nella profezia; e pur vivendo con profondo impegno le sfide del tempo, non vi rimaneva intrappolato. La sua era una profezia forte di un Ideale immenso, quello dell’unità, sorretto da una spiritualità moderna e avvincente, che Chiara Lubich ha donato al mondo, e che Igino Giordani ha vissuto anche in politica. Alberto Lo Presti (Direttore del Centro Igino Giordani) (altro…)