Ott 23, 2018 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Il 27 e il 28 ottobre prossimi, nella cittadella internazionale di Loppiano (Italia), torna l’appuntamento “24 ore di Luce”, dedicato alla beata Chiara Luce Badano. Una due giorni di preghiera, performance, testimonianze e musica, dedicata alla storia della beata Chiara Luce Badano, morta a soli 18 anni a causa di un osteosarcoma, tra i giovani testimoni del Sinodo dei giovani. Assieme a lei, protagonista di quest’anno, il Vangelo, definito dalla beata “l’unico scopo della mia vita”. L’appuntamento è aperto a tutti e prenderà il via sabato 27 ottobre con la S. Messa delle ore 12.00 presso il Santuario di Maria Theotokos. “24 ore di Luce” è promosso dai giovani dei Focolari che vivono a Loppiano e frequentano le Scuole Gen, i centri di formazione per giovani di tutto il mondo. (altro…)
Ott 21, 2018 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Ana ha 19 anni, vive in Spagna. Comincia a raccontare mentre avanza, senza timidezza, sul palco dell’Aula Paolo VI. «Per conoscere meglio il settore socio-sanitario, all’inizio di marzo sono stata in un ospedale della mia città» racconta. In ospedale, viene accolta da un’assistente sociale che, invece di dilungarsi in discorsi, le presta un camice, le mette in mano una cartella clinica e l’accompagna nella stanza di un paziente: «Quando sono entrata e l’ho visto, un brivido mi ha attraversato il corpo. Sono dovuta uscire un momento per fare un respiro profondo». Sul letto, c’è un ragazzo di poco più grande di lei, malato terminale di cancro. Ana si fa coraggio e rientra in stanza: «Come stai?» Lui la guarda stupito, e le fa ripetere la domanda. «Come prima cosa mi presento – le dice –, sono qui da due mesi, ho un osteosarcoma, mi rimane poco tempo da vivere e sento che sto perdendo tutto: la famiglia, il lavoro, la ragazza. La mia vita non ha più senso». Ana è in stato di shock. Milioni di emozioni e pensieri le attraversano il cuore e la mente. Tuttavia, tenta di intavolare una conversazione raccontandogli qualcosa di se e della sua vita. Dopo alcuni minuti di silenzio, il ragazzo le chiede: «Tu credi in Dio?». Ancora una volta, Ana è colta di sorpresa ma gli risponde con un bel “sì”. «Io, invece no, perché mi ha abbandonato – soggiunge lui –, perché nel giro di pochi mesi mi toglierà la vita. Mi ha lasciato molto solo». La giovane andalusa si affida a Dio prima di replicare: «Quello che senti ora ha un nome, è ‘Gesù abbandonato’. Dio non ti ha abbandonato. Continua a starti accanto più vicino che mai. Ti sta mettendo alla prova e con quello che vivi ti fa una domanda, alla quale forse non hai ancora risposto: “Sei in grado di seguirmi anche nel più grande dolore?”. Lui ha scelto questa croce per te, e solo per te, per una ragione, perché vuole che tu dia testimonianza del suo amore. Vuole farti santo. Tu puoi diventare santo se accetti e accogli il dolore, se lo prendi come qualcosa che viene da Dio e non come qualcosa di tuo. Poi, senza pensarci, inizia ad amare le persone che hai più vicino a te, i tuoi genitori, la tua ragazza, i tuoi amici, facendo vedere loro che non temi la morte perché hai trovato qualcosa di prezioso che ti aiuta a vivere momento per momento, senza pensare cosa ne sarà di te domani». «Attraverso l’assistente sociale ho saputo che alcuni giorni dopo la mia visita, la sua salute è peggiorata – racconta Ana – e che ha chiesto di ricevere l’unzione degli infermi, per potersene andare in pace. Qualche tempo dopo, ho ricevuto questa lettera…». Sul palco dell’Aula Paolo VI è un giovanissimo attore a prestare la voce ad Hugo: «Ciao Ana, ti racconto qualcosa di me. Questi giorni sono stati difficili perché il cancro è avanzato più velocemente, ero più stanco, più debole, ma erano quelle le occasioni in cui dovevo amare di più. Sono state giornate difficili perché vedevo la morte sempre più vicina e questo mi spaventava un po’, ma quando succedeva, mi ricordavo che non è la morte che chiama, ma Dio: mi chiamava per andare con Lui in Paradiso, e questo mi dava la forza di sorridere, di amare. Ormai mi rimane poco tempo qui, Ana, ma devo dirti che adesso non ho paura perché so che lì starò bene. Grazie per avermi tirato fuori da quel buco profondo, per avermi ascoltato, ma soprattutto grazie per aver portato di nuovo Dio nella mia vita. Voglio che da ora tu viva per entrambi, che ti diverta per entrambi e che realizzi tutti i tuoi sogni. Io sarò sempre accanto a te e, dal Paradiso, mi prenderò cura di te ogni giorno, sarò come il tuo piccolo angelo custode. Ho dato all’assistente sociale una croce che volevo che ti consegnasse da parte mia, la porto da quando ho fatto la Prima Comunione, ma voglio che la tenga tu perché, quando la guardi, tu ti ricordi che questa è la Croce che Dio ha voluto per te che va portata con gioia e amando sempre. Ti aspetto in Paradiso, Ana». Tamara Pastorelli Fonte: www.cittanuova.it (altro…)
Ott 17, 2018 | Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Tra i tavoli apparecchiati con gusto e fresca semplicità, le conversazioni si intrecciano in diverse lingue. Per tre sere, i giovani dei Focolari hanno fatto gli onori di casa, in una sala poco distante da quelle dove si stanno svolgendo, fino al prossimo 28 ottobre, i lavori del Sinodo. Dopo alcune parole di caloroso benvenuto, le tre cene si sono rivelate altrettante occasioni di scambio, conoscenza e condivisione informale. Al momento del dessert, la presentazione del recente Genfest internazionale di Manila e di alcune esperienze, storie di impegno e coerenza dei giovani, allo scopo di favorire un contatto più stretto con i Padri sinodali, in continuità con un incontro già avvenuto qualche giorno prima, in cui erano state proposte domande, incertezze, scelte, nell’attesa che dal Sinodo possano emergere alcune risposte. Durante la seconda serata prende il microfono František, della Cechia. Dalle sue parole emerge una passione genuina per la politica, con un impegno concreto in vista delle prossime elezioni al Parlamento europeo. «Vi chiedo di sostenermi con la preghiera, perché possa rimanere sempre fedele alla scelta di servire la mia gente, senza alcun interesse personale». Poi è la volta di Nicola, 33 anni, originario di un paese vicino a Roma, terapista pediatrico presso una struttura ospedaliera universitaria. «Mi occupo di patologie rare ad insorgenza pediatrica, e per questo sono continuamente a contatto con situazioni spesso al confine con la morte. La difficoltà a volte sta nel comunicare ai famigliari la prognosi e le aspettative di vita del bambino. In questi momenti mi affido a Dio, perché mi suggerisca le parole e l’atteggiamento giusto. A volte la mia fede viene messa alla prova, ma poi non ho il tempo nemmeno di riflettere, “costretto” ad occuparmi delle persone che ho davanti e ad amarle. È questo davvero un volto di Gesù Abbandonato. Se riesco ad accoglierlo così, povero e misero, questo riempie il mio vuoto. Sono tantissime le situazioni che mi ritrovo ad affrontare.
Le famiglie dell’est sono a volte le più disperate poiché non hanno un sistema sanitario adeguato, sia dal punto di vista economico che clinico, che possa aiutarli. Per questo compiono dei viaggi della speranza verso i nostri ospedali, in cerca di cure, che in alcuni casi comportano per loro dei costi altissimi, essendo erogabili soltanto a cittadini residenti in Italia. Sono situazioni che ti portano a riflettere: a volte, nascere da una parte o dall’altra del mondo è solo una questione di fortuna. È in questi casi che Dio si mostra ancora più grande e ti chiede l’impossibile. Non possiamo certo trasgredire le leggi, ma possiamo cercare di essere d’aiuto in altri modi, ad esempio proponendo degli ausili per contenere al meglio le deformità articolari, oppure essendo sempre vicino e disponibile». Il tempo è volato. Gli invitati sembrano non volersene andare. La sfida dell’ascolto profondo e reciproco tra generazioni, motivo stesso di tutto il Sinodo, ha preso forma e consistenza anche in una cena. E nelle parole di un canto intonato a Maria, Silenzio altissimo d’amore, che la conclude. A cura di Chiara Favotti e Gustavo Clariá (altro…)
Ott 14, 2018 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«GIOVANI GEN! Noi vi accogliamo con grande gioia! Come figli, fratelli, amici! […] Cercare è proprio della gioventù. Appena l’occhio della coscienza si apre sulla scena del mondo circostante, una inquietudine si sveglia nell’animo della gioventù: essa vuole conoscere, essa vuole soprattutto provare; essa vuole tentare. Cercare, che cosa? […] Voi, giovani di questo tempo, avete già una risposta negativa, e quasi ribelle nel vostro cuore: non vogliamo, voi dite, il mondo come esso ci si presenta davanti! fenomeno strano: un mondo, che vi offre i frutti più belli, più perfezionati, più godibili della civiltà contemporanea, non vi soddisfa, non vi piace, voi profittate delle conquiste, delle comodità, delle meraviglie, che il progresso moderno mette a vostra disposizione. Un senso però di critica, di contestazione e perfino di nausea arresta la vostra ricerca in questa direzione. È una direzione che vi porta fuori da voi stessi, un’alienazione, perché in fondo, è una direzione materialista, edonista, egoista. Non soddisfa veramente l’anima, non risolve veramente i problemi essenziali e personali della vita. […] Voi avete fatto un’altra scelta. Per questo vi chiamate Gen, Generazione nuova. Una scelta, innanzi tutto, liberatrice. Liberatrice dal conformismo passivo, che guida tanta parte della gioventù del nostro tempo … Al fondo della vostra psicologia sta un atto personale e sovrano di libera determinazione. La scelta di Cristo. […] Gesù Cristo ha incrociato i vostri passi; e per ciò oggi voi siete qui. Sì, l’incontro con Lui, Cristo Gesù. Ma chi è Cristo Gesù? Quale sconfinata domanda. […] Ebbene: primo, in Sé, Cristo è il verbo di Dio fatto uomo; Cristo, per noi, è il Salvatore dell’umanità. Due oceani: la divinità di Gesù Cristo, e la missione di Gesù Cristo nel mondo. […] A noi pare che voi, Focolarini, avete affrontato questo duplice problema: Chi è Lui, Cristo? e Chi è Lui, Cristo, per noi? Ed ecco che il fuoco della luce, dell’entusiasmo, dell’azione, dell’amore, del dono di sé e della gioia si è acceso dentro di voi, e in una interiore pienezza nuova voi avete tutto compreso, Dio, voi stessi, la vostra vita, gli uomini, il nostro tempo, la direzione centrale da imprimere a tutta la vostra esistenza. Sì, questa è la soluzione, questa è la chiave, questa è la formula, antica ed eterna, e quando è scoperta, nuova. Voi l’avete intuita, e avete, a buon diritto, dato al vostro movimento la definizione di «Generazione nuova», Gen!
Dunque, carissima Gioventù Gen! Incontrare, conoscere, amare, seguire Cristo Gesù! Questo il vostro programma. Questa la sintesi della vostra spiritualità, che voi, celebrando il Giubileo dell’Anno Santo, volete riaffermare nelle vostre coscienze e tradurre nella vostra vita. Con due conclusioni. La prima: per condensare in un pensiero centrale e fecondo il segreto del vostro Movimento cercate d’avere sempre Gesù come Maestro. E poi la seconda conclusione, che ascoltiamo parimente dalle labbra del Maestro Gesù: «Voi tutti siete fratelli». Abbiate la saggezza e il coraggio di arrivare a questa conclusione, ch’è la radice della socialità cristiana. È spesso sconcertante osservare come molti, che si dicono seguaci del Vangelo, siano incapaci di dedurre dal Vangelo stesso una socialità fondata sull’amore. […] Voi, Generazione nuova, siate fedeli e coerenti. Se avete scelto Cristo per vostro Maestro, fidatevi di lui e della Chiesa, che a voi lo conduce e lo presenta. Dimostrate con i fatti la forza realizzatrice della carità, dell’amore sociale, instaurato dal Maestro. Sarà un’esperienza, sì, nuova e generatrice d’un mondo più giusto e più buono. Sarà un’esperienza forte; domanderà resistenza, sacrificio, eroismo forse; domanderà che anche voi siate i robusti e volonterosi Cirenei, che offrono le proprie spalle per sostenere la Croce di Gesù. Sì, dovrete anche soffrire con Lui, come Lui, per Lui! Ma non temete, Gen! siate sicuri! avrete operato la vostra salvezza e quella del nostro mondo moderno. E sempre, come oggi, sarete buoni e felici!». Leggi il testo integrale (altro…)
Set 28, 2018 | Chiesa, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Ciò che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40): questa Parola esprime in modo definitivo chi è l’uomo e qual è la sua realtà. Questa interpretazione dell’uomo è certamente uno scandalo, non minore di quello che Gesù suscitava dichiarandosi Figlio di Dio. In nome della propria libertà, identità e peculiarità, l’uomo pensa di poter contestare il fatto che lo si identifichi con Gesù Cristo. L’uomo vuole essere amato per se stesso, per quello che è, non vuole essere degradato ad una sorta di maschera di Gesù. Teme che quel “di più” di amore che egli riceve per amore di Gesù sia qualcosa che non tiene conto di lui, che lo deruba dell’amore che desidera per se stesso, e di cui ha bisogno. Ma chi per amare Gesù nell’altro trascura l’altro come persona, così facendo trascura anche Gesù. E chi ritiene che riconoscere la presenza di Gesù nell’uomo significhi sminuire la sua realtà, in realtà non ha affatto compreso la presenza di Gesù nel prossimo. Dato che Gesù si è identificato con l’uomo, Dio stesso, che è Amore, si è identificato con lui. Ma l’amore non è un’affermazione di sé che consuma l’altro e lo annulla, è qualcosa che si dona, e nel suo donarsi offre all’altro la libertà di poter essere se stesso. Gesù non mi lascia solo. Egli è dalla mia parte, mi accetta così come sono, e ciò che riguarda me riguarda anche Lui. Io rimango me stesso, anzi divento pienamente me stesso, proprio perché non rimango solo. Il mistero di Cristo è il mistero di ogni uomo. Che significa per la persona che incontro, e che significa per me e la mia vita? In riferimento all’altro, significa che non ho mai a che fare con qualcuno che è semplicemente l’anello di una catena, la rotella di un ingranaggio o un semplice numero nella grande quantità di persone esistenti. Ogni qualvolta incontro un volto umano, incontro Dio nella sua realtà incondizionata, incontro quella voce che sopra ogni volto umano pronuncia ancora ciò che disse di Gesù sul monte della Trasfigurazione: “Questi è il mio figlio prediletto!” (Mc 9,7). Senza eccezioni. L’uomo non può derubare se stesso della propria ultima dignità. Che sia un criminale o un mascalzone, io non potrò mai più valutarlo come un caso perduto. In ognuno incontro Cristo, non perché sia buono, o lo meriti, e nemmeno perché abbia attinto alla luce divina nella sua vita, ma perché Dio lo ha adottato in modo irrevocabile come figlio. Certamente l’uomo è immesso nella vita divina per la grazia di Dio che ha lasciato entrare in sé, per la scelta di credere personalmente, avvenuta mediante il battesimo nel nome di Gesù. Appartenere a Gesù non è qualcosa di “automatico”. Quando una persona nasce, Cristo,ha già assunto in sè il suo vivere e il suo morire, la sua colpa e il suo smarrirsi: tutto è assunto nella vita e morte di Cristo, che ha dato la sua vita per ciascuno. Per questo in ogni prossimo incontriamo Gesù. E lo incontriamo in particolare negli ultimi, in chi sembra essere più lontano da Lui, nelle persone in cui il Suo volto sembra essere oscurato. Come mai? Sulla croce, vivendo l’abbandono di Dio, facendosi persino peccato (2 Cor 5,21), Gesù si è identificato con ciò che è più lontano da Dio, che più sembra contrapporsi a Lui. Solo scoprendo Cristo nel prossimo e donando a ciascuno quell’amore umano che si rivolge in modo indiviso a lui e a Cristo stesso, ogni prossimo potrà scoprire la propria identità con Gesù, la sua vicinanza a Lui, l’essere pienamente assunto da Lui». (Tratto da: Klaus Hemmerle, Offene Weltformel, Neue Stadt, 1970, pp 31-33) (altro…)