Mag 26, 2023 | Chiesa, Focolari nel Mondo
Un’occasione unica, per conoscersi, condividere e per riscoprire la bellezza di essere, insieme, testimoni della Risurrezione. È quanto hanno potuto sperimentare i Movimenti ecclesiali e le nuove comunità presenti in Terra Santa nel cammino fatto insieme a partire dalla Pentecoste di un anno fa. Comunione, partecipazione e missione: sono le tre parole chiave legate al Percorso sinodale avviato nell’ottobre del 2021. Papa Francesco, proprio inaugurando questo cammino, ha invitato la Chiesa Universale ad essere Chiesa dell’ascolto, della vicinanza ed è proprio in questo contesto, nello specifico nella fase locale del Sinodo, che i Movimenti ecclesiali e le nuove comunità presenti in Terra Santa, su invito del Patriarca dei latini di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, hanno trovato il modo di ascoltarsi, incontrarsi, lavorando in comunione per la realizzazione della Veglia di Pentecoste 2022. Un’occasione speciale in cui ciascuno ha sperimentato la gioia di sentirsi un solo corpo nella Chiesa, animato e rinvigorito dal soffio dello Spirito Santo. Nel contesto sociopolitico e culturale della Terra Santa, la possibilità di generare “unità”, imparare dal carisma dell’altro e mettere il proprio a servizio di tutti. “Credo che la prima cosa da fare per sentirsi un unico corpo – ha affermato Mons. Pierbattista Pizzaballa – sia parlare, comunicare, ascoltare soprattutto. Ascoltare non significa soltanto udire, significa cercare di mettersi, in attesa dell’altro, dove l’altro diventa il soggetto, non io il soggetto, ma l’altro”. La Pentecoste inaugura il tempo della Chiesa che, nel suo pellegrinaggio incontro al Signore, riceve costantemente dallo Lui lo Spirito, lo stesso che la raduna nella fede e nella carità, la santifica e la manda in missione. In occasione della Pentecoste 2023 condividiamo il racconto di questa esperienza di comunione.
Maria Grazia Berretta
Guarda il video https://youtu.be/fJQjL4iz2D8 (altro…)
Mar 1, 2022 | Chiesa, Ecumenismo
Il Sinodo 2021-2023 indetto da Papa Francesco è l’occasione per rimettersi in ascolto e in dialogo con l’altro, l’opportunità di ritrovare la vera identità della Chiesa, “universale”, fin dal principio. Il percorso coinvolge tutte le diocesi del mondo, anche la Terra Santa. “Mentre ci accingiamo ad iniziare questo cammino, siamo più consapevoli che mai che noi, tutti insieme, come discepoli di Cristo in questa Terra, che è la Sua casa, siamo chiamati ad essere suoi testimoni. Ricordiamo che il suo più grande desiderio è quello che noi siamo uno (cfr. Gv 17).” È quanto si legge nella lettera del 26 gennaio 2022 inviata dagli ordinari cattolici ai capi delle Chiese cristiane in Terra Santa riguardo al Sinodo 2021-2023 indetto da Papa Francesco dal titolo “Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione”. Con il desiderio esplicito di informare e coinvolgere i fratelli delle altre comunità ecclesiali locali in merito all’articolato percorso sinodale avviato anche in Terra Santa, il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa, che firma il testo, sottolinea l’importanza dell’ascolto reciproco per crescere insieme in questo cammino di comunione. Uno sguardo alla missionarietà di una Chiesa “universale”, in particolare quella di Gerusalemme, di cui il patriarca aveva parlato il 9 novembre 2021, durante un incontro con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità presenti in Terra Santa a seguito dell’apertura del cammino sinodale: “La nostra Chiesa, la Chiesa di Gerusalemme è nata al Cenacolo, a Pentecoste, ed è nata, già allora, come Chiesa universale e locale allo stesso tempo. (…) soprattutto in questi ultimi anni, si è arricchita di tanti carismi in più. Per questo motivo la vostra presenza qui non è soltanto un dono, un segno della Provvidenza (…), ma fa parte di un desiderio di Dio (…)”. I rappresentanti delle varie realtà presenti, hanno potuto in quella occasione ascoltarsi, dare testimonianza della propria esperienza e, con il prezioso aiuto del patriarca, capire meglio come affrontare il Sinodo a livello locale. Mons. Pizzaballa, nel rispondere a varie domande, condivide il suo pensiero sulla sinodalità che “è uno stile – dice- un modo di stare nella vita, nella Chiesa, ma anche fuori dalla Chiesa. È un atteggiamento. E l’ascolto, il dialogo sono espressione di questo (…)”. È necessario, dunque, che i vari movimenti e le varie realtà lavorino in “cross -platform”, andando al cuore dell’esperienza di “comunione” della Chiesa universale, esperienza che, più di altre sembra davvero difficile vivere in Terra Santa. “Per comunione io intendo la coscienza di appartenenza- continua- di un dono ricevuto, di una gratuità, di una vita inserita dentro l’altro (…).Tutto questo scaturisce dall’esperienza dell’incontro con Gesù. (…) dopo aver incontrato il Signore e aver fatto esperienza della salvezza tu capisci che questa esperienza diventa completa, profonda, quando viene condivisa in una comunità (…)”. Un desiderio profondo che si rinnova nelle parole di questa lettera inviata dagli ordinari cattolici ai capi delle varie Chiese cristiane in Terra Santa ed apre gli orizzonti, sottolineando anche la volontà di crescere nella fraternità e arricchirsi della saggezza altrui. La possibilità di ‘stare insieme’: questo è l’auspicio del cammino sinodale, un momento che ha il sapore di un pasto condiviso, di un dolore che si abbraccia in gruppo, di una gioia che non può aspettare di essere raccontata; è l’incedere dei discepoli di Emmaus che, benché delusi e tristi, camminano insieme e, nella comunione, si sostengono, finché il Risorto non si accosta a loro. L’occasione da non perdere, quella per riconoscerlo in mezzo a noi.
Maria Grazia Berretta
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Feb 29, 2020 | Chiara Lubich
Inaugurata nella Città Santa la mostra “Chiara Lubich Città Mondo”, prima tappa delle sezioni internazionali, con una sezione dedicata al viaggio di Chiara Lubich del 1956. “Non credevo che Gerusalemme e i Luoghi Santi avrebbero inciso così sul mio animo (…) ogni pietra diceva una parola, molto di più di una parola, cosicché, alla fine, l’anima era tutta inondata, tutta piena della presenza di Gesù̀”[1]. Chiara Lubich esprime in una intensa pagina di diario l’esperienza dell’unico viaggio che ha fatto a Gerusalemme e in Terra Santa nel 1956. A ricordo ci sono diverse fotografie in bianco e nero, un video-giornale, ma la testimonianza più grande è la presenza attiva della comunità dei Focolari in questa città che proprio oggi, 29 febbraio 2020, inaugura presso la Curia della Custodia di Terra Santa la mostra “Chiara Lubich Città Mondo”, aperta fino al 14 marzo prossimo. L’esposizione riproduce quella attualmente aperta al pubblico presso le Gallerie di Piedicastello a Trento (Italia), curata dal Centro Chiara Lubich in collaborazione con la Fondazione Museo Storico del Trentino. Si tratta della prima delle sezioni internazionali che, nell’anno dedicato al centenario di Chiara Lubich, si ripeteranno anche a Città del Messico, Sidney, Mumbai, San Paolo, Algeri e Nairobi. Un primato simbolico, questo di Gerusalemme, città-culla delle tre grandi religioni monoteiste, casa per molti popoli. Qui la comunità dei Focolari è presente dal 1977 con il mandato di contribuire a realizzare quell’unità che, proprio in questa terra, Gesù aveva chiesto al Padre.
Anche a Gerusalemme il percorso espositivo della mostra, riproposto in un formato ridotto e riadattato, racconta i momenti significativi della vita della fondatrice dei Focolari, il suo pensiero e la sua opera, attraverso documenti, scritti autografi e materiale fotografico. Ma questa edizione ha una sua specificità, offerta solo a chi la visita qui: una sezione dedicata al rapporto tra la fondatrice dei Focolari e Gerusalemme, come spiega Claudio Maina co-responsabile dei Focolari in Terra Santa. “Abbiamo voluto portare a Gerusalemme questa mostra per far conoscere più in profondità la vita, la spiritualità e l’opera di Chiara, ma anche per testimoniare il rapporto che l’ha legata a questa città. In realtà, Chiara è stata a Gerusalemme una sola volta e per pochi giorni. Ma da quel viaggio ha avuto inizio una storia che continua fino a oggi: anche in Terra Santa, infatti, oggi ci sono persone che hanno accolto la spiritualità di Chiara e la vivono”. Una parte della mostra è dedicata anche al grande sogno di Chiara per questa città segnata profondamente da divisioni e ferite storiche: che nascesse un centro di spiritualità, studio, dialogo e formazione all’unità. “Un sogno, un’intuizione che via via si è precisata – racconta Terese Soudah – nel progetto del Centro per l’unità e la pace: progetto a cui da anni stiamo lavorando e che, malgrado tante difficoltà, va avanti e speriamo presto di poter realizzare”. Tra le autorità presenti, il Nunzio e Delegato Apostolico a Gerusalemme, mons. Leopoldo Girelli, il rappresentante del Patriarcato dei Latini, Padre Stéphane Milovitch, direttore dell’ufficio dei Beni Culturali della Custodia di Terra Santa, oltre agli amici cristiani, ebrei e musulmani che compongono la famiglia dei Focolari in Terra Santa. A causa dell’emergenza Coronavirus la delegazione italiana non ha potuto partecipare, ma si è fatta presente attraverso contributi video. Così il presidente della Provincia Autonoma di Trento Maurizio Fugatti, che ha augurato la miglior riuscita della mostra per poter portare nel mondo il messaggio che Chiara Lubich ha dato al Trentino e all’Italia. Il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, ha espresso l’augurio che attraverso questa mostra la spiritualità di Chiara ricordi a questa terra così travagliata il valore dell’unità, frutto della preghiera di Gesù, ancora così attuale. In un messaggio video, Anna Maria Rossi e Giuliano Ruzzier, curatori della mostra a Trento con Maurizio Gentilini, hanno introdotto il percorso espositivo: “Abbiamo pensato a un progetto che non si limitasse soltanto alla città di Trento, ma, come è stato nella vita di Chiara, si allargasse fino agli ultimi confini della terra, comprendendo tutti e cinque i continenti”. Al taglio del nastro il Nunzio, mons. Girelli, ha richiamato l’estrema attualità del messaggio di Chiara: “Qui a Gerusalemme potremmo invertire le parole del titolo della mostra e chiamarla: Chiara Lubich, mondo città, perché dal mondo questa mostra è giunta nella città per eccellenza, la città santa, la città dell’unità, della fraternità, del dialogo tra le religioni, tra i popoli”.
Stefania Tanesini
[1] Chiara Lubich, Scritti Spirituali/1: L’attrattiva del tempo moderno, Citta Nuova Editrice, p.172-179 (altro…)
Feb 5, 2020 | Nuove Generazioni
Continua la collaborazione di giovani artisti fra Montecatini (Firenze) e Betlemme. I prossimi programmi. Nei luoghi feriti dai conflitti, mossi per lo più da ragioni economiche e militari, i popoli in lotta sono anzitutto vittime di pregiudizi reciproci. Pregiudizi che alimentano le ostilità fra la popolazione civile, ma che possono essere disciolti attraverso l’incontro in un “territorio neutrale”, inteso sia in senso fisico che culturale e sociale. Un territorio dove l’anima si apre all’incontro autentico per liberarsi da odi e paure e disporsi alla riconciliazione. È da qui che muove il progetto “Armonia fra i popoli” promosso dall’Associazione Culturale Dancelab Armonia (*), che ha scelto la danza come luogo d’incontro per la pace. Espressione sociale del Laboratorio Accademico Danza, con sede a Montecatini Terme (FI), l’associazione è fondata da Antonella Lombardo, che ne cura la direzione artistica. Le abbiamo chiesto come nasce l’idea dell’Associazione:
Dopo 20 anni d’insegnamento della danza mi sono resa conto che i giovani si avvicinavano a questa disciplina solo per ottenere un successo personale. Ho voluto allora far sperimentare loro che la danza può dar senso alla vita indipendentemente dall’avere successo, e che può contribuire a migliorare la vita degli altri e a gettare semi di pace. È nata cosi l’idea dei campus internazionali, prima a Montecatini, poi in Terra Santa, a Betlemme. Ci racconta questo percorso? Abbiamo iniziato invitando in Italia ragazzi provenienti da diverse parti del mondo che già studiavano danza, per proporre loro una visione dell’arte che ne coglie la capacità di unire persone di diversa estrazione sociale, politica, etnica e religiosa perché parla un linguaggio universale. Invitando ragazzi palestinesi e israeliani abbiamo stabilito contatti con la Custodia di Terra Santa e con la Fondazione Giovanni Paolo II, che sei anni fa ci hanno invitato a Betlemme e Gerusalemme per dare vita a campus d’arte per i bambini dei campi profughi dei territori palestinesi. Come si svolge il campus?
Nel campus i ragazzi faranno un lavoro molto serrato: si comincia alle 9.00 e si prosegue fino alle 18.00 per sperimentare vari stili di danza. C’è la possibilità di convivere insieme in una casa e quindi di preparare la cena insieme, stare insieme anche ai ragazzi italiani e fare momenti di festa. Si lavora ad una coreografia intitolata Danzare la Pace che mostra come – ad esempio – ragazzi israeliani e palestinesi, che sul terreno vivono il conflitto, riescono qui a creare un clima di armonia nei rapporti personali e sul palcoscenico. E questo vale per gli artisti di tutti i Paesi, che portano al campus la loro cultura artistica e la loro sensibilità”. Come è stata l’esperienza con i giovani a Betlemme? “Quando siamo arrivati ci siamo accorti che non avevano alcuna conoscenza dell’arte, non avevano mai visto neppure i pennarelli. I quindici giorni del campus che facciamo lì rappresentano per loro –prigionieri a cielo aperto – uno spazio di libertà, un modo per oltrepassare idealmente quel terribile muro che li separa dagli israeliani. Gli insegnanti sono ragazzi palestinesi e israeliani che hanno frequentato il campus in Italia. L’esperienza di questi sei anni è stata talmente fruttuosa che la Custodia ci ha chiesto di aprire una scuola permanente a Betlemme, che vedrà la luce il prossimo anno”. Quando si terrà il prossimo campus italiano e come partecipare? Si terrà a Montecatini dal 27 agosto al 5 settembre 2020 e accoglierà ragazzi da varie parti del mondo fra cui Giordania, Egitto, Palestina, Israele. È rivolto agli aspiranti professionisti che condividono l’idea che l’arte possa essere uno strumento universale di armonia fra i popoli, perché possano favorire questo cambiamento di mentalità lì dove andranno ad operare, nei teatri, nelle scuole, nei luoghi d’arte. Possono contattarci scrivendo a info@dancelab.it. I campus fanno parte di un progetto più ampio, come tappe del Festival dell’Armonia fra i popoli, promosso dall’Associazione… Il Festival è arrivato quest’anno alla XV edizione, ha luogo in Toscana con il patrocinio di tutti i comuni della Val di Nievole e di città come Firenze, Assisi e Palermo, e si articola in una serie di appuntamenti. L’inaugurazione sarà il 14 marzo a Firenze, nel Salone dei 500 di Palazzo Vecchio, nella ricorrenza della scomparsa di Chiara Lubich, per il contributo che la fondatrice dei Focolari ha dato nel portare l’armonia nel mondo, a 20 anni dal conferimento della cittadinanza onoraria di Firenze, e nel corso delle celebrazioni per il centenario della sua nascita. Quali sono gli altri appuntamenti? Durante l’anno ci saranno interventi nelle scuole per sviluppare un lavoro sul tema del disarmo. Il nostro auspicio è che la voce dei giovani possa arrivare fino ai capi di Stato dei Paesi coinvolti nella fabbricazione e nel commercio delle armi, per poter scalfire queste realtà. Un’iniziativa apprezzata dai ragazzi vede protagonista la musica come momento di riflessione sul tema dell’incontro. Sono in programma appuntamenti culturali e cene interculturali a Montecatini e a Palermo. Il Festival, come i campus, sono offerti alla partecipazione gratuita. Una scelta impegnativa.. Fin dall’inizio ho voluto distinguere questa esperienza dai comuni stage di danza che le scuole fanno e sono fonte di lucro, perché i ragazzi vengano non solo per studiare danza ma perché hanno scelto di vivere la pace e di essere costruttori di ponti di pace.
Claudia Di Lorenzi
(*)https://www.festivalarmonia.org/ (altro…)
Ago 18, 2019 | Nuove Generazioni
Per il loro “cantiere” i Ragazzi per l’Unità dell’Emilia Romagna (Italia) quest’anno sono andati in Terra Santa. Hanno unito il percorso spirituale a una profonda esperienza di condivisione con coetanei che vivono in quelle terre. Dalla grotta della natività ad un trekking nel deserto di Giuda. Dalla visita al Sepolcro al bagno nel mar Morto. Dal rinnovo delle promesse battesimali nel fiume Giordano ad una gita in battello sul lago di Tiberiade. Fin qui non resta che un viaggio, o come tanti lo chiamano un pellegrinaggio, in Terra Santa sui passi di Gesù a ripercorrere la vita di Colui che dato senso alla nostra vita di cristiani.
Se poi aggiungiamo un pomeriggio nell’orfanotrofio Creche di Betlemme, un incontro con il vescovo ausiliare Kamal Bathish del patriarcato di Gerusalemme e uno scambio di esperienze con ragazzi e giovani del posto che aderiscono al Movimento dei Focolari, questo diventa il Cantiere dei Ragazzi per l’unità dell’Emilia Romagna che si è svolto dal 23 al 30 luglio in Terra Santa. I protagonisti sono 45 tra ragazzi e animatori, un gruppo desideroso di conoscere più da vicino i luoghi al centro della propria fede di cristiani. Di esperienze questo gruppo ne ha fatte tante a partire dalla GMG di 3 anni fa in Polonia, poi una visita ad Amatrice, città della regione italiana dell’Abruzzo distrutta nel 2016 da un violento terremoto, per donare una piccola somma di danaro ai giovani del posto, poi due cantieri con i complessi internazionali Gen Verde e Gen Rosso, oltre a numerose attività ecologiche e non, azioni a favore del progetto FameZero ed una raccolta di danaro per comprare batterie per apparecchi acustici per ragazzi sordo-muti della Bielorussia. Dopo queste attività è nato il desiderio di fare un’esperienza spirituale più profonda e i ragazzi non si sono tirati indietro. “Camminare nel deserto – dice Giacomo – è stato molto forte; gli animatori ci hanno proposto di restare in silenzio e provare ad avere un momento di dialogo a tu per tu con Gesù, ma ammetto che dopo un po’ quel silenzio mi ha fatto paura perché noi nella nostra società non siamo abituati”. Tipica di queste esperienze è la vita in comune, si condivide tutto dalla stanchezza a quello che passa nell’anima e se uno nel gruppo ha qualche problema subito si avverte. “Fra qualche giorno – commenta Chiara – non ricorderò più né il caldo, né la fatica per salire a piedi sul monte Tabor, né la febbre che ho avuto proprio quando dovevamo andare all’orfanotrofio e io ci tenevo tantissimo… ricorderò invece per sempre questo viaggio perché l’ho fatto con questa che è la mia famiglia per eccellenza. Sì, viaggio anche con la mia famiglia naturale, ma non è la stessa cosa. Gli amici dei Focolari per me sono una vera famiglia, davvero speciale”.
Come in tutte le circostanze non sono mancati momenti di tensione o altri in cui la stanchezza ha vinto eppure “quando abbiamo sentito le esperienze dei ragazzi palestinesi – commenta Giosuè – la nostra prospettiva è cambiata. Noi non sappiamo cosa significhi essere una minoranza per via del nostro credo religioso. Noi non sappiamo cosa è la vita di ogni giorno con il muro che divide Israele e Palestina. Tutte queste cose mi hanno fatto molto riflettere”. “Conoscere i bambini della Creche – sostiene Annamaria – mi ha aperto gli occhi. Se penso alla mia vita, è tutto un gran regalo”. I sette giorni di viaggio volano via, ritorniamo in Italia e al di là di tante parole resta stampata nel cuore di ciascuno questa esperienza che ben sintetizza il grande mistero di dolore-amore che trova compimento nella Resurrezione. Quel sepolcro vuoto grida a gran voce Alleluja.
Tiziana Nicastro
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