«Noi qui siamo tutti impegnati ad aiutare l’inserimento dei profughi nel Paese – scrivono dalla Germania –. Chi dà lezioni di tedesco, chi mette a disposizione un alloggio, chi il suo tempo per stare con loro. Proprio in questi giorni stiamo attendendo l’arrivo di 9 minorenni non accompagnati, provenienti da Siria e Afghanistan. Per sei mesi abiteranno nel nostro centro di Ottmaring, seguiti da assistenti sociali della città». «Qui a Dallas – scrivono dal Texas – abbiamo fatto una marcia per la pace per raccogliere fondi per i rifugiati siriani”. «Noi invece – incalzano da Houston – abbiamo pensato di incontrarci per una giornata di ‘team building’: attraverso giochi, dinamiche, lavori di gruppo, ecc. abbiamo imparato come si diventa ‘squadra’. Il 22 novembre invece abbiamo organizzato una preghiera interreligiosa per la pace. C’erano ebrei, musulmani, indù, cristiani. Era con noi anche l’arcivescovo». Dalla California segnalano che nell’annunciata cena a Los Angeles, a beneficio dei rifugiati del Medio Oriente, c’era un centinaio di persone di culture e chiese diverse. Dopo aver pregato per le vittime degli attentati a Beirut e Parigi, i giovani hanno presentato alcune iniziative in favore dei rifugiati svolte nel mondo nel quadro di United World Project, la piattaforma internazionale cui trovano visibilità iniziative grandi e piccole, come anche questa cena. Nel dialogo, la convinzione unanime che ciascuno può essere seminatore di speranza nei propri ambienti. Una cena di questo tipo si farà anche a San Francisco in dicembre. «Dal 30 ottobre – fanno sapere dalla Spagna – nel Centro Luminosa (vicino a Madrid) ogni sabato sera c’è una preghiera comunitaria per la pace, animata di volta in volta da un gruppo diverso (giovani, famiglie, sacerdoti, ecc.). È il punto di partenza per poi impegnarsi, non a parole ma a fatti e con una nuova misura e tensione, per la pace». Vivacissimi gli echi da Bahia Blanca (Argentina) dopo l’annunciata scesa in piazza del 20 novembre. L’idea, semplice e ardita, era invitare tutti, ma proprio tutti, per sensibilizzare su come si costruisce la pace. Il lancio, diramato da una radio locale, era rimbalzato sui social. Alle 19.30 la piazza centrale comincia a riempirsi di colori e musica. Striscioni, poster, volantini, propongono cosa bisogna fare per risolvere i conflitti con il dialogo e generare così la pace: dare un sorriso, parlare senza gridare, raccontare qualcosa di umoristico, accettare le idee di chi la pensa diversamente, fare all’altro ciò che ti piacerebbe facesse a te, ecc. Sul palco si alternano canzoni (un coro si era offerto di esibirsi grazie all’invito su Facebook), brevi interventi, animazione. «L’esperienza di oggi è solo un primo passo che ci conferma che quando si è insieme le piccole cose possono diventare potenti. È dunque urgente cominciare a muoverci partendo dal quotidiano». Sempre in Argentina, a Paranà, la comunità locale ha organizzato due serate ecumeniche di preghiera per la pace e per i perseguitati a causa della fede, animate da membri di chiese diverse con i quali sono in contatto. Con testimonianze di rifugiati e delle famiglie che li hanno accolti, oltre alla preghiera, tanto necessaria e sentita, volevano dare visibilità al cammino fatto insieme per sensibilizzare all’accoglienza e all’inclusione. E mentre da Tokyo (Giappone) raccontano che al “Syrian Café” – uno spazio di incontro e di dialogo – hanno raccolto una bella somma da mandare a Damasco, giunge notizia che ad Asunción (Paraguay) dal 18 al 20 dicembre ci sarà un campeggio per la pace organizzato da Ragazzi per l’Unità, la diramazione junior dei Focolari.
Costruire relazioni solidali
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