Movimento dei Focolari
Ragazzi uniti per dire no al bullismo

Ragazzi uniti per dire no al bullismo

Il progetto “Why fai il bullo?” forma gli adolescenti perché aiutino i loro coetanei ad affrontare questo fenomeno con azioni e prevenzione partendo dalle cause che lo generano. Una sistematica prevaricazione, con offese e soprusi messi in atto dai ragazzi nei confronti dei loro coetanei. Questo è il bullismo, un fenomeno dilagante tra gli adolescenti, sia a livello personale che attraverso il web. Esso coinvolge i ragazzi-bulli, chi ne è vittima e gruppi di amici che spesso assistono impauriti o compici. Che fare? Un progetto dell’associazione bNET, capofila della “Rete Progetto Pace”, una rete internazionale di scuole, enti ed associazioni che collaborano per promuovere una cultura di pace, punta sulla responsabilizzazione dei ragazzi: che siano loro stessi, opportunamente formati, ad aiutare i loro coetanei ad uscire dal bullismo. Ne parliamo con il Presidente dell’associazione Marco Provenzale. – Che cosa è il progetto “Why fai il bullo”? Ogni episodio di bullismo nasce da un conflitto. Noi crediamo che far capire ai ragazzi la sua origine e dare loro gli strumenti per capire i conflitti e risolverli aiutandosi tra pari sia la strada migliore per risolvere il fenomeno. Il cuore del progetto è la creazione in ogni scuola di un gruppo di studenti, il “Gruppo di Mediazione fra Pari”, nel quale i ragazzi acquisiscono competenze per la gestione e la risoluzione dei conflitti. I ragazzi, formati attraverso lezioni e giochi di ruolo, diventano capaci non solo di risolvere, ma anche di prevenire i conflitti, riconoscendo nella vita quotidiana della classe il verificarsi di potenziali situazioni di pericolo prima che degenerino in tensioni più gravi. Il Gruppo offre poi un servizio di mediazione attraverso uno “sportello” concordato con ogni scuola. I ragazzi con i quali lavoriamo vanno dagli 11 ai 15 anni. Si tratta di un progetto europeo, nato nel 2015 dopo la partecipazione di alcune associazioni al bando “Joining Forces to Combat Cyber Bullying in School”, ma che potrebbe essere attuato anche in altri Paesi.  – Il progetto prevede anche attività parallele? Sì, attraverso incontri formativi mensili ed eventi annuali tra i quali un viaggio interculturale e umanitario. Sono previsti momenti di formazione anche per docenti e genitori. Questa compartecipazione tra associazione, scuola e famiglie riteniamo sia uno dei valori aggiunti dell’iniziativa.  – Il progetto è promosso dall’associazione bNET, capofila della “Rete Progetto Pace”, quali gli obiettivi  di essa? La “Rete Progetto Pace” da quasi trent’anni porta avanti una formazione integrale per i ragazzi. Favorisce la collaborazione tra istituti scolastici e associazioni, a livello locale e internazionale; sviluppa la riflessione dei giovani su tematiche di attualità; promuove esperienze di volontariato; valorizza i talenti artistici ed espressivi, le capacità di leadership e le abilità tecnologiche anche nell’uso positivo dei media. Per maggiori informazioni: visitare il sito www.reteprogettopace.it o scrivere a direttivo@reteprogettopace.it.

A cura di Anna Lisa Innocenti

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Portare il Risorto nel mondo

Portare il Risorto nel mondo

Al ritiro del Consiglio Generale in Terra Santa si sono conclusi i tre giorni di lavoro su comunione dei beni, nuove generazioni e Assemblea generale 2020.   “Quel Gesù che era sepolto qui ed è risorto, ora vuole vivere in mezzo a noi ed essere portato da noi in tutto il mondo”. Ha espresso così il Copresidente del Movimento dei Focolari Jesús Morán la sua emozione davanti al Santo Sepolcro dove ha celebrato l’Eucarestia insieme al Consiglio Generale. Una giornata intensa, ricca, quella del 13 febbraio iniziata con un risveglio all’alba per poter entrare in questo luogo straordinario che sembra avere molti punti in comune con la settimana di ritiro che il Consiglio Generale sta vivendo in Terra Santa. Al Santo Sepolcro ci si è trovati infatti davanti alla tomba lasciata vuota da Gesù Risorto. E, come essa provocò nei seguaci di Gesù tante domande sul futuro, così in questi giorni anche il Consiglio Generale si è lasciato interrogare facendo spazio alle domande sull’avvenire: dove il Risorto – anche attraverso i Focolari – vorrà arrivare oggi? Dove si dovrebbero, di conseguenza, concentrare le forze, le energie e le risorse? Domande che hanno pervaso i tre grandi argomenti affrontati in questi giorni a Gerusalemme. Riguardo all’aspetto “comunione dei beni, economia e lavoro”, il Consiglio Generale ha costatato in tutte le articolazioni del Movimento un grande desiderio di tornare alla radicalità dei primi tempi e di vivere con nuovo impegno e nuova coerenza la comunione dei beni. Ci si è interrogati su come dare concretezza a questo desiderio. La riflessione sulle nuove generazioni dei Focolari, secondo argomento trattato, è stata arricchita dalla retrospettiva sul Genfest a Manila e sulla recente GMG a Panama, due tappe che hanno evidenziato tutta la potenzialità di ragazzi e giovani. Lo dimostrano anche alcune iniziative che si stanno ampiamente diffondendo come il progetto “Pathways for a United World” oppure l’impegno verso “Fame Zero” per sconfiggere la fame entro il 2030. Tra gli argomenti di riflessione, come dare continuità alle singole iniziative in atto per aderire a questi impegni. E infine il terzo tema: la preparazione della prossima Assemblea Generale del 2020. Particolare attenzione del Consiglio è stata posta, da un lato, su come fare in modo che l’Assemblea rispecchi la varietà geografica, culturale e di vocazioni presente nel Movimento; dall’altra, ci si è chiesti come conciliare le esigenze di continuità e quelle di novità che caratterizzano il momento attuale del Movimento. A breve sarà costituita una commissione preparatoria che avvierà il lavoro partendo da queste due piste. Così descritto, però, potrebbe apparire un ritiro fatto di tante domande, ma senza risposte. Non è stato così. E’ venuto in luce un cammino già in atto, frutto della vita del Movimento presente in tutto il mondo. Porsi domande su questo cammino, lasciarsi interrogare dalle grandi questioni dell’umanità di oggi e cercare nuove risposte, attingere al percorso fatto per guardare al futuro, può produrre effetti inaspettati, può far incontrare il Risorto su strade inattese, proprio come è accaduto a quei due discepoli che, lasciata la tomba vuota, si erano incamminati verso Emmaus.

Joachim Schwind

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Dio li ama in modo particolare

In occasione della “Giornata mondiale del malato” proponiamo una breve riflessione di Chiara Lubich sulla malattia e sulla comunità del Movimento nelle quali vivono persone ammalate. Voi sapete che tutta la nostra vita, perché cristiana, è una rivoluzione. È una rivoluzione del modo di pensare, è un andare controcorrente. Ora, se noi guardiamo come sono considerati gli ammalati nel mondo, osserviamo che, specie se la malattia si prolunga o è incurabile, essi sono in certo modo, considerati diversi dai sani, come una categoria a parte. La società di oggi infatti, non comprendendo il valore del dolore e volendolo dimenticare, così come si vuole fare con la morte, emargina gli ammalati. È una cosa anticristiana, gravissima, perché il primo emarginato dovrebbe allora essere Gesù Cristo in croce. Perciò queste comunità particolari in cui vivono persone ammalate, se sono senz’altro come le altre, sono anche speciali per il bene che fruttano e perché hanno la possibilità di testimoniare al mondo che cosa è il dolore per un cristiano. Il dolore è un dono che Dio fa ad una creatura. E questo non è soltanto un modo di dire per consolarci o per consolare gli ammalati. Tutti coloro che stanno poco bene sono veramente amati da Dio in modo speciale, perché più simili a suo Figlio. (Chiara Lubich, Perchè mi hai abbandonato?, 1997, pp.108-109) (altro…)

Gen Verde in tour a Panama e in Centro America

Gen Verde in tour a Panama e in Centro America

Il complesso racconta l’esperienza in Gran Bretagna e Lussemburgo e poi in Panama per la GMG. Il loro viaggio continua Cuba, Guatemala ed El Salvador. Nel vostro ultimo album “From the inside outside” emerge uno sguardo positivo sulle persone: ognuno ha la possibilità di trovare in sé quella luce che può portare agli altri. È così? Adriana: Spesso sentiamo dire che oggi la società sta passando una notte culturale, dove c’è tanto “buio” e le divisioni vengono più in risalto. Vogliamo che il messaggio di questo album sia un invito a tirare fuori quella speranza che magari è nascosta sotto la cenere, riaccendendola. L’album nasce dall’esperienza fatta con migliaia di giovani durante i nostri tour. Grazie al progetto “Start Now”, un programma con laboratori artistici e un concerto conclusivo, abbiamo la possibilità di vivere a stretto contatto con le nuove generazioni. Ci rendiamo conto delle sfide che affrontano, ma anche delle loro bellezze. Spesso offriamo la nostra esperienza, ma mai dall’alto come qualcuno che ha già risolto tutto. Piuttosto insieme a loro guardiamo in faccia le sfide, cerchiamo di affrontarle e dare una risposta. Diversi ci hanno detto: “Quando torno a casa le circostanze esterne non saranno cambiate, ma sarà diverso come io le affronto”. Secondo voi la musica, il canto, la danza funzionano per entrare in contatto con i giovani? Sally: Le discipline artistiche hanno proprio queste caratteristiche: facilitano il dialogo, l’apertura e i risultati spesso sorprendono. Una volta in una scuola un’allieva era affetta da mutismo selettivo, aveva cioè deciso di non parlare più. Quando si è iscritta al gruppo di canto ci siamo chieste: che cosa farà? Il primo giorno non ha aperto bocca. Il secondo ha ringraziato, il terzo si è offerta lei stessa per cantare una seconda voce. Tornando a casa in lacrime ha confidato alla madre: “Ho ritrovato la mia voce”. Anche le insegnanti erano commosse: “È da non credere, stava sempre sola, adesso comincia a parlare con gli altri e raccontarsi…”. Questo è solo un esempio, ma come questo ce ne sarebbero tantissimi altri. Nella canzone “Not in my name” affrontate i rapporti tra cristiani e musulmani. Come è nata? Adriana: Abbiamo voluto esprimere solidarietà ai nostri amici musulmani e mettere in luce i valori che condividiamo, sapendo che tanti di loro soffrono, perché si sta diffondendo una rappresentazione sbagliata dei mussulmani e perché il cuore della loro religione non è quello che viene diffuso dai media. Inoltre la stessa esperienza di creare la canzone è stata all’insegna del dialogo: ci siamo anche ispirate alle parole del Dr. Mohammad Ali Shomali, Direttore dell’Istituto Internazionale per gli Studi Islamici di Qum (Iran) che abbiamo conosciuto a Loppiano. Egli afferma che siamo tutti gocce che riflettono il volto di Dio e insieme possiamo essere un oceano d’amore. Quando lui ha letto le parole della canzone ha detto di sentirsi espresso. Per l’arrangiamento del brano abbiamo coinvolto Rassim Bouabdallah, membro dei Focolari di religione musulmana, che nella registrazione ha suonato il violino. Adesso vi trovate in Centro America dove avete partecipato anche alla GMG, come sta andando il vostro viaggio? Alessandra: A Panama nelle città di Chitré e di Colón abbiamo realizzato il concerto con i giovani per migliaia di pellegrini in occasione della GMG: essere sul palco con loro è stato sentire e dire a tanti che si può sperare insieme. Forte anche l’esperienza nell’Istituto Penale femminile di Panama City. Le donne lì vivono veramente una vita difficile, ma c’era un ascolto incredibilmente profondo: quanti applausi spontanei, quante lacrime durante le canzoni…Alla fine tante ci hanno detto che sembrava avessimo vissuto le stesse esperienze e che insieme potevamo rialzarci e guardare al futuro, in un posto nel quale sembrerebbe impossibile. È stato sperimentare la misericordia di Dio che opera nelle nostre vite al di là di qualsiasi circostanza.

a cura di Anna Lisa Innocenti

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Vangelo vissuto: sperimentare la pace vera

Agire in prima persona e ridare vita a rapporti feriti nel tessuto della città.  Pestaggio Da quando in Messico è cominciata la lotta al narcotraffico si contano moltissime vittime, e non si tratta sempre di delinquenti. Tempo fa tornavo a casa da scuola, quando si è avvicinato un ragazzo per chiedermi una sigaretta. Proprio in quel momento sono sopraggiunti degli agenti di polizia e ci hanno perquisito. Poi hanno cominciato a picchiare il ragazzo e ad insultarlo, lasciandolo in mezzo alla strada ferito e sanguinante. Io avevo assistito impotente. Quindi l’ho aiutato ad alzarsi e gli ho dato i pochi spiccioli che tenevo in tasca. E lui, abbracciandomi, mi ha detto: “Con questi soldi oggi la mia famiglia mangerà”. (Abraham – Messico) Scambio di lettere Con i ragazzi ai quali faccio un percorso di  catechesi,  ho trattato le opere di misericordia. Per metterle in pratica abbiamo pensato di scrivere a delle donne detenute. Ho esposto il progetto al direttore del carcere, che subito si è detto contrario. In seguito, però, consultandosi con altri, si è convinto della bontà del progetto, che avrebbe potuto avere effetti positivi su quelle donne. Così lo scambio è stato approvato e da allora i ragazzi si sono messi all’opera, preparando disegni e letterine da consegnare alle detenute. (Prisca – Svizzera)  Bazaar I knew a few poor families and wanted to help them.  In the office, a colleague asked me if I was interested in some good quality clothing she no longer needed and toys that belonged to her children who were now grown up.  I told her about the families I wanted to help and she decided to get others involved.  Very soon we had collected a great many things that we kept in a garage. Some we gave away and the rest we sold at a bazaar.  With the proceeds we were able to help a lot of families in difficulties.  After this experience another colleague, who is often very grumpy, said we couldn’t stop there so we keep looking around to see who else we can help. (R.A.R. – Brasile)  

A cura di Chiara Favotti

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