Gen 7, 2019 | Focolari nel Mondo
Da tre anni, nell’arcipelago Wallis-Futuna, la comunità dei Focolari sostiene, in sinergia con le autorità locali, un’iniziativa ecologica per riportare l’isola di Wallis alla sua originaria bellezza. Wallis, insieme a Futuna, Alofi e altri venti isolotti più piccoli, nell’Oceano Pacifico meridionale, fa parte di un arcipelago che dal 1961 è territorio d’oltremare della Repubblica francese. L’isola, la più grande e popolata, è circondata a sua volta da alcuni piccoli isolotti e da un’enorme barriera corallina. Un territorio di incomparabile bellezza, minacciato però, da alcuni anni, da un allarmante aumento di rifiuti – cannucce, rottami, bottiglie di plastica, pneumatici, vetro, mobili – abbandonati in maniera indiscriminata, o trasportati dalle correnti del mare, diventati una causa di inquinamento delle spiagge e dei fondali marini. «La questione è sempre più preoccupante, e lo dimostra la crescente attenzione dei media locali, tra cui anche il noto canale televisivo RFO Wallis e Futuna, su questo tema» spiega Eva Pelletier, della comunità dei Focolari. «Dal 2015, come risposta all’Enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco, abbiamo deciso di impegnarci per la nostra isola con un piano di sensibilizzazione al rispetto dell’ambiente e alla raccolta dei rifiuti, mediante una serie di iniziative che hanno coinvolto adulti, giovani e anche bambini. Questa azione ecologica ci ha dato anche l’opportunità di costruire sinergie con le istituzioni locali e occasioni di dialogo a molti livelli». Il problema, continua Eva, è infatti motivo di divisione anche tra i tre Domìni in cui è ripartito il territorio, e persino all’interno dell’Assemblea che lo governa. «Con nostra grande sorpresa, nel novembre 2017, in occasione dell’apertura della Settimana dedicata in tutta Europa alla riduzione dei rifiuti (SERR), il Prefetto, in accordo con il Dipartimento dell’Ambiente, ha voluto partecipare ad una nostra iniziativa nell’isolotto di Nukuloa, a nord di Wallis. Date le circostanze, si sono uniti anche altri ministri, il capo del distretto settentrionale e i capi dei villaggi Vaitupu e Vailala. Dopo i discorsi di benvenuto e una cerimonia iniziale, con l’offerta di ghirlande di fiori e piatti tradizionali, una bambina ha distribuito spontaneamente i guanti per raccogliere la spazzatura, cominciando proprio dal Prefetto e dal Primo Ministro. Quel giorno abbiamo ripulito le spiagge da 500 chili di spazzatura». Dal 2016 il Dipartimento per l’Ambiente supporta l’azione mettendo a disposizione barche, camion e personale. A maggio 2018, l’operazione non si è limitata alla raccolta di rifiuti («più di 2.600 chili»), ma si è rivolta anche al contrasto dell’epidemia “dengue”, che si trasmette attraverso la puntura di zanzare infette. «Ci siamo dedicati alla pulizia di canali, grondaie, bordi delle sorgenti e di un pozzo molto profondo». «Su questa terra conviene che ognuno faccia la propria parte – conclude Eva, citando una frase di Chiara Lubich – e anche se l’altro non risponderà facendo la sua, non perderti d’animo. Nell’amore, ciò che conta è amare».
Chiara Favotti
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Gen 4, 2019 | Chiara Lubich
I bambini per l’Epifania sono soliti ricevere dei regali. E al bambino Gesù, chi ci pensa? Un fatto veramente accaduto, raccontato da Chiara Lubich ai piccoli della Cittadella Internazionale di Loppiano (Italia). https://vimeo.com/151760194 Io devo raccontarvi una storia vera, che è successa a Natale. In un paese anzi, in una città che si chiama Vicenza. E lì c’era un parroco, un sacerdote che era arrivato da poco tempo nella parrocchia e lui aveva insegnato a questi bambini e bambine l’arte di amare. Ma, si avvicinava Natale e allora il parroco ha detto a questi bambini: “Guardate che presto è Natale, bisogna che voi facciate per Gesù bambino tanti, tanti, tanti atti di amore”, e i bambini hanno detto: “Va bene”, e hanno incominciato a far tanti atti di amore. La vigilia di Natale, ancora Gesù bambino non era nato, il parroco ha messo fuori la mangiatoia vuota, vuota perché Gesù bambino non era nato. In quella stessa sera vede arrivare dai bambini un pacco grosso, grosso, grosso così, con dentro tanti rotolini gialli, tanti rotolini gialli; erano 277, 277. E erano 277 atti d’amore. Allora il parroco cosa fa? Prende tutti questi rotolini li mette in un sacco, ha riempito un bel sacco così, e mette il sacco nella mangiatoia. Dice che appena nasce Gesù bambino avrà come cuscino, ma anche come materasso, gli atti d’amore vostri. E i bambini di Vicenza sono stati contentissimi. Allora viene Natale e siamo verso, penso, mezzogiorno, forse alle 11, forse alle 10 e mezzo, e il parroco dice: “Adesso cosa facciamo di tutti questi atti di amore? Sapete bambini cosa facciamo? Li leghiamo in tanti pacchettini e questi pacchettini li leghiamo a tanti palloncini, anzi – dice – facciamo così: due serie di palloncini, un gruppo di palloncini qua, un gruppo di palloncini qua e, legati, questi pacchettini di atti di amore. Così – dice – li mandiamo in cielo e vanno su da Gesù”. I bambini tutti ad aiutare, naturalmente, bisognava comperare i palloncini, bisognava legare i pacchettini, bisognava legare i pacchettini ai palloncini, e bisognava farli partire. E il parroco li ha aiutati e ha fatto partire questi palloncini per il cielo. Erano contenti i bambini. Guardano, guardano e li vedono ma sempre più piccoli, sempre più piccoli, sempre più piccoli finché non ci sono più. Hanno detto: saranno scoppiati; qualcuno diceva: saranno scoppiati; qualcuno diceva: chissà? E invece no. Su in alto, in alto, in alto, ecco il vento, arriva il vento, e il vento cosa fa? Butta i palloncini di qua, poi butta i palloncini di là, poi davanti qua, e poi di qua, poi di là, poi di qua; per un’ora, per due ore, per tre ore, per quattro ore, per cinque ore, sempre su con il vento che li mandava, che li mandava, che li mandava; sei ore, sette ore, otto ore, nove ore. Alle nove di sera – dovete sapere che il parroco insieme agli atti d’amore aveva messo dentro anche il suo numero di telefono, l’aveva messo dentro così – arrivano le nove di sera ed ecco che in una città, che si chiama Reggio Emilia, lontana, lontana forse duecento chilometri, duecento chilometri sono tantissimi, come da qui, quasi, a Roma, ecco, ad una dato momento in questa città a Reggio Emilia, c’era una casa ed era circondata da un bel parco, da un giardino e in questo giardino stavano sei bambini che non conoscevano l’arte di amare, erano sei bambini che stavano fuori nel giardino e giocavano. Ad un dato punto, erano lì tristi tristi, perché c’era una festa della Befana che a loro non è piaciuta per niente. E allora erano tristi trsti. Ad un dato punto, anche se era già notte, alzano gli occhi e vedono cader giù dei palloncini e insieme ai palloncini tanti pacchettini lì per terra. Questi bambini a veder arrivare dal cielo tutti questi pacchettini: in festa, contenti, altro che la befana! In festa: qui è Gesù bambino che ci manda tutti questi palloncini. E pensate che sono arrivati per miracolo, perché se passava un aeroplano rompeva tutti i palloncini; oppure, addirittura, quei palloncini se erano forti con dei fili grossi, entrando nei motori dell’aeroplano avrebbero messo in pericolo, forse, dicono, l’aeroplano, e invece no: non hanno incontrato l’aeroplano. Per cui sono arrivati lì. I bambini subito: “Papà… mamma, papà, mamma, guarda cos’è successo: piovono dal cielo tanti pacchettini, guarda cosa c’è dentro.” Allora il papà e la mamma escono fuori – forse c’erano anche i nonni, non lo so – e vedono tutti questi pacchettini, questi rotolini tutti gialli così, e allora li aprono e incominciano a leggere. Allora uno apre uno di questi rotolini e trova: “Ho chiesto scusa ad una mia compagna per amore di Gesù”; uno. Un altro: “Ti offro gli sforzi che ho fatto questa mattina per alzarmi per fare il chierichetto”. Un altro: “Ho fatto un piacere anche se mi è costata molta fatica”. E poi un altro: “Io dico sempre scusa a Dio, quando il mio nonno bestemmia”, dice parolacce. E poi un altro: “Io in questa settimana ho aiutato i miei genitori a preparare la tavola e a portare le borse della spesa, e a pulire i pavimenti, e a spazzare per terra”. Questo ha fatto tante cose. E poi senti quest’altro: “Ho asciugato le posate senza che la mamma me lo chiedesse, e l’ho anche aiutata a fare le pulizie.” Un altro atto di amore. E un altro: “Quando mio fratello Sebastiano non vuole dormire, io lo prendo e lo porto nel letto o mio o dei miei genitori, e lo addormento cantandogli canzoni o raccontandogli storie”. E un altro: “In piscina ho prestato la cuffia al mio fratellino perché era senza”. Aspetta che ce n’è un altro. Ne ho soltanto alcuni, ve ne ho portati, perché sarebbero 277, sono tantissimi! Senti questo qui: “Ho sbucciato i mandarini al nonno perché ho visto che aveva male alla mano e ho legato le scarpe alla mia cugina Alessia perché la nonna aveva male alla schiena”. Questo è stato attento a tutto, eh? Un altro ancora, è l’ultimo: “Ho ascoltato il consiglio del dado: amare per primo, siccome sono andato a confessarmi e c’erano tanti bambini, li ho lasciati andare per primi loro a confessarsi, e la mia mamma non sapeva neanche niente”. Ecco alcuni esempi di questi bambini. Cosa hanno fatto allora di questi rotolini? Li hanno portati – come ho detto – dai genitori e i genitori vedono che c’è dentro fra i rotolini scritto il numero di telefono di quello che li ha spediti che era quello del parroco, il numero di telefono del parroco. Allora cosa fanno? Erano le nove di sera, era tardi e si mettono al telefono e fanno quel numero, e risponde il parroco. E dice: “Ma lei è il reverendo tal dei tali?” “Sì, sì, sì, sì sono io il reverendo…”. “Ma qui sono arrivati tutti questi, questi atti di amore da parte dei suoi bambini, cosa ne facciamo?”. E lì si mettono d’accordo che i bambini portano a scuola tutti questi 277 atti di amore, parlano con il loro catechista, e insieme adesso stanno rispondendo ai bambini di Vicenza. E loro non sanno che i bambini di Vicenza e anche questi sei bambini impareranno a fare gli atti di amore. Ecco. Qui finisce la storia. Fonte: Centro Chiara Lubich (altro…)
Gen 3, 2019 | Focolari nel Mondo
Lubumbashi, importante città mineraria di un milione e mezzo di abitanti, nel Sud del Congo, ospita il focolare femminile. Amisa Tabu vive qui, e ci racconta la vita di questa comunità che irradia la sua azione su otto province nel Katanga e nel Kasai. Amisa, come è nata la comunità dei Focolari in questo territorio? Trenta anni fa per opera di alcuni missionari a Lubumbashi ha preso vita una piccola comunità che, distante 2000 km da Kinshasa, nel 2011 ha richiamato la presenza del focolare. Quando il Movimento si è dato le tre linee d’azione: “uscire, insieme, opportunamente preparati”, con l’invito di papa Francesco ad andare verso le “periferie esistenziali”, ci siamo sentiti interpellati, perché ”eravamo sempre gli stessi”. Abbiamo capito che alla gente non bastava dire che Dio è amore, ma dovevamo passare a dare concretezza. Qui sono stati importanti gli stimoli di “Umanità Nuova”: testimoniare il Vangelo vissuto nei vari ambiti del lavoro, quali la sanità, l’educazione, l’esercizio della giustizia, il commercio, ecc. Così facendo ci siamo accorti che la comunità iniziava a crescere. L’ideale di vita che proponevamo diventava attraente. Come si pone il focolare con una comunità in crescita? Con le porte sempre aperte. Chiara Lubich ci ha lasciato come testamento “essere sempre famiglia”. La gente deve poter fare l’esperienza di essere una famiglia il cui legame soprannaturale è ancora più forte di quello naturale. L’accoglienza da noi è parte viva della cultura. In focolare non abbiamo orari fissi e tutti vengono quando possono. Qual è il servizio alla Chiesa locale? Nel luglio 2017 abbiamo realizzato due scuole nei Seminari minore e maggiore, con 140 partecipanti. Ne è seguito un ritiro/scuola per 104 sacerdoti provenienti da diverse Diocesi del Congo. Ci sentiamo sostenuti dalla Chiesa. Alcuni sacerdoti promuovono lo spirito di comunione del Movimento nelle loro parrocchie. E in ambito sociale? Puntiamo a sviluppare il progetto dell’Economia di Comunione. Sono 44 gli imprenditori che hanno frequentato incontri di formazione, come quello a Nairobi nel 2015, e che hanno iniziato ad impegnarsi. La situazione sociale e politica in Congo non è delle più rassicuranti: c’è violenza e corruzione. È necessario quindi insistere sulla formazione di “uomini nuovi” con gli strumenti maturati nell’esperienza del Movimento dei Focolari. Quando il focolare è arrivato a Lubumbashi la comunità contava un centinaio di persone, ora sono circa 500 con un fiorire di vocazioni delle varie espressioni dell’Opera.
a cura di Gianna Sibelli
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Gen 2, 2019 | Nuove Generazioni
Pensare in grande e iniziare dal piccolo, avere lo sguardo sul mondo e partire dal proprio quartiere In ogni parte del mondo i Ragazzi per l’unità stanno iniziando a riempire di idee e di vita il progetto “Fame Zero”, sostenuto dalla FAO che sta incoraggiando in particolare giovani e ragazzi ad impegnarsi in prima persona per realizzarlo. A Mumbai in India il punto di partenza è stato pensare a chi erano i poveri della città. Poveri non solo di beni, ma anche di salute, di amicizie. Dopo aver conosciuto un’ottantina di coetanei malati di Aids che vivono in condizioni di povertà, i ragazzi hanno scritto una lettera a 600 famiglie di varie religioni che abitano negli enormi condomini della zona, spiegando il loro sogno di un mondo senza fame e proponendo una raccolta di giornali vecchi che poi avrebbero venduto. Hanno aderito oltre 50 famiglie esprimendo la loro gratitudine per il progetto. L’operazione si è ripetuta, incoraggiata proprio dalle famiglie del quartiere. E se è possibile creare un’azione per un intero quartiere, perché non coinvolgere tutto un Comune? È quello che hanno pensato tre fratelli di Cesate in Lombardia, Italia, che hanno presentato alla Sindaca la loro idea: fare di Cesate un “Comune Fame Zero”! Insieme a lei hanno pensato di attivare una sinergia tra il Comune, la parrocchia e la scuola, estendendo il progetto anche ai Comuni vicini. I ragazzi hanno parlato del progetto “Fame Zero” al parroco e al sacerdote responsabile dell’oratorio che, contenti della proposta, hanno messo a punto una strategia per ridurre gli sprechi di cibo nella mensa. Per quanto riguarda le scuole invece si è pensato che ogni anno il 16 ottobre, giornata mondiale dell’alimentazione, si realizzi l’evento “Fame Zero Day” per ridurre gli sprechi durante i pasti. E proprio da sinergie tra organizzazioni nella città è nata l’azione portata avanti da un gruppo di ragazzi del Libano. Collaborando con la Caritas hanno riunito oltre sessanta anziani che vivono in situazioni di solitudine e difficoltà economiche. Hanno preparato e servito loro il pranzo organizzando danze e giochi. Alla fine una delle ragazze ha proposto all’animatrice che l’accompagnava di ripetere questa azione ogni settimana. “Ma occorre un budget non indifferente per farlo” le ha riposto. «”Voi adulti – ha ribattuto la ragazza – pensate sempre a grandi progetti, ma dobbiamo iniziare con piccoli gesti”. Coinvolgendo una coetanea e altri adulti, ha fatto così partire una piccola azione: insieme preparano un pasto ogni due settimane e lo portano ad una famiglia in difficoltà trascorrendo il pomeriggio con loro.
Anna Lisa Innocenti
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Gen 1, 2019 | Centro internazionale
Pubblichiamo l’intervista alla Presidente del Movimento dei Focolari uscita nel numero di gennaio del bimestrale „Neue Stadt“ 1 – Che cosa ti fa ridere di gusto? Quando faccio qualche gaffe. Per esempio cammino, non vedo un gradino e mi ritrovo per terra. Faccio fatica a rialzarmi, perché rido veramente di cuore! 2 – Che cosa ti fa arrabbiare? Non sento nascere dentro di me sentimenti di rabbia. Al massimo sento che mi dispiace o per quello che è successo o per una parola che mi viene detta o per una cosa che può avermi dato fastidio. 3 – Qual è l’esperienza più importante della tua vita? L’incontro con un gruppo di giovani. Mi hanno affascinata per il loro essere uniti e per la loro testimonianza coerente del cristianesimo che vivevano amando e al servizio di tutti, senza mai giudicare nessuno. Questo mi ha portato a fare la conoscenza dei Focolari. La mia vita è cambiata nel momento in cui ho veramente ascoltato qualcuno pensando che quello era un mio fratello, che Gesù era in lui. 4 – Quali sono i tuoi lati deboli? La curiosità. Quando sento parlare due persone fuori della mia porta non posso fare a meno di tendere l’orecchio. Ogni volta è un passo il decidere di lasciarla da parte. 5 – Quali sono i tuoi lati forti? L’ottimismo e la fiducia: io mi fido di Dio e anche degli altri, anche se non li conosco, anche se mi accorgo di avere posto male la mia fiducia. E mi è facile rapportarmi con gli altri 6 – Qual è il tuo luogo preferito? Mi piace tutto il mondo. Poi come luogo preferito penso ad una casa confortevole, dove ci sono delle persone con me, con le quali posso avere una comunione vera, profonda. E possibilmente in un posto caldo, col sole; sul mare! Questa casa la vedo in una città, perché sono una persona socievole. 7 – Che cosa ti fa riprendere forza? Una buona dormita dopo aver vissuto bene il momento presente ed aver affidato le preoccupazioni all’Eterno Padre. 8 – Che cosa ti dà preoccupazione? Tutto quello che sa di conflitto, di opposizione: le guerre, un contrasto in famiglia, problemi non risolti. Tante volte non posso fare niente, ma se posso fare qualcosa cerco di trovare una soluzione o di aiutare gli altri a trovarla. 9 – Che cosa ti sta a cuore nella guida del Movimento dei Focolari? Che il Movimento sia un’autentica testimonianza del Carisma dell’Unità. Ci sono gruppi in tanti parti del mondo che in questo momento lo stanno vivendo. Questo mi dà tranquillità, mi dà la sicurezza. Perché da questi nasceranno idee nuove, forme nuove di incarnazione. Loro portano avanti il carisma dell’unità fino a raggiungere lo scopo per il quale Gesù ha pregato: “Padre, che tutti siano una cosa sola”. (altro…)