Maria Voce, la prima presidente del Movimento dei Focolari (Opera di Maria) dopo la fondatrice, Chiara Lubich, ci ha lasciati ieri, a 87 anni nella sua casa di Rocca di Papa (Italia), circondata dall’affetto e dalle preghiere di tanti.
Lo ha annunciato ieri sera Margaret Karram, attuale Presidente a tutti gli appartenenti ai Focolari nel mondo.
In una nota, ha poi espresso l’immenso dolore che la sua dipartita ha suscitato e il legame fraterno e filiale che la legava a Maria Voce. “Come prima presidente del Movimento dei Focolari, dopo la nostra fondatrice, ha saputo gestire con intelligenza, lungimiranza e la necessaria determinazione il difficile passaggio della nostra Opera dalla fase fondativa a quella post-fondativa. È riuscita a coniugare la sua luminosa fedeltà al Carisma dell’Unità con il coraggio di affrontare le numerose sfide di una associazione mondiale come la nostra, che agisce su tanti livelli della vita umana, sociale e istituzionale.
Il nome “Emmaus”, ricevuto come programma di vita da Chiara Lubich, è diventato anche programma del suo governo: camminare insieme, in modo sinodale, fidandoci – nonostante le domande e le perplessità che possono sorgere lungo il cammino – della presenza di Dio in mezzo ai suoi.
Quando poi, nel 2021, le sono succeduta alla presidenza dei Focolari, mi ha accompagnata sempre con una vicinanza discreta, ma presente e con i suoi consigli pieni di Sapienza. Oltre alla sua preparazione spirituale, teologica e giuridica era dotata anche di una profonda ed accogliente umanità e di un umorismo coinvolgente e sempre rispettoso. La sua levatura umana e sapienziale è stata riconosciuta dalle più varie personalità religiose e civili: da Papa Benedetto XVI e Papa Francesco; dai leader delle varie Chiese, fino ai rappresentanti delle altre Religioni e culture.
Poche ore prima della sua partenza per l’altra vita, Jesús Morán ed io abbiamo potuto visitarla per un’ultima volta. Era serena. Mi consola il pensiero che ad attenderla in Cielo c’è la Vergine Maria, alla quale era legata da un rapporto molto profondo, direi esistenziale.”
Jesús Morán, che ha vissuto accanto a Maria Voce i primi sei anni del suo servizio come Copresidente dei Focolari, riconosce che con la sua elezione è iniziata una nuova tappa per i Focolari. Scrive: “Emmaus, passerà alla storia del Movimento non solo come la prima presidente della fase post-Chiara Lubich, ma anche come colei che ha mosso il primo passo innovativo-organizzativo del Movimento nell’era della post fondazione, in perfetta fedeltà creativa al carisma. Nel suo primo mandato, mentre l’assenza di Chiara si faceva sentire e poteva provocare scoraggiamento, ha girato il mondo per confermare i membri e gli aderenti delle comunità dei Focolari nel loro impegno per un mondo più fraterno e unito – secondo il carisma della fondatrice. Nel secondo mandato, ha iniziato a preparare il Movimento alla fase di inevitabile ‘crisi’ che si profilava all’orizzonte e che papa Francesco ha identificato come una grande opportunità. E, a proposito, la grande stima che il papa argentino le ha tributato, facendoglielo notare in ogni occasione, dimostra un’altra sua caratteristica: il suo spirito ecclesiale.
Ho sempre ammirato in Emmaus la sua sobrietà, la sua libertà interiore, la sua determinazione e la sua capacità di discernimento, in cui era aiutata da una solida formazione giuridica che la supportava.
Grazie, Emmaus, per aver detto un “sì” solenne, nel momento più difficile della nostra ancora breve storia. Maria ti avrà accolto tra le sue braccia, ti avrà presentato suo Figlio e insieme ti avranno portato nel seno del Padre che è stato la fonte perenne della tua ispirazione”.
I funerali si terranno lunedì prossimo, 23 giugno 2025, alle ore 15.00 presso il Centro internazionale dei Focolari a Rocca di Papa (Roma), via di Frascati, 306 – Rocca di Papa (Roma).(*)
Stefania Tanesini
Nota biografica
Maria Voce nasce ad Ajello Calabro (Cosenza – Italia), il 16 luglio 1937, prima di sette figli. Il padre era medico; la madre, casalinga. Nell’ultimo anno di studi di giurisprudenza a Roma (1959) incontra all’università un gruppo di giovani focolarini e inizia a seguirne la spiritualità. Terminati gli studi esercita la professione a Cosenza diventando il primo avvocato donna nel foro della città. Successivamente compie studi di teologia e di diritto canonico.
Nel 1963 la chiamata di Dio a seguire la strada di Chiara Lubich a cui risponde con immediatezza. Nel Movimento Maria Voce è conosciuta come “Emmaus”, un nome che rimanda al noto episodio dei due discepoli in cammino con Gesù dopo la resurrezione. Lei stessa racconta come Chiara glielo ha proposto: “Chiara, confermò un’intuizione che avevo sentito dentro forte: che la mia vita doveva essere spesa perché chi avesse avuto occasione di incontrarmi facesse l’esperienza di Gesù in mezzo”. Da quel momento il suo impegno è stato quello di costruire ponti di unità, fino a meritare la presenza di Dio tra le persone.
Dal ‘64 al ‘72 è nelle comunità dei Focolari in Sicilia (Italia) a Siracusa e Catania e dal ‘72 al ‘78 fa parte della segreteria personale di Chiara Lubich.
Nel ’77 Chiara Lubich ha fatto un importante viaggio a Istanbul (Turchia) dove da anni coltivava un rapporto profondo con il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. In quegli anni, Maria Voce è in focolare proprio in quella città e racconta: “E’ stata un’esperienza forte, sia per i contatti preziosi con le varie Chiese, con l’Islam, e sia anche proprio perché sentivamo che solo Gesù tra noi ci rendeva forti di fronte ai tanti problemi di quella terra”.
Ad Istanbul intreccia rapporti a livello ecumenico con l’allora Patriarca di Costantinopoli Demetrio I e numerosi Metropoliti, tra cui l’attuale Patriarca Bartolomeo I, oltre ad esponenti di varie Chiese.
Nel 1988 Chiara chiede ad Emmaus di tornare in Italia per lavorare al Centro Internazionale a Rocca di Papa e per la scuola Abbà, il Centro Studi interdisciplinare dei Focolari della quale diventa membro dal 1995 come esperta in Diritto. Dal 2000 è anche corresponsabile della Commissione internazionale di “Comunione e diritto”, rete di professionisti e studiosi impegnati nel campo della Giustizia. Dal 2002 al 2007 collabora direttamente con Chiara per l’aggiornamento degli Statuti Generali del Movimento.
Il 7 luglio 2008, a pochi mesi dalla morte di Chiara Lubich, viene eletta presidente del Movimento dei Focolari, riconfermata per un secondo mandato il 12 settembre 2014. Ha sempre indicato come stile della sua presidenza l’impegno a «privilegiare i rapporti» e a tendere con tutte le forze al fine per cui è nato il Movimento: perseguire l’unità a tutti i livelli, in tutti i campi, percorrendo le vie del dialogo. Lei stessa più volte ha ribadito quanto sia importante il dialogo. “Se c’è un estremismo della Violenza – affermava nel 2015 alle Nazioni Unite, a New York – adesso si risponde con altrettanta radicalità ma in modo strutturalmente diverso, cioè con l’estremismo del dialogo”.
Numerosi i viaggi in tutti i continenti per incontrare le comunità del Movimento sparse nel mondo e proseguire nei contatti con personalità del mondo civile ed ecclesiale, dell’ambito culturale e politico, ecumenico ed interreligioso; tappe importanti per rafforzare i legami di amicizia e collaborazione intrapresi dal Movimento dei Focolari e per incoraggiare gli sviluppi sul cammino della fraternità tra i popoli.
Durante la sua presidenza, sia con Papa Benedetto XVI che con Papa Francesco, Maria Voce ha avuto incontri e udienze dove emergevano da ambo le parti espressioni di stima e affetto fraterno. Il 23 aprile 2010 papa Benedetto XVI la riceve in udienza privata. A proposito della spiritualità dei Focolari, il Papa parla di «carisma che costruisce ponti, che fa unità» e invita a continuare nella sua attuazione con amore sempre più profondo e nella tensione alla santità. Nell’ottobre del 2008 partecipa e interviene al Sinodo dei Vescovi su “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Il 24 novembre 2009 Papa Benedetto la nominaConsultore del Pontificio Consiglio per i Laici ed il 7 dicembre 2011 Consultore del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione.
Il 13 settembre 2013 Papa Francesco la riceve in udienza insieme all’allora Copresidente Giancarlo Faletti. Di quel momento Emmaus ricorda: “Ci ha subito accolto con una grande accoglienza. Lui mi ha fatto sentire a casa. Ho provato una grande gioia: di sentirmi davanti ad un padre, ma prima di tutto un fratello. Io mi sono sentita sua sorella e questo senso è rimasto sempre”.
E in un’altra occasione, ha detto: “Papa Francesco ci ha sempre incoraggiato ad andare avanti, ad accogliere i segni dei tempi per attualizzare il carisma – lui diceva – ricevuto per il bene di molti, dandone gioiosa testimonianza”. Una di queste occasioni è stata la visita del Santo Padre presso la cittadella internazionale di Loppiano (Firenze, Italia) nel 2018. Maria Voce è lì ad accoglierlo: “Santo Padre, abbiamo una meta alta, vogliamo ‘puntare in alto’. Vorremmo Fare dell’amore reciproco la legge della convivenza, che vuol dire sperimentare la gioia del Vangelo e sentirsi protagonisti di una nuova pagina di storia”.
Con Papa Benedetto XVICon Papa FrancescoCon Papa Francesco a LoppianoCon il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo ICon Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica ItalianaDurante il suo intervento all’ONUCon Nikkio Niwano, Rissho Kosei-kaiIn un incontro interreligiosoMaria Voce con Chiara Lubich
vi scrivo con grande dolore e profonda commozione per annunciarvi che oggi, alle 17.22, Dio ha chiamato a Sé la nostra Emmaus, Maria Voce, la prima presidente del Movimento dei Focolari dopo Chiara Lubich.
Il suo Santo Viaggio si è compiuto a Rocca di Papa, nella sua casa, circondata dalle cure e dall’amore delle focolarine del suo focolare e dalla preghiera di tutti noi. Oggi, nel primo pomeriggio, Jesús ed io abbiamo potuto visitarla per un’ultima volta. Era serena.
Mi lega a Lei un grande affetto e l’immensa stima per la sua donazione a Dio nell’Opera di Maria fino alla fine.
Dalla mia elezione come Presidente, la sua vicinanza così discreta ma viva, mi ha accompagnata sempre, sostenendomi con i suoi consigli così pieni di Sapienza. Era presente nelle più varie occasioni, feste, anniversari, viaggi; mi assicurava le sue preghiere, l’offerta della sua vita e spesso mi faceva trovare un dono, un fiore, una sua poesia.
Il nome “Emmaus”, avuto da Chiara, che richiama l’esperienza del Risorto in cammino con noi, ha segnato tutta la sua vita. Affermava infatti: “Come si fa l’Opera di Dio? Con Gesù in mezzo!”
Restano stampati nei nostri cuori la sua luminosa fedeltà al Carisma di Chiara, il coraggio nell’affrontare le numerose sfide e il suo credere nell’unità, nella comunione.
Innumerevoli sono i riconoscimenti per la sua levatura umana, spirituale e sapienziale da parte delle più varie personalità religiose e civili: da Papa Benedetto XVI e Papa Francesco; dai leader delle varie Chiese, fino ai rappresentanti delle altre Religioni e culture.
I funerali saranno lunedì prossimo, 23 giugno alle 15.00 (ora italiana) presso il Centro Internazionale di Rocca di Papa.
La guerra è un omicidio in grande, rivestito di una specie di culto sacro, come lo era il sacrificio dei primogeniti al dio Baal : e ciò a motivo del terrore che incute, della retorica onde si veste e degli interessi che implica. Quando l’umanità sarà progredita spiritualmente, la guerra verrà catalogata accanto ai riti cruenti, alle superstizioni della stregoneria e ai fenomeni di barbarie.
Essa sta all’umanità, come la malattia alla salute, come il peccato all’anima : è distruzione e scempio e investe anima e corpo, i singoli e la collettività.
[…]
«Tutte le cose appetiscono la pace», secondo san Tommaso. Difatti tutte appetiscono la vita. Solo i matti e gl’incurabili possono desiderar la morte. E morte è la guerra. Essa non è voluta dal popolo; è voluta da minoranze alle quali la violenza fisica serve per assicurarsi vantaggi economici o, anche, per soddisfare passioni deteriori. Soprattutto oggi, con il costo, i morti e le rovine, la guerra si manifesta una «inutile strage». Strage, e per di più inutile. Una vittoria sulla vita, e che sta divenendo un suicidio dell’umanità.
«Tutte le cose appetiscono la pace», secondo san Tommaso. Difatti tutte appetiscono la vita. Solo i matti e gl’incurabili possono desiderar la morte. E morte è la guerra.
[…] Dicendo che la guerra è una « inutile strage », Benedetto XV diede la definizione più precisa. Il Card. Schuster la definì « un macello di uomini ». Significa regioni intere distrutte, migliaia e migliaia di povera gente senza più nè casa nè averi, ridotti ad errare per la campagna desolata, fintanto che non venga a falciarli di fame o di freddo la morte.
[…] I vantaggi materiali che si possono trarre da una guerra vittoriosa, non riescono mai a compensare i danni che essa importa ; tanto, che si richiedono parecchie generazioni successive per ricostruire stentatamente tutta quella somma di valori spirituali e morali che erano andati distrutti durante un eccesso di frenesie belliche » [1]. […]
L’ingegno umano, destinato a ben altri scopi, ha escogitato e introdotto oggi strumenti di guerra di tale potenza da destare orrore nell’animo di qualunque persona onesta, soprattutto perché non colpiscono soltanto gli eserciti, ma spesso travolgono ancora i privati cittadini, i fanciulli, le donne, i vecchi, i malati, e insieme, gli edifici sacri e i più insigni monumenti di arte ! Chi non inorridisce al pensiero che nuovi cimiteri si aggiungeranno a quelli tanto numerosi del recente conflitto e nuove fumanti rovine di borghi e città accumuleranno altri tristissimi ruderi ? » [2]. […]
Dopo la pubblicazione della prima parte della biografia di Don Foresi dedicata al periodo iniziale della sua vita, è uscita anche la seconda parte dal titolo: “La regola e l’eccesso” (editrice Città Nuova), delle tre previste, che affronta gli anni dal 1954 al 1962. Che cosa secondo lei, nel presente volume, emerge come nota caratterizzante di questo periodo della vita di Foresi?
Una nota che caratterizza profondamente la vita e l’esperienza di Pasquale Foresi negli anni indicati, si può esprimere in questo modo: si è trattato di uno spirito libero, di una persona animata da una tensione creativa tra carisma e cultura, mossa dall’esigenza di tradurre spiritualmente e operativamente l’ispirazione di Chiara Lubich (il carisma dell’unità) e il bisogno, in certo qual modo, di conferirle spessore teologico, filosofico e istituzionale, in un contesto ecclesiale ancora largamente preconciliare. Il libro lo descrive molto bene come continuamente impegnato, accanto alla Lubich, ad “incarnare” il carisma in forme comprensibili alla Chiesa del tempo, al mondo culturale e laico in generale. In tal senso si può arrivare a definirlo, oltre che un co-fondatore, anche un interprete ecclesiale del carisma, colui che cercava di renderlo “spiegabile” nei codici della Chiesa e che ha provato ad essere il costruttore di ponti tra la dimensione mistica della Lubich e la teologia classica, rendendola accessibile a molti senza annacquarla.
Al tempo stesso Foresi era un intellettuale atipico e un pensatore originale. Pur non lasciando grandi opere sistematiche (non si era dato quello come compito specifico), esercitò un forte impatto sull’Opera di Maria (Movimento dei Focolari), proprio nel lasso di tempo descritto dal volume. Questo secondo libro documenta un’esistenza dinamica, attraversata da un senso di urgenza, come se le parole del Vangelo proprie dello sviluppo del Movimento dei Focolari dovessero essere incarnate “subito”, senza rimandi.
“Don Foresi, uno spirito libero, di una persona animata da una tensione creativa tra carisma e cultura”.
Il nostro intervistato, il prof. Marco Luppi, ricercatore in Storia Contemporanea presso l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Italia)
Le oltre 600 pagine del testo affrontano non solo le vicende che riguardano la vita di Foresi nel periodo preso in esame, ma tratteggiano anche la vita e la storia di Chiara Lubich e del Movimento dei Focolari di quegli anni, soffermandosi anche su racconti ed episodi ai quali Foresi non era presente, come l’autore stesso afferma. Perché secondo lei questa scelta editoriale?
Zanzucchi include eventi e vicende anche non direttamente vissuti da Foresi perché la sua figura è inscindibile dalla storia del Movimento dei Focolari. Raccontare il contesto, i protagonisti e le dinamiche collettive permette di cogliere il significato del contributo di Foresi, inserendolo nella trama viva di un’esperienza comunitaria. Come afferma chiaramente nella sua introduzione, Zanzucchi vede in Foresi non solo un protagonista, ma un co-fondatore, cioè uno degli elementi strutturali e costitutivi del Movimento dei Focolari. Di conseguenza la biografia di Foresi è inseparabile dalla biografia del Movimento. In altri termini, l’autore adotta una prospettiva che potremmo definire di “biografia immersa”: non una semplice ricostruzione individuale, ma una narrazione relazionale e contestuale, dove il senso della figura di Foresi emerge nel dialogo vivo con altri attori (Chiara Lubich, Igino Giordani, personalità di ambito ecclesiale, etc.) e con la storia collettiva del Movimento.
Don Foresi con Chiara Lubich ad un congresso (1967)Con i giovani (1976)
Il lavoro di Michele Zanzucchi è la prima biografia su Foresi. Quali sono secondo lei gli aspetti della vita di Foresi che meriterebbero ulteriori approfondimenti ed indagini storiche?
Zanzucchi ama spesso dire che egli non è uno storico puro, ma piuttosto un narratore e divulgatore attento e scrupoloso e che quindi in diversi momenti si è preso anche qualche licenza, al fine di chiarire qualche passaggio non troppo esplicito. Ma questo è certamente un lavoro molto importante ed un primo sforzo di restituirci la personalità e il vissuto di Foresi con uno sguardo completo. Si tratta di uno sguardo, e molti altri potranno esserci, attraverso quello stesso spirito critico, aperto a molteplici interpretazioni, che deve animare la ricostruzione della storia di tutto il Movimento dei Focolari e delle sue figure di riferimento. Tra i molti approfondimenti che riguardano possibili future ricerche su Foresi, ne indicherei tre. Una prima sul pensiero teologico e filosofico di Foresi. Zanzucchi evidenzia che Foresi non fu un teologo accademico, ma un “visionario culturale”, con una produzione sparsa in articoli, discorsi, appunti. Quindi si avverte la mancanza di un’esposizione organica del suo pensiero su temi-chiave come Chiesa, sacramenti, rapporto fede-ragione, etc. Inoltre, andrebbe studiata l’originalità del suo pensiero ecclesiologico, che anticipa alcune intuizioni conciliari. Una seconda ricerca potrebbe essere quella sul ruolo “politico” di Foresi e le relazioni con il mondo ecclesiastico romano. L’autore accenna ripetutamente ai legami di Foresi con la curia vaticana e con alcune personalità ecclesiastiche. Tuttavia non è ancora ben chiaro quanto peso ebbe Foresi nelle mediazioni politiche o ecclesiali del secondo dopoguerra e quindi sarebbe utile esplorarlo, specialmente nei momenti di tensione con la gerarchia. Infine un terzo, stimolante fronte potrebbe essere la stagione editoriale e il “laboratorio culturale” di Città Nuova. Zanzucchi sottolinea il ruolo di Foresi come fondatore, direttore e ispiratore della rivista “Città Nuova”. Che tipo di “cultura” cercava di proporre Foresi? Come si posizionava rispetto ad altre testate cattoliche (Civiltà Cattolica, L’Osservatore Romano, Il Regno)? Prima o poi servirà una monografia anche sull’operato di Foresi come editore e giornalista, nel contesto della stampa cattolica del Novecento.
Provengo da un contesto familiare di divisione, sono nata dalla relazione extra-coniugale di mio padre. Per questo lui ha tenuto segreta la mia esistenza e, per molto tempo, ho sperimentato, soprattutto da bambina, un temporaneo abbandono da parte sua.
Sentivo che la mia storia aveva qualcosa che rimaneva come oscuro. Quello che non sapevo era che Gesù avrebbe iniziato un processo di conversione radicale nella vita di mio padre, che lo avrebbe portato a diventare un pastore pentecostale.
La mia storia e il senso di abbandono avrebbero potuto senza dubbio essere un motivo per allontanarmi dalla fede. Tuttavia, non è quello che è successo. Di fronte all’esperienza dell’abbandono, non potevo che interrogarmi su quell’amore che, anche di fronte al dolore di una bambina, aveva raggiunto la vita di mio padre. A volte mi chiedevo: “Che tipo di amore è questo, capace di attraversare il dolore che sto provando?”. A 16 anni, durante una crociera per il diploma della scuola, ho trovato quell’amore. Una sera, seduta in cima alla nave, la voce del Signore ha parlato chiaramente al mio cuore: “Non sei nata per fare quello che fanno i tuoi amici, Mayara, tu sei mia”. Grazie a ciò che è iniziato lì, sono diventata una giovane pentecostale convinta.
A 19 anni sono entrata alla Pontificia Università Cattolica di San Paolo (Brasile) per studiare teologia. In una storia che solo lo Spirito può scrivere, sono diventata presidente del Centro accademico e della Commissione studentesca di teologia dello Stato di San Paolo. Ero molto amica di alcuni seminaristi, e ho avuto contatti con varie diocesi, ordini religiosi, alcuni i sacerdoti visitavano spesso la mia casa. All’inizio mia madre scherzava: “Non avrei mai immaginato di avere così tanti sacerdoti in casa mia, Mayara”.
Per mezzo di questa esperienza ho deciso di scrivere la mia tesi finale sull’unità dei cristiani, ma quando ho iniziato a pensare a quale strada intraprendere, sono successe molte cose che mi hanno portata a riflettere sulla mia storia familiare; ho attraversato un profondo processo di perdono e riconciliazione. E così, mentre perdonavo, scrivevo. In ogni momento, la mia memoria mi ricordava quanto potesse far male avere una famiglia divisa, ma è stato in questi momenti che il Signore mi ha anche chiesto: “E la mia famiglia, la Chiesa”? Potevo, ed ho sentito che era necessario, unire il mio abbandono a quello di Gesù.
“Ho deciso di scrivere la mia tesi finale sull’unità dei cristiani (…) e sono successe molte cose che mi hanno portata a riflettere sulla mia storia familiare; ho attraversato un profondo processo di perdono e riconciliazione”.
Nella foto: Mayara durante il Congresso Ecumenico a Castel Gandolfo nel mese di marzo 2025
Partendo dal patrimonio comune della Sacra Scrittura, ho concluso questa sofferta tappa scrivendo sul tema: “Lo Spirito e la Sposa dicono: vieni! La figura della Sposa come risposta profetica all’unità della Chiesa”. È stato questo passo a condurmi al dialogo cattolico-pentecostale: alla Commissione per l’unità Rinnovamento carismatico cattolico- SP e alla Missione Siamo uno. Fondata da laici nel contesto di una comunità cattolica (Coração Novo-RJ), la Missione Siamo uno si basa su una lettera di intenti firmata da leader cattolici ed evangelici nella quale si definiscono i quattro pilastri del cammino di dialogo: rispetto delle identità confessionali, ecclesialità, non proselitismo e cultura dell’incontro. Nel calendario ufficiale della città di Rio de Janeiro c’è perfino una settimana intitolata “Settimana Siamo uno” e siamo stati sorpresi di ricevere il riconoscimento di Patrimonio culturale e immateriale. In pratica, la Missione riunisce leader evangelici, cattolici e pentecostali con uno scopo comune: proclamare l’unità dei cristiani. Il dialogo teologico è stato reso possibile dalla creazione di un Gruppo di lavoro (GdL) cattolico-pentecostale nazionale. Il suo obiettivo è riflettere teologicamente e pastoralmente sull’esperienza carismatico-pentecostale, a partire dalla realtà latino-americana. Recentemente abbiamo pubblicato il primo rapporto, frutto dei nostri incontri, sui doni dello Spirito Santo. Nel 2022 è iniziato il lavoro della Missione Giovani Siamo uno, un gruppo in cui mi trovo totalmente coinvolta con tutto il mio cuore e il mio servizio. Per questi motivi, vedo la MissioneSiamo uno come un segno di speranza. In primo luogo, per tutta la comunione che ho sperimentato e, in secondo luogo, perché la mia storia personale si intreccia senza dubbio con essa.
Incaricati di essere “pellegrini della speranza”, vorrei concludere questa condivisione con una frase che mio padre dice quando racconta la storia della nostra famiglia. Ripete innumerevoli volte che è nata tra dolori e ferite, ma inondata dall’amore infinito di Dio: “la tribolazione è diventata vocazione”. Quando mio padre intravede questa realtà, cita sempre la lettera di S. Paolo ai Romani: “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia di Dio” (Rm 5,20). Parafrasando questo testo biblico, in questa “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2025”, nell’anno del Giubileo e della celebrazione di tanti anniversari importanti come il Concilio di Nicea, mi dà coraggio e mi fa pensare che: in mezzo a tante ferite abbondanti lungo la storia della Chiesa, Dio fa certamente sovrabbondare la sua speranza.