Da Montecitorio al mondo: questo percorso di Igino Giordani ha inizio verso la fine degli anni Quaranta, quando Igino è arrivato a un punto della vita un po’ problematico. Il mondo lo riconosce come un grande intellettuale cristiano, un fulgido studioso dei Padri della Chiesa, uno scrittore apologeta e coerente, ma lui avverte di vivere una certa “noia dell’anima”. A risvegliare la sua fede e la sua carità è l’incontro con Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari. L’incontro fra i due fu qualcosa di straordinario e lo dicono le circostanze speciali in cui avvenne: Igino Giordani era un uomo sposato, aveva 54 anni, 4 figli già grandi. Chiara era una giovane che aveva più o meno la metà dei suoi anni e chiedeva udienza per una necessità concreta: trovare un appartamento a Roma. Giordani, già membro dell’Assemblea costituente, era anche un deputato della Democrazia cristiana, di quelli “storici”, perché fu tra i primi – già negli anni Venti – a lavorare per il neonato Partito Popolare, il partito d’ispirazione cristiana fondato dal sacerdote Luigi Sturzo. Chiara era una giovane laica, e l’incontro avvenne ben prima del Concilio Vaticano II, quando normalmente non era frequente che alle signorine laiche venisse riconosciuto qualche ruolo nella Chiesa. Eppure, nonostante queste enormi differenze, l’incontro con Chiara trasformò Giordani, e da quel momento egli porterà in politica l’Ideale dell’Unità. Il suo annuncio giunse in un parlamento dove il contrasto ideologico era fortissimo. Il 16 marzo 1949 c’è in ballo il Patto Atlantico. «Giusto quando conoscevo da pochi mesi Chiara, – sono parole di Giordani – c’era una discussione sul Patto Atlantico, c’era la formazione dei due blocchi: uno che faceva capo all’America, agli Stati Uniti, uno che faceva capo alla Russia; si preparavano i preliminari per fare una nuova guerra, un massacro, la guerra definitiva. E un giorno si discuteva alla Camera nella discussione più aspra; mi ricordo: eravamo così arrabbiati quella sera nella Camera, che io temevo che qualcuno tirasse fuori una rivoltella e sparasse, tanto odio c’era tra i due gruppi.Io avevo chiesto di parlare ed ecco che prima di parlare si viene a mettere a sedere vicino a me un deputato cristiano, cattolico: Pacati, l’onorevole Pacati. Dunque mi disse: ‘Mettiamo Gesù in mezzo adesso che parli’. E io prendo la parola. Sul principio chiasso, urla, ecc.; piano piano si fa il silenzio, alla fine la Camera pareva diventata una chiesa, c’era un silenzio perfetto e io esprimevo le idee che noi impariamo nel nostro Movimento, cioè che la guerra non serve a niente, la guerra è la più grande stupidità, la guerra serve per la morte; noi non vogliamo la morte, noi vogliamo la vita e la vita sta nell’amore, nel cercare l’accordo. (…)Noi tutti quanti dobbiamo reagire, di qualsiasi parte del paese, di qualsiasi partito o fede noi siamo, perché si tratta veramente, sotto tante lacrime, sotto le brutture accumulate dalla guerra e dal fango, si tratta veramente di riscoprire il volto dell’uomo, in cui si riflette il volto di Dio». Lo stenografo parlamentare conclude il suo resoconto della discussione descrivendo gli applausi e le congratulazioni che da ogni parte dell’emiciclo giunsero all’indirizzo di Giordani. Ben presto, attorno a Igino si radunano numerosi parlamentari desiderosi di seguire l’ideale dell’unità. Ricordiamo solo qualche nome: Gaetano Ambrico, Palmiro Foresi, Tarcisio Pacati, Enrico Roselli, Angelo Salizzoni e Tommaso Sorgi, colui che diverrà il principale biografo di Giordani. Con loro, Giordani fa delle cose controcorrente, rispetto al clima dell’epoca. Per esempio, nel 1951 lavora all’«Intesa interparlamentare per la difesa della pace», insieme ad altri 40 parlamentari provenienti dal partito liberale, da quello repubblicano, socialdemocratico e democristiano. Sempre controcorrente, in pieno clima di guerra fredda, il suo pacifismo lo porta nel 1949 a promuovere con un parlamentare socialista, Calosso, la prima legge sull’obiezione di coscienza. Figurarsi le difficoltà che incontrò Giordani quando, come relatore, presentò la proposta alla Camera! Ma le sue convinzioni erano inossidabili: uccidere l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, significa commettere deicidio. «Nasce una nuova coscienza civica, – scrive Giordani – la quale abbatte le divisioni di partiti o fazioni o correnti e di privilegi di casta, di razza, di classe, e, dilatandosi, supera i confini statali. L’impulso comunitario suscitato dall’amore cristiano e spinto sino ad inserirvi Gesù, è un risveglio religioso e sociale, che, se, come noi crediamo, riesce, muta la storia dell’umanità». Certo, proclamare oggi gli ideali di amore e di comunione in politica sembra quanto mai spericolato… ma era spericolato (e forse di più) pure ai tempi di Giordani. Sì, Giordani viveva nella profezia; e pur vivendo con profondo impegno le sfide del tempo, non vi rimaneva intrappolato. La sua era una profezia forte di un Ideale immenso, quello dell’unità, sorretto da una spiritualità moderna e avvincente, che Chiara Lubich ha donato al mondo, e che Igino Giordani ha vissuto anche in politica. Alberto Lo Presti (Direttore del Centro Igino Giordani)(altro…)
In questo giorno, ciascuno non mancherà di evocare in cuor suo le innumerevoli figure di donne che ne hanno caratterizzato il vissuto, a partire da colei che l’ha chiamato alla vita per passare subito dopo a moglie, fidanzata, sorelle, nonne, zie, baby-sitter, maestre, suore, catechiste, compagne di scuola, professoresse, infermiere, cassiere, domestiche, ed ora anche astronaute. Oggi vogliamo celebrare la donna riflettendo insieme con alcuni pensieri di Maria Voce, presidente dei Focolari, raccolti in due interviste da lei rilasciate alla rete brasiliana TV Nazaré e alla rivista Cidade Nova, nell’aprile 2014, in occasione del suo viaggio in Brasile. «Il ruolo della donna nella Chiesa è cominciato con Maria nella prima comunità di Gerusalemme, dove aveva un ruolo del tutto particolare fra gli Apostoli. Nel ripercorrere la storia della Chiesa abbiamo poi visto una prevalenza del sesso maschile, soprattutto nei ruoli di governo, anche per l’esclusività del ministero sacerdotale agli uomini. Questo ha fatto sì che i sacerdoti si identificassero particolarmente con la gerarchia della Chiesa e che la donna rappresentasse, in certo modo, una presenza meno importante nella Chiesa. Da allora c’è stata un’evoluzione, non solamente nella Chiesa, ma nell’umanità, nella società, dove le donne pian piano hanno conquistato dei ruoli importanti. Forse in alcuni contesti e culture le erano già riconosciuti, ma nella cultura occidentale la donna ha dovuto farsi strada da sola». «Dio creando l’uomo a sua immagine l’ha creato uomo e donna, il che significa che non ha creato una sola creatura, unica, ma due creature diverse. Le ha create in questa diversità perché fossero complementari l’una all’altra e testimoniassero, pur nella diversità delle funzioni, nella diversità dei ruoli, la figliolanza dell’uomo da parte di Dio, quindi con la stessa dignità. Mi sembra che questo pian piano stia emergendo nella politica, nella società. Mai come in questo periodo assistiamo all’emergere di figure importanti che assumono la presidenza di Stati e di Paesi importanti. La presenza della donna nella Chiesa deve crescere soprattutto nel testimoniare il suo carisma specifico, che è quello di dimostrare che l’amore è più importante del governo; che non si può governare senza l’amore». «Una maggiore incidenza della presenza femminile potrebbe portare effetti positivi non soltanto nella Chiesa, ma anche nella società. In un’azienda, per esempio, in uno Stato, in un governo, la presenza femminile, quando c’è, si vede, proprio perché mette a confronto e costruisce nella complementarietà fra il dono che è l’uomo e il dono che è la donna. Papa Francesco è un po’ l’esempio di chi sa apprezzare il contributo femminile. La dolcezza, la tenerezza a cui fa sempre riferimento, sono delle caratteristiche più femminili che maschili». «La capacità di sopportare, di accogliere, di donare, sono tipiche della madre, che mette al mondo un figlio e poi quando è il momento lo lascia andare. E questa capacità, sia di attaccamento che di distacco, influisce positivamente anche nel governare. Qualcuno mi ha domandato: “Come fai a conciliare l’amore e il governo?“. Ho risposto che non si può governare senza amore. Non si può. Quando si esercita il potere senza amore, non è governo, è oppressione». (altro…)
Il prof. Sergio Mattarella è dal 31 gennaio 2015 il nuovo Presidente della Repubblica italiana. Politico siciliano, di anima cristiana, la sua storia è legata alla lotta alla mafia e alle battaglie per la giustizia. Più volte ha detto di essere ispirato nelle sue scelte anche dal fratello Piersanti, presidente della Regione Sicilia, ucciso dalla mafia nel 1980. «Il pensiero va soprattutto e anzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini. È sufficiente questo», sono state le sue prime parole. E a lui Maria Voce nel suo messaggio assicura «di poter contare sull’impegno del Movimento dei Focolari in Italia, che è proiettato ogni giorno, su tanti fronti, a dare il proprio contributo al bene del Paese». A nome dei Focolari gli rivolge «i più sentiti e calorosi auguri per l’alto compito a cui è stato chiamato, in una cruciale stagione della nostra comunità nazionale». La notizia dell’elezione di Sergio Mattarella è stata accolta «con grande gioia», «certi che le Sue riconosciute doti politiche, umane, culturali e spirituali Le permetteranno di essere vicino “alle difficoltà e alle speranze” di tutti i cittadini e di servire in modo straordinario il Paese». Il Movimento dei Focolari in Italia – dove è nato – è attivo in vari campi: dal cantiere legalità, al lavoro sull’emergenza educativa, dal fronte dell’immigrazione e del dialogo interreligioso a quello dei diversi ambiti della cultura. In campo politico la riflessione e l’azione si esprimono attraverso il Movimento Politico per l’Unità. Ed è «sulla scia di quel patto di fraternità per l’Italia» proposto da Chiara Lubich ai parlamentari italiani nel palazzo di San Macuto il 15 dicembre 2000, che Maria Voce conclude il suo messaggio al Presidente della Repubblica, assicurando l’impegno dei Focolari, insieme ai cordialissimi «auguri di buon lavoro!».
L’aria, pur festosa, ha un timbro solenne e di preghiera. Dopo l’intonazione dei vespri e dei canti, il celebrante principale annuncia per la gioiosa sorpresa dei presenti, l’arrivo di un messaggio di papa Francesco. La missiva pontificia porta la firma del Segretario di Stato card. Pietro Parolin, ed è rivolta a Mons. Raffaello Martinelli, vescovo di Frascati, in qualità di incaricato ad aprire ufficialmente il “Processo sulla vita, virtù, fama di santità e segni” di Chiara Lubich. La diocesi di Frascati, infatti, è il territorio nel quale si trova il Centro Internazionale del Movimento dei Focolari, nei pressi del quale Chiara è vissuta gran parte della sua vita ed è morta (14 marzo 2008). «In occasione dell’apertura della causa di beatificazione e canonizzazione di Chiara Lubich – si legge nel messaggio del Papa –, che si tiene nella Cattedrale di Frascati, Sua Santità papa Francesco rivolge il suo cordiale pensiero, auspicando che il luminoso esempio di vita della fondatrice del Movimento dei Focolari susciti in quanti ne conservano la preziosa eredità spirituale rinnovati propositi di fedele adesione a Cristo e di generoso servizio all’unità della Chiesa. Il Santo Padre invoca abbondanti doni del divino Spirito su quanti sono impegnati nella Postulazione ed esorta a far conoscere al popolo di Dio la vita e le opere di colei che, accogliendo l’invito del Signore, ha acceso per la Chiesa una nuova luce sul cammino verso l’unità e, mentre chiede di pregare a sostegno del suo universale ministero di successore dell’apostolo Pietro, per intercessione della Vergine Santa, invia a vostra Eccellenza, alla Postulazione, all’intera Opera di Maria ed a quanti partecipano al gioioso evento l’implorata benedizione apostolica. Dal Vaticano, 27 gennaio 2015». Maria Voce, a nome di tutto il Movimento dei Focolari nel mondo che segue l’evento via internet, esprime la gratitudine di tutti: «Vogliamo, innanzitutto, esprimere la gioia, la commozione, la sorpresa, per questo messaggio del Santo Padre, al quale vogliamo inviare il nostro ringraziamento e l’assicurazione della nostra preghiera, che lui ci ha chiesto; nonché l’assicurazione del nostro impegno a continuare a diffondere quella “luce nuova” che lui ha indicato come dono di Chiara alla Chiesa e all’umanità». L’applauso dei presenti ha sottolineato l’immensa gioia e gratitudine di tutto il “popolo focolarino”. (altro…)
«Quel che mi era parso, nelle agiografie, un risultato di ascesi faticosa, riservato a rari cercatori, diveniva retaggio comune, e si capiva come Gesù avesse potuto invitare tutti i seguaci a divenir perfetti a mo’ del Padre: perfetti come Dio! Tutto vecchio e tutto nuovo.Era un nuovo congegno, un nuovo spirito. Era trovata la chiave del mistero: e cioè si era dato passo all’amore, troppo spesso barricato: ed esso prorompeva, e, a mo’ di fiamma, dilatandosi, cresceva, sino a farsi incendio. Quell’ascensione a Dio, ritenuta irraggiungibile, era facilitata e aperta a tutti, essendosi ritrovata per tutti la via di casa, col senso della fraternità. Quell’ascesi che pareva terrifica (cilici, catene, notte oscura, rinuncia), diveniva facile, perché fatta in compagnia, con l’aiuto dei fratelli, con l’amore a Cristo. Rinasceva una santità collettivizzata, socializzata (per usar due vocaboli che più tardi dal Concilio Vaticano II saranno popolarizzati); tratta fuori dall’individualismo che assuefaceva ciascuno a santificarsi per sé, coltivando meticolosamente, con analisi senza fondo, la propria anima, anziché perderla. Una pietà, una vita interiore, che usciva dai ridotti delle case religiose, da certo esclusivismo di ceti privilegiati – avulsi talora sino a essere fuori, se non contro, la società, che è poi in gran parte la Chiesa viva – si dilatava nelle piazze, nelle officine e negli uffici, nelle case e nei campi, così come nei conventi e nei circoli d’Azione cattolica, poiché, dappertutto, incontrando uomini, s’incontravano candidati alla perfezione. Insomma l’ascesi era risolta in un’avventura universale dell’amor divino: e l’amore genera luce». «La vita è un’occasione unica da sfruttare. Da sfruttare in terra per prolungarla nell’eternità. Per fare della terra un anticipo di cielo, inserendola nella vita di Dio qua come di là. Non sciuparla in un assillo d’ambizioni e avarizie, non abbrutirla con rancori e ostilità: divinizzarla – ampliarla nel seno dell’Eterno – con l’Amore. E dove è l’amore è Dio. E ogni attimo è sfruttato per amore, e cioè donare Dio: che è poi un assorbire Dio per sé e per gli altri. E in questo vivere è la libertà dei figli di Dio, per la quale lo spirito non è immobilizzato da pregiudizi. Divisioni, opposizioni, gli sbarramenti allo spirito di Dio. Chi così vive non pensa a santificarsi, pensa a santificare. Di sé dimentica: si disinteressa. Si santifica santificando: si ama amando; si serve servendo. Per tal modo la stessa opera del santificarsi ha un andamento sociale: questo continuo donare e donarsi fa dell’elevazione delle anime un’opera comunitaria. “Siate perfetti come il Padre mio” comandò Gesù: e ci si fa perfetti nella volontà del Padre unificandoci tra noi per unificarci con Lui, attraverso Cristo». Fonte:Centro Igino Giordani(altro…)