
Da una mangiatoia alla Croce

Foto: Pixabay
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Per la Chiesa cattolica e altre chiese cristiane sta per cominciare la Quaresima, il periodo dell’anno liturgico che precede la celebrazione della Pasqua, dal 14 febbraio al 29 marzo per il rito romano, dal 18 febbraio al 31 marzo per il rito ambrosiano. Tale periodo, caratterizzato dall’invito alla conversione a Dio, ha una durata di circa quaranta giorni, numero che ricorre frequentemente sia nell’Antico che nel Nuovo testamento (ad esempio, nell’Antico Testamento, i 40 anni trascorsi da Israele nel deserto, i 40 giorni del diluvio universale o di permanenza di Mosè sul monte Sinai e, nel Nuovo, i 40 giorni di digiuno di Gesù nel deserto). Nel calendario romano la Quaresima ha inizio con il rito delle ceneri, durante il quale il sacerdote sparge un pizzico di cenere benedetta sul capo o sulla fronte dei fedeli, a simboleggiare la caducità della vita terrena e l’impegno penitenziale. (altro…)
Nella vita di Giordani troviamo un avvenimento che ci stimola ad una particolare riflessione: il primo a scrivere la sua biografia nel 1985 non è stato un cattolico, ma un pastore battista, lo scozzese Edwin Robertson . Non possiamo limitarci a dire che è “ironia della storia” […] Giordani tale atto di amicizia se lo è meritato, davanti al Cielo e davanti alla storia umana. Giordani presiedette un convegno di ecumenisti già nell’autunno 1967 presso la sede del Movimento a Rocca di Papa. Vi partecipava l’archimandrita mons. Eleuterio Fortino, che anni dopo (2004), ha dato questa testimonianza: «Giordani in quel convegno era riuscito per la sua serenità interiore a placare i toni accesi del dibattito; ed aveva chiarito gli aspetti teologici e pastorali del decreto del Vaticano II Unitatis redintegratio (1964), facendo cadere le ultime resistenze degli oppositori italiani alla preghiera in comune fra tutti i cristiani nella Settimana per l’unità delle Chiese» . Per parte sua Giordani seguiva già dal 1940 questa Settimana, che ad essere precisi è un Ottavario: dal 18 gennaio (festa della cattedra di S. Pietro a Roma) al 25 gennaio (festa della conversione di san Paolo). Scrive Giordani nel 1940: “Durante i preparativi di questa Ottava s’è sparsa la notizia, al principio assai imprecisa, che in un monastero di monache trappiste presso Roma, si pregava con un’intensità particolare, per la cessazione delle divisioni tra cristiani. Io venivo a sapere che, in quella Trappa, un’umile monaca s’era offerta vittima per l’unità della Chiesa e che la sua immolazione aveva colpito profondamente una comunità di fratelli separati in Inghilterra. La notizia, pur così vaga, allargava immensamente – agli occhi miei almeno – l’orizzonte del movimento unitario e apriva prospettive nuove, in cui, come lembo d’azzurro tra fenditure di tempesta, si mostrava il volto del cielo sopra l’umanità rissosa. Metteva, insomma, nella sua vera luce l’Ottava e i suoi fini. Ora queste monache probabilmente non sapevano nulla di tutti i dibattiti e commissioni e comitati fatti attorno a questo tema. Poste di fronte al problema della scissione, esse l’avevano contemplato con semplicità, al lume della Regola, che mai devia: e cioè avevano visto che l’unità andava cercata dove sta, cioé alla fonte, alla matrice: doveva in altri termini, chiedersi al Padre, nel quale e solo nel quale i fratelli si unificano. Ciò vuol dire che queste umili creature, che non incontreremo in nessun congresso, han visto subito il da farsi e han messo sulla strada diritta il movimento per l’unità. Qualcuno può essere tentato di domandarla a Hegel, a Loisy e magari a Marx; e nei giornali e nei convegni sono venuti fuori nomi di uomini, i quali non han dato e non possono dare che soluzioni incomplete: l’unità non è opera di uomini ma di Dio: non di studio, ma di grazia. Accetta, Padre, queste offerte pure, anzitutto per la tua Chiesa, perché ti degni di purificarla, custodirla, e unificarla…” .
L’ecumenismo, impostato da Chiara Lubich come «ecumenismo della vita» e vissuto nel Movimento dei Focolari con sue proprie esperienze, maturato alla luce delle anime grandi di Giovanni XXIII e Paolo VI e dello spirito del Vaticano II, diventa l’impegno centrale di Giordani negli ultimi anni della sua vita. Si può dire che per lui ormai tutti i cristiani sono veramente fratelli ritrovati. Egli vive e diffonde il nuovo spirito ecumenico fatto essenzialmente di amore e teso alla comunione delle anime, nella certezza che «dall’unità dei cuori si svolge quella delle menti» . È commovente pensare che l’ultimo articolo sull’ecumenismo, Il viaggio verso l’unità, lo ha scritto nel dicembre 1979, quattro mesi prima della sua partenza per il Cielo. Anche qui coltiva tenacemente una visione profetica, in cui pone l’unità dei cristiani come base e lievito per «imprimere uno slancio all’ideale d’unità universale tra i popoli» . (Tratto da: Tommaso Sorgi, Il percorso ecumenico di Igino Giordani, «Nuova Umanità» n.199). (altro…)
Un volto rotondo, con due occhi cerulei e attenti. Incontro per la prima volta Peter Grimheden a Lund, in Svezia, per lo storico incontro tra cattolici e luterani per i 500 anni della Riforma. Peter è un giovane pediatra molto appassionato del suo lavoro a cui si dedica con grande entusiasmo. La sua singolarità è di essere svedese, luterano e focolarino. Di aver scelto, cioè, una strada di donazione totale a Dio. Vive a Stoccolma in una piccola comunità con altri 4 focolarini cattolici: un belga, un argentino, due italiani. Sei cresciuto in un ambiente e una famiglia cristiana? Faccio parte della Chiesa luterana svedese e vengo da una famiglia molto legata alle tradizioni. Quand’ero piccolo era abitudine andare a trovare i nonni. Prima si andava a Messa e poi si cenava insieme. Durante la cena, dopo che le donne avevano lavato i piatti, ci sedevamo e dovevamo ascoltare mio nonno che ci leggeva un sermone di Lutero. Come se quello della Messa non fosse bastato! L’unica cosa che ricordo è che giocavo a trattenere il fiato. Il mio record è stato resistere senza respirare per un minuto di fila. Era una educazione rigida e severa. Tutto era o bianco o nero e non potevo mai andare né al cinema né a giocare a hockey su ghiaccio. Come hai conosciuto i Focolari? Frequentavo una ragazza che mi ha invitato al concerto del Gen verde, una band musicale ispirata dai Focolari. Mi è piaciuta la musica, le parole, l’atmosfera che si è creata. Il fratello di una cantante era stato ucciso in una guerra civile e lei era stata capace di perdonare. Mi piaceva un cristianesimo positivo, non basato su divieti e su ciò che non bisognava fare. Le persone dei Focolari divennero i miei amici e li frequentavo insieme alla mia ragazza. Ma dopo un po’ stavo stretto dentro questa relazione e l’ho mollata. Continuando a frequentare i Focolari mi sono sentito molto attratto dalle persone che si donavano completamente a Dio vivendo in una comunità. Per me è stato come scivolare su una buccia di banana piuttosto che fare una grande scelta. È stato come innamorarsi. Così, a 21 anni, sono andato in Italia a Loppiano, vicino a Firenze, per frequentare la scuola di formazione per focolarini. È stata un’occasione unica per conoscere persone di tutto il mondo anche se mi sentivo un po’ “esotico” perché quasi tutti erano cattolici. Oggi vivi in una comunità di Stoccolma. Costituisce una difficoltà convivere con persone di un’altra Chiesa? L’appartenere ad una Chiesa o l’altra non ha un impatto nella vita quotidiana perché condividiamo gli stessi ideali. Abbiamo in comune la vita cristiana e non avverto differenze tra di noi. Mi sentivo un po’ solo a frequentare la mia chiesa luterana, ma, ora i miei amici, ogni tanto mi accompagnano perché sono interessati a conoscere meglio la mia Chiesa, come io lo sono della loro. Cerchiamo di vivere alla presenza di Gesù tra noi e tutti siamo suoi discepoli. Fonte: Città Nuova (altro…)
Uno spettacolare flusso di bici attraversa le vie della città, incuriosendo i passanti. Siamo a Foggia, città commerciale del Sud Italia. Tanti cittadini, complice la splendida giornata di sole, sono per strada, nella tradizionale passeggiata della domenica, e le signore, alle prese col pranzo della festa, si affacciano dai balconi. Bici familiari attrezzate con i seggiolini per i più piccoli, tandem con a bordo non vedenti come secondi pedalatori, due ruote dotate di microfoni, casse altoparlanti e striscioni, cicli di ogni forma e dimensione, una lunga scia variopinta di caschi e caschetti e una allegra scampanellata. E la biciclettata ecumenica organizzata dal Consiglio Ecumenico di Foggia insieme ai francescani della parrocchia di Gesù e Maria, alla Consulta delle Aggregazioni Laicali, cui aderisce anche il Movimento dei Focolari, all’Associazione Fanny Bike e all’Associazione Cicloamici, in occasione dell’anniversario dello Spirito di Assisi e della Giornata per la Difesa del Creato.
L’iniziativa – che risale a qualche mese fa – per la città pugliese è l’occasione per riflettere insieme, uomini di buona volontà e credenti di diverse confessioni religiose, sull’importanza della custodia del creato, quale dono di Dio, affidato agli uomini per il bene di tutti; per sensibilizzare la cittadinanza ad assumere stili di vita più ecologici, a partire dal proprio quotidiano, e impegnare l’amministrazione comunale ad intraprendere scelte politiche che consentano di sanare la città rendendola più bella, vivibile e meno inquinata. Simbolicamente il percorso della biciclettata, che comincia dalla Piazza dove ha sede la Curia Arcivescovile, con la consegna al Sindaco di un patto d’intesa tra cittadini ed amministrazione, contenente l’impegno reciproco, secondo le proprie competenze, a realizzare i motivi ispiratori della manifestazione, continua toccando i luoghi di culto di tutte le confessioni cristiane presenti sul territorio cittadino che hanno aderito all’iniziativa: la Chiesa San Domenico per la comunità ortodossa greca, la Chiesa di Gesù e Maria per la comunità ortodossa rumena, la Chiesa Evangelica ADI, la Chiesa Valdese, fino a Parco San Felice, polmone verde e luogo d’incontro della città, con un breve momento di preghiera ecumenica. (altro…)
Esiste una sola via, e io perlomeno non riesco a vederne nessun’altra, per poter avere qui e ora il massimo dell’unità e della comunione fra noi: quest’unica via coincide […] che tu e io, voi e io e noi tutti con passione giorno per giorno in ogni situazione della nostra vita e in ogni situazione che si frappone fra noi, ci ancoriamo in modo saldo solo alla Sua Parola. (pag 266). La Parola di Dio supera le barriere che ci sono fra noi e crea comunione. […] Questo non ce lo può togliere nessuno, non ce lo può proibire nessuno. Qui non si può tornare indietro: questo è il punto essenziale in cui si apre la strada per andare avanti. […] Se viviamo la Parola in una realtà di reciprocità e in maniera radicale, in modo tale che ciò che tu vivi e ciò che io vivo siano un’unica Parola, siano insieme la Sua Parola, allora cresce fra noi l’unità […] Possiamo chiederci: ma come facciamo a vivere nell’unico Spirito che è la realtà più profonda e intima di Dio, e che è la realtà più profonda e intima a me stesso? Nel fatto che in te ricerco con tenacia i doni dello Spirito, in te che sei cristiano e credente come me. Ti interrogo a lungo, finché in te non ho scoperto lo Spirito. Non mi accontento di un compromesso dicendo: “In fondo non sei male, e non lo sono nemmeno io: io posso trovare un punto di incontro a metà strada!”. Non dico nemmeno: “Prendo qualcosa di tuo e qualcosa di mio per concertare una formula sulla quale entrambi possiamo metterci d’accordo senza modificare i fondamenti”.
Io invece mi chiedo: “Dov’è lo Spirito in te?”. Nell’insistenza di questa domanda non ti costringo e non ti limito, ma ti rendo libero, perché tu possa donarmi i doni dello Spirito in te. Sono pronto a lasciarmi interrogare da te fino al punto ultimo ed estremo affinché, confidando nello Spirito, anch’io possa offrire e donare a te i miei doni come doni di Dio. Donarsi reciprocamente i doni, scoprire nella reciprocità i doni dello Spirito nell’altro: questa è la via per l’unico Spirito. (pag, 265,266) (15.6.79, dialogo col teologo evangelico Lukas Vischer) Chi vive da lungo tempo la spiritualità dell’unità non può fermarsi a dire: Cosa mi va bene di quello che sta dicendo l’altro? Cosa non mi va bene? Per quali versi è compatibile con la mia opinione? Riguardo a cosa non è compatibile? Io invece cerco di farmi uno con l’altro, cerco di pensare a partire dall’altro, non in maniera da rinnegare quello che affermo con sicurezza in base a Cristo, ma nel senso che davanti all’altro mi chiedo: Quale luce vuole darmi? Guardo quindi a me stesso partendo dall’altro. Mi faccio uno con l’altro e cercando di rileggere la mia verità attraverso la luce dell’altro. (pag, 268) (da Domande e risposte alla Scuola ecumenica di Ottmaring) Wilfried Hagemann: KLAUS HEMMERLE, innamorato della Parola di Dio – Città Nuova 2013. (altro…)