Apr 30, 2013 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Varchi la soglia dell’ateneo di Betlemme e ti imbatti in una folla singolarissima: ragazze cristiane a braccetto con musulmane, leggins e chador e poi una gigantografia di Arafat a fianco della cappella cattolica. Non è sincretismo quello che si vive tra le aule di questa università che conta circa quattromila studenti, ma un ritratto di convivenza e di tolleranza che dal 1973, anno di fondazione di questo centro di cultura e di studio, fotografa un aspetto del dialogo tra religioni. Ma a Michel Rock, docente cattolico di discipline religiose, non basta. Ha voluto che i suoi studenti incontrassero i giovani del Movimento dei Focolari, in pellegrinaggio in Terra Santa per approfondire non solo teoricamente ma attraverso testimonianze e progetti cosa aggiunge la fraternità ad un contesto multi religioso come quello del suo corso. “Non voglio solo una tranquilla convivenza – ha ribadito nel suo intervento – la fraternità apre nella nostra storia accademica, già orientata per statuto al dialogo, un percorso nuovo in grado di incidere sulla vita e sul pensiero”.
Alberto Lo Presti, professore di storia delle dottrine politiche all’Angelicum di Roma, precisa assieme a due giovani dei focolari, una brasiliana e un rumeno, che la fraternità non è una medicina che tutti debbono assumere per fare il mondo più bello ma una forza storica in atto, adatta a questo momento di forte crisi. “In un mondo attraversato da forti differenze anche l’idea di bene si è frammentata in tanti piccoli beni individuali per soddisfare le esigenze di tutti“, ha precisato Lo Presti. L’interdipendenza e il comune destino che la storia ci propone magari sotto l’aspetto di guerre, disastri ambientali, crolli di borse sottolinea secondo il docente romano che “la felicità dell’altro è decisiva anche per la mia e la fraternità mi propone un’etica che va al di là di solidarietà e condivisione perché lo status di fratello appartiene sempre all’altro uomo anche durante i conflitti o se la relazione si incrina”. Un’affermazione che in questa terra non può lasciare indifferenti. Yousef Al Hieraimi, docente di islamistica nello stesso corso di Rock, ha ribadito che “le religioni non possono mai essere occasioni di divisione ma nastri di partenza per la fraternità”.
Ne è seguito un dibattito animato per precisare meglio le declinazioni della fraternità nel lavoro tra atenei, nei mass media, nelle inevitabili differenze della convivenza. Mariam, studentessa palestinese, precisa a più riprese l’orgoglio di partecipare a questo corso di scienze religiose tenuto da un docente cattolico e da uno musulmano perché “ci apre la mente e ci mostra una realtà ben diversa da quella che i pregiudizi inevitabilmente costruiscono. Qui non ci sono nemici, ma si cresce insieme ed oggi mi sono sentita incoraggiata a continuare in questa direzione”. Per Cristine fino ad oggi c’erano due tipi di amore: quello per i piccoli che ti fa prendere cura di loro e quello tra sposi. “Oggi ho capito che c’è un terzo tipo: quello della reciprocità, quello che ti fa agire con l’altro, chiunque esso sia come faresti con te stesso”. Dall’inviata Maddalena Maltese (altro…)
Apr 29, 2013 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
C’è il tempo del cammino e c’è quello della sosta. Nazareth è stata la tappa in cui i 120 giovani dei focolari in Terra Santa per la conclusione dell’anno dedicato al Genfest si sono incontrati con 25 loro coetanei di Haifa e Gerusalemme, lo scorso 28 aprile. La lingua o la differente provenienza non sono stati motivo di imbarazzo e neppure le improvvisate traduzioni hanno frenato il racconto e le impressioni di questi giorni vissuti in Terra Santa alla scoperta dei luoghi della fede cristiana, ma soprattutto delle persone che in questa terra continuano con generosità e coraggio a scrivere nuove pagine di una storia che ripete con altri volti, altre vite la buona novella. Dominga di Napoli ha riconosciuto immediatamente Nicola di Haifa: una foto scattata in modo giocoso a Budapest, da sconosciuti, li ha fatti rincontrare in questa città in modo inatteso. Il patto di fraternità siglato al Genfest in questi mesi ha nutrito le loro scelte e anche la fedeltà all’impegno di “fare agli altri ciò che si vorrebbe per se” come pilone dei ponti di dialogo che in tutto il mondo si sono continuati a costruire. Ci si racconta con spontaneità delle scoperte e delle novità incontrate in questi luoghi: “non è un percorso di memoria sulle tracce di quanto è successo duemila anni fa con Gesù, è scoprirlo nella realtà di oggi e questo è affascinante”, commenta Tiziana entusiasta per l’accoglienza e il senso di famiglia sperimentato immediatamente con la comunità dei Focolari. Poi c’è chi è arrivato qui con il suo fardello di storia personale. Stanislaw è bosniaco, la sua storia non è dissimile da quella di tanti giovani che qui, sulla loro pelle, vivono un conflitto non armato ma latente. “Durante la guerra in Bosnia ho vissuto tempi difficili, la situazione politica era difficile e dovevo decidere se rimanere nel mio Paese o restare. Alla fine sono rimasto a Sarajevo, in una città che ha molto in comune con quelle palestinesi. Anche lì c’era spazio per costruire ponti. Non mi pento di quanto scelto e forse quel sì mi ha condotto oggi fino a questa terra, fino a voi con cui sento grande affinità”. Joaquin viene dall’Argentina. Lui è cristiano, il papà è ebreo. “Era difficile dire ai giovani palestinesi di questa mia doppia identità. Certi giorni mi sentivo molto vicino agli ebrei, mi identificavo anche con le loro paure. Poi ho ripensato ad un mio amico tedesco. Quando ci eravamo conosciuti mi aveva chiesto scusa per la shoà. Oggi voglio chiedere anch’io perdono ai palestinesi per quanto di ingiusto gli ebrei fanno nei loro confronti”. Un ponte tra ebrei e arabi è stato anche il workshop che il Gen Verde e il Gen Rosso hanno preparato con studenti delle scuole sia a Betlemme che a Nazareth. Samer di Haifa entra nei dettagli. “Non eravamo convinti di questo esperimento. Sappiamo che in questi rapporti basta una parola sbagliata per far esplodere contestazioni e critiche. Eravamo proprio intimoriti. Invece danzare insieme, muoversi in modo coordinato ha sciolto ogni tensione: avevamo un obiettivo comune e quello potevamo realizzarlo perché il pubblico si aspetta la nostra coreografia. Basta un piccolo passo e Dio interviene. E poi c’eravate tutti voi a sostenerci e incoraggiarci nel continuare”. Il concerto al Technion di Haifa, con la presentazione dello United World Project, mette il sigillo, anche con la musica, su questo ponte che si puntella con nuovi mattoni. Dall’inviata, Maddalena Maltese (altro…)
Apr 29, 2013 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Si chiama “Condecoración” de la “Orden del congreso de Colombia”, ed è stata istituita nel 1987 dal parlamento colombiano: è l’onorificenza che a nome del popolo le due camere possono conferire a cittadini o istituzioni che abbiano servito il Paese. Ed è con questa motivazione che la “Condecoración” – sollecitata dal Senatore della Repubblica José Darío Salazar Cruz – è stata attribuita al Movimento dei Focolari e consegnata al magistrato italiano, dott. Giovanni Caso, presidente aggiunto onorario della Corte di Cassazione italiana. “Accogliamo questo riconoscimento all’opera di Chiara Lubich come un ulteriore incoraggiamento a proseguire, con sempre maggior decisione e slancio, il cammino da lei tracciato ovunque, e in particolare in Colombia”; scrive la presidente dei Focolari Maria Voce nel ringraziamento inviato agli onorevoli e a tutti i presenti radunati nella seduta straordinaria del congresso della Repubblica di Colombia tenuta il 25 aprile. In questa occasione è stato conferito ai Focolari il titolo di “Commendatore”, con la motivazione di “mettere in luce l’eccelso contributo che il Movimento ha dato lungo i suoi 40 anni di presenza in Colombia a beneficio della convivenza e della fraternità”.
Erano presenti il segretario della conferenza episcopale, mons. Daniel Falla Robles, il vescovo anglicano Francisco Duque, e il Personero di Bogotà [responsabile dell’ufficio distrettuale dei diritti umani], dr. Ricardo Cañón. Nel riconoscimento si ricorda in particolare come i Focolari, nei 40 anni di permanenza in Colombia, abbiano generato “modelli di convivenza nei vari ambienti della società, nel mondo della pedagogia, del diritto, dell’economia…”. E nel suo discorso, il Senatore cita tra le concretizzazioni, quella de Los Chircales, della scuola Sol Naciente, la collaborazione con la Pastorale sociale di Soacha, tra le altre. Sulla fraternità, “presupposto essenziale di ogni convivenza”, mette ancora l’accento Maria Voce, considerando che applicandola “su più vasta scala, nell’agire politico, giuridico, sociale, essa offre possibilità sorprendenti. Favorisce il dialogo a vari livelli e permette di tenere insieme e valorizzare culture, pensieri diversi, esperienze umane divergenti che, altrimenti, possono sfociare in conflitti insanabili. Per la fraternità acquistano nuovi significati anche la libertà e l’uguaglianza, fondamenti base della democrazia. La fraternità può sostenere e dare nuova luce a quegli organismi impegnati a superare le barriere tra singoli e popoli per accelerare le tappe verso l’unità della famiglia umana e garantire la pace”. Prosegue dunque l’impegno dei Focolari in Colombia, che, nei giorni scorsi si è concretizzato anche con una serie incontri tenuti dal dott. Caso, membro della commissione centrale internazionale di Comunione e Diritto, rete internazionale di studiosi e operatori del diritto, che cercano di coniugare il paradigma della fraternità con il diritto. Il calendario degli interventi ha toccato in precedenza anche il Centro America, con un importante appuntamento di operatori del diritto in Guatemala. (altro…)
Apr 27, 2013 | Cultura, Famiglie, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Siamo arrivati vicino a Denver, in Colorado, dall’Argentina 3 anni fa, senza conoscere nessuno, in un inverno nevoso. Pensionati, si apriva un capitolo nuovo della nostra vita, ma anche l’opportunità di vivere l’arte di amare evangelica: prendere l’iniziativa ed essere i primi ad andare incontro agli altri, vicini di casa o parrocchiani, per conoscerli e costruire rapporti duraturi. Nella grande parrocchia cattolica di cui facciamo parte, cercavamo, dopo la Messa, di avviare una conversazione con ciascuno. Parlavamo di Denver e delle escursioni in montagna, delle cose di tutti i giorni… ma poi, quando ce n’era l’opportunità, cercavamo di condividere qualcosa della nostra vita spirituale e l’esperienza del cercare di vivere – non solo di pensare – nello spirito del Vangelo. Gradualmente il rispetto e l’amicizia nei nostri riguardi cresceva. E in meno di 18 mesi siamo stati nominati membri del consiglio parrocchiale. Nel 2012, abbiamo cominciato insieme ad un’altra coppia un “progetto di buon vicinato”, nel nostro quartiere costituito da 253 famiglie. Si trattava di bussare di porta in porta e invitare le persone a partecipare a degli incontri mensili, allo scopo di conoscersi tra persone che vivono nella stessa comunità locale. Ma ci voleva anche lo sforzo personale di mantenere e sviluppare questi nuovi rapporti, invitando le coppie a cena a casa nostra, partecipando ad eventi culturali, o semplicemente con un caffè o una passeggiata. In un anno abbiamo aggiunto 95 nomi nella mailing list, con una partecipazione di 40 persone ai nostri appuntamenti regolari. A qualche mese dall’inizio del progetto, dalla parrocchia ci viene chiesto di tenere un nuovo gruppo chiamato “piccola comunità di fede”. Abbiamo accettato, cercando di mettere in evidenza il rapporto tra la Scrittura e la vita quotidiana e di testimoniare l’amore di Dio. Pian piano la gente del gruppo ha cominciato a condividere a sua volta la propria esperienza nel vivere la Parola. Un esempio: George, ingegnere informatico, diceva che da quando ha conosciuto questo nuovo ‘metodo’ di avvicinarsi al Vangelo, si è reso conto di dover cambiare il rapporto con clienti e colleghi, essendo più attento e presente al 100% ogni momento, nel relazionarsi al telefono con clienti ansiosi per i problemi del loro pc, o nei lavori più complessi che il capoufficio gli affida. Con un’altra signora, invece, abbiamo preso l’iniziativa di andare a trovare una coppia che conoscevamo appena. Veniamo a sapere che la moglie stava facendo la chemioterapia e il marito era molto preoccupato. Ci siamo offerti di preparare loro i pasti e comprato i fiori per il suo rientro a casa dall’ospedale. Qualche volta proprio prima di un incontro, ci troviamo ad avere opinioni diverse su come procedere. Ma sappiamo di avere la responsabilità di attuare quanto cerchiamo di annunciare: essere uniti tra noi è il prerequisito. E più ci esercitiamo a vivere il valore di amare il prossimo, più vediamo concretizzarsi i frutti dei nostri sforzi». Vedi anche sito del Expo 2013 (altro…)
Apr 27, 2013 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale
“Sabato scorso c’era una vera folla che scendeva dal treno: ho visto con i miei occhi questo ‘esercito’, tanti Giovani per un mondo unito che arrivavano a La Plata.… Li ho visti, poi, nei vari quartieri, lavorando come matti, con amore e impegno, ed ho pensato: sì, è chiaro, questa è la vera rivoluzione!”. Così scrive Sofia dopo una intensa giornata di lavoro, offrendo aiuto e assistenza a chi ha subito i danni della grande inondazione del 3 di aprile: metà della città inondata, molti i morti e il dolore di perdere tutto. E, ancora una volta, sono i giovani che si mettono in prima linea per organizzare la rete di solidarietà che si è attivata in tutto il paese. “Eravamo più di 40 – racconta Pilar -. Ci siamo divisi in tre gruppi per poter offrire meglio il nostro aiuto. Una famiglia ha aperto le porte della sua casa per poter raccogliere materiale e distribuirlo nel quartiere. Ma avevano tutte le loro cose coperte di fango, così alcuni sono rimasti ad aiutarli, mentre altri preparavano cibi e vestiario per chi che ne aveva bisogno. Altri hanno iniziato a pulire le case dei vicini. Sono molto stanca, però super contenta di aver dato una mano”. “Siamo andati in una scuola per selezionare le donazioni e scaricare camion di materiali, materassi, acqua e detersivi. Parlando con la gente del quartiere, ci siamo resi conto della grande necessità di condividere quanto si sta vivendo. C’è chi ha perduto tutto! Un signore, che abbiamo aiutato a caricare la spazzatura sul camion, ci ha offerto l’unica cosa che aveva: acqua calda per il mate. Ha perso tutti i mobili, e l’acqua ha distrutto il materiale del suo locale di elettronica”.
“Ho dedicato molto tempo ai bambini: racconti pieni di vita, di sentimento… Sguardi che attraversano l’anima, perché in mezzo al caos ed alla perdita delle cose materiali, la gente cerca affetto, cerca chi ascolti la loro esperienza. Ho dovuto fare da mamma a più di qualcuno di loro, dando da mangiare ai più piccoli, sorvegliando neonati di pochi mesi, mentre le mamme pulivano…”. In un’altra città, Luisa ed altri amici cominciano una campagna “casa per casa” avvisando che avrebbero raccolto materiale, vestiario e che sarebbe stato aperto un conto in banca per raccogliere fondi. Ma “non so se qualcuno depositerà qualcosa…” confida a qualcuno. Joaquín, di nove anni, sta ascoltando la conversazione mentre guarda alla televisione le immagini dell’inondazione; si alza, va nella sua stanza, e ritorna per consegnare una busta a Luisa: “Qui ci sono i miei soldi”. La mamma, stupita, gli dice: “Ma questi erano per la tua bicicletta” (era un anno che Joaquín stava risparmiando per comprarla). Joaquín le risponde: “Mamma, loro ne hanno più bisogno di me”.
Anche molte famiglie dei Focolari hanno subito considerevoli perdite economiche. Dopo i primi momenti di sorpresa e di dolore, si sono unite alla grande corrente di solidarietà, aprendo le case ad altri, raccogliendo e distribuendo donazioni, aiutando come possibile. Guardando la gravità dei danni, tutto quello che si riesce a fare sembra poco. Uno dei Giovani per un Mondo Unito venuti col treno per aiutare, lo esprime in questo modo: “Sento che il mio contributo è piccolo, però ogni granello di sabbia vale. Forse non possiamo risolvere i problemi di tante famiglie, però possiamo unirci nella preghiera perché Dio Amore aiuti queste persone che debbono ricominciare da zero. Grazie a ciascuno!… Mi ha dato molta speranza, molta forza, il vederci uniti per, in qualche modo, «morire per la nostra gente!»”. A cura di Carlos Mana, Argentina (altro…)
Apr 26, 2013 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Il Peace Center si trova nel cuore politico e multi religioso di Betlemme. Nella stessa piazza, un quadrato di pietra bianca delimitato da palme, ci sono la basilica della natività e la moschea: una convivenza che non ha nulla di scontro o di intolleranza. A fianco c’è il comune, mentre tutt’attorno ci sono i colori del mercato. E poi c’è il muro che il governo israeliano ha deciso di costruire a difesa del suo territorio.
I Giovani per un Mondo Unito del Movimento dei Focolari, 130 da 25 nazioni diverse hanno voluto iniziare dal Peace Center a rinforzare i ponti di fraternità che a partire dal Genfest, la manifestazione partita a Budapest nel settembre 2012, hanno continuato a gettare in tante parti del mondo. Se lo slogan ungherese era Let’s bridge – neologismo che invitata a costruire legami e a superare barriere tra popoli, fedi, culture – ora è Be the bridge – essere ponti, il progetto che si lancerà proprio dalla Terra Santa, con una banca dati che si impegnerà a catalogare le buone pratiche ispirate alla fraternità messe in atto da singoli, gruppi, organizzazioni e stati. Vera Baboun, prima donna sindaco di Betlemme e dei territori palestinesi ha accolto la proposta di questo start, «felice e orgogliosa, perché credo nella forza e nella capacità del dialogo proprio in una terra ferita dall’assenza di fraternità». Cristiana, docente universitario, vedova e con cinque figli, per quaranta minuti ha raccontato la sua esperienza di sindaco-donna e risposto alle incalzanti domande dei giovani presenti. Entusiasta sostenitrice del cambiamento e delle nuove generazioni ha ribadito più volte: “Sta a noi fare i passi per creare il nuovo. Per costruire i ponti servono tre cose: il coraggio, la buona volontà e la verità. Bisogna confidare in se stessi e credere che si può cambiare“.
A conferma della novità che contraddistingue la sua amministrazione ha illustrato il progetto di un consiglio consultivo fatto da giovani che affiancherà quello eletto dalla città. Nel saluto conclusivo non poteva mancare un riferimento ai muri che circondano la sua città: “Il muro è stato costruito da mani d’uomo. Chi lo abbatterà? Mani d’uomo. Facciamo un vantaggio del non vantaggio e lavoriamo per un sogno comune: fare del mondo una casa comune dove gli uomini sono davvero una sola umanità. E i palestinesi sono questa umanità”. Intanto, a Gerusalemme, prosegue l’ultima tappa del Genfest, col cantiere di fraternità dei giovani dei Focolari in Terra Santa, iniziato il 24 aprile. Diversi gli appuntamenti previsti, con ebrei, arabi, musulmani e cristiani per continuare a gettare ponti come ci si era impegnati sin da Budapest. Con duecento studenti musulmani e cristiani all’università di Betlemme per un laboratorio sulla riconciliazione e la pace, mentre insieme ai complessi internazionali Gen Rosso e Gen Verde e ad artisti locali si percorre la strada dell’arte e della musica. Il 1° maggio un collegamento internazionale da Gerusalemme con Italia, Ungheria ed India siglerà un patto mondiale di fraternità e rilancerà lo United World Project, il progetto che mira ad incrementare l’unità tra popoli, persone, istituzioni anche attraverso la creazione di una banca dati di tutte le iniziative che negli anni hanno operato in questa direzione. Fonte: Città Nuova online Leggi anche: Gerusalemme, ultima tappa del Genfest “Be the Bridge” website www.unitedworldproject.org (altro…)