Movimento dei Focolari
Atlanta (USA): abbiamo un sogno

Atlanta (USA): abbiamo un sogno

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Membri della comunità dei Focolari ad Atlanta

La città di Atlanta, in Georgia, è la nona area metropolitana degli Stati Uniti, sede della Coca Cola e città natale di Martin Luther King. I have a dream, ho un sogno, gridava nel ‘63 il leader della non violenza, chiedendo l’uguaglianza tra bianchi e neri, e sperando che un giorno s’avverasse il credo della nazione americana “che tutti gli uomini sono stati creati uguali”, come si legge nella Dichiarazione di Indipendenza del 1776. Da allora tanti passi sono stati fatti, ma rimangono sfide aperte. Lo testimonia Celi Fuentes Montero, costaricense, “bianca”, che ha vissuto per 20 anni a Los Angeles e ora è nel focolare di Atlanta. «Sentivo dire che nel sud degli Stati Uniti c’erano episodi di discriminazione razziale, ma mi sembravano racconti esagerati. Ma purtroppo mi sono dovuta ricredere». Di recente, negli Stati Uniti vari sono stati gli scontri con la polizia in cui i giovani afroamericani non armati sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco. Le proteste sono state particolarmente intense a Baltimora e a Ferguson, degenerando in episodi di violenza che hanno dato slancio al Black Lives Matter, un movimento che denuncia la povertà e il disagio delle comunità nere e la violenza della polizia.Purtroppo l’estate scorsa a Dallas e in Louisiana, in seguito ad attacchi di cecchini, l’odio ha ucciso dei poliziotti e – le vittime erano sia bianchi che neri. La tensione è palpabile anche ad Atlanta, dove la popolazione afroamericana supera il 50%. Lì la comunità dei Focolari, che rispecchia la demografia, s’impegna per tessere reti di riconciliazione e ricostruire dal di dentro il tessuto sociale. «I nostri amici afroamericani temono di uscire di casa – continua Celi Fuentes – perché dicono che hanno paura di rischiare la vita. Quando gli scontri erano più frequenti, un’amica temeva di andare a fare la spesa. “Ma poiché credo al mondo unito, mi sono fatta coraggio e sono uscita per amare quanti avrei incontrato”, mi ha detto. Al supermercato ha trovato una donna bianca che presentava un prodotto e si è fermata ad ascoltare. La donna ha capito il suo gesto e si sono scambiate un abbraccio». Nonostante le leggi anti-discriminazione messe in atto sin dal “Civil Rights Movement” degli anni ‘60, nel sud si sperimenta ancora disparità sociale ed economica. «Alcuni dei miei giovani amici afroamericani – continua Celi – si sentono svantaggiati, rispetto ai giovani bianchi, per l’accesso all’Università e al lavoro». «Arrivata in Georgia mi metto a cercare lavoro insieme a una amica nera – racconta ancora Celi –. Andiamo in una agenzia per l’impiego, lei è più qualificata di me per questo lavoro specifico. Ma a me dicono che mi chiameranno in prossimo futuro, a lei invece, di tornare a studiare e prepararsi meglio. Era chiara la discriminazione per il colore della pelle. Provo sgomento: apro gli occhi su quello che tanti subiscono ogni giorno. Faccio mio questo dolore e, almeno per quanto sta a me, cerco di dare un contributo a costruire ponti al di là della tensione che sperimentiamo». Una opportunità ci viene data mediante la collaborazione ad Atlanta in progetti comuni della comunità dei Focolari e quella dei musulmani afroamericani. «Con tanti amici afroamericani e musulmani lavoriamo insieme in piccole azioni che mettono in moto sempre più persone. Prepariamo il cibo o le coperte per i senza tetto della città, o gli zaini per queste persone, utili quando, per legge, devono essere evacuate da certi luoghi della città. Sono azioni che possono sembrare insignificanti, ma che testimoniano l’amore concreto. per questa collaborazione i nostri amici musulmani ci hanno detto: finora dialogavamo, adesso siamo fratelli. Tra noi della comunità dei Focolari avvertiamo di aver raggiunto un livello di comprensione reciproca molto più profonda insieme ad un maggior supporto tra persone di diversi background sociali e raziali. Il giorno in cui ci sono state le sparatorie ci siamo trovati per l’incontro della Parola di Vita: ci siamo scambiati le paure, l’incomprensione, ci siamo detti l’un l’altro “sono qua per te!”». «Nel cuore ho tanta speranza – conclude Celi –. È vero che siamo pochi in mezzo a questi problemi di cui la tensione razziale è solo uno ma non l’unico. Mi viene da chiedere l’aiuto di Dio per entrare più profondamente in questa cultura per dare, insieme, il nostro tipico contributo: quello dell’unità, lì dove c’è tanta divisione». (altro…)

Ecuador: interventi post terremoto

Ecuador: interventi post terremoto

Ecuador__Jose_Jacomor_EEE_EEP1Come abbiamo potuto seguire dai media, il 16 aprile scorso un forte terremoto di magnitudo 7,8 ha colpito l’Ecuador, in particolare le province di Manabì, Esmeraldas, Santo Domingo e Pichincha, lasciando quasi 30 mila persone senza tetto. Il Movimento dei Focolari si è subito attivato in tanti modi: a partire dai primi soccorsi, insieme ai tanti volontari spontanei e, nel tempo, con una raccolta fondi coordinata da AMU (Azione per un mondo unito) e AFN (Azione Famiglie Nuove Onlus), mentre localmente è stata costituita una commissione per individuare le priorità di intervento e coordinare i lavori a più lungo termine. «Nei mesi scorsi – scrivono dalla commissione – alcuni di noi siamo andati a visitare diverse località colpite, incontrando le comunità e cercando collaborazioni con enti che operano con le stesse finalità. A fine agosto le prime proposte di intervento erano completate e abbiamo stretto rapporti di collaborazione in particolare con l’Ong FEPP (Fondo Ecuadoriano Populorum Progressio) e la Fundación Amiga». 20160919-01In questa fase, gli interventi post emergenza ritenuti più urgenti riguardano la messa in opera di attività produttive che possano dare supporto economico alla popolazione, il sostegno psicologico per superare il trauma che – come scrivono–  «a distanza di 5 mesi, è ancora molto forte». Sottolineano un altro punto importante: «Abbiamo visto la necessità di offrire formazione sulle procedure per accedere ai fondi del governo ecuadoriano per la ricostruzione delle abitazioni». Le località in cui inizialmente si concentrerà l’aiuto sono tre, tutte situate nella provincia di Esmeraldas: Salima, “10 de Agosto” e Macara, «dove si porteranno avanti delle iniziative per attenuare le conseguenze dei traumi subiti e per rafforzare l’organizzazione e le capacità della comunità», spiegano. «A Salima si realizzerà, inoltre, un panificio in forma cooperativa e un’attività di formazione per fabbricare reti da pesca, in cui i pescatori più anziani faranno da formatori. Nella località “10 de Agosto” si svolgeranno corsi di formazione in artigianato e cura della persona, e inoltre si aiuterà un gruppo di madri a creare un asilo», specificano. «Questa – scrive la commissione locale – rappresenta la prima fase del progetto, che corrisponde ai fondi attualmente disponibili. Lavorando con le comunità approfondiremo ancora di più in futuro le loro esigenze e necessità, a cui potremo dare risposta». Resoconto ad oggi. Per l’emergenza in Ecuador, sono arrivati all’AMU contributi per complessivi € 35.502, di cui € 10.000 già erogati, altri 10.00 sono stati erogati da AFN. Leggi le news precedenti: –          Emergenza Ecuador –          Terremoto in Ecuador due mesi dopo (altro…)

Nella periferia di Buenos Aires

Nella periferia di Buenos Aires

20160910-01Grande festa il 14 agosto a José C. Paz (ad una cinquantina di km da Buenos Aires, Argentina), per celebrare il 10° anniversario dell’inaugurazione della sede che ospita le attività del progetto sociale “Juntos por el Barrio” (Insieme per il quartiere), un’opera sociale finalizzata particolarmente ai bambini e adolescenti del quartiere e alle loro famiglie. Ma se è vero che l’edificio compie dieci anni, non bisogna dimenticare che le attività del progetto sono iniziate ben prima e, come spesso accade, suscitate ad opera della gente che in quel quartiere ci viveva da tempo. Quando Francesco, il papa argentino, ha invitato a prendersi cura delle periferie, probabilmente aveva nel cuore insediamenti come il barrio dove sorge questo centro sociale. Si tratta di un agglomerato abitativo formatosi in maniera informe a ridosso di altre costruzioni, costituito da nuclei famigliari giunti lì in cerca di fortuna. Fortuna che purtroppo non hanno trovato perché neppure lì c’era. La disoccupazione dilagante li ha resi ancora più poveri e vulnerabili ad ogni sua conseguenza: emarginazione, alcolismo, droga, violenza, prostituzione. Pericoli che hanno minacciato anche i molti bambini e adolescenti che trascorrevano quasi tutto il tempo in strada. 20160810-02Fin dal 1999, alcuni abitanti ‘storici’ del quartiere, sostenuti dai Focolari che nelle vicinanze hanno un centro convegni, si sono messi insieme per fare qualcosa per quei nuovi arrivati. Per prima cosa hanno cercato di individuare quale fosse la domanda più forte che emergeva dal barrio. Ed era: poter disporre di un luogo di accoglienza diurno per bambini e adolescenti per toglierli dalla strada. Così è nato il progetto “Juntos por el Barrio”. In una sala di fortuna è iniziata una prima attività di appoggio scolastico. Visto il successo dell’iniziativa (in parte finanziata dal sostegno a distanza di AFN onlus), le idee hanno cominciato a moltiplicarsi in altrettante iniziative. E con donazioni provenienti anche dall’estero è stato poi costruito un edificio dove svolgere queste attività, diventato ben presto punto d’incontro e di riferimento per tutto il barrio. 20160910-03Era proprio il caso, quindi, di festeggiare, anche perché il quartiere sta davvero cambiando volto. Nel centro “Juntos por el barrio” si realizzano attualmente molteplici attività, tante di esse rivolte ai minori ma anche a persone di tutte le età: integrazione alimentare, prevenzione sanitaria, alfabetizzazione, laboratori di serigrafia e artigianato, corsi per giardinieri, parrucchieri, sarti, attività ludiche. Si dà così supporto ad oltre 70 famiglie, mentre ogni settimana il centro è frequentano mediamente da 200 persone. I 220 che sono intervenuti alla celebrazione del 14 agosto, tra cui un centinaio di bambini, sprizzavano gioia da tutti i pori. E tutti si sentivano protagonisti non solo della festa ma anche del loro riscatto, forse per sentirsi ‘parte’ di un processo nel quale più che il dare e il ricevere, viene in luce la reciprocità. (altro…)