Set 23, 2016 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Organizzato dalla Diocesi umbra con le famiglie francescane e la Comunità di Sant’Egidio, l’evento ha raccolto leaders religiosi di tutto il mondo con la partecipazione anche di uomini e donne di cultura e delle istituzioni. Presente anche il Movimento dei Focolari, sia in fase di preparazione che di partecipazione, soprattutto dalle comunità in Umbria e da Rita Moussalem e Roberto Catalano responsabili centrali del dialogo interreligioso dei Focolari. Con la sua presenza, lo scorso 20 settembre, papa Francesco ha dato continuità a quanto Giovanni Paolo II aveva intuito nel 1986: la necessità di pregare per la pace e il ruolo che le religioni hanno per evitare i conflitti come pure per contribuire a risolverli. Nel 2011, Benedetto XVI aveva presentato la pace non solo come un impegno degli uomini di fede, ma anche come un progetto culturale. Ma il mondo non è più quello degli anni ’80, quello bi-polare della Guerra fredda. Si è arrivati al mondo globalizzato e multipolare di oggi, dove anche le guerre sono cresciute, senza mai essere di religioni. Papa Francesco ha salutato i leader presenti uno a uno, iniziando da un gruppo di profughi, immagine delle sfide del mondo di oggi. Non si è trattato solo di un atto formale. Sono stati attimi profondi, di rapporto intenso, capaci di stabilire intese importanti per il futuro. Un secondo momento è stato il pranzo per il quale, nel Sacro Convento, il Papa ha voluto tutti accanto a sé. Consumare un pasto insieme, sotto lo stesso tetto è in sé un atto di pace. È seguita, poi, la preghiera comune. Ben inteso, non insieme. Ogni religione aveva un luogo dove i suoi seguaci potevano recarsi per pregare, secondo la propria tradizione religiosa, per la pace del mondo. Ognuno lo ha fatto distintamente; un atto che ha inteso cancellare il dubbio che questi momenti trasudino di sincretismo. I cristiani hanno pregato insieme, a dimostrare che l’unità fra le Chiese è fondamentale per dare un contributo importante alla pace, come seguaci di Cristo.

Il Papa presiede la preghiera ecumenica nella basilica di S. Francesco. Foto: CNS/Paul Haring
Il momento finale, sulla piazza antistante la Basilica di San Francesco. Leader di ogni religione seduti a semicerchio, attorno a papa Francesco, a dimostrare che nessuno reclama una superiorità, nonostante la stima e il riconoscimento di tutti per il papa di Roma. Il suo nome, il suo esempio di vita sobria, le sue parole, i suoi gesti sono stati costantemente citati nel corso dei 29 panel o tavole rotonde svoltisi nelle due giornate precedenti in ogni angolo di Assisi. La conclusione è stata scandita da riflessioni profonde e vitali da parte di leader cristiani, buddhisti e musulmani, ma anche da condivisioni toccanti: quella di una giovane madre siriana arrivata in Italia attraverso i corridoi umanitari e quella di un anziano rabbino israeliano sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti. A coronare la serata è arrivato l’intervento di papa Francesco che ha tracciato una road-map della pace. Infatti, «Solo la pace è santa, non la guerra!». Il Papa ha declinato il significato di pace parlando di perdono, di accoglienza, di collaborazione e di educazione, come degli elementi fondanti per renderla possibile. «Il nostro futuro è vivere insieme», ha affermato. Un’idea che universalizza la lettura del grande Bauman che, nella cerimonia inaugurale, aveva sottolineato come l’umanità sia chiamata oggi a vivere la dimensione del “noi”, dimenticandosi del “loro”. Ancora una volta è stato decisivo l’ambiente Assisi. Qui, infatti, la pace si respira. La famiglia francescana ha offerto in questi giorni un esempio di ospitalità umile, intelligente, rispettosa, costantemente al servizio dei leader delle diverse fedi. È stata una dimostrazione evidente di come l’umiltà di cui Francesco d’Assisi parlava e che chiedeva ai suoi seguaci sia una condizione fondamentale per il dialogo e per la pace. Una dimostrazione che la pace la costruiamo tutti, insieme, e che ognuno porta un dono unico e imprescindibile per i processi di pace. di Roberto Catalano (altro…)
Set 21, 2016 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
https://vimeo.com/183346391 (altro…)
Set 20, 2016 | Chiara Lubich, Chiesa, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
È in arrivo a Roma una delegazione di 40 persone provenienti dal Camerun, formata da 9 Fon, Re nativi del popolo Bangwa di Lebialem, Camerun Sud/Ovest, accompagnati da Mafuas (Regine), due Sindaci e Notabili dei loro regni. Motivo di questo loro viaggio in Italia è celebrare il Giubileo della Misericordia con Papa Francesco e ringraziare Dio per il 50° anniversario del primo incontro a Fontem tra il popolo Bangwa e il Movimento dei Focolari. Questo “pellegrinaggio” inizierà in Vaticano incontrando Papa Francesco all’udienza generale del 21 settembre. I Fon-Re potranno salutarlo a nome di tutta la delegazione e dei loro popoli, offrendogli doni tipici della loro cultura e ringraziandolo per quanto la Chiesa ha fatto per le loro popolazioni. I giorni successivi, ospiti del Movimento dei Focolari, visiteranno i luoghi dove è nata, ha vissuto ed è sepolta Chiara Lubich: Trento, Loppiano (Firenze) e Rocca di Papa (Roma). Fu lei con i Focolari, infatti, a dare risposta alla preghiera del popolo Bangwa, a lei arrivata tramite mons. Peters vescovo di Buea, agli inizi degli anni ‘60, quando l’endemia della malattia del sonno e altre malattie tropicali provocavano una mortalità infantile del 90%, minacciando l’estinzione della popolazione. Oggi queste malattie sono quasi scomparse e l’ospedale, con ambulatori, laboratorio analisi, sala operatoria, reparto di medicina interna maschile e femminile, reparto di chirurgia, di maternità, di pediatria e il nuovo reparto di malattie infettive, rappresenta un centro di eccellenza nella cura della popolazione dell’intera regione.
Agli inizi degli anni ‘70, viene anche costruita una centrale elettrica, una falegnameria, una scuola materna e un College, con oltre 500 allievi, tra i più quotati istituti pre-universitari del Camerun. Questi 50 anni di impegno evangelico, fondato sui fatti, ha coinvolto l’intera regione del Lebialem valorizzando la cultura di questo popolo e, nella reciprocità, tanti hanno accolto il messaggio cristiano nella vita personale e in quella sociale. Negli anni, frutto del lavoro collettivo con missionari e suore di varie congregazioni, sono sorte alcune parrocchie, la diocesi di Mamfe, altre scuole e strutture pubbliche e amministrative dello Stato. Questa storia è il bagaglio che la delegazione presieduta dai 9 Fon porta con sé. Una storia per la quale sentono il dovere di ringraziare Dio e “Mafua Ndem Chiara Lubich” (regina inviata da Dio), come il popolo Bangwa ama chiamarla. È previsto un incontro della delegazione Bangwa con la stampa: mercoledì 21 settembre alle ore 12.30, presso la sala J. H. Newman dell’Università Urbaniana (Roma). Leggi anche: http://focolare-fontem.org/ Vedi video: General Hospital, Fontem Fonte: Servizio Informazione Focolare (SIF) (altro…)
Set 20, 2016 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità

Membri della comunità dei Focolari ad Atlanta
La città di Atlanta, in Georgia, è la nona area metropolitana degli Stati Uniti, sede della Coca Cola e città natale di Martin Luther King. I have a dream, ho un sogno, gridava nel ‘63 il leader della non violenza, chiedendo l’uguaglianza tra bianchi e neri, e sperando che un giorno s’avverasse il credo della nazione americana “che tutti gli uomini sono stati creati uguali”, come si legge nella Dichiarazione di Indipendenza del 1776. Da allora tanti passi sono stati fatti, ma rimangono sfide aperte. Lo testimonia Celi Fuentes Montero, costaricense, “bianca”, che ha vissuto per 20 anni a Los Angeles e ora è nel focolare di Atlanta. «Sentivo dire che nel sud degli Stati Uniti c’erano episodi di discriminazione razziale, ma mi sembravano racconti esagerati. Ma purtroppo mi sono dovuta ricredere». Di recente, negli Stati Uniti vari sono stati gli scontri con la polizia in cui i giovani afroamericani non armati sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco. Le proteste sono state particolarmente intense a Baltimora e a Ferguson, degenerando in episodi di violenza che hanno dato slancio al Black Lives Matter, un movimento che denuncia la povertà e il disagio delle comunità nere e la violenza della polizia.Purtroppo l’estate scorsa a Dallas e in Louisiana, in seguito ad attacchi di cecchini, l’odio ha ucciso dei poliziotti e – le vittime erano sia bianchi che neri. La tensione è palpabile anche ad Atlanta, dove la popolazione afroamericana supera il 50%. Lì la comunità dei Focolari, che rispecchia la demografia, s’impegna per tessere reti di riconciliazione e ricostruire dal di dentro il tessuto sociale. «I nostri amici afroamericani temono di uscire di casa – continua Celi Fuentes – perché dicono che hanno paura di rischiare la vita. Quando gli scontri erano più frequenti, un’amica temeva di andare a fare la spesa. “Ma poiché credo al mondo unito, mi sono fatta coraggio e sono uscita per amare quanti avrei incontrato”, mi ha detto. Al supermercato ha trovato una donna bianca che presentava un prodotto e si è fermata ad ascoltare. La donna ha capito il suo gesto e si sono scambiate un abbraccio». Nonostante le leggi anti-discriminazione messe in atto sin dal “Civil Rights Movement” degli anni ‘60, nel sud si sperimenta ancora disparità sociale ed economica. «Alcuni dei miei giovani amici afroamericani – continua Celi – si sentono svantaggiati, rispetto ai giovani bianchi, per l’accesso all’Università e al lavoro». «Arrivata in Georgia mi metto a cercare lavoro insieme a una amica nera – racconta ancora Celi –. Andiamo in una agenzia per l’impiego, lei è più qualificata di me per questo lavoro specifico. Ma a me dicono che mi chiameranno in prossimo futuro, a lei invece, di tornare a studiare e prepararsi meglio. Era chiara la discriminazione per il colore della pelle. Provo sgomento: apro gli occhi su quello che tanti subiscono ogni giorno. Faccio mio questo dolore e, almeno per quanto sta a me, cerco di dare un contributo a costruire ponti al di là della tensione che sperimentiamo». Una opportunità ci viene data mediante la collaborazione ad Atlanta in progetti comuni della comunità dei Focolari e quella dei musulmani afroamericani. «Con tanti amici afroamericani e musulmani lavoriamo insieme in piccole azioni che mettono in moto sempre più persone. Prepariamo il cibo o le coperte per i senza tetto della città, o gli zaini per queste persone, utili quando, per legge, devono essere evacuate da certi luoghi della città. Sono azioni che possono sembrare insignificanti, ma che testimoniano l’amore concreto. per questa collaborazione i nostri amici musulmani ci hanno detto: finora dialogavamo, adesso siamo fratelli. Tra noi della comunità dei Focolari avvertiamo di aver raggiunto un livello di comprensione reciproca molto più profonda insieme ad un maggior supporto tra persone di diversi background sociali e raziali. Il giorno in cui ci sono state le sparatorie ci siamo trovati per l’incontro della Parola di Vita: ci siamo scambiati le paure, l’incomprensione, ci siamo detti l’un l’altro “sono qua per te!”». «Nel cuore ho tanta speranza – conclude Celi –. È vero che siamo pochi in mezzo a questi problemi di cui la tensione razziale è solo uno ma non l’unico. Mi viene da chiedere l’aiuto di Dio per entrare più profondamente in questa cultura per dare, insieme, il nostro tipico contributo: quello dell’unità, lì dove c’è tanta divisione». (altro…)
Set 19, 2016 | Cultura, Famiglie, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Come abbiamo potuto seguire dai media, il 16 aprile scorso un forte terremoto di magnitudo 7,8 ha colpito l’Ecuador, in particolare le province di Manabì, Esmeraldas, Santo Domingo e Pichincha, lasciando quasi 30 mila persone senza tetto. Il Movimento dei Focolari si è subito attivato in tanti modi: a partire dai primi soccorsi, insieme ai tanti volontari spontanei e, nel tempo, con una raccolta fondi coordinata da AMU (Azione per un mondo unito) e AFN (Azione Famiglie Nuove Onlus), mentre localmente è stata costituita una commissione per individuare le priorità di intervento e coordinare i lavori a più lungo termine. «Nei mesi scorsi – scrivono dalla commissione – alcuni di noi siamo andati a visitare diverse località colpite, incontrando le comunità e cercando collaborazioni con enti che operano con le stesse finalità. A fine agosto le prime proposte di intervento erano completate e abbiamo stretto rapporti di collaborazione in particolare con l’Ong FEPP (Fondo Ecuadoriano Populorum Progressio) e la Fundación Amiga».
In questa fase, gli interventi post emergenza ritenuti più urgenti riguardano la messa in opera di attività produttive che possano dare supporto economico alla popolazione, il sostegno psicologico per superare il trauma che – come scrivono– «a distanza di 5 mesi, è ancora molto forte». Sottolineano un altro punto importante: «Abbiamo visto la necessità di offrire formazione sulle procedure per accedere ai fondi del governo ecuadoriano per la ricostruzione delle abitazioni». Le località in cui inizialmente si concentrerà l’aiuto sono tre, tutte situate nella provincia di Esmeraldas: Salima, “10 de Agosto” e Macara, «dove si porteranno avanti delle iniziative per attenuare le conseguenze dei traumi subiti e per rafforzare l’organizzazione e le capacità della comunità», spiegano. «A Salima si realizzerà, inoltre, un panificio in forma cooperativa e un’attività di formazione per fabbricare reti da pesca, in cui i pescatori più anziani faranno da formatori. Nella località “10 de Agosto” si svolgeranno corsi di formazione in artigianato e cura della persona, e inoltre si aiuterà un gruppo di madri a creare un asilo», specificano. «Questa – scrive la commissione locale – rappresenta la prima fase del progetto, che corrisponde ai fondi attualmente disponibili. Lavorando con le comunità approfondiremo ancora di più in futuro le loro esigenze e necessità, a cui potremo dare risposta». Resoconto ad oggi. Per l’emergenza in Ecuador, sono arrivati all’AMU contributi per complessivi € 35.502, di cui € 10.000 già erogati, altri 10.00 sono stati erogati da AFN. Leggi le news precedenti: – Emergenza Ecuador – Terremoto in Ecuador due mesi dopo (altro…)
Set 18, 2016 | Chiara Lubich, Spiritualità
Vorrei «consolarlo», «correre per il mondo a raccoglierGli cuori» è lo spontaneo impulso che Chiara Lubich avverte quando il 24 gennaio 1944 prende coscienza dell’abissale grido di Gesù in croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Se in quel momento ha sofferto di più – conclude –, vuol dire che in quell’ora ci ha amati di più. Facciamo di lui l’Ideale della nostra vita!». E pensare che allora in teologia non si rifletteva sull’abbandono sperimentato da Gesù! La pietà cristiana concentrava l’attenzione sui dolori fisici, sull’agonia nell’Orto degli Ulivi. Eppure la seconda guerra mondiale e in particolare l’olocausto stavano scavando nella coscienza dell’umanità una voragine che solo quest’estrema esperienza di Gesù poteva in qualche modo colmare. Chiara, ancor giovane, sceglie di cercare e amare Gesù abbandonato negli innumerevoli volti della sofferenza umana personale e collettiva, solo per amore: per non lasciar solo l’Abbandonato. Assai presto, però, fa un’esperienza inaspettata: «Ci si butta in un mare di dolore e ci si trova a nuotare in un mare di amore». Lo strazio si tramuta in gioia e trasforma i rapporti, crea comunione: «Sono due aspetti di una unica medaglia. A tutte le anime mostro la pagina Unità. Per me e per le anime in prima linea dell’Unità: unico tutto è Gesù abbandonato». Gli anni 1949-1951 sono fonti di nuove intuizioni. La ferita dell’abbandono come espressione di massimo Amore diventa per Chiara la chiave di volta della sua visione della storia, della vita umana e prima ancora di Dio. La contempla come «la pupilla dell’Occhio di Dio sul mondo: un Vuoto Infinito attraverso il quale Dio guarda noi: la finestra di Dio spalancata sul mondo e la finestra dell’umanità attraverso la quale si vede Dio». Seguono anni di prova per l’approfondito studio con cui la Chiesa esamina il nuovo carisma, tempo di sospensione che Chiara vive alla luce del Figlio abbandonato dal Padre, convinta che la Chiesa in tutto questo è Madre. Tappa dopo tappa, il volume ripercorre così la traiettoria dell’avventura spirituale di Chiara, attraverso suoi appunti, lettere, diari e discorsi, raccolti in sei capitoli. 160 pagine che potranno accompagnare e rischiarare il nostro quotidiano, con introduzione a cura del teologo Hubertus Blaumeiser. Con l’approvazione dei Focolari da parte della Chiesa, all’inizio degli anni ‘60, si apre una nuova prospettiva: Gesù abbandonato diventa il movente che spinge ad andare incontro alle sfide sociali, alle lacerazioni di ogni tipo, è “maestro del dialogo” in ambito ecumenico e interreligioso, si manifesta come “Dio di oggi” capace di parlare anche a chi non crede, nonché fonte di un grande cambiamento culturale. Con lui l’autrice intraprende quello che ha chiamato il “Santo Viaggio”, un cammino comunitario di santità che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone nei cinque continenti: «Egli è il sommo Maestro della vita spirituale, del distacco da noi stessi, dalle persone, da ogni cosa, da ciò che è di Dio ma non è Dio». Così fino a un’ultima “notte” nella quale Chiara si addentra ancor più nell’abissale separazione sperimentata da Gesù e al contempo s’immedesima con la notte collettiva e culturale dell’umanità. «Amando Gesù abbandonato – scrive – troviamo il motivo e la forza per non sfuggire questi mali, queste divisioni, ma per accettarli e consumarli e portarvi così il nostro personale e collettivo rimedio». E si dice convinta: «Se riusciamo ad incontrare lui in ogni dolore, se lo amiamo rivolgendoci al Padre come Gesù sulla croce: “Nelle tue mani, Signore, consegno il mio spirito” (Lc 23, 46), allora con Lui la notte sarà un passato, la luce ci illuminerà». (altro…)