Movimento dei Focolari
Chiara Lubich: L’unità

Chiara Lubich: L’unità

L'unitàL’unità è testimonianza della presenza di Dio nella comunità cristiana. È costitutiva dell’identità della Chiesa, la quale dal Concilio Vaticano II è definita “il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”(LG 1). L’unità ne è dunque l’aspirazione più profonda e la sua stessa testimonianza. Allo stesso modo, se c’è una parola che caratterizza il carisma di Chiara Lubich questa è proprio “unità”. Poco più che ventenne, ella attinge dalla Scrittura e ne fa il suo programma di vita. I testi della Lubich contenuti in questa antologia vanno infatti alle origini della sua comprensione e della sua esperienza del mistero dell’unità, indissociabile per lei dal mistero della Trinità. All’interno di tale visione, l’unità non è solo ecclesiale, ma un progetto che si traduce nella “fraternità universale” e riguarda ogni essere umano. Ed.Città Nuova

Se siamo uniti, Gesù è fra noi

Se siamo uniti, Gesù è fra noi

ChiaraLubich_primi_compagniSeguendo la consuetudine inaugurata già da Chiara Lubich, i Focolari sparsi nel mondo ogni anno approfondiscono un aspetto della spiritualità dell’unità. Dopo aver meditato e vissuto quello sull’ Eucaristia, ora si concentrano sulla specificità del carisma: l’unità. Ci sono tantissimi scritti della fondatrice che riguardano questo punto essenziale della spiritualità focolarina e che restano come un prezioso legato e chiari punti di riferimento. Ne proponiamo uno: «Se siamo uniti, Gesù è fra noi. E questo vale. Vale più di ogni altro tesoro che può possedere il nostro cuore: più della madre, del padre, dei fratelli, dei figli. Vale più della casa, del lavoro, della proprietà; più delle opere d’arte d’una grande città come Roma, più degli affari nostri, più della natura che ci circonda coi fiori e i prati, il mare e le stelle: più della nostra anima! È Lui che, ispirando i suoi santi colle sue eterne verità, fece epoca in ogni epoca. Anche questa è l’ora Sua: non tanto d’un santo, ma di Lui; di Lui fra noi, di Lui vivente in noi, edificanti – in unità d’amore – il Corpo mistico suo. Ma occorre dilatare il Cristo; accrescerlo in altre membra; farsi come lui portatori di Fuoco. Far uno di tutti e in tutti l’Uno! E allora viviamo la vita che Egli ci dà attimo per attimo nella carità. È comandamento base l’amore fraterno. Per cui tutto vale ciò che è espressione di sincera fraterna carità. Nulla vale di ciò che facciamo se in esso non vi è il sentimento d’amore per i fratelli: ché Dio è Padre ed ha nel cuore sempre e solo i figli». (altro…)

Bertin: la forza di una scelta

Bertin: la forza di una scelta

BertinLumbudi«Per oltre 30 anni ho vissuto fuori del mio paese. Ogni volta che sono tornato, ho sempre trovato uno dei miei fratelli o sorelle che si era nel frattempo sposato, una nascita di un nipote… I nostri legami familiari e soprattutto la fede della nostra mamma, una donna semplice e coraggiosa come molte donne africane, è stata la forza che mi ha sostenuto nelle scelte che ho fatto. Sin da bambino sono stato colpito da un mio zio, frate francescano che, quando veniva a farci visita, si prendeva cura di tutti i bambini del quartiere e non solo dei suoi nipoti; questo ha lasciato un segno nel mio cuore bambino, il desiderio, crescendo, di diventare come lui. Durante l’adolescenza – Mandela era ancora in prigione -, il massacro dei giovani di Soweto mi sconvolge e scoppio di rabbia contro Padre Paolo, un gesuita belga. Gli dico: «Se dipendesse da me, tutti i bianchi dovrebbero tornarsene a casa loro». Con calma, lui mi risponde: «Sai, si può combattere contro la discriminazione razziale con un’altra arma». Alcuni mesi dopo, mi invita a conoscere il gruppo della Parola di vita della mia città. Cinque anni dopo, mi trovo a Fontem, in Camerun, la prima cittadella di testimonianza del Movimento dei Focolari in terra africana, fianco a fianco con giovani italiani, francesi, irlandesi, belgi, e di varie nazioni africane: Burundi, Uganda, Kenya, Camerun; e con loro, scopro che siamo fratelli, nonostante le differenze. Così nasce nel mio cuore un grande desiderio non solo di gridare dai tetti questa fraternità, ma soprattutto, di testimoniarla nel quotidiano. Nel 1986 arrivo a Man, in Costa d’Avorio, dove rimango per otto anni. Insieme a quanti vogliono vivere lo stesso ideale di fraternità, sperimentiamo l’amore reciproco fra noi che ci spinge a promuovere iniziative concrete a favore di chi è nel bisogno e, anche attraverso la musica, diciamo che un mondo unito non è un’utopia. A 40 anni mi ritrovo a San Paolo, in Brasile, a dover apprendere una nuova lingua. Incontro un popolo che mi piace chiamare un “popolo fatto da popoli”: indios, brasiliani originari e poi discendenti tedeschi, italiani, ucraini, giapponesi, cinesi, afro brasiliani e molti altri, ma tutti brasiliani! Creativi, generosi, di una gioia contagiosa, che in Africa conosciamo bene. In breve tempo mi sento uno di loro, cioè brasiliano. Bertin_02Per quindici anni, ho lavorato alla Mariapoli Ginetta come graphic designer e alla produzione di libri e riviste per l’editrice Cidade Nova, costruendo relazioni sincere all’interno della nostra casa editrice e con i fornitori, i tipografi e anche con i guardiani che ti fanno aprire il portabagagli per i controlli di routine. Ho coordinato anche, insieme ad altri, le attività degli adolescenti del Movimento dei Focolari: Gen3 e Ragazzi per l’Unità; un’esperienza che considero tra le più importanti di questi anni, perché con loro ho imparato ad essere “adolescente”, sebbene adulto. Per l’amore che abbiamo avuto verso ciascuno e tra noi, ho scoperto che sono capaci di grandi sacrifici, perché di energia e di entusiasmo ne hanno “da vendere”. Ho anche capito che i genitori cominciano ad avere i capelli bianchi quando hanno un adolescente in famiglia. Eccomi adesso di nuovo in Costa d’Avorio: sono tornato per continuare a costruire insieme questo percorso iniziato tanti anni fa con i giovani. Mi ha sempre impressionato che i focolarini nella cittadella Victoria durante il periodo della guerra, anche se avrebbero potuto lasciare la zona, hanno scelto di restare. Avevano sigillato un patto, come Chiara Lubich e le sue prime compagne, quello di essere pronti a dare la vita l’uno per l’altro. Questa testimonianza è vicino al mio cuore, e vorrei, con la grazia di Dio, vivere secondo questa misura con tutto il nostro popolo. Non so se vivremo cose straordinarie, ma voglio vivere ogni momento come se fosse l’ultimo della mia vita». Fonte: Nouvelle Cité Afrique, luglio 2015 (altro…)

Vangelo vissuto. Andare incontro agli altri

Vangelo vissuto. Andare incontro agli altri

20150916-01Mi accolse piangendo «Era un mito per me. Ero fiero di avere un padre così, ma un giorno ci lasciò. Mia madre non ci spiegò mai il perché, dovevo crescere per saperlo: s’era fatta un’altra famiglia. Non volli più vederlo, neanche quando ci veniva a cercare. Un giorno una compagna di scuola in una situazione simile alla mia mi disse che come cristiana aveva perdonato il padre e ne aveva tratto una grande gioia. Per fare concretamente questo atto, che mi costò molto, andai a trovare mio padre. Lui mi accolse piangendo. Non ci fu bisogno di spiegazioni. Eravamo tornati amici». (R.S. – Venezuela) L’alunno “scomodo” «Un giorno un ragazzo un po’ ribelle della classe ha avuto una crisi, buttando all’aria un banco, per fortuna senza gravi conseguenze. Un collega, che da sempre voleva liberarsi di quell’alunno “scomodo”, pensò di procedere per via legale, facendo una severa relazione al preside. Da un lato volevo evitare una ribellione ulteriore del ragazzo con un peggioramento della sua situazione psicologica; ma anche volevo tener conto dell’opinione del collega e rispettare la sua sofferenza. La relazione è stata scritta, ma l’abbiamo fatta insieme cercando le parole giuste in modo da non peggiorare la situazione. Venivano in luce le cause del suo comportamento e nasceva una maggiore comprensione del problema. Adesso con il collega c’è un’intesa nuova: ha deciso di collaborare con me nei progetti di recupero degli alunni a rischio». (R.R. – Italia) La nonnina 20150916-a«Nel nostro quartiere abitava una anziana. Era sola. Di tanto in tanto veniva a trovarci per farsi leggere le lettere che riceveva o per farsi accompagnare a riscuotere la pensione. In qualche ricorrenza speciale la invitavamo a casa nostra, dove lei si sentiva sempre a suo agio. Anche i nostri figli le volevano bene, e ogni volta l’accoglievano con gioia: per loro era la “nonnina”, per tutti il “minimo” di cui parla il Vangelo. Un giorno fu colpita da un ictus e i vicini chiamarono subito noi, quasi fossimo la sua famiglia naturale. Restò in ospedale per due mesi, sempre assistita da noi. Quando si riprese, accettò di andare a vivere in una casa per anziani. Ma continuammo ad occuparci di lei, con la collaborazione di altri. Grazie alla nonnina, nell’ospedale e nel quartiere si era messa in moto tanta solidarietà». (M. S. C. – Spagna) (altro…)