Lug 6, 2014 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Dio mi ama immensamente», «Dio ci ama immensamente». Dirlo, predicarlo negli anni ’60 del secolo scorso aveva sapore di novità, perfino un po’ sovversiva. Lo si sapeva in certo modo, ma non era più così presente nella vita personale e comunitaria dei “buoni” cristiani. Questa scoperta che caratterizza gli inizi della spiritualità dell’unità e dell’esperienza di Chiara Lubich e delle prime compagne viene riproposta dall’autore come il fondamento stesso della vita cristiana, anche nelle sue espressioni più tipiche della preghiera e del seguire Gesù nella vocazione alla quale si è chiamati. Non solo: è una verità che nutre e permea anche i rapporti sociali, come il lavoro. E ci fa capaci di portare Dio al mondo, a tutti coloro che incontriamo. «Ricordo l’impressione profonda che anche in me ha suscitato questo annuncio: ne ho percepito l’importanza fondamentale, la novità, direi, per me assoluta. Nondimeno, a distanza di anni, viene da chiedersi: quanto ne sono stato realmente cosciente? Quanto ne ho compreso pienamente la portata? La nostra comprensione di Dio e del suo agire si lega infatti spesso a determinate nostre prospettive, si misura sul nostro limitato sentire, si esprime attraverso nostre particolari categorie di pensiero. Può accadere allora che, sentendoci talvolta imperfetti e quindi tanto poco degni dell’amore di Dio, trasferiamo, in certo modo, questa nostra percezione in Dio e finiamo per credere che egli non può amarci, o, al più, può amarci solo parzialmente. In realtà non è così. Dio ci ama sempre, infinitamente, e il suo amore ci è vicino e ci sorregge in ogni istante del nostro cammino. Se vogliamo tratteggiare per immagini le caratteristiche dell’amore di Dio, la prima che balza in evidenza è un’immagine familiare alla Sacra Scrittura e presente in molti autori spirituali: Dio ci ama come lo sposo ama la sua sposa. Egli, simile a colui che è perdutamente innamorato, ama al di là del valore stesso della persona amata; la ama cioè a tal punto da vedere che in lei tutto è bello, tutto è positivo, tutto comprensibile, perfino le sue deficienze che, seppur viste, vengono tuttavia trascese e sublimate dall’amore. Ma vi è un’immagine che, in maniera altrettanto efficace, dice l’amore di Dio verso di noi. È l’immagine dell’amore di una madre la quale, qualunque sia la situazione in cui il figlio si trova, fosse anche la più dolorosa e riprovevole, è sempre pronta ad aspettarlo, ad accoglierlo, dimentica di tutto. Perché così è l’amore materno: inestinguibile, essenziale. […] Quando si giunge ad attingere, anche solo per un istante, la realtà di un simile amore, allora tutto si trasforma: la vita che ci è data, il mondo che ci circonda, ogni circostanza lieta o triste: tutto acquista il timbro di un dono personale di Dio per me che mi vuole santo come lui è santo (cf. 1Pt 1, 16). Questo è il fondamento di tutta la vita cristiana: questo amore di Dio per ciascuno, di Dio al quale dobbiamo ridonarci rispondendogli in maniera totale». Pasquale Foresi, Luce che si incarna. Commento ai 12 punti della spiritualità dell’unità, Città Nuova editrice, 2014 pp. 29-30 (altro…)
Lug 5, 2014 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Vorrei dirvi cosa è il sacerdozio per me, cosa significa oggi per me essere sacerdote. È essere, contemporaneamente,per quanto è possibile ad una creatura umana, Gesù del cenacolo e Gesù del calvario, Gesù delle folle e Gesù del Getsemani, Gesù degli osanna e Gesù del “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, Gesù della morte e Gesù della risurrezione. È essere sempre di più, ogni giorno un pochettino di più, Gesù, cosi come l’eterno Padre desidera e dispone nella sua amorosa volontà. […] Si serva di me come vorrà. Non ho che l’attimo presente. In esso, poter fare o no, sia umanamente sia sacerdotalmente, non conta; conta solo essere quella volontà di Dio su di me».
Così scrive don Cosimino ai suoi parrocchiani nel 25° della sua ordinazione sacerdotale, nel 1988, già provato dalla malattia che lo porterà a concludere la sua esperienza terrena il 5 luglio 1989. «Gesù è morto a trentatre anni – scrive ancora – Io perché non dovrei morire a 49 o 50? Gesù ha potuto dire: “Tutto è compiuto” mentre tutto è in rotta intorno a lui, eppure lo dice. Perché penso ai tanti progetti e progettini? Tutto resterà anche per me “Compiuto” (cioè condotto perfettamente a termine) se resterò, come, Gesù nel disegno del Padre». Don Cosimino, nasce a Gaeta il 5 settembre 1939 ed entra in seminario nel 1950. In questo periodo di formazione è stato esemplare, sia nel cammino spirituale, vissuto con grande impegno, sia nello studio. Da sempre era forte in lui un grande desiderio: capire come vivere per farsi santo. Viene ordinato sacerdote a Gaeta il 14 luglio 1963. Dopo un anno dalla sua ordinazione partecipa ad Ala di Stura (Piemonte) ad un incontro del Movimento dei Focolari. Qui, come lui stesso ha ripetutamente detto, ha trovato la risposta al suo desiderio di santità, ha trovato “l’IDEALE”, come da allora diceva. Così si è messo subito con impegno a far tesoro di quanto riceveva, cercando di non perdere neppure una parola e il suo impegno era sì nel comprendere, ma soprattutto nel vivere la spiritualità dell’unità.
Nel 1967 è stato nominato parroco di S. Paolo, nella sua città natale. Qui, con il suo tipico stile pieno di amore e di attenzione verso tutti, in particolar modo verso gli ultimi (ragazze madri, ex carcerati, drogati, sfrattati, sbandati), ha impostato la sua comunità puntando semplicemente, ma con forza e decisione, solo a vivere il Vangelo in tutte le situazioni e nelle realtà più diverse. Non sono mancate le occasioni di prendere posizione anche nei confronti di realtà sociali sempre più lontane da una dimensione veramente umana e cristiana. Ha lavorato moltissimo per il Movimento sacerdotale e per il Movimento parrocchiale, due diramazioni del Movimento dei Focolari. In questo modo molti, anche a livello internazionale, hanno potuto conoscerlo, com’è dimostrato dalla grande partecipazione che c’è stata in tutto il periodo della malattia.
Un aspetto rilevante per comprendere la sua vita è il rapporto di unità con gli altri sacerdoti, in un passaggio da una mentalità individualista ad una vita di comunione. Unico scopo, crescere nella carità, accantonando i discorsi su nuove tecniche di apostolato, di catechesi e su moderne e attraenti espressioni di liturgia, come era di moda allora, per far posto alla condivisione, come in famiglia: beni, stipendio, spese, amici, luci e prove, salute, vestiti, idee. Ha fatto suo con radicalità e convinzione il simbolo del movimento sacerdotale dei Focolari: la lavanda dei piedi. Scrive: «La considerazione della lavanda dei piedi è stata per me fondamentale. Perché Lui lo ha fatto, dovrò ripeterlo anch’io per gli uomini di queste generazioni. Dignità sublime! Ma Cristo nella sua dignità divina depone le vesti e lava i piedi. Io, prete, ripeterò Cristo, spogliandomi della mia onorabilità falsa cui tengo e mi avvicinerò agli uomini per portare loro la lavanda dei piedi, la redenzione. Laverò i piedi in confessionale, in ospedale, dicendo messa, curando i poveri, i vecchi. Ma dovrò spogliarmi. Questo è l’essenziale». (altro…)
Lug 4, 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Ho conosciuto Chiara Lubich subito dopo la fine della guerra. Sono andata a Trento da quelle ragazze di cui si diceva che “vivevano il Vangelo come i primi cristiani”. Le parole di Chiara mi hanno messo in crisi. Venivo da una famiglia cristiana ed ero dell’Azione Cattolica, ma mi sono accorta che la mia religiosità aveva poco di cristiano, perché praticamente non vivevo il Vangelo. Col nostro gruppo siamo tornati spesso a Trento e anche Chiara veniva a Rovereto, il nostro paese, a trovarci. Ci parlava del Vangelo e ci faceva innamorare di Gesù. Subito si è formata a Rovereto una comunità di cui faceva parte il direttore dell’Azienda telefonica, la professoressa di matematica, il calzolaio, l’orologiaio, un papà e una mamma, dei ragazzi e delle ragazze, eravamo tanti e ci volevamo veramente bene. Ogni volta che ci incontravamo come comunità cercavamo di prendere un impegno nuovo nel vivere il Vangelo, a cambiare le nostre vite ed occuparci dei bisognosi che ci circondavano.

Violetta Sartori
Un giorno un’amica ci ha fatto conoscere un giovane che era stato ferito durante la guerra: una bomba gli era esplosa in faccia ed era diventato cieco. Ogni volta che partecipava ai nostri incontri diceva: “Che bagno di luce!”. Ad ogni persona che incontravamo cercavamo di comunicare la nostra scoperta: “Dio ci ama immensamente”. E tanti hanno sentito la chiamata a seguire Dio. L’Ideale dell’unità si è sparso e la comunità si faceva notare. C’era chi ci accoglieva e chi ci criticava, e dicevano che noi eravamo esagerati. Mi ricordo che una volta Chiara parlava in un teatro e c’erano tante persone. Qualcuna ha accettato e altre l’hanno criticata. Igino Giordani ha scritto in un giornale di Trento un articolo col titolo “I pompieri”. Lui diceva che i pompieri sono quelli che spengono il fuoco, che basta che vedano il fuoco un pochino acceso, nel cuore delle persone, e sono pronti a venire con le pompe per spegnerlo. Essi sono come un esercito di persone che battono il passo, ossia si muovono, ma non vanno avanti. Chiara spiegava, però, che noi non possiamo conoscere i disegni di Dio su ogni creatura, non possiamo giudicare dall’apparenza, ma sempre amare, amare, amare, essere sempre disponibili. Mi ricordo un’altra volta che Chiara diceva, che spesso ci sentiamo niente, dei poveri cristiani. Ma Gesù ha dato la vita, è morto per ognuno di noi: “È come se qualcuno venisse e ci portasse un dono preziosissimo – diceva – e noi lo lasciamo da parte a impolverarsi, senza mai considerarlo, e continuiamo a sentirci poveri”. Ci spronava, insomma, a puntare sulla misericordia e l’amore di Dio per ciascuno di noi. E così pian, piano, Chiara metteva l’amore per Gesù dentro i nostri cuori e noi lo comunicavamo a tanti altri». (Testimonianza raccontata durante il meeting dei rappresentanti delle comunità locali dei Focolari nel mondo – Castelgandolfo, 29 maggio/1° giugno 2014) (altro…)
Giu 30, 2014 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Dal 1° al 28 settembre 2014 avrà luogo l’Assemblea generale del Movimento dei Focolari. Tra i suoi compiti eleggere la presidente, il copresidente, le e i consiglieri generali che resteranno in carica per i prossimi sei anni, deliberare sulle istanze e proposte giunte dalle varie parti del mondo, definire le grandi linee di orientamento del prossimo periodo. Nelle parole della presidente Maria Voce “l’Assemblea è chiamata ad esprimersi su argomenti fondamentali per la vita dell’intero Movimento” e ad essa ci si avvia “con un senso di gratitudine a Dio per quanto si è vissuto insieme nei sei anni trascorsi”. Saranno 494 i partecipanti all’Assemblea generale che rappresenteranno le varietà geografica, di impegno e di generazioni proprie dei Focolari. Accanto ai cattolici ci saranno 15 rappresentanti di altre confessioni cristiane, di religioni non cristiane e di culture non religiose, che accompagneranno i lavori dell’Assemblea e esprimeranno le proprie prospettive, indispensabili per la vita e l’azione del Movimento. Gli ultimi sei mesi hanno visto, in tutto il mondo e con diverse modalità, un susseguirsi di iniziative per facilitare riflessioni, analisi e bilanci nelle comunità dei Focolari sull’operato del Movimento, sulle sue sfide e prospettive, allo scopo di far giungere temi e proposte sulle quali impostare i lavori dell’Assemblea.
Tale processo di partecipazione si è concretizzato in più di 3.000 istanze, ognuna espressa in un massimo di 100 parole, che indicano – spiega Maria Voce – “la vitalità di un popolo in cammino ed in crescita”. Un gruppo di giovani dei Focolari, riuniti in un convegno internazionale, hanno approvato un manifesto con le loro proposte consegnato alla presidente, in seguito a un lavoro di riflessione nei cinque continenti. L’insieme delle istanze è stato reso funzionale da una commissione preparatoria e verrà inviato ai partecipanti all’Assemblea. Tale commissione è composta da venti persone, rappresentative dell’attuale Centro internazionale, delle diverse diramazioni dei Focolari e delle regioni del mondo in cui esso è presente. L’Assemblea generale dei Focolari è il più importante organo di governo del Movimento e si riunisce ordinariamente ogni sei anni. Quella precedente si è tenuta nel luglio 2008, tre mesi dopo la morte della fondatrice Chiara Lubich. (altro…)
Giu 29, 2014 | Centro internazionale, Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Si ama Dio, il Padre, anche dando da mangiare al fratello che ha fame. Tutto lo sviluppo della letteratura su questo tema – specie della grande letteratura patristica –, è una lotta contro l’egoismo degli uni che provoca la miseria degli altri: quindi una ricostituzione dell’umanità violata e degradata cominciando dal principio: dal nutrire lo stomaco, per ricostituire quel corpo fisico che fa parte anch’esso del Corpo mistico: è anch’esso Cristo vivo […]. Non tutti possono far miracoli – scriveva sant’Agostino – ma tutti possono nutrire i miseri. “Non puoi dire al paralitico: Levati e cammina! Ma puoi dire: In attesa che tu ti possa levare, intanto sta’ e mangia…”. Chi, potendo nutrire i denutriti, i mal nutriti, gli affamati, non li aiuta, è, secondo un pensiero dei Padri della Chiesa, un omicida, anzi un deicida. Fa morire Cristo. Chi, durante gli anni di guerra, ha condannato dei prigionieri a morir di fame, ha rinnovato, dal punto di vista del Vangelo, la crocifissione. È stato assassino per, così dire, di Dio. Le torme di deportati, nella neve e nel solleone, dentro vagoni blindati o in bastimenti isolati, la cui monotonia era interrotta solo dal collasso degli affamati, segnano la linea dell’ateismo pratico, anche se perpetrato in nome di Dio. S. Vincenzo de Paoli per questo salì nelle galee dei cristianissimi re, dove i galeotti cadevano estenuati. Ecco così che l’opera di misericordia, ricostituendo la giustizia, si presenta non come mera somministrazione di cibo o di denaro per comprarlo. “Le opere di misericordia non giovano a niente senza l’amore”, dice sant’Agostino. “E se anche sbocconcellassi a favore dei poveri tutto quello che ho, e dessi il mio corpo alle fiamme, e non avessi amore, non mi servirebbe niente” (1 Cor 13, 3), dice san Paolo. (…) Le imprese di assistenza sociale poco giovano agli effetti della vita religiosa, se chi le compie non vi porta quell’alimento divino, quell’ardore di Spirito Santo, che è la carità […]. L’opera di misericordia è un dovere morale e materiale: nutrendo chi spasima, nutro me: ché la sua fame è mia e di tutto il corpo sociale, di cui son parte organica. “Molti, siamo un solo organismo” : e non si può ledere un organo per avvantaggiare un altro. E se no, si paga: con le rivoluzione e disordini e le epidemie di qua, e poi con l’inferno di là. Si è tentati di pensare che questo precetto sia divenuto piuttosto superfluo in un’era in cui i lavoratori stanno raggiungendo una certa agiatezza. E, invece, mai è stato tanto attuale e ha preso una estensione tanto vasta quanto nell’epoca dei razionamenti, dei campi di concentramento, delle deportazioni e della disoccupazione, della guerra e del dopoguerra (…). Una civiltà che tollera l’affamato accanto all’Epulone è una civiltà in peccato mortale (…). Se uno non ha una razione, vuol dire che un altro ne ha due […]. Le opere di misericordia si giustificano dalla realtà della natura umana; e compiono il miracolo di mettere a circolare l’amore facendo circolare il pane: il miracolo che fa del dono di un pane una sorta di sacramento sociale, con cui si comunica, con l’amore, Dio, e si nutre, col corpo, l’anima». (da Igino Giordani, Il Fratello, Città Nuova 2011, pp. 64-67) Per Informazioni: Centro Igino Giordani (altro…)
Giu 28, 2014 | Chiesa, Famiglie, Focolari nel Mondo, Spiritualità
L’immagine della Chiesa che il prossimo Sinodo
è chiamato a mostrare con le sue scelte pastorali è quella di “una Madre impegnata a generare, accompagnare e sostenere tutti i figli di Dio, nessuno escluso”. Lo ha sottolineato l’arcivescovo Bruno Forte, segretario speciale del prossimo Sinodo straordinario sulla famiglia voluto da Papa Francesco, presentando in Sala Stampa l’Instrumentum laboris dell’assemblea sinodale del prossimo ottobre che sarà dedicata al tema “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. “La famiglia è diventata ormai il simbolo delle difficoltà, delle sofferenze della società – commenta Anna Friso, responsabile con il marito Alberto della realtà ‘Famiglie nuove’, inserita nel Movimento dei Focolari. “Quindi sapere che la Chiesa ha questo atteggiamento di accoglienza e di vicinanza – continua Anna – è veramente magnifico”. Il documento è il risultato dell’inchiesta promossa con il questionario di 39 domande, diffuso nel novembre scorso, che ha avuto un’accoglienza positiva e un ampio riscontro, come ha spiegato il card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo. “Io credo che sia stata l’idea giusta. Partire dalla gente, partire dal dato concreto di come si vive”, prosegue Anna Friso. “Questa attenzione alle situazioni così complesse e diverse di tante famiglie in difficoltà – agiunge Alberto Friso – significa valorizzare queste sofferenze per trarne una luce. La sofferenza è un valore, un coefficiente importantissimo. Se viene capita dalla Chiesa le famiglie troveranno risorse interiori per individuare una strada di riconciliazione”.

Alberto e Anna Friso
“Serve una pastorale capace di offrire la misericordia che Dio concede a tutti senza misura”, ha spiegato in Sala Stampa il card. Baldisseri. “È senz’altro un’apertura del cuore e dell’anima della Chiesa all’accoglienza”, commenta Alberto Friso. “Ma non è solo un modo per illuminare le situazioni difficili, ma anche tutto il contesto generale della famiglia, perché questa nasce proprio dall’amore di Dio per l’umanità e in questo amore trova il suo senso”. Ampia parte del documento è dedicata a situazioni pastorali difficili come la convivenza, le unioni di fatto, le separazioni, i divorzi o le unioni tra persone dello stesso sesso. “Dobbiamo capire – commenta Anna Friso – che la vera questione non è togliere la pagliuzza dall’occhio dell’altro. Ma aiutarlo a crescere nella consapevolezza che Dio ci ama immensamente tutti. Ed è un annuncio rivolto a tutti, non solo a chi non è in situazioni irregolari”. “Non è in discussione la dottrina della Chiesa”, ha chiarito in Sala Stampa mons. Forte, ma la sua applicazione, la sua proposta, l’accompagnamento della ricezione e della pratica. “Nella dottrina della Chiesa c’è una verità di bellezza, gioia, di possibilità di realizzazione. E in fondo nessuno vuole un amore usa e getta o considera i figli un optional”, commenta Anna Friso. “Quindi la Chiesa ci parla proprio di ciò che è scritto nel nostro cuore. Serve presentarlo però soprattutto con la testimonianza”. “La nostra speranza è che il Sinodo accresca la consapevolezza di tutte le famiglie, non solo quelle cristiane”, conclude Alberto Friso. “Credo che sia un atto d’amore storico che la Chiesa compie in un momento in cui domina l’individualismo, un grande messaggio di fiducia e di speranza non solo per l’antropologia cristiana”. Fonte: it.radiovaticana.va/news (altro…)