Mar 30, 2013 | Chiara Lubich, Spiritualità
«Sorellina mia in S. Francesco, Ho letto or ora così: S. Matilde[1] vide il Signore aprire la Piaga del Suo Cuore dolcissimo e dirle: «Ammira l’estensione del mio Cuore per ben conoscerLo; in nessuna parte tu potrai trovare più chiaro Amore che nelle parole dell’Evangelo, perché non se ne trovarono mai che esprimessero un Amore più forte e più tenero. “Come il Padre ha amato me, così io amo voi”». Non sempre forse tu pensi d’esser una creatura tanto preziosa: oggetto d’amore di Dio. Lui ti amava ancora prima che tu nascessi ed a Lui tornerai presto. Il tempo è un volo e un celerissimo Passaggio. S’avvicina la Resurrezione. Quanto vorrebbe augurarti il mio cuore, conscio del tuo Valore. Non c’è oro né universo intero che paghi la tua anima comprata dal Sangue d’un Dio. Ma, se posso raccogliere in poche parole, quello che ti vorrei dire, ascolta: Risorgi ad una vita nuovissima e credi che Dio ti ama. T’assicuro la pienezza del gaudio quaggiù e la vita un alleluia continuo. Ogni gioia vera è frutto degli unici due fiori che possono fiorire nel giardino dell’anima tua: Il desiderio forte d’essere amata e di amare. Il tuo piccolo cuore è un mistero dell’Amor di Dio. Canta solo quando un Amore Infinito lo ama e quando può amare un Amore Infinito. L’amore infinito ti ama. Credi. Che tu ami l’Amore infinito che è Dio, non so; lo spero e te lo auguro per la tua felicità. Passa in questa nuova Pasqua ad una continua donazione d’amore. Che quanto t’auguro, diventi realtà».
Chiara Lubich (Pasqua 1945)
(Pubblicata su: Chiara Lubich, Lettere dei primi tempi, Città Nuova Editrice, 2010)
Fonte: Centro Chiara Lubich
[1] Santa Matilde di Hackeborn (1241-1299), monaca benedettina, mistica, che ebbe rivelazioni sull’amore di Gesù e sul suo Sacro Cuore.
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Mar 27, 2013 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Spiritualità

© M. Cristina Criscola, ‘Amore scambievole’ – Loppiano, 1984
Carissimi, vorrei invitarvi a vivere i prossimi giorni pasquali alla luce di un pensiero di Chiara del 1981. Eccone alcuni stralci: Giovedì Santo «La nostra festa. Come oggi Gesù, tanti anni fa, ha dato ai suoi discepoli il comandamento nuovo, quel comando che è legge fondamentale e base di ogni altra norma per ciascuno di noi; come oggi Gesù ha pregato per l’unità: “che tutti siano uno”, come oggi ha istituito l’Eucarestia che lo rende presente fra noi e ha come effetto appunto la nostra unità con Lui e fra noi. E come oggi ha istituito il sacerdozio che rende possibile l’Eucarestia […]. Che sarebbe la nostra vita senza il comandamento nuovo, senza l’Eucaristia, senza l’Ideale dell’unità?». Venerdì Santo «Non c’è giorno migliore per rifare solennemente la nostra consacrazione a Lui (Gesù Abbandonato), rinnovando il nostro proposito di spendere la vita che abbiamo, amandoLo sempre, subito, con gioia». Domenica di Pasqua «Lui è risorto e Lui è la risurrezione e la vita anche per tutti noi». Come Chiara in quella occasione, anch’io vi auguro di cuore: Buona Pasqua a tutti e a ciascuno! Che sia la più bella della nostra vita. Maria Voce (Emmaus)
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Mar 24, 2013 | Chiesa, Spiritualità
«Fu la passione, liberamente incontrata, a provare a Dio e agli uomini l’amore onde Cristo ci ama, cioè ci vivifica. Soffrendo, provò la sua umanità. Amandoci, provò la sua divinità. Dopo di allora, sempre l’umano si divinizza se trasforma il dolore in amore. Questo il miracolo inaudito di un Dio che soffre, dalla nascita in una grotta a una vita randagia, a una morte orrenda… La via di Cristo, che egli ci insegna e la quale dobbiamo seguire se vogliamo ricevere vita di grazia, è vivere il Vangelo accogliendo i dolori e con essi conformarci con Lui. Ciò vuol dire che amare non è un’operazione di delizie. Dover dare anche quando proprio il dare procura amarezza, questo è amare come Cristo ci ha amati. Se uno, nell’amare, cerca soddisfazioni, vuol dire che pensa a sé, ama sé. Ama le creature, non per loro e meno ancora per Iddio, ma per sé. L’amore è dono e appartiene al sacrificio. Amore e dolore reagiscono l’uno sull’altro. Uno è la maggior sensibilizzazione per l’altro. Sempre naturalmente se si tratta di movimenti guidati dalla grazia divina. Che vuoi costruire progetti di stabilità sugli uomini, quando i loro umori mutano dalla sera al mattino, quando i tuoi umori, e talora la visione della vita, mutano per ragioni di digestione o dopo una lettura o conversazione? In te stesso, nei tuoi nervi, nella tua mutevolezza fisica, hai l’instabilità. Quando hai bisogno di agire, forse sei stanco, quando hai bisogno di dormire, forse sei insonne. E non puoi appoggiarti alle tue doti naturali, alla cultura e agli affetti perché mutano anch’essi, alternando la fiducia alla sfiducia, la luce all’ombra, la pace all’ira. E neppure gli uomini ti offrono una base, in famiglia trovi forse caratteri che non si confanno al tuo, esistenze chiuse in sé o aperte su altri orizzonti. Trovi la festa forse quando tu sei triste, lo scherno per la tua fede, l’incomprensione dei tuoi sacrifici, mutevolezze, incoerenze… Uscendo dalla famiglia, poi, la terra ti frana sotto i piedi. Il denaro ti può dare il pane per nutrirti, ma non la pace per placarti. Tra gli amici, tradimento e incomprensione, se sei povero ti sfuggono, se sei ricco ti tradiscono. Quando ne hai bisogno, non hanno forza né voglia di sorreggerti. E così la tua vita è un pensare la notte a cercare sostegni nel giorno, è un vedere il giorno oscurarsi la speranza sotto la notte di delusioni. E così il tempo passa. Troverai la verità solo in Dio, è la sola stabilità, il solo che non passa; e la ressa esterna e la fantasmagoria di paesaggi e personaggi che mutano, se c’è Dio, non ti sorprende e non ti prende, tu resti ancorato all’Eterno. Passa la scena del mondo, Dio resta». Igino Giordani, Il Fratello, (Città Nuova, aprile 2011, III edizione Figlie della Chiesa 1954) (altro…)
Mar 23, 2013 | Cultura, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Sandra, fin da piccola, ha sempre mostrato una grande apertura verso gli altri. Glielo avevamo insegnato noi, suoi genitori, eppure quando un giorno ci chiese di ospitare a casa nostra una sua amica con delle difficoltà, rimanemmo un po’ perplessi. Sandra, però, era così determinata, da non poterle dire di no. Decidemmo quindi di lasciar cadere tutti i pregiudizi e di accogliere la sua amica come una figlia. Questa ragazza, sentendosi amata, pian piano cominciò a rivelarci i suoi problemi familiari. Rimase con noi qualche giorno e quando partì ci ringraziò molto. In realtà, eravamo noi grati a nostra figlia, che ci aveva dato modo di aprire il nostro cuore e di creare un rapporto profondo con la sua amica. Con lei, in seguito, nostra figlia ha organizzato aiuti per i terremotati, raccogliendo una grande quantità di abiti, giochi e uova di Pasqua. Nostro figlio Massimo, da piccolo, ci aveva sorpreso, quando, aprendo la porta di casa ad un povero con un bimbo piccolo, era corso in camera a prendere un modellino di macchina, il suo preferito, per donarlo a quel bambino. Divenuto grande, ci è sembrato di vederlo allontanarsi da noi, indifferente a quanto gli dicevamo, insofferente alla nostra disponibilità verso gli altri. Come genitori sapevamo di non doverlo assillare con prediche, sicuri che Dio avrebbe continuato a indicargli la giusta strada. L’anno scorso, al momento di imbarcarsi sull’aereo che l’avrebbe portato all’estero per un periodo di studio, ci ha consegnato una lettera per i suoi amici, dicendoci che potevamo leggerla anche noi. Era un modo per rivelarci i tesori del suo animo che non avevamo saputo vedere. Un dono inaspettato che colmava un vuoto nei nostri cuori. Avevamo sempre cercato di trasmettere ai nostri figli l’apertura verso tutti. Così era cominciata anche la storia dell’amicizia con Joe. Con una sonora scampanellata. Quando aprimmo la porta, ci eravamo trovati davanti un giovane nigeriano che voleva piazzare qualche oggetto. Come tanti suoi connazionali, viveva facendo il venditore ambulante. Comprammo qualcosa, uno strofinaccio per la cucina, un piccolo attrezzo. Ma ci sembrò poco. Lo facemmo entrare, ci scambiammo i numeri di telefono, promettendogli che l’avremmo invitato a uno dei nostri incontri in parrocchia. Avvicinandosi il giorno dell’incontro, ci ricordammo di Joe. Eravamo in dubbio se chiamarlo, ma lui rispose con entusiasmo, dicendo: “Tutti sembrano gentili all’inizio, ma poi subito ti dimenticano”. Da allora abbiamo intrecciato con lui un legame forte, condividendo le difficoltà e cercando per lui un lavoro, cosa non facile a causa della sua situazione irregolare. L’abbiamo aiutato a trovare un alloggio, sostenendolo in molti. Joe si è poi sposato, ha avuto un figlio. Quando ci ha chiesto di fare da padrini al piccolo, con commozione abbiamo ripensato alla nostra lunga amicizia, una delle tante nate aprendo la porta di casa». (Maria Luisa e Giovanni, Italia) Da “Una Buona Notizia, gente che crede gente che muove”, Città Nuova Editrice, Roma 2012, pag. 134-135. (altro…)
Mar 21, 2013 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Dopo cinque mesi di preparazione teorica presso l’Istituto Universitario Sophia (IUS) – racconta Cristina Viano vincitrice insieme a Jena Debbaneh della borsa di studio AIEC per una ricerca sull’impatto sulla povertà delle iniziative EdC–, la “Missione Edc in Serbia.” è stata un’ottima opportunità. Per intraprendere questo studio, infatti, è indispensabile entrare nella logica dell’Economia di Comunione: capire come queste imprese vivono la cultura del dare nel quotidiano e a quali bisogni concreti rispondono gli aiuti.
«Tre figure possono rappresentare idealmente – prosegue Cristina Viano – la varietà degli incontri con le aziende EdC che abbiamo incontrato in questo viaggio. Alcune famiglie di allevatori ci hanno ricordato le basi della comunione in economia e la semplicità dell’ambiente famigliare e comunitario in cui può svilupparsi, a partire dalla cooperazione tra piccoli produttori e dal dono non di utili, ma di parte degli animali allevati. Una realtà molto diversa: una grande azienda operante in campo agricolo, alimentare e commerciale, ha messo in luce i dilemmi e le sfide che comporta conciliare valori di comunione e crescita dimensionale, condivisione e investimenti, rapporti con la comunità locale e con le banche. Infine, la figura dell’imprenditore EdC, determinato nel garantire la qualità dei propri prodotti e del lavoro dei propri dipendenti, e nell’ampliare gradualmente la propria attività senza indebitarsi, anzi offrendo ai propri clienti dei crediti senza interessi in una solida fiducia reciproca. È evidente come ancora l’economia serba risenta delle conseguenze della guerra. In alcuni paesi la povertà è diffusa e la disoccupazione elevata. Per questo motivo la spontaneità, la coerenza, la passione che abbiamo incontrato nei tre esempi appena descritti, e in tanti altri nella regione della Vojvodina, sono testimonianze importanti. Ci è apparso ancora più evidente che fare economia di comunione non vuol dire limitarsi ad una donazione impersonale di denaro, o all’applicazione di un particolare sistema manageriale. Ma significa, innanzitutto, vivere appieno la propria realtà locale, avere l’energia per inventare un nuovo lavoro a partire da una piccola produzione familiare, farsi animatori di comunità in grado di offrire servizi e vicinanza a chi è in difficoltà».
«Vedere di persona la realtà – aggiunge Jena Debbaneh – è sempre molto diverso dal “leggerla” dai soli numeri. Abbiamo incontrato tante persone. Tutti erano pronti a condividere la loro storia: come e perché ricevono aiuti, per quanto tempo, e come li utilizzano. Era importante per noi capire le loro storie, per farci un’idea precisa di cos’è veramente un “aiuto”, ma anche i loro desideri per il futuro; le risposte denotavano sempre una certa fiducia nel futuro, il che ci fa pensare che queste persone non siano prigioniere di una “trappola della povertà”. Ricordo una famiglia residente nella campagna vicina a Belgrado. Le domande che avevamo in mente prima di far loro visita venivano meno davanti alla realtà della loro casa. Era evidente l’estrema povertà materiale, ma anche la gioia nell’ospitare e nel condividere cibo e bevande. Abbiamo ricevuto in abbondanza cibo, ma anche felicità e amore, comprendendo che questa famiglia donava e condivideva – come la vedova povera del Vangelo– , essendo in realtà ricchi perché sanno cosa vuol dire la “cultura del dare”. In questo viaggio – conclude Jena –, ho compreso cosa voleva dire e fare Chiara Lubich quando ha lanciato in Brasile nel 1991 l’Economia di Comunione: eliminare povertà e diseguaglianza, e per questo creare imprese con una cultura nuova. I poveri sono il fine dell’EdC e la loro inclusione nelle imprese è il mezzo per valutarne l’efficacia». Fonte: Edc online Leggi anche: Economia di Comunione: missione in Serbia (altro…)
Mar 20, 2013 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Chiesa, Spiritualità
Papa Francesco ha pronunciato parole forti durante la messa d’inizio del suo ministero petrino: Una di queste è servizio. Come è risuonata a te? «È risuonata esattamente come, quanti facciamo parte del Movimento dei Focolari, dovremmo vivere il nostro compito, qualsiasi esso sia. Un servizio davvero, ma un servizio d’amore. E colui che serve per amore, ricordava Chiara Lubich, si può anche dire che “regni”. Non si tratta di un servizio che abbassa o umilia, bensì dell’atteggiamento proprio di chi si dona completamente per amore. Chi si comporta così mette gli altri al proprio posto e li pone in condizione di essere quelli che devono essere. Da questo deriva che servizio e regalità si richiamano a vicenda». Un’altra parola di papa Francesco, per dire la quale ha alzato la voce, è stata prendersi cura dei poveri. C’è qualcosa da rivedere nel Movimento dei Focolari? «Non possiamo stare solo ad osservare papa Francesco. Sento che dobbiamo guardare dentro di noi, farci un esame di coscienza in modo da fare uso, con sobrietà, solo di quello che ci è veramente necessario, mettendo a disposizione degli altri quanto possiamo: tutto quello che possiamo dare. Allo stesso tempo mi è sembrato di percepire nelle parole del Papa l’eco di una povertà che non è solo materiale, ma che comprende chi si trova solo, chi si sente incompreso, chi è abbandonato, chi non conosce Dio ma ne ha bisogno e magari non lo sa. Di fronte a queste e altre povertà credo che ognuno di noi debba domandarsi: cosa posso fare io? Il Movimento dei Focolari sta sottoponendosi a un esame di coscienza, cercando di convertirsi a una nuova misura di amore, di donazione, di servizio. C’è sempre possibilità di crescita in questo senso». A cura di Victoria Gómez Leggi stralci dei messaggi di Maria Voce a Benedetto XVI e a Papa Francesco (altro…)