Feb 28, 2013 | Chiesa, Spiritualità
Sono circa 150 mila le persone giunte da tante parti all’ultima udienza generale di Benedetto XVI. Nell’aria si avverte l’importanza di una giornata storica e, forse, non solo per la Chiesa cattolica. C’è una emozione contenuta, in sintonia con l’umile grandezza dell’anziano papa. Benedetto XVI è visibilmente commosso di fronte alla folla che gli si stringe attorno con immenso calore. Parla con la spontaneità del cuore: «Vi ringrazio e vedo la Chiesa viva e dobbiamo dire grazie anche al Signore per il tempo bello che ci dona in inverno». Definisce la Chiesa come «una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Il Vangelo purifica e rinnova». La sua è una comunione, aperta e trasparente, di quanto sta vivendo. «Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi». E afferma con voce sicura: «Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso».
Maria Voce, presidente dei Focolari, così commenta a caldo l’ultima udienza pubblica di Benedetto XVI, a cui ha partecipato insieme ad alcune centinaia di aderenti al Movimento: «È stato un momento di profonda comunione con Papa Benedetto: sembrava ci portasse con lui sul monte, dove Dio lo chiama ora, e ci facesse vedere la Chiesacome la si vede da quella altezza, popolo unito, famiglia di Dio, corpo vivo». «Mentre ripeteva l’annuncio della sua decisione, avvertivamo che essa non lo avrebbe però portato lontano, ma che al contrario lo avrebbe reso più vicino a tutti noi, a ciascuno di noi, personalmente direi». «Accanto a me, oltre Giancarlo Faletti, c’erano Frère Alois di Taizé con un suo confratello, Kiko Arguello del Cammino Neocatecumenale e altri rappresentanti di Movimenti. Quando è passato davanti a noi, ci ha riconosciuti e salutati con visibile affetto». E ancora in un’intervista pubblicata su Città Nuova, risponde a queste domande: Quale lezione pensi debba raccogliere il Movimento dei Focolari? «Mi ha fatto non poca impressione il passaggio del suo discorso in cui, riferendosi alla Chiesa, Benedetto XVI l’ha detta “rinnovata e purificata dalla vita del Vangelo”. Ho avvertito fortemente che si trattava di un richiamo a quella vita del Vangelo che veramente ci fa nuovi, in ogni momento. Mi è parso chiaro che non dobbiamo tanto cercare di migliorare chissà che cosa, ma ritornare ad una vita di Vangelo integra, autentica, “con coerenza”, come il papa stesso ha precisato. Coerente alla fede che abbiamo ricevuto e che professiamo. Dobbiamo inoltre essere vicini al papa, salire sul monte a pregare con lui. Con la sua stessa fiducia in Gesù che conduce la Chiesa, con lo stesso sereno ottimismo che ci ha dimostrato». Quali le parole che più ti hanno toccato il cuore? «L’accenno alla famiglia che è la Chiesa, forse perché anche Chiara Lubich, prima di lasciare questa terra, ci aveva raccomandato di “essere famiglia”. Per questo mi è sembrato che si trattasse della stessa voce che, da due parti, veniva a raccomandarci la stessa prospettiva. Quella cioè di Cristo che, venendo sulla Terra, ha voluto costituirsi una famiglia sua, la Chiesa. Come la vede lui, non tanto come noi uomini siamo abituati a vederla e giudicarla. La Chiesa, cioè, nel suo dover essere: il suo corpo, la sua sposa, la sua famiglia». Leggi anche: Intervista a Maria Voce – di Radio Vaticana L’ultimo saluto di Papa Ratzinger – Città Nuova online (altro…)
Feb 27, 2013 | Chiesa, Spiritualità
«Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione» ha affermato Papa Benedetto XVI domenica scorsa all’Angelus. «Ma questo non significa abbandonare la Chiesa – continua – anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze». Sottolineano questa dimensione spirituale della scelta del Papa anche i commenti arrivati dall’Inghilterra: il Rev. David Cornick, della Chiesa Riformata Unita, e segretario generale di Churches Together in England, organo ufficiale nazionale per i rapporti ecumenici in Inghilterra, afferma che «la decisione di Papa Benedetto di dimettersi ha un impatto non soltanto sulla Chiesa Cattolico-Romana ma anche su tutti noi, perché è fatta con una consapevolezza dei limiti umani, sorretti dalla grazia di Dio, una cosa dalla quale tutti possiamo imparare». Mentre il Rev. Robin Smith, Vescovo della Chiesa d’Inghilterra, testimonia: «Mi sono incontrato con Papa Benedetto varie volte e sono sempre stato impressionato dalla sua aria di santità, autenticità e benevolenza. La decisione (…) di abdicare e andare in pensione [avrà più conseguenze di tutte] perché riformula l’immagine del papato, non ultimo nelle menti dei cattolici».
Il Dr Callan Slipper, focolarino e Reverendo della Chiesa d’Inghilterra, spiega che a suo avviso il Papa, con questa decisione, ha definito cosa s’intende col ministero petrino: «pregare e soffrire in primo luogo e poi anche azione. Ho pensato che è una buona definizione di quello che tutti dobbiamo fare per servire gli altri. Con il suo dimettersi non eserciterà più l’azione, però continuerà a pregare e soffrire per la Chiesa. (…) Mi sembra che dimostri il ministero petrino non come un ministero di tipo monarchico, ma realmente più come quello del Servo dei Servi di Dio». Dalla Chiesa ortodossa di Mosca, Galia dichiara di aver «provato dolore e la sensazione di una grande perdita. Auguro che questo passo di Benedetto XVI sia per il nuovo papa un esempio di amore che non teme il sacrificio. Questo suo passo testimonia un forte rapporto con Dio. Non ha pensato a sé, ma al servizio a lui richiesto». Auspica che il nuovo Papa sia «sensibile alle questioni tra le confessioni cristiane». Jens-Martin Kruse, Pastore della Comunità evangelica luterana di Roma, sull’Osservatore Romano del 22 febbraio ripercorre, in un articolo dal titolo “Benedetto XVI esempio di fede anche per i luterani”, alcuni gesti di profondo impatto ecumenico. Al panorama ecumenico, si aggiunge una voce dal mondo ebraico, quella del rabbino argentino Ariel Kleiner: «Quando ho appreso da Twitter della rinuncia del Papa ho capito che stavamo entrando in un momento doppiamente storico. Spero che ci sia presto la fumata bianca e che il successore possa continuare sui sentieri interreligiosi dei Papi Benedetto XVI e Giovanni Paolo II». «Al di là di ciò che questo momento significherà per i miei fratelli cattolici» dichiara Sonia Kirchheimer «personalmente, come ebrea attiva nel dialogo interreligioso, auspico che il successore di Benedetto XVI continui sulla scia del Concilio Vaticano II e della Nostra Aetate, perché costruiamo insieme un mondo più pacifico come figli di uno stesso Dio». Infine l’avvocato croato Zdravko Dujmović, di convinzioni non religiose, scrive: «Papa Benedetto XVI se ne è andato senza macchia. Non puoi non volergli bene e rispettarlo ancora di più per quanto ha fatto per l’Europa contemporanea e per l’intera cristianità. Il nuovo papa potrà continuare sulla via tracciata da lui e ritirarsi, quando non si sentirà più di continuare questo servizio. Anche nei primi secoli i cristiani si ritiravano nel deserto, facevano i digiuni per arrivare alla contemplazione, portando la spiritualità dentro di sé… un uomo grande se ne è andato». (altro…)
Feb 19, 2013 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Benedetto XVI ha spesso affermato con forza che una teologia che non tenga conto del pungolo continuo della ricerca filosofica e delle sollecitazioni della scienza non è autentica teologia. È su questa convinzione, che l’edizione 2013 del premio “Renata Borlone, donna in dialogo”, è stato assegnato a Loppiano all’astrofisico e cosmologo Piero Benvenuti il quale, domenica 17 febbraio nell’aula magna della cittadella, ha appassionato il pubblico presente e quello collegato via internet, illustrando la ricchezza e la necessità di tale relazione. Tanto più importante se si vuole davvero conoscere l’origine dell’universo, oggetto della tavola rotonda del mattino, dal titolo “In principio…” a cui hanno preso parte, oltre al prof. Benvenuti, docente di Astrofisica presso l’Università di Padova, il teologo Mons. Piero Coda e il filosofo Prof. Sergio Rondinara dell’Istituto Universitario Sophia. Cosa sia successo nel tempo precedente l’istante “10 alla meno 43 secondi”, la scienza non è in grado di spiegarlo né dimostrarlo, ha precisato lo scienziato. Per comprendere il “principio”, la scintilla prima che ha dato origine al Cosmo, occorre dunque avventurarsi in ambiti diversi: teologia e filosofia in primis.
La figura di Renata Borlone, titolare del premio e serva di Dio, è stata al centro della prima parte del pomeriggio. “Se la proclamazione della santità di qualcuno serve a far riconoscere il primato di Dio, perché no?” – aveva affermato nel settembre scorso, Maria Voce, presidente dei Focolari, in occasione di LoppianoLab. E chi ha conosciuto Renata personalmente, sa bene quanto queste parole la definiscano. Un percorso di santità, il suo, che è testimonianza “del rapporto, della relazione, della sinodalità, della reciprocità con chi ci sta accanto”, come affermava ancora Maria Voce. È seguita la cerimonia di premiazione del prof. Piero Benvenuti, il quale è anche Consultore del Pontificio Consiglio della Cultura e direttore del CISAS (Centro Interdipartimentale degli Studi e attività spaziali). A motivo di tale riconoscimento “la costante tensione al trascendente nel suo lavoro scientifico, l’opera di diffusione e divulgazione della verità scientifica quale contributo veritativo sulla persona umana e l’apporto al dialogo tra scienze della natura e teologia cristiana”. Numerosi i messaggi di congratulazioni giunti per l’occasione, fra i quali quello del Card. Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura: “L’esempio di Renata Borlone – ha scritto – con la sua dedizione al servizio dei fratelli che si è intimamente intrecciata con la sua passione per la scienza, è una splendida testimonianza di un possibile percorso di crescita personale dove la fede e la scienza risultano unite e non contrapposte”. Il prof. Piero Benvenuti ha poi tenuto la lectio magistralis dal titolo: “La cosmologia è veramente necessaria?”, illustrando i fondamenti della cosmologia quale scienza “a portata d’uomo”, che risponde alla naturale aspirazione umana verso il futuro e l’universale, verso l’eschaton. E riferendosi a Renata, ha concluso: “Ora che lei vede la verità faccia a faccia, ci aiuti a proseguire nel cammino scientifico in un orizzonte che sta sempre un po’ più in là di quello che la nostra ricerca razionale ci mostra”. Al termine alcuni artisti hanno offerto un omaggio musicale, sublime espressione dell’infinita bellezza racchiusa nell’universo.
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Feb 18, 2013 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Il 17 febbraio è una data storica per la Chiesa Valdese in Italia. In quel giorno dell’anno 1848 il re Carlo Alberto firmava la “Lettere Patenti” con cui concedeva i diritti civili ai suoi sudditi valdesi. La decisione fu accolta con grande entusiasmo e festeggiata attorno ai falò. Ancora oggi esiste la tradizione dei “Falò della libertà” che si è estesa anche in altri luoghi dove si trovano chiese protestanti in Italia. Tanti sono i contatti fra i Valdesi e membri del Movimento dei Focolari in Italia. Ecco l’esperienza di un sacerdote focolarino e un pastore valdese con le loro comunità raccontata da loro:«Nella nostra città, Torino, la conoscenza reciproca tra cattolici e valdesi risale a più di vent’anni fa, quando cominciammo ad incontrarci – cattolici e valdesi – una sera al mese, con lettura biblica e preghiera comune, e si continua tuttora. Questo favorì il lavoro del Comitato Interfedi che si costituì per le Olimpiadi a Torino. Vista l’armonia creatasi, il Comitato divenne un organo permanente del Comune. Negli incontri il clima è sempre molto bello ed in questo contesto si parlava da tempo di fare un’esperienza insieme, con un viaggio in Terra Santa. Lo proponemmo come “Viaggio di preghiera e di studio” e fu un successo. Il viaggio avvenne dal 1° al 9 settembre 2012. Al mattino una meditazione del sacerdote sul significato spirituale dei luoghi che saremmo andati a visitare e una riflessione biblica del pastore. Poi il commento dell’accompagnatore dei Focolari, sui luoghi visitati. L’intento era: “Tornare alle origini: ai tempi e ai luoghi in cui è nata la nostra storia cristiana”, così che si potesse trovare un’unità che vada oltre le divisioni esistenti, senza negarle, ma vivendo una vera comunione, anche come testimonianza in questa terra tormentata. Momenti importanti: la celebrazione della Santa Cena dei Valdesi con la presenza dei cattolici ela S.Messa Cattolica, presenti i Valdesi dove l’amore reciproco ha fatto sperimentare la presenza di Gesù fra due o più uniti nel suo nome (cf Mt 18,20). A casa ci si è ritrovati per dirsi impressioni ed esperienze e l’incontro certamente si ripeterà, poiché nello svolgimento del viaggio si è diventati, da ignoti e un po’ diffidenti, sempre più fratelli, uniti nello stesso Battesimo, nello stesso Credo apostolico e in particolare nella stessa fede in quel Dio Amore che insieme riconosciamo recitando il Padre Nostro. A cura del Centro «Uno» (altro…)
Feb 13, 2013 | Centro internazionale, Spiritualità
Al cristiano non è consentita la disperazione; non è consentito abbattersi. Possono crollare le sue case, disperdersi le sue ricchezze: egli si rileva, e riprende a lottare: a lottare contro ogni avversità. Gli spiriti pigri, accovacciati nelle consuetudini facili e comode, si spaventano all’idea della lotta. Ma il cristianesimo ci sarà finché resiste la fede nella resurrezione. La resurrezione di Cristo, che in sé c’inserisce e della sua vita ci fa partecipi, ci obbliga a non disperare mai. Ci da il segreto per rilevarci da ogni crollo. La quaresima è – e deve essere – anche un esame di coscienza, attraverso cui potessimo contemplare quel che di spento brulica al fondo della nostra anima e della nostra società, dove si aggancia la miseria d’un cristianesimo fattosi in molti di noi ordinaria amministrazione, senza palpiti e senza impeti, come vela senza vento. Deve essere, la resurrezione di Cristo, motivo di rinascita della nostra fede, speranza e carità: vittoria delle nostre opere sulle tendenze negative.La Pasqua a noi insegna a sconfiggere le passioni funerarie per rinascere. Rinascere ciascuno, in unità di affetti, col vicino, e ogni popolo, in concordia di opere, per stabilirci nel regno di Dio. Questo si traduce in una costituzione sociale, mediante un ordinamento che con un’autorità, leggi e sanzioni, agisce per il bene degli uomini e arriva al cielo, ma attraverso la terra. E si modella sull’ordine divino. La sua legge è il Vangelo, e comporta l’unità, la solidarietà, l’eguaglianza, la paternità, il servizio sociale, la giustizia, la razionalità, la verità, con la lotta alla sopraffazione, alle inimicizie, all’errore, alla stupidità… Cercare il regno di Dio è quindi cercare le condizioni più felici per l’espressione della vita individuale e sociale. E si capisce: dove regna Dio, l’uomo sta come un figlio di Dio, un essere d’infinito valore, e tratta gli altri uomini ed è trattato da loro come fratello, e fa agli altri quel che vorrebbe che gli altri facessero a lui. E i beni della terra sono fraternamente messi in comune, e circola l’amore col perdono, e non valgono barriere, che non hanno senso nell’universalità dell’amore. Mettere per fine primo il regno di Dio, dunque, significa innalzare la meta della vita umana. Chi persegue per prima cosa il regno dell’uomo persegue un bene soggetto a rivalità e contestazioni. Invece l’obiettivo divino trae gli uomini più su del piano delle loro risse e li unifica nell’amore. Poi, in quella unificazione, in quella visione superiore delle cose della terra, anche la faccenda del mangiare, vestire e godere riprende le sue proporzioni, si colora d’un senso nuovo e si semplifica nell’amore, e si ha la vita piena. In questo senso anche per noi, Cristo ha vinto il mondo. Igino Giordani, Le Feste, Società Editrice Internazionale (S.E.I.), Torino, 1954. (altro…)
Feb 13, 2013 | Spiritualità
«Perché si possa far della vita un “Santo viaggio”, ed essa abbia la conclusione che si desidera, L’Imitazione di Cristo, il libro di pietà e di meditazione così ricco di spiritualità che tanti di noi conoscono, dice che occorre avere alcune qualità molto impegnative: […] l’ardente desiderio di progredire nella virtù, l’amore al sacrificio, il fervore della penitenza, la rinuncia a se stessi e il saper sopportare ogni avversità…
Sono qualità che è necessario possediamo anche tutti noi. Dobbiamo però chiederci: secondo la nostra spiritualità, in che maniera possiamo acquistarle?
La risposta è chiara e sicura: noi non siamo chiamati da Dio a realizzare tutto questo attraverso una vita monastica e separata dal mondo.
Siamo chiamati a rimanere in mezzo al mondo e ad arrivare a Dio attraverso il fratello, attraverso perciò l’amore al prossimo e l’amore reciproco. È impegnandoci a camminare per questa originale ed evangelica via che troveremo come per incanto arricchita la nostra anima di tutte quelle virtù. […]
Ma è con l’amore che si raggiunge ciò. Non sta forse scritto: «Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato [con l’amore] il mio cuore» (Sal 119, 32)? Se amando il prossimo si corre nell’adempiere i comandi di Dio, vuol dire che si progredisce.
Occorre l’amore al sacrificio. Amare gli altri significa proprio sacrificare se stessi per dedicarsi al fratello. L’amore cristiano è sinonimo di sacrificio, anche se comporta grande gioia.
Occorre il fervore della penitenza. È in una vita d’amore che troveremo la migliore e principale penitenza.
Occorre la rinuncia a se stessi. Nell’amore verso gli altri c’è sempre implicita una rinuncia a se stessi.
Occorre infine saper sopportare tutte le avversità. Molti dolori non sono forse causati nel mondo dalla convivenza con gli altri? Dobbiamo saper sopportare tutti e amarli per amore di Gesù Abbandonato. E supereremo con ciò molti ostacoli della vita.
Sì, nell’amare il prossimo troviamo un modo eccellente per fare della vita un “Santo viaggio” […]».
Chiara Lubich, L’amore al fratello, a cura di F. Gillet, Città Nuova, Roma 2012, pp. 77-79
(Da un collegamento telefonico – Rocca di Papa, 27 novembre 1986)
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