Nov 18, 2016 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«In un mondo dove la globalizzazione detta le sue leggi, uno dei paradossi più significativi a cui assistiamo è che la voce del sud del mondo è ignorata. L’Africa, ricca di risorse naturali come diamanti, oro, petrolio, e altri minerali preziosi, si trova di fronte a: povertà, sottosviluppo sempre più crescente, la peggiore attesa di vita, un livello elevato di analfabetismo; e ciò nonostante i milioni di dollari degli aiuti occidentali versati nel corso degli anni in vari progetti. Perché? La drammatica risposta non è solo la guerra che subiamo, non sono le malattie; è soprattutto la corruzione, diventata in Africa un fatto normale e accettato, che sta lacerando il continente. Un continente in cui i poveri devono corrompere per sopravvivere; per curarsi negli ospedali, per entrare nelle “migliori” scuole di formazione professionale, per ottenere posti di lavoro e per uscire dalla prigione. Neanche le leggi riescono a sradicare questo male. Nella stragrande maggioranza dei paesi africani, il diritto è di origine occidentale, con qualche sfumatura presa dalle culture locali. La tutela dell’individuo, per quanto valore universalmente accettato, si contrappone al principio della comunità, molto caro alle tradizioni africane, che sta a sottolineare l’importanza della solidarietà. L’individuo è tale solo se appartiene a una comunità e agisce in funzione della comunità. È il principio dell’“Ubuntu”: Io sono perché noi siamo. L’Ubuntu nelle culture africane è un invito a sostenersi e aiutarsi reciprocamente, è coscienza dei propri doveri. Così si è espresso Nelson Mandela: Ubuntu significa porsi la domanda: “Voglio aiutare la comunità che mi sta attorno a migliorare?” È una regola di vita, basata sul rispetto dell’altro, una credenza in un legame di condivisione che unisce tutta l’umanità. È un desiderio di pace. Eppure, proprio in Africa manca la pace in tanti posti, e la causa remota dei conflitti è per assurdo la propria immensa ricchezza. Si lotta per il controllo dei minerali e le vittime di questi conflitti sono i più deboli. Nello sforzo di integrare valori ereditati dalla colonizzazione con i propri valori tradizionali, e di fronte alle sfide di un mondo in cui solo lo sviluppo economico dà diritto alla parola, l’Africa sta sempre di più perdendo i propri valori, senza acquisire per davvero quelli “importanti”.
Nel mio Paese, il Camerun, che conosce una grande corruzione, è sorta una piccola città, a cui Chiara Lubich ha dato vita realizzando opere sociali a favore del popolo Bangwa, che era a rischio di estinzione e ha trovato la salvezza. Ma con le opere, Chiara ha portato soprattutto un nuovo stile di vita, ispirato a prassi di fraternità: è nata una convivenza ispirata nella reciprocità a una vera giustizia, che spegne ogni litigio, previene il conflitto, trova soluzione ai problemi anche nelle famiglie; nessuno ruba, né uccide, si seguono “vie di pace”. Così la fraternità può diventare principio anche giuridico per la convivenza e cambiare rapporti di forza in relazioni di accoglienza e inclusione e tradursi in solidarietà, responsabilità e sussidiarietà. La pace si declina oggi come sviluppo, sicurezza, universalità dei diritti dell’uomo, rispetto della vita; la pace è un diritto, ma attende che il diritto se ne faccia strumento. E per questo non bastano le Dichiarazioni e i Trattati. I diritti, se declinati solo al singolare, affermano l’individuo e danno spazio a interessi e conflitti. Ma “universale” non significa “assoluto”, significa “comune”; è ciò che accomuna, diversamente non potrebbe esserci alcuna relazione fra individui, culture o concezioni differenti fra loro [1]. E se l’universalità racchiusa nella dignità umana permette la relazione con ogni altro, la fraternità, quale nuovo paradigma, può costituirne il principio ispiratore fino a “farsi” cultura anche giuridica e via che prepara la pace. Quella che inizia dal cuore e si traduce in atteggiamenti coerenti nella vita di ogni giorno capaci di trasformare rapporti conflittuali in relazioni di condivisione, fino alla reciprocità, in cui il dovuto si fa dono per l’altro».
Raphaël Takougang
[1] Cfr. F. Viola, L’universalità dei diritti umani: un’analisi concettuale, in F. Botturi – F. Totaro (a cura di), Universalismo ed etica pubblica, Vita e Pensiero, Milano 2006, p. 164 s. (altro…)
Nov 17, 2016 | Chiara Lubich, Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Jesús Morán © Fabio Bertagnin – CSC Audiovisivi
«Vent’anni fa, in questa prestigiosa sede, Chiara Lubich descriveva il rapporto fra la cultura dell’unità e la pace, presentando l’esperienza del Movimento dei Focolari nel mondo. Essa – diceva – era al servizio del mutuo riconoscimento della dignità di ciascuno, favoriva uno stile di vita comunitario, abbatteva le artificiali barriere che producevano diffidenza, ostilità e inimicizia, e soprattutto presentava l’idea portante del nuovo ordine mondiale basato sulla visione della pace: l’umanità come famiglia, con Dio Padre, sorgente di infinito amore per tutti e per ciascuno. E se si elevavano, allora, venti di guerra nell’umanità, Chiara Lubich metteva in luce le tante iniziative ed esperienze che indicavano la strada della ricerca dell’unità fra le persone, le comunità, i popoli. Vent’anni fa il mondo era diverso. Era afflitto da numerosi conflitti, i quali si presentavano in forma perlopiù localizzata e coinvolgevano gruppi riconoscibili di belligeranti. La guerra è, oggi, un dramma dai mille volti. Alle guerre fra gli Stati si aggiungono guerre all’interno degli Stati, fra etnie, gruppi politici e comunità religiose. […] Anche gli strumenti della guerra sono cambiati. È evidente che le guerre oggi si manifestano spesso sugli inediti campi di battaglia dei mercati finanziari ed economici, per l’approvvigionamento delle materie prime e delle risorse energetiche, per conquistare nuovi mercati. L’insorgenza e lo sviluppo di nuovi conflitti chiede anche alle culture di pace di trovare nuove e più aggiornate risposte. Pensiamo, per esempio, alla cultura della non-violenza. Essa è autenticamente una forza rivoluzionaria al servizio della pacificazione dei contesti di guerra più cruenti. È potente perché trasforma l’ingiustizia subita nell’opportunità di fondare azioni di pace e di perdono. È la risposta di chi, offeso e perseguitato, rifiuta di impugnare le armi perché non crede che l’azione di guerra sia il modo ragionevole di superare i conflitti. […] La spiritualità di Chiara Lubich, centrata sull’unità, può dare un contributo alle culture di pace odierne. Il Movimento dei Focolari è impegnato, al pari di altre organizzazioni, in questi ambiti. È presente in circa 180 paesi del mondo, e in molti di essi rappresenta una sorta di presidio per l’unità e la pace. Consentitemi di ricordare qui che esiste oggi una comunità dei focolari ad Aleppo, in Siria, che offre spazi di condivisione e reciproca solidarietà a una popolazione martoriata dalla guerra. […] Nessuno può salvarsi da sé, nessuno può sperare di rimanere felice da solo. 
Jesús Morán © Fabio Bertagnin – CSC Audiovisivi
[…] Al centro della nostra esperienza non c’è un ente collettivo, non c’è un impersonale “noi”, ma una persona: la persona di Gesù. È Gesù, perciò, a portare la sua pace. Di più, Gesù ci indica la misura radicale con cui dovremmo agire per guarire ogni ferita, sanare ogni problema, risolvere ogni conflitto. Amare come Lui ci ha amato, fino a salire sulla Croce per amore dell’umanità. […] Non c’è altra soluzione che intavolare processi di dialogo che coinvolgano culture diverse, fedi diverse, concezioni del mondo diverse, finalizzati al mutuo riconoscimento, alla cooperazione internazionale, alla promozione della solidarietà e del bene comune. Questi sono i caratteri di una comunità fondata su uno stile di vita alla ricerca dell’unità. […] È questa la cultura di pace che nasce dall’unità. La sua efficacia è stata mostrata ad Assisi, lo scorso settembre, all’incontro di dialogo fra le religioni e le culture, a trent’anni dal primo grande incontro voluto da san Giovanni Paolo II. Il Movimento dei Focolari è al servizio di tale prospettiva, oggi avvertita come determinante per pacificare un mondo sempre più interdipendente. La profezia del messaggio di Chiara Lubich, premiata vent’anni fa dall’Unesco, risuona oggi ancora più attuale». Leggi il discorso integrale (altro…)
Nov 16, 2016 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità

Arooj Javed. Foto © Fabio Bertagnin – CSC Audiovisivi
«I giovani oggi aspirano a diventare cittadini del mondo e noi, aspiriamo ad un mondo unito». A fine giornata, questa dichiarazione di Arooj Javed, giovane studentessa in relazioni internazionali, ha riassunto le speranze, gli obiettivi fissati da New Humanity (Ong dei Focolari presso l’ONU). Perché, questo anniversario dei 20 anni della consegna del premio per l’educazione alla pace a Chiara Lubich non aveva nulla di nostalgico. Le recenti elezioni americane, la tragedia dei rifugiati, le minacce climatiche, la disuguaglianza crescente, i mercati dominati dall’avidità…; questa attualità drammatica evocata nei diversi interventi giustificava appieno il titolo scelto per il simposio: “Reinventare la pace”. Cioè in che modo, a partire dalla Spiritualità comunitaria del Movimento dei Focolari, “trovare nuove risposte” al “volto duro e angoscioso di nuove situazioni di guerra”, ha detto Jesús Morán, copresidente del Movimento. Diverse parole chiave hanno così illuminato le riflessioni: laboratori interculturali, fraternità universale, solidarietà interreligiosa, arte del “vivere insieme” e, soprattutto, educazione al dialogo e alla pace. 
Enrico Letta. Foto © Fabio Bertagnin – CSC Audiovisivi
«Dobbiamo dialogare come in un’orchestra, dove ogni strumento deve suonare in armonia con tutti gli altri, creando una sinfonia», dirà con linguaggio poetico mons. Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO. Enrico Letta, presidente dell’Istituto Jacques Delors ed ex presidente del Consiglio dei Ministri italiano, affermerà: «Per dialogare occorre la consapevolezza che siamo tutti minoranze su questa terra […] Se seguiamo la freschezza dei giovani e la loro apertura mentale, capiamo che l’educazione al dialogo rimane la nostra missione fondamentale». Nella dichiarazione finale, tra le proposte, una molto concreta: «Fornire agli Stati membri percorsi di formazione per gli insegnanti sull’arte del vivere insieme». 
Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO. Foto © Fabio Bertagnin – CSC Audiovisivi
Papa Francesco – che ha inviato un messaggio – ha parlato recentemente di una “terza guerra mondiale a pezzi”. Questa guerra «chiama in risposta una pace anch’essa costruita “a pezzi”, fatta di piccoli passi, di azioni concrete. Ognuno ha il proprio ruolo, la propria responsabilità. La pace non è una promessa, è uno sforzo, una scelta. È un invito a tutti noi che siamo qui e a coloro che ci seguono nel mondo intero, ad armarci di pace…», ha dichiarato nel suo discorso letto da Catherine Belzung, Maria Voce, presidente dei Focolari, assente per motivi di salute. Diversi video hanno illustrato tante opere di pace in diverse parti del mondo che ci permettono di sperare. La presentazione di alcune esperienze in atto ha dimostrato quanto “la pace non sia solo una teoria, un sogno, ma un modello”, come: l’associazione delle donne cristiane e musulmane Koz Kazak, al Cairo (Egitto) diventate “come sorelle” tra loro, le 40 imprese dell’economia di comunione in Africa, la presenza di una comunità dei Focolari ad Aleppo (Siria) che offre uno spazio per la condivisione alla popolazione martoriata, la scuola Santa Maria a Recife (Brasile), dove si vive la reciprocità tra scuola e famiglie. Tante piccole pietre poste al servizio della costruzione di una cultura di pace. Da Parigi, Chantal Joly Rivedi la diretta Messaggio del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella (altro…)
Nov 15, 2016 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
«L’oggi della storia ci presenta in modo incalzante l’immagine di un mondo lacerato da conflitti di ogni genere, di muri che si ergono, di migranti e di rifugiati che fuggono dalla miseria e dalla guerra, di egoismi politici che si fronteggiano incuranti delle ricadute umane». Così descrive Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, l’odierno scenario mondiale in un intervento che, impossibilitata ad essere presente, viene letto da Catherine Belzung. Scenario sintetizzato da papa Francesco – ricorda la presidente – «nell’espressione di “terza guerra mondiale a pezzi”. Una violenza non convenzionale, ubiqua e pervasiva, difficile da sconfiggere con gli strumenti sinora utilizzati. […] Sono conflitti che possono essere risolti solo con un impegno corale, non solo della comunità internazionale, ma della comunità umana mondiale. Nessuno può sentirsi escluso da questa azione: essa deve passare nelle nostre strade, nei luoghi del lavoro, dell’istruzione e della formazione, dello sport e del divertimento, delle comunicazioni, del culto. Alla “guerra mondiale a pezzi” si risponde con una pace mondiale fatta anch’essa di “singoli pezzi”, di piccoli passi, di gesti concreti. Tutti hanno un ruolo, ognuno ha una responsabilità». Maria Voce sottolinea l’impegno delle organizzazioni internazionali, della società civile, di associazioni e movimenti. Come quello che lei stessa rappresenta e che attinge ad un’esperienza di oltre settant’anni di lavoro per l’unità e per la pace iniziato da Chiara Lubich e portato avanti nei più diversi crocevia del pianeta in un dialogo a tutto campo nel mondo cristiano, con altre religioni, con persone di convinzioni non religiose. Un dialogo «basato sull’accoglienza delle persone, sul comprendere profondamente le loro scelte, le loro idee, valorizzando il bello, il positivo, quello che ci può essere di comune, che può formare dei legami».

Catherine Belzung legge il discorso di Maria Voce
«È la fraternità – afferma Maria Voce citando Chiara Lubich – che può far fiorire progetti ed azioni nel complesso tessuto politico, economico, culturale e sociale del nostro mondo. È la fraternità che fa uscire dall’isolamento e apre la porta dello sviluppo ai popoli che ne sono ancora esclusi. È la fraternità che indica come risolvere pacificamente i dissidi e che relega la guerra ai libri di storia. È per la fraternità vissuta che si può sognare e persino sperare in una qualche comunione dei beni fra paesi ricchi e poveri, dato che lo scandaloso squilibrio oggi esistente nel mondo è una delle cause principali del terrorismo. Il profondo bisogno di pace che l’umanità esprime dice che la fraternità non è solo un valore, non è solo un metodo, ma un paradigma globale di sviluppo politico». «Su queste basi – prosegue Maria Voce – è possibile ripensare la pace, anzi è possibile reinventarla». E ne enumera ambiti e significati: innanzitutto impegnarsi a fondo sul dialogo; realizzare progetti politici che non siano condizionati da interessi di parte; abbattere il muro dell’indifferenza e ridurre le disuguaglianze; promuovere una cultura della legalità; avere a cuore la salvaguardia del creato. «Reinventare la pace significa amare il nemico […], significa perdonare. Il perdono non è contrario alla giustizia internazionale, ma offre la possibilità di riavviare i rapporti su nuove basi. […] Per questo è necessaria una profonda operazione culturale. Occorre investire sulla cultura e sull’istruzione, come raccomanda questa Istituzione. […] Infine, reinventare la pace significa amare la patria altrui come la propria, il popolo, l’etnia, la cultura altrui come i propri». Leggi il testo integrale (altro…)
Nov 14, 2016 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Cinquant’anni di vita, ma la stessa freschezza e lo stesso ideale degli esordi. Sono i Gen, la nuova generazione dei Focolari che, dal 17 al 20 novembre, si riuniranno a Castelgandolfo per il loro congresso. Un migliaio, provenienti da tutte le latitudini del mondo. Non un congresso ordinario, ma una grande festa per celebrare il loro 50° anno di vita.

La giovanissima Chiara Luce Badano beatificata nel 2010
Era il 1966 quando Chiara Lubich lanciò un appello ai giovani del Movimento dei Focolari, perché chiamassero a raccolta il più gran numero possibile di loro coetanei per realizzare il testamento di Gesù, “che tutti siano uno”. Oggi i Gen sono sparsi ovunque, appartengono a diverse fedi religiose, parlano tutte le lingue e gli idiomi del mondo, ma hanno lo stesso entusiasmo e radicalità evangelica di allora. È una Gen la prima persona che, vivendo la spiritualità dell’unità di Chiara Lubich, è giunta agli onori degli altari. La giovanissima Chiara Luce Badano, morta nel 1990 a 18 anni e beatificata nel 2010, è diventata per tutti, giovani e non solo, un esempio di come si possa testimoniare la fede nell’amore di Dio persino in situazioni di malattia e sofferenza. Il 29 ottobre di ogni anno la giovane beata è venerata in tutto il mondo.
Anche a Iringa, in Tanzania, poche settimane fa, i Gen hanno organizzato una festa per proporla come modello di vita. Hanno radunato un centinaio di giovani e proiettato il video di Chiara Luce in lingua swahili, accompagnato da esperienze e danze tipiche. «Ho imparato tante cose, per esempio che devo amare sempre chi è vicino a me. E qui ho visto che nell’amore si può stare insieme nonostante la nostra diversità». «Quello che mi ha toccato è la pazienza di Chiara Luce. Lei ha accettato tutto della sua malattia, vivendo ogni momento senza lamentarsi». Nonostante gli ostacoli, non si fermano. Da 50 anni. Unstoppable generation. Chiara Favotti
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Nov 11, 2016 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«È nato a Kinshasa il Movimento Politico per l’Unità !». Con queste parole l’onorevole Upira Dieudonné, sabato 29 ottobre 2016, ha solennemente concluso il primo incontro, a Kinshasa, del Movimento Politico per l’Unità. «L’attuale situazione politica nella Repubblica Democratica del Congo è delicata, ci sono forti tensioni politiche e sociali. Pochi mesi fa, ci sono stati scontri che hanno causato la morte di diverse persone. Il potere costituito e l’opposizione radicalizzano talvolta le loro posizioni», scrivono. Allora c’è da domandarsi come sia stato possibile arrivare a questo appuntamento. «È stato dopo la partecipazione al congresso di Roma, nel giugno scorso, con politici di tutto il mondo, che l’onorevole Dieudonné Upira (deputato nazionale dell’opposizione nella RDC) e la Signora Georgine Madiko (deputata onoraria, membro dell’Ufficio dell’Assemblea Nazionale, attualmente responsabile politica di una cellula di un partito della maggioranza presidenziale) hanno deciso di fare qualcosa per il loro Paese», spiegano. Al di là delle differenze politiche, i due deputati al ritorno da Roma approfondiscono la loro amicizia, scambiandosi le loro diverse opinioni. Ora, insieme, sognano di formare dei giovani perché siano leader in politica. Come affermano, si tratta «di una formazione alla vera politica, una politica che porta in sèdei valori». È nei loro scambi che decidono convinti che il primo passo per un tale progetto a Kinshasa, sia il lancio del Movimento Politico per l’Unita. «Questo permetterebbe di mettere in rete diversi attori che lavorano in politica, che fanno o vorrebbero fare del bene attraverso la politica», dicono. Organizzano l’evento, ma si domandano incerti: «Le persone invitate avranno il coraggio di venire?». Questo senso di incertezza cresce quando il sabato, fissato per l’incontro, una pioggia torrenziale si abbatte quasi ininterrottamente su Kinshasa. A causa delle strade in cattive condizioni e del cattivo stato dei mezzi di trasporto, le persone evitano il più possibile di uscire quando piove! Ciò nonostante, trenta persone rispondono all’invito, tra queste: deputati e dirigenti di diversi partiti politici, della pubblica amministrazione, professori di scienze politiche, studenti, membri dei movimenti cittadini, avvocati e giornalisti. II dibattito previsto dà luogo ad uno scambio profondo che si svolge in un clima di ascolto reciproco. «Abbiamo ascoltato frasi come: “Vogliamo rimanere in contatto con voi, moltiplicare gli scambi”; “Di fronte alia perdita dei valori, dobbiamo lavorare per instillare il positivo nel nostro sistema educativo, per formare persone che domani saranno buoni politici”; “Sento che se non agisco, Dio un giorno mi chiederà che cosa ho fatto di tutto quello che mi ha dato”; “Noi giovani vogliamo imparare da voi, anziani. Non dimenticateci”». Le impressioni, nate spontaneamente dai partecipanti, esprimono il pensiero degli organizzatori e rendono questa un momento sacro. Nella conclusione, la Signora Georgine Madiko, afferma: «Attraverso il nostro agire dobbiamo essere una luce in un mondo buio. Noi dobbiamo predicare con l’esempio. E a coloro che, stupiti dal nostro comportamento, chiedono se facciamo della politica o della religione, rispondiamo che una politica senza valori è la rovina delle Nazioni». Prima di lasciarsi uno dei partecipanti propone: «Dobbiamo dimenticare i nostri titoli, sentirci regolarmente anche solo per chiederci come stiamo. Vorrei che ognuno di noi partisse con l’elenco di tutti i partecipanti per poterli contattare in seguito». Il prossimo appuntamento è stato programmata per il 3 dicembre. Gustavo Clariá (altro…)