Movimento dei Focolari

Dialogo su armonia e bellezza

Mar 30, 2014

Il critico d'arte Mario Dal Bello legge la spiritualità dell'unità alla luce di alcuni capolavori della storia dell'arte europea a Udine, il 15 marzo in un pomeriggio dedicato all'arte.

Un modo indubbiamente originale di spiegare i punti più importanti della spiritualità dei Focolari e del pensiero della sua fondatrice, Chiara Lubich, è stato quello scelto dal giornalista e critico d’arte Mario Dal Bello. Nel «Dialogo su armonia e bellezza» con una carrellata di «capolavori della storia dell’arte europea» descrive l’ideale dell’unità, dato che «il legame tra questa e l’arte è molto stretto – ha affermato –, non a caso Chiara Lubich, davanti alla Pietà vaticana di Michelangelo, pregava Dio di mandare artisti che fossero anche santi. Perché che cos’è la santità se non la perfezione nell’amore, e quindi trasmissione della bellezza di quel Dio che è amore?». Un omaggio reso così dalla città di Udine a Chiara Lubich a 70 anni dalla nascita dei Focolari, e nel 6° anniversario della sua nascita al cielo, ricordando una frase che lei amava ripetere: «Il bello è armonia. Armonia vuol dire altissima unità». Necessaria, però, una premessa: «Tanti cercano di spiegare l’arte, ma è impossibile – ha ammesso colui che, si direbbe, lo fa per mestiere –: è ineffabile, come lo Spirito, affascina senza un perché come quando ci si innamora». Per questo Dal Bello ha iniziato con il ritratto di Gesù di El Greco, «dallo sguardo come quello che si prova per la persona amata, nella quale cogliamo appunto il volto di Dio». Un vedere Dio nell’altro e coglierne l’amore che è, appunto, uno degli aspetti chiave della spiritualità di Chiara Lubich. E se Gesù Buon Pastore, anzi, «bel pastore – ha puntualizzato – ama le sue pecore, anche noi dobbiamo amare il prossimo»: impegno illustrato dallo splendido mosaico del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, in cui Cristo è rappresentato attorniato dal gregge «vestito di luce e Risorto: lo indica la croce gemmata che porta, simbolo della resurrezione». In virtù di questo amore reciproco poi, Gesù è presente là dove due o più sono uniti nel suo nome: come si può vedere nella Cena in Emmaus di Rembrandt, in cui «Gesù entra nella quotidianità, tanto che i personaggi sembrano non accorgersi nemmeno che lui spezza il pane». Ed è una presenza che fa la differenza nella comunità come si vede nella Trasfigurazione di Raffaello, in cui c’è un forte contrasto tra «il livello superiore, in cui è presente Gesù con Mosè ed Elia, dai colori chiari; e quello inferiore, dove rimangono gli apostoli confusi, in cui prevale il buio». Ad illustrare un altro aspetto della spiritualità di Chiara, l’amore per Gesù abbandonato sulla croce, è il crocifisso di Dalì: «Un Cristo visto dall’alto che sembra chinarsi sull’umanità e attirare tutti a sé. E significativamente non ne vediamo il volto: perché tutti noi siamo nel suo volto». Un’altra figura centrale, poi, emerge – ma solo ad un occhio esperto – dal Giudizio universale di Michelangelo: «Se osservate bene – ha fatto notare Dal Bello – Maria sta guardando un angelo, che solleva i salvati con un Rosario. Maria appare quindi come colei che porta in cielo i cristiani: e infatti il Movimento dei focolari si chiama anche Opera di Maria». Da ultimo, il polittico di Gand opera dei fratelli Hubert e Jan van Eyck , in cui la Gerusalemme celeste dell’Apocalisse attorno a cui è riunita tutta la Chiesa, è rappresentata da una città contemporanea: richiama l’impegno che i Focolari sono chiamati a portare nelle comunità in cui vivono.

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