Movimento dei Focolari

Ebrei e cristiani, una relazione fraterna

Giu 10, 2013

A 15 anni dal memorabile incontro avvenuto in Argentina, a Buenos Aires nel 1998, tra Chiara Lubich e un numeroso gruppo di ebrei, pubblichiamo uno stralcio del racconto del teologo Piero Coda.

Dopo aver parlato nei templi buddisti e nella moschea di Harlem, Chiara Lubich era felice di potersi rivolgere ai fratelli ebrei. “È con grande gioia — ha detto — che mi trovo oggi qui con loro, che fanno parte di una delle più grandi comunità ebraiche del mondo. Una grande gioia perché […] Non ho mai avuto la fortunata possibilità d’incontrare in numero così notevole coloro che, col Santo Padre Giovanni Paolo II, so essere i miei ‘fratelli maggiori’ ed onorarli ed amarli come tali». I 150 presenti hanno intonato Shalom, il canto della pace. Tutto si è svolto in un clima di cerimoniale sacro, ritmato dalle Parole di Dio dell’Antico Testamento e dalla percezione di assistere ad un avvenimento che – come è stato detto – ha il significato di “chiudere un’epoca e aprirne un’altra: quella dell’unità”. Di fronte, un grande candelabro dalle 7 braccia (la menorah) con le candele accese ad una ad una con solennità: la prima rappresenta la luce, la seconda la giustizia, la terza la pace, la quarta la benevolenza, la quinta la fratellanza, la sesta la concordia. Per accendere la settima, quella centrale, sono stati invitati Chiara e il presidente [della B’nai B’rith, dott. Jaime Kopec, ndr]: è la candela della verità, il sigillo di Dio, il cuore della vita. Appena accesa, Chiara s’è rivolta al presidente proponendogli di fare in questo momento un patto d’unità. E lui ha risposto: “questo è un patto”. Poi, nel suo discorso, in cui s’è rivolto a Chiara chiamandola “sorella”, ha voluto spiegarlo a tutti come “un patto di volerci bene, di fede nel guardare il futuro, di sotterrare i secoli d’intolleranza. Non è facile, ma solo i valorosi compiono imprese difficili”. “L’unità si fa nel rispetto della diversità – ha aggiunto Mario Burman [incaricato del dialogo interreligioso della B’nai B’rith, ndr] –. Comincia un tempo nuovo”. E rivolto direttamente a Chiara: “Chiara, l’Argentina ha bisogno del suo messaggio”. “Sono qui – ha affermato Chiara – con fratelli con i quali condividiamo un’autentica fede in un solo Dio ed abbiamo in comune il patrimonio inestimabile della Bibbia in quello che noi chiamiamo: l’Antico Testamento. Che fare? Che pensare? Se la semplice regola d’oro (fai agli altri ciò che desideri sia fatto a te) riesce a farci fraternizzare, se non sempre in Dio, almeno nella fede di un Essere superiore, con i fedeli di altre religioni, cosa potrà avvenire se il Signore incomincia a chiarire che è Sua volontà intrecciare anche fra noi, ebrei e cristiani, una relazione fraterna? (…) Mi sono lasciata illuminare da tante divine verità, che costellano la loro tradizione ebraica e che noi condividiamo. Verità che possono diventare cemento fra la nostra e la vostra vita spirituale. (…) Ho sognato così di poter vivere insieme queste verità e dare con la nostra profonda comunione, con la nostra collaborazione, una nuova speranza al mondo”. Tratto da “Le luci della menorah – con Chiara Lubich in Argentina e Brasile”, Città Nuova Ed., Roma, 1998, pp. 132,34.

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