Movimento dei Focolari

Giordani: l’incontro che mi fece un uomo nuovo

Set 17, 2016

Il 17 settembre 1948 Igino Giordani incontra Chiara Lubich per la prima volta. La narrazione di quel momento storico, avvenuto 68 anni fa, rimane registrata nel suo diario personale.

1956 Fiera di Piero_Chiara, Giosi e Igino Giordani

1956: Igino Giorani (a sinistra) con Chiara Lubich a Fiera di Primiero

Troviamo questo appunto nel diario personale di Giordani: “17 settembre 1948. Stamane a Montecitorio sono stato chiamato da angeli: un cappuccino, un minore, un conventuale, un terziario e una terziaria, Silvia Lubig (sic!), la quale sta iniziando una comunità a Trento. Ella ha parlato come una santa ispirata dallo Spirito Santo”. Lui stesso racconta cosa avvenne. «Un giorno fui sollecitato ad ascoltare un’apostola – come dicevano – dell’unità. Fu nel settembre 1948. Esibii la cortesia del deputato a possibili elettori quando vennero a Montecitorio dei religiosi, rappresentanti le varie famiglie francescane, e una signorina, e un giovane laico. Veder uniti e concordi un conventuale, un minore, un cappuccino e un terziario e una terziaria di san Francesco mi parve già un miracolo d’unità: e lo dissi. La signorina parlò; ero sicuro di ascoltare una sentimentale propagandista di qualche utopia assistenziale. E invece, alle prime parole avvertii una cosa nuova. Quando, dopo mezz’ora, ella ebbe finito di parlare, io ero preso in un’atmosfera incantata: avrei desiderato che quella voce continuasse. Era la voce che, senza rendermene conto, avevo atteso. Essa metteva la santità a portata di tutti; toglieva via i cancelli che separano il mondo laicale dalla vita mistica. Metteva in piazza i tesori d’un castello a cui solo pochi erano ammessi. Avvicinava Dio: lo faceva sentire Padre, fratello, amico, presente all’umanità. Volli approfondire la cosa: e messomi al corrente della vita del Focolare dell’unità – come si chiamava – riconobbi in quella esperienza l’attuazione del desiderio struggente di san Giovanni Crisostomo: che i laici vivessero a mo’ di monaci, con in meno il celibato. L’avevo coltivato tanto, dentro di me, quel desiderio. Era successo che l’idea di Dio aveva ceduto il posto all’amore di Dio, l’immagine ideale al Dio vivo. In Chiara avevo trovato non una che parlava di Dio, ma una che parlava con Dio: figlia che, nell’amore, colloquiava col Padre. Se esaminavo il fatto criticamente, trovavo che non avevo scoperto nulla di nuovo. Nel sistema di vita che si stava aprendo alla mia anima ritrovavo i nomi, le figure, le dottrine che avevo amato. Tutti i miei studi, i miei ideali, le vicende stesse della mia vita mi apparivano diretti a questa meta. Nulla di nuovo: eppure tutto nuovo: gli elementi della mia formazione culturale e spirituale venivano a disporsi secondo il disegno di Dio. Si mettevano al loro giusto posto. Tutto vecchio e tutto nuovo. Era trovata la chiave del mistero: e cioè si era dato passo all’amore, troppo spesso barricato: ed esso prorompeva, e, a mo’ di fiamma, dilatandosi, cresceva, sino a farsi incendio. Rinasceva una santità collettivizzata, socializzata (per usar due vocaboli che più tardi dal Concilio Vaticano II saranno popolarizzati); tratta fuori dall’individualismo che assuefaceva ciascuno a santificarsi per sé, coltivando meticolosamente, con analisi senza fondo, la propria anima, anziché perderla. Una pietà, una vita interiore, che usciva dai ridotti delle case religiose, da certo esclusivismo di ceti privilegiati, si dilatava nelle piazze, nelle officine e negli uffici, nelle case e nei campi, così come nei conventi, poiché dappertutto, incontrando uomini, s’incontravano candidati alla perfezione. E per vivere questa nuova vita, per nascere in Dio, non dovevo rinunziare alle mie dottrine: dovevo solo metterle nella fiamma della carità, perché si vivificassero. Attraverso il fratello, presi a vivere Dio. L’esistenza divenne tutta un’avventura, consapevolmente vissuta in unione col Creatore, che è la vita. Maria splendette d’una bellezza nuova; i santi entrarono tra i familiari; il paradiso divenne casa comune. Questa la scoperta, questa l’esperienza. Essa mi fece un uomo nuovo».

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