Movimento dei Focolari
LoppianoLab: EXPO 2011

Novi svet intervista Maria Voce

In questi anni sei stata in tutti i continenti, incontrandoti con diverse culture e situazioni sociali. Hai conosciuto da vicino le varie comunità dei Focolari. Alla luce di queste ricche esperienze vissute, ci potresti dire quale vedi sia la vocazione principale del Movimento nel mondo? «È la vocazione all’unità, la vocazione a contribuire ad ogni latitudine, nei contesti e con le modalità più diverse, alla realizzazione dell’ut omnes unum sint (Che tutti siano uno) chiesto da Gesù al Padre. È l’obiettivo a cui siamo chiamati, un imperativo impresso in ognuno di noi per la partecipazione al carisma dell’unità (…)». Prima di arrivare in Slovenia, hai visitato la Russia, la Cechia e l’Ungheria, cioè tre sintomatici e significativi Paesi dell’ex “blocco sovietico”. Cosa ti ha spinto ad intraprendere questi viaggi? «È lo stesso motivo che mi ha portata a recarmi in Asia, in Africa, in Nord America e in altri Paesi d’Europa: l’impegno a privilegiare i rapporti. Viaggiare significa ogni volta mettermi in un atteggiamento di ascolto per cogliere problematiche e ricchezze dei popoli che incontro, le potenzialità in atto e quelle che si possono sviluppare. Quali sono quelle che ho trovato in questi Paesi per decenni edificati sull’ideologia comunista? Chiara Lubich ha sempre visto in quest’area del mondo una particolare vocazione all’unità, proprio come risposta all’esperienza di unità forzata che caratterizzava questi Paesi. Nell’89, subito dopo il crollo del muro, Chiara aveva letto quegli eventi storici come un grande passo verso l’unità. In questo processo, però, andavano salvaguardati i valori positivi presenti fino ad allora in quelle società: l’anelito all’unità, una visione globale del mondo, l’attenzione alle classi più disagiate, l’esaltazione della socialità dell’uomo. Grandi ideali, ma spesso contraddetti vistosamente nei fatti. Le era parso di capire che il carisma d’unità che lo Spirito le aveva donato poteva contribuire a radicare quelle idee proprio là dove avevano la prima origine: in Dio. (…) L’unità può veramente contraddistinguere questa regione in modo particolare. Perché, se vissuta in Dio, tanto più grande è la diversità, tanto più straordinaria può essere l’esperienza di unità che ne deriva. Ne ho avuto un anticipo l’estate scorsa durante il mio viaggio in Croazia, in cui ho incontrato un gruppo di membri del Movimento provenienti da diverse aree geografiche e culturali: tanti popoli che componevano un solo popolo, unito nel nome di Dio e che viveva per l’unità (…)». In questi anni si assiste in Slovenia ad una crescente polarizzazione della società che incrina i rapporti fra Chiesa e mondo laico, fino a sfociare spesso in una certa intolleranza. Come poter sanare questa ferita e contribuire a restituire i veri valori al mondo in cui viviamo? «Penso che innanzitutto bisogna credere e far leva su quanto di vero e profondo esiste nell’anima di ogni uomo. Tutti, credenti o meno, portano in sé dei valori. Si tratta di mettere in luce il positivo che c’è in ognuno e saper gettare ponti con tutti. Sotto questo aspetto il carisma dell’unità che cerchiamo di vivere ha in sé una forza ed una luce che va al di là delle nostre persone. (…) Poi credo che questi valori possano essere offerti attraverso la testimonianza, personale e comunitaria: il valore della vita, dell’uomo, della famiglia… sono valori che Dio mette in noi e che devono trasparire dalla nostra vita, imprimendole una pienezza convincente. Infine direi che bisogna offrire anche il proprio punto di vista, ma liberamente, con distacco, nel rispetto dell’altro. In una parola, come dono d’amore». (continua) Leggi l’intervista integrale di Irena Santoro – Fonte: Novi svet (altro…)

LoppianoLab: EXPO 2011

Tappa in Slovenia

In questa terra antica,  il cristianesimo è arrivato nel secolo VIII a far entrare nell’orbita evangelica un popolo che nel VI secolo vi era giunto dalla Moravia e dalla Pannonia (attuale Ungheria). Nei secoli, la Slovenia ha avuto il destino legato alle vicende dell’impero austriaco, di forte matrice cattolica. Dopo le sofferenze del primo conflitto mondiale, è stata inglobata nella Jugoslavia, da cui è uscita indipendente nel 1991. Terra quindi ricca di storia e di fede, ed anche di dolore. Perciò sensibile ai valori evangelici, come quelli rimessi in luce dalla spiritualità focolarina, se è vero che già dal 1958 un sacerdote dell’Est partecipa alla Mariapoli  di Fiera di Primiero, diffondendone poi insieme ad altri il messaggio in modo capillare e silenzioso. I Focolari in Slovenia – Nascono piccole comunità ricche di vita, che sfociano naturalmente nel 1966 nell’apertura del primo focolare a Ljubljana, in uno scantinato, e poi di un secondo nel 1974. Pullula una vita fervente, nelle famiglie, tra i giovani, nelle parrocchie e il movimento cresce sino a diventare “un piccolo popolo”. Il regime comunista ovviamente controlla l’attività di tutti i cittadini, compresi gli aderenti al movimento, ma la vita non si ferma, tanto che nel 1986 a Bohinj, si organizza la prima mariapoli-vacanze, che diventa un punto luminoso per tanti. Per alcuni sarà il primo incontro con Dio o un ritrovarlo dopo anni. Negli anni Settanta un avvenimento rimane indimenticabile: la tournée del Genrosso. Quattro spettacoli nel Palasport gremito di folla. Il culmine è la canzone “Maria” in lingua slovena. È la prima volta, dal 1945, che una canzone di contenuto spirituale viene cantata  fuori dalle chiese e trasmessa per  televisione. Il crollo del Muro apre una nuova tappa. La libertà fa sì che si possa parlare del movimento, incontrarsi, organizzare nuove tournée del  Genverde e del Genrosso, ripresentare la rivista Novi Svet (Città Nuova), nata negli anni sessanta, con nuova veste ed una tiratura di 2300 copie. Oggi, Maria Voce troverà un movimento sviluppato, che collabora sempre più attivamente con la chiesa cattolica; in dialogo con appartenenti a diverse chiese cristiane; aperto, grazie ad alcune aziende, alla realtà dell’Economia di Comunione. Il nome del Centro Mariapoli di Planina è “Spes”, speranza. Non ci può essere parola migliore per il viaggio di Maria Voce in una terra dove la speranza è stata provata e vissuta con intensità in questi decenni. Di Mario Dal Bello   (altro…)

[:ot]Kelma tal-Ħajja – Awwissu 2011[:]

[:ot]Download Kelma Tal-Ħajja Awwissu 2011


Dan il-kliem insibuh fis-Salm 40 u l-awtur tal-ittra lil-Lhud qed jużah bħala kliem li l-Iben t’Alla jgħid lill-Missier. B’hekk l-awtur jisħaq fuq l-imħabba li biha l-Iben t’Alla sar bniedem biex isseħħ il-ħidma s-salvazzjoni u b’hekk jobdi r-rieda tal-Missier. Dan il-kliem l-awtur qed jużah f’silta li biha jrid juri l-kobor bla tarf tas-sagrifiċċju ta’ Ġesù meta mqabbel mas-sagrifiċċji li kienu jsiru fil-Liġi l-qadima. F’dawn is-sagrifiċċji lil Alla kienu joffrulu annimali jew affarijiet. Mhux hekk is-sagrifiċċju ta’ Ġesù. Hu kellu mħabba bla tarf li kienet qed timbuttah biex fil-ħajja tiegħu fuq din l-art joffri lill-Missier ir-rieda tiegħu, lilu nnifsu kollu kemm hu. “Hawn jien, ġejt biex nagħmel ir-rieda tiegħek.” B’dan il-kliem quddiem għajnejna jirnexxilna nifhmu aħjar il-ħajja ta’ Ġesù u jgħinna wkoll biex minn ħajtu nisiltu l-aktar ħaġa profonda u prezzjuża li tgħaqqad flimkien il-ġrajjiet tiegħu fuq din l-art: tfulitu, il-ħajja moħbija tiegħu, it-tentazzjonijiet, l-għażliet, il-ħidma tiegħu fost in-nies, sa ma miet fuq is-salib. F’kull mument, f’kull sitwazzjoni, Ġesù jfittex ħaġa waħda biss: li jagħmel ir-rieda ta’ Missieru; u din għamilha b’mod sħiħ, ma għamel xejn ħliefha u ma laqgħax suġġerimenti li ma kinux jaqblu għal kollox ma’ din ir-rieda. “Hawn jien, ġejt biex nagħmel ir-rieda tiegħek.” Din il-Kelma tgħinna nifhmu l-lezzjoni l-kbira li Ġesù kellu quddiemu f’ħajtu: l-aktar ħaġa importanti fil-ħajja hi li nwettqu r-rieda tal-Missier, mhux dik tagħna. Nagħrfu ngħidu le lilna nfusna biex ngħidu iva Lilu. L-imħabba vera għal Alla ma tikkonsistix fi kliem sabiħ, fi ħsibijiet u sentimenti, imma f’li nobdu l-kmandamenti tiegħu. Is-sagrifiċċju ta’ tifħir li Hu jistenna minn għandna, hija l-offerta kollha mħabba li nagħmlu Lilu ta’ dak kollu li għandna ġewwa fina, ta’ kulma hu tagħna, jiġifieri r-rieda tagħna. “Hawn jien, ġejt biex nagħmel ir-rieda tiegħek.” Kif se ngħixu l-Kelma tal-ħajja ta’ dan ix-xahar? Anki din hi Kelma li turi b’mod ċar ħafna l-aspett tal-Vanġelu li jgħidilna biex neħduha kontra l-kurrent għaliex hi teħodha kontra t-tendenza li nsibu ġewwa fina: li nfittxu li nagħmlu r-rieda tagħna, li nimxu wara l-ġibdiet u s-sentimenti tagħna. Din il-Kelma hi waħda mill-aktar kelmiet antipatki għall-bniedem tallum. Illum il-ġurnata qed ngħixu fi żmien li fih il-bniedem hu ffissat fih innifsu, ma jridx jiddependi fuq ħaddieħor, irid jikseb il-libertà biex jilħaq l-iskop ta’ ħajtu, irid jissodisfa ruħu biex jgħid li hu bniedem li rnexxa, iqis il-pjaċir bħala dik il-ħaġa li fuqha jiddependu l-għażliet tiegħu u s-sigriet biex ikun ferħan. Imma aħna nafu wkoll il-konsegwenzi koroh li dan iġib miegħu. Issa, Ġesù jeħodha kontra dik it-tip ta’ ħajja li fiha wieħed ifittex li jagħmel ir-rieda tiegħu. Il-ħajja li jippreżentalna Ġesù tfittex li twettaq ir-rieda t’Alla, bl-effetti mill-isbaħ li Hu jwiegħed. Għalhekk, matul dan ix-xahar għandna nfittxu li aħna wkoll nagħżlu r-rieda tal-Missier u, kif għamel Ġesù, inżommuha bħala r-regola u r-raġuni tal-ħajja kollha tagħna. B’hekk ħajjitna tgħaddi minn avventura divina li għaliha għad nibqgħu dejjem grati lejn Alla. Permezz ta’ din il-ħajja għad nitqaddsu u ndawlu lil ħafna bl-imħabba t’Alla. 1 Parola di vita, Diċembru 1991, ippubblikata fuq Città Nuova, 1991/22, p.34-35.[:]

Agosto 2011

Queste parole fanno parte di un contesto nel quale l’autore vuole dimostrare l’infinita superiorità del sacrificio di Gesù rispetto ai sacrifici dell’antica Legge. A differenza di questi ultimi, nei quali venivano offerti a Dio come vittime di animali o, comunque, cose esterne all’uomo, Gesù, spinto da un immenso amore, durante la sua vita terrena ha offerto al Padre la propria volontà, tutto se stesso.

“Ecco, io vengo a fare la tua volontà”

Questa Parola ci offre la chiave di lettura della vita di Gesù, aiutandoci a coglierne l’aspetto più profondo ed il filo d’oro che lega tutte le tappe della sua esistenza terrena: la sua infanzia, la sua vita nascosta, le tentazioni, le sue scelte, la sua attività pubblica, fino alla morte sulla croce. In ogni istante, in ogni situazione Gesù ha cercato una cosa sola: compiere la volontà del Padre; e l’ha compiuta in modo radicale, non facendo nulla fuori di essa e rifiutando anche le proposte più suggestive che non fossero in pieno accordo con quella volontà.

Ecco, io vengo a fare la tua volontà”

Questa Parola ci fa comprendere la grande lezione a cui mirava tutta la vita di Gesù. E cioè che la cosa più importante è il compiere non già la nostra, ma la volontà del Padre; renderci capaci di dire di no a noi stessi per dire di sì a Lui. Il vero amore a Dio non consiste nelle belle parole, idee e sentimenti, ma nell’obbedienza effettiva ai suoi comandamenti. Il sacrificio di lode, che Egli si aspetta da noi, è l’offerta amorosa fatta a Lui di ciò che abbiamo di più intimo, di ciò che più ci appartiene: la nostra volontà.

“Ecco, io vengo a fare la tua volontà”

Come vivremo allora la Parola di Vita di questo mese? Anche questa è una delle parole che mette più in evidenza l’aspetto controcorrente del Vangelo, in quanto si contrappone alla nostra tendenza più radicata: cercare la nostra volontà, seguire i nostri istinti, i nostri sentimenti. Questa Parola è anche una delle più urtanti per l’uomo moderno. Viviamo nell’epoca dell’esaltazione dell’io, dell’autonomia della persona, della libertà come fine a se stessa, dell’autosoddisfazione come realizzazione dell’individuo, del piacere considerato come il criterio delle proprie scelte ed il segreto della felicità. Ma conosciamo anche le conseguenze disastrose a cui questa cultura conduce. Orbene, a questa cultura fondata sulla ricerca della propria volontà, si contrappone quella di Gesù, totalmente orientata al compimento della volontà di Dio, con gli effetti meravigliosi che Egli ci assicura. Cercheremo allora di vivere la Parola di questo mese scegliendo anche noi la volontà del Padre, facendone cioè, come ha fatto Gesù, la norma ed il movente di tutta la nostra vita. Ci avventureremo verso una divina avventura di cui saremo eternamente grati a Dio. Per essa ci faremo santi e irradieremo l’amore di Dio in molti cuori. Chiara Lubich

Parola di vita, dicembre 1991, pubblicata in Città Nuova, 1991/22, p.34-35.

كلـمة الحيــاة

غسطس 2011

يضع كاتب الرسالة إلى العبرانيّين هذه الآية من المزمور أربعين، على فم يسوع، في صلاته إلى أبيه. والكاتب يريد أن يلفت النظر بهذه الطريقة إلى محبّة إبن الله العظيمة التي دفعته لأن يصير إنساناً كي يتمِّم عمل الخلاص، في الطاعة لإرادة أبيه.

وقد أراد من خلال هذه الآية أن يُظهر تفوّقاً لا متناهٍ لذبيحة يسوع على ذبائح الشريعة القديمة. لقد شاء يسوع، بدافع من حبّه العظيم لأبيه، أن يقدِّم له، خلال حياته على الأرض، إرادته الشخصية وكل ذاته، وذلك على خلاف ذبائح كانت تقتصر إمّا على ذبح الحيوانات، أو على مجرد تقدمات خارجية لا تمسّ كيان الإنسان.

“هاءنذا آتٍ لأعمل بمشيئتك يا الله”

تساعدنا هذه الآية على فهم أعمق لحياة يسوع، فنكتشف الخيط الذهبي الذي يربط كل مراحل حياته؛ منذ ولادته إلى حياته الخفيّة وتجاربه وإختباراته ورسالته العلنيّة حتى موته على الصليب. لم يبحث يسوع طوال حياته، في كل لحظة وفي كل حدث منها، إلاّ عن إتمام إرادة أبيه، وذلك بشكل جذريّ رافضاً القيام بما هو خارج عنها، وكل المقترحات الجميلة التي لا تتوافق مع تلك الإرادة.

“هاءنذا آتٍ لأعمل بمشيئتك يا الله”

مع هذه الآية نعي العِبْرة العظيمة التي تحملها لنا حياة يسوع. فالأهم هو أن نعمل إرادة الآب لا إرادتنا، ونتعلّم أن نقول “لا” لذواتنا و”نعم” لله الآب.

إن المحبّة الحقيقية لا تقوم على كلمات وأفكار وعواطف جميلة بل على الطاعة الفعليّة لوصايا الرب. إن ذبيحة التسبيح التي ينتظرها الله منا هي أن نقدِّم له بمحبّة تامة، أعزّ وأثمن ما نملك، ألا وهو إرادتنا.

“هاءنذا آتٍ لأعمل بمشيئتك يا الله”

كيف نعيش إذاً “كلمة حياة” هذا الشهر؟ إنها أيضاً من أهم آيات الكتاب المقدّس التي تدعونا إلى السير “عكس التيار”، فهي مناقضة للميولٍ المتأصّلة فينا والتي تدفعنا لأن نعمل ما نري ونتبع غرائزنا ومشاعرنا.

إنها أيضاً من الكلمات التي تصدم إنسان اليوم بشكل كبير، فنحن نعيش في عصر يُعظِّم الـ “أنا”، ويدعو إلى إستقلالية الفرد، وينادي بالحرية كهدف بحدّ ذاته ، ويرى في إرضاء الذات وسيلة لتحقيق الفرد، ويعتبر اللذة مقياس للإختيارات الشخصيّة وسرّ السعادة. ولكننا نختبر من حولنا ما تقود إليه هذه العقلية من نتائج مريعة وواقع مرير.

إن حياة يسوع التي تعتمد كليّاً على إتمام إرادة الله، مع ما ينتج عنها من ثمار مدهشة، تقف في مواجهة تلك الثقافة المبنية على البحث عن إرادتنا الشخصية وحسب.

سنسعى إذاً إلى عيْش كلمة الحياة هذا الشهر بإختيارنا نحن أيضاً إرادة الآب، جاعلين منها، كما فعل يسوع، دستور وهدف حياتنا كلها.

وسنعيش حتماً، مغامرة إلهية سوف نشكر الله عليها إلى الأبد، لأنها تسير بنا على درب القداسة وتجعلنا ننشر محبّة الله في قلوب الكثيرين.

كيارا لوبيك (ديسمبر 1991)

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Vivere il carisma: testimonianza e diffusione

Gioia vera, che si legge sul volto, negli occhi, nei gesti. Si radica nel più profondo dell’essere umano e libera energie sepolte che non possono più fare a meno di agire. Gioia che contagia e libera e aiuta a leggere i fatti della vita. Quest’esperienza fu l’unico racconto che caratterizzò i primi tempi del movimento e il binario sul quale si incammina chi vi si accosta. Come accadde a Graziella De Luca nella Sala Massaia dove si riuniva la nascente comunità dei Focolari, a Trento, nei primi anni dell’avventura dell’unità: «Mentre Chiara parlava, vidi con gli occhi dell’anima una grandissima luce e capii che quella luce era Dio, l’amore infinito. La comprensione si accompagnava a questa luce interiore: dire “ho capito” tuttavia era già un passaggio troppo lungo, si trattava di una sensazione immediata. Era Dio, amore infinito, che mi saziava completamente l’anima, in me non restava alcun vuoto. Era quello che avevo cercato da sempre». L’esperienza di essere amati da Dio e rispondere con amore è la trama di ogni storia raccontata ovunque negli ambiti e nei luoghi dove i Focolari operano. Sia nei piccoli gruppi di condivisione che negli incontri pubblici promossi dal movimento, ed è la spinta verso la fraternità universale che inizia nel posto in cui ci si trova a vivere nel momento presente: in famiglia, a scuola, al lavoro, anche in letto d’ospedale. È questa naturale irradiazione personale e comunitaria che porta, ad esempio, a operare una profonda inculturazione del Vangelo e del “carisma dell’unità” in Africa, così d’altronde come in ogni altro Paese e continente. Sottolineando che quest’epoca è chiamata a vivere l’unità, Chiara Lubich scriveva: «(…) se sarà vissuta, i riflessi sulla società saranno presto palesi. Ed uno di questi dovrà essere una reciproca stima fra gli Stati, fra i popoli. È cosa inusitata questa. Si è abituati infatti a vedere forti i confini tra popolo e popolo; a temere la potenza altrui; al più ci si allea, per il proprio vantaggio. Ma difficilmente si pensa di agire – giacché fin quassù la morale popolare non è mai arrivata – unicamente per amore di un altro popolo. Quando però la vita a Corpo mistico sarà così sviluppata fra i singoli, che ameranno effettivamente i loro prossimi, bianchi o neri, rossi o gialli, come se stessi, sarà facile trapiantare questa legge fra Stato e Stato. E avverrà un fenomeno nuovo, ché l’amore o trova o fa simili, ed i popoli impareranno l’uno il meglio dell’altro e le virtù saranno fatte circolare ad arricchimento di tutti. Allora veramente sarà l’unità e la varietà e sul mondo fiorirà un popolo che, pur figlio della terra ma informato dalle leggi celesti, potrà dirsi il “popolo di Dio”». (altro…)

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Dal Guatemala: il focolare, scuola d’inculturazione

Come tutte le focolarine, Lina Velasquez vive in un “focolare”, cioè il cuore della comunità. Sono in 6 alla periferia di Guatemala City. Anche nel suo paese, popoli ed etnie hanno incontrato conflitti gravi con tanto dolore e a volte discriminazioni. Che cos’è per te vivere con altre focolarine – una guatemalteca ladina, una focolarina guatemalteca di un’altra etnia, una nicaraguense, una messicana e una salvadoregna – un piccolo mondo in miniatura…? Che cosa aiuta l’inculturazione tra di voi? L’amore fra di noi, con la misura dell’amore che ci ha indicato Gesù, e cioè di essere pronte a dare la vita l’una per l’altra, anche nelle piccole cose quotidiane: alle volte per amore è meglio tacere, altre volte è meglio dire cosa abbiamo in cuore. Mi aiuta tanto capire che l’altra è diversa da me e che posso imparare da tutti, essere una persona che ama e non “una indigena” che vuole che gli altri la capiscano. L’inculturazione fra noi è una testimonianza per quelli che ci conoscono e un contributo ad eliminare discriminazioni. Sento che sono fortunata ad avere un ideale che ci unisce e che ci arricchisce reciprocamente.

  • Che lavoro fai?

Sono insegnante in una scuola dove ci sono bambini “ladinos” e “indigeni”. Questo mi aiuta ad amare tutti senza distinzione, senza pregiudizi, senza timore di essere quella che sono. Ogni giorno si lancia il “dado dell’amore”. È uno strumento molto originale ed educativo che usiamo con i bambini: sulle sue facce sono scritte sei frasi, come: amare tutti, amare il nemico, amarci a vicenda, farsi uno, amare per primo e vedere Gesù in ogni prossimo. Ci sforziamo tutti insieme di viverne un lato alla volta. Anche per me è di grande aiuto perché, quando non lo faccio, i bambini mi chiedono: perché lo dice, ma non lo vive? Una mattina dal dado esce “amare il nemico”. Proprio quel giorno il papà di un bambino mi sgrida dicendo tante cose che non sono giuste. Io l’ascolto e dentro di me chiedo a Gesù di aiutarmi a perdonare e vedere il “nemico” con occhi nuovi, anche se mi costa fatica. Il giorno dopo arriva quel papà ed io, con un bel sorriso, lo saluto. È proprio sorpreso, si avvicina e mi dice: “Veramente di cuore ti chiedo scusa, oggi ho capito che sei una vera cristiana, capace di capirmi.”  Il suo atteggiamento da allora è cambiato. Alcuni genitori che non mi conoscono, soprattutto se sono vestita col mio abito tradizionale, mi scambiano per la ragazza delle pulizie e non lasciano che i bambini mi salutino e abbraccino. Ma i bambini stanno imparando ad amare tutti, anche me, e portano a casa questa scoperta. È una liberazione che vorrei sperimentassero tutti gli “indigeni” che non si vestono in costume e nascondono la loro origine. Sono felice di lavorare in questa scuola perché sento che posso aiutare a formare persone nuove capaci di amare senza pregiudizi, perché si sentono figli di Dio, a sperimentare insieme che ogni cultura ha una grande ricchezza da dare alle altre.

  • La tua lingua è il Kaqchikel. È una lingua che ancora si usa?

I miei genitori non ci parlavano in Kaqchikel, ma i miei nonni sì, perché non hanno mai imparato bene lo spagnolo. La maggioranza delle persone della mia comunità lo parlano fra di loro, ma mai in città perché si vergognano. Adesso con la riforma educativa che c’è in Guatemala, i giovani hanno incominciato a valorizzare la lingua e anche la ricchissima cultura indigena. Io sto facendo un Master per conoscerla bene e fare comprendere alla mia gente che i valori che io vivo possono essere un dono. Ho capito che la spiritualità dell’unità deve arrivare al mio popolo nella mia lingua, perché la capiscano meglio. A cura di SSA (altro…)

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È tempo di Mariapoli… in Belgio!

Sono cinque, sono colorate, hanno ognuna una molla: ecco gli ‘SpringWill’! Queste figurine dai nomi inglesi significativi (Follow =  segui la bussola che ti guida verso Dio ; Listen = ascolta la piccola ‘voce’ che ti suggerisce la via da seguire ; Reset With Joy = dopo l’insuccesso, ricomincia nella gioia ; Now = nel momento presente) hanno accompagnato i partecipanti della Mariapoli durante tutta la settimana, nella loro ricerca della risposta da dare all’amore di Dio. Erano circa 570 le persone venute dalle varie parti del Belgio dove si parla neerlandese, francese o tedesco ed anche dal Lussemburgo. Nel contesto particolare del Belgio, dove le diversità di lingua e cultura sembrano così difficili da conciliarsi (da più di un anno il paese cerca di darsi un nuovo governo), la sfida era quella di far sperimentare che scoprire l’altro nella sua specificità è un vero dono. Un cammino avviato in Mariapoli dove al campeggio, per esempio, i quartieri erano composti da persone di tutte le età e provenienze, con momenti di gioco, sport, testimonianze di vita evangelica e i più svariati workshops. Ci sembra di poter dire che questa Mariapoli è stata caratterizzata dalla gioia che sempre più cresceva fra tutti. Le giovani generazioni hanno davvero donato il meglio di loro stessi, contagiando tutti con il loro entusiasmo. Si è percepita fra tutti la sete d’andare in profondità, una vera ricerca di Dio. Questo mosaico sembrava far eco al messaggio del Re del Belgio che, nel giorno del 21 luglio, festa nazionale, invitava i cittadini delle varie comunità linguistiche ad andare gli uni verso gli altri, a conoscersi reciprocamente. Sembrava una risposta anche a quanto i tre vescovi che hanno visitato la Mariapoli invitavano a fare. Mons. Lemmens, vescovo ausiliare di Bruxelles, ha chiesto di essere tutti portatori di speranza, di superare con la propria vita e gioia la sfiducia che invade il Paese. Il Nunzio apostolico Mons. Berloco ha sottolineato l’importanza del saper ascoltare; e Mons. Jousten, vescovo di Liegi, dopo aver visto un reportage sull’Economia di comunione, si è detto colpito da questo progetto in atto da vent’anni, “seme di una nuova società”. Tutta la Mariapoli è stata coinvolta nel lancio dell’iniziativa dei Ragazzi per l’Unità “Together4Peace”, volta a sviluppare la creatività deigiovani senza usare la violenza, e facendo l’esperienza dell’unità nella diversità. Questo progetto è sostenuto dal Gen Rosso e si concluderà con la produzione del musical Streetlight, nel quadro dell’evento Insieme per l’Europa”, il 12 maggio 2012. (altro…)

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Haiti da non dimenticare

Più volte sulle pagine di focolare.org nei mesi scorsi abbiamo dato notizia delle azioni di ricostruzione e sviluppo nell’isola caraibica. In un recente viaggio Michele Zanzucchi, direttore di Città Nuova, ha incontrato Wilfrid Joachin, haitiano, coordinatore dei progetti dei Focolari nell’isola. Riportiamo alcuni dati interessanti emersi dal reportage (cfr. Città Nuova n.12/2011). «Wilfrid mi parla di tre scuole in costruzione, tre delle sette che egli coordina col progetto Pacne, “Associazione contro la povertà del Nord-Est”. Un’iniziativa che ha voluto mettere in piedi assieme ad altri amici del Movimento dei focolari per riuscire a non far dipendere lo sviluppo della regione solo dalla buona volontà sua e degli amici, coinvolgendo tanti uomini e donne. Tre princìpi guidano Pacne: crescere come cristiani; crescere intellettualmente; crescere professionalmente. «Haiti – prosegue Wilfrid – è un Paese che vive di aiuti provenienti dall’esterno, ma ciò non basta nemmeno alla sopravvivenza. Bisogna riuscire a creare lavoro. Se ad Haiti l’85 per cento della popolazione non ha di che vivere, se l’analfabetismo raggiunge l’80 per cento della popolazione, se i giovani diplomati e laureati haitiani, una volta ottenuto il loro titolo di studio, vanno a fare i muratori e i braccianti nella vicina Repubblica Dominicana, bisogna cambiare le cose, provocare sviluppo endemico. Il circolo vizioso va interrotto. Qui abbiamo avviato un gruppo di riflessione, animato da una forte fede». Pacne – Poco alla volta Pacne comincia a influenzare anche le amministrazioni locali. La carica spirituale ricevuta dalla Parola di Vita vissuta incuriosisce i politici e guadagna una pertinenza sociale e politica. «Le nostre realizzazioni – mi spiega – sono un modo per mostrare anche ai politici che qualcosa si può cambiare». Come ad esempio la scolarizzazione: «Esistono famiglie con 12 figli in cui due soli vanno a scuola. Bisogna arrivare a sensibilizzare i genitori. Poi abbiamo finanziato delle borse di studio per permettere ai nostri figli di studiare a Port-au-Prince e in altre città del Paese e della Repubblica Dominicana. Sono ora quattordici, quasi tutti giovani che da ragazzi avevano beneficiato del sostegno a distanza di Afn – Azione per Famiglie Nuove. Ora, dopo 15 anni, cominciamo a raccogliere i frutti, e Pacne beneficia di questi giovani professionisti, anche perché nel loro contratto esiste l’accordo di dedicare il 25 per cento del loro tempo alla crescita sociale, sanitaria e culturale di Mont Organisé. Il loro esempio fa passare l’idea che uno sviluppo è possibile e alla portata di tutta la comunità». “Il Centro” – Un po’ in disparte rispetto alla strada del villaggio di Savanette, si erge “Il Centro”, coloratissimo, armonioso, in via di completamento. Vengono ospitate famiglie e singoli che non hanno più una casa, un aiuto. «Quando una persona o una famiglia viene accettata – una ventina i nuclei familiari, una cinquantina di persone – si firma con loro un contratto, controfirmato dalle autorità locali, civili e religiose. Alcuni sono arrivati da Port-au-Prince dopo il terremoto». In totale i bambini aiutati con le scuole sono 1069, più 131 ragazze in avviamento professionale. Ora c’è un progetto supplementare di 12 classi con biblioteca, servizi, un pozzo, una strada». Continua Wilfrid: «Qui c’è sempre qualcuno che si occupa di qualcun altro: è la logica dell’unità che non lascia solo nessuno». Certamente i momenti di condivisione legati alla Parola di vita sono i più importanti e partecipati, centinaia di persone ogni volta: «Il Vangelo è una forza spirituale, ma anche di sviluppo umano e sociale». Leggi il reportage completo Aiuto concreto – Grazie alla collaborazione tra Afn, Amu e Gmu, in accordo con Pacne, dopo il terremoto del gennaio 2010 è partita la costruzione di un centro per l’accoglienza di famiglie che non hanno più nulla, con:

  • costruzione di 20 abitazioni;
  • realizzazione di un pozzo per acqua potabile;
  • formazione all’auto-sostentamento per preparare le persone ad avviare coltivazioni agricole e piccole attività artigianali;
  • borse di studio universitarie;
  • nuovi sostegni a distanza, per i bambini accolti nel centro.

Info:

Altre news su www.focolare.org

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LoppianoLab: EXPO 2011

Linea diretta con la Norvegia

Oslo, 25 luglio –  Una fiaccolata di 200.000 persone nel centro città ricorda tutti i morti e feriti dell’attentato di venerdì 22, e dimostra «che non ci lasciamo schiacciare dalla situazione, anzi la solidarietà e la vicinanza  fra tutti è possibile ed è già vissuta nella nostra città». A scriverci così è Helga Koinegg, austriaca, del Focolare di Oslo, in Norvegia da 22 anni. Continua il suo racconto: «Per motivi di sicurezza si è deciso invece delle fiaccole, di portare rose. In poco tempo dai fiorai era tutto esaurito. Volevamo partecipare anche con i miei colleghi». L’ufficio di Helga infatti si trova presso la direzione della salute, a 500 metri dalla Sede per la salute e i servizi di cura, totalmente distrutta dall’attacco dell’autobomba di venerdì, insieme ad altri 2000 uffici, nel cuore del quartiere governativo norvegese. Ma Elma, tedesca, che lavora fuori Oslo, è riuscita a trovare 200 rose per i colleghi di Helga. «Ci siamo messe in cammino con i fiori, distribuendoli a chi incontravamo per strada. Ogni persona, un’occasione di uno scambio profondo, con una nota dominante: non eravamo più norvegesi, africani, mediorientali, musulmani… la Norvegia dopo il 22 Luglio non è più la stessa, siamo diventati un unico popolo, uniti in un grande dolore, ma con la piena speranza di rialzarci». «Questa sera, la strada si è riempita di unità: eravamo 200.000, piccoli, grandi, giovani, anziani, stranieri o norvegesi, tutti riuniti». Qualcuno ricorda che una manifestazione così grande e bella non si vedeva in Norvegia dalla fine della 2ª Guerra mondiale, quando il Re era rientrato nel suo Paese. «I nostri padri hanno detto ‘Mai più un altro 9 Aprile (data dell’attacco alla Norvegia nel 1940, ndr) e noi diciamo mai più un altro 22 Luglio» – ha affermato il premier norvegese Jens Stoltenberg, intervenendo alla cerimonia di commemorazione delle vittime. «E fra le frasi ricorrenti in questi giorni – racconta ancora Helga – inusuali, si sente dire: ‘Se un uomo può odiare cosi tanto, quanto di più, noi che siamo insieme, possiamo rispondere con l’amore?«Oslo è ferita  – scrive Maddalena Maltese su Città Nuova – ma pur in lacrime la città e soprattutto l’intera nazione non si arrendono.  C’è fila davanti agli ospedali per donare il sangue, soprattutto per i gruppi più rari. Fuori dal duomo luterano sono centinaia di migliaia le candele che ricordano le vittime. Tutti parlano dell’eroismo dei campeggiatori di fronte all’isola di Utøya che appena intuita la tragedia si sono precipitati in barca per salvare i giovani, che lì avevano organizzato la loro convention. Domenica le chiese luterane e cattoliche sono rimaste aperte per il requiem, una preghiera non consona alla tradizione luterana, ma che è stata invece frequentatissima. Tanti sono i giovani che chiedono un colloquio con un sacerdote o che si fermano in chiesa ad accendere le candele o a portare fiori. In piccoli gruppi ci si ritrova nelle case per ricordare. Lo hanno fatto anche i membri del movimento dei focolari di Oslo, sabato sera. ‘Certo la gente è sotto shock – racconta Katarina Miksits, svedese, da 15 anni nel Focolare di Oslo, nell’intervista a Città Nuova -. Siamo increduli e nessuno poteva immaginare una situazione simile. Qui neppure i ministri hanno la scorta, la nostra è una società tranquilla e non vorremmo proprio cambiare’».

Eskil Pedersen - Gro Harlem Brundland

«Insieme, il dolore è più facile da sopportare» ha detto durante la fiaccolata Eskil Pedersen, leader dei giovani del partito laburista (AUF) «ma non siamo mai stati più vicini di quanto lo siamo oggi. Non abbiamo mai conosciuto una tale unità. Con questa unità, noi continueremo a lottare per i valori che sono così importanti per la Norvegia. I giovani in Utøya hanno creduto. Insieme avrebbero fatto della Norvegia e del mondo un posto migliore. Stavano insieme per la giustizia, la solidarietà, l’uguaglianza e contro il razzismo. Abbiamo vissuto una tragedia nazionale. L’odio  e il desiderio di vendetta sono una reazione naturale. Ma noi siamo la Norvegia. E non dobbiamo vendicarci. Sono state prese alcune delle nostre rose più belle, ma non si può fermare la primavera». (altro…)

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GMG: Città Nuova e la App di YouCat

  • Fervono i preparativi nelle diocesi di tutto il mondo per preparare i giovani all’incontro con il Papa. Nello zainetto che ogni iscritto alla Gmg riceverà una volta arrivato a Madrid, ci sarà anche YouCat, il sussidio al Catechismo della Chiesa cattolica fatto apposta per i giovani e strutturato in forma di domanda e risposta. Proprio in questi giorni la Casa editrice Città Nuova, che ha curato l’edizione italiana di YouCat, ha reso disponibile un’applicazione da scaricare sui cellulari di ultima generazione. Si tratta di un App, cioè di un’applicazione, sempre chiamata YouCat, che consente ai ragazzi di confrontarsi sui temi del Catechismo e sulla Gmg. Di cosa si tratta esattamente? Debora Donnini lo ha chiesto a Giulio Meazzini, collaboratore di Città Nuova, che si è occupato dell’applicazione di YouCat sui cellulari:

Città Nuova ha pensato di fare un regalo ai ragazzi che vanno a Madrid dandogli la possibilità di scaricare sui cellulari che hanno sistema operativo Apple, Windows mobile o Android – quindi la stragrande maggioranza dei cellulari di ultima generazione – questa App gratuita. Le funzionalità disponibili sono un social network tipo facebook con un “wall”, il muro dei messaggi dove si possono scambiare commenti, dove ogni ragazzo può avere il suo profilo, dove si possono scambiare messaggi e sms diretti tra gli utenti e dove si ha la propria cerchia di amici ma anche dei “famous friends”, amici speciali: noi, per esempio abbiamo messo dentro Maritain, Giovanni Paolo II, San Francesco, Van Thuan… Per cui ogni giorno, ogni due giorni, su questa applicazione di YouCat si possono trovare frasi famose di questi personaggi. Inoltre, per quanto riguarda specificamente la Gmg, tramite questa App, abbiamo la possibilità di ricevere direttamente sul cellulare news sulla Gmg in varie lingue, un aggiornamento giorno per giorno su tutti gli eventi che succedono durante la Gmg e anche la possibilità di fare una specie di “community” tra quelli che partecipano alla Gmg, con informazioni, commenti…

  • Questo risponde a quello che Benedetto XVI stesso ha scritto nella premessa a YouCat. Infatti, il Papa ha invitato a st u diare questo testo ma anche a leggerlo fra amici a formare gruppi e reti di studi. Quindi la vostra è una risposta?

È proprio questo il senso. Infatti, l’altra funzionalità che c’è con questa App, la più importante forse, è la possibilità di avere disponibile sul cellulare, quindi consultabili, il 20 per cento delle domande e risposte di YouCat, di questo sussidio al catechismo: è un modo per rendere disponibile immediatamente questo messaggio.

  • L’intento è quello di permettere ai giovani di confrontarsi sui contenuti del catechismo attraverso il cellulare…

Esatto. Come sono abituati a dialogare e condividere informazioni sul social network, così si potranno scambiare impressioni, domande e anche le stesse domande e risposte di YouCat, approfondendo i temi proposti. A breve sarà attivato anche un sito su internet – www.cittanuova.it – dove ci saranno altre informazioni relative alla Gmg e a YouCat. Non vorrei dimenticare anche il sito internazionale che tutti gli editori europei stanno mettendo a punto in varie lingue con argomento YouCat. Aggiungo che altri editori ci hanno chiesto di pubblicare domande e risposte non solo in italiano ma anche in altre lingue, quindi probabilmente presto ci sarà anche inglese e francese.

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Senato, la lezione di Chiara Lubich

«L’unità: un concetto che si trasforma in speranza per il mondo intero», con queste parole Renato Schifani, presidente del Senato ha concluso il suo intervento a Palazzo Giustiniani, in occasione della presentazione del libro PortarTi il mondo fra le braccia. Vita di Chiara Lubich, scritto dalla penna di Armando Torno, editorialista del Corriere della Sera. Il presidente ha ricordato, nel suo intervento, la vita straordinaria di Chiara Lubich, ripercorrendone le tappe principali e la diffusione del Movimento dei focolari da lei fondato. Sala davvero gremita anche da numerosi parlamentari, da Casini a Rutelli, da Buttiglione a Garavaglia, da Pezzotta a Sarubbi. Oltre ai relatori − l’autore, Roberto Catalano, corresponsabile del Centro per il dialogo interreligioso del Movimento dei focolari, Shahrazad Houshmand, docente di studi islamici alla Pontificia università gregoriana e Lisa Palmieri Billig, rappresentante in Italia presso la Santa sede dell’American Jewish Committee −, si sono avvicendati negli interventi anche rappresentanti del mondo politico: i senatori Giacomo Santini ed Emanuela Baio. Quest’ultima ha sottolineato come «sia difficile l’unità in politica, ma non irraggiungibile. L’unità, assieme alla fraternità, è il paradigma della nuova politica». Per Chiara Lubich «non esiste l’io senza il tu, e il tu senza il noi − ha sostenuto Donato Falmi, direttore dell’Editrice Città Nuova −. Per lei ogni espressione della vita umana ha sempre avuto una valenza sociale e perciò anche politica», tanto che formulerà l’ardita espressione: «La politica è il più grande atto d’amore». E ancora il rapporto con Alcide De Gasperi e la nascita del Movimento politico per l’unità, di cui Chiara gettò le basi nel 1996 a Napoli. Tappe che hanno aperto un positivo e costruttivo dialogo tra le diverse parti politiche come ha sottolineato la Baio, ricordando qualche episodio personale. «Chiara entra in questo secolo con una voce nuova − ha affermato Torno −, che sorprende in continuazione. La sua storia si spiega come un “solo amore”». Quello che l’ha portata ad applicare lo stesso principio dal campo politico a quello del dialogo interreligioso. E forse ancor di più oggi, in entrambi i campi, ha valore di profezia la sua visione che si riverbera nella voce di tanti: «Grazie al momento storico, alle primavere arabe, alla globalizzazione, oggi ci stiamo guardando faccia a faccia − ha affermato Shahrazad Houshmand −. Forse stiamo capendo che c’è una via spirituale ed umana, una ricerca di fratellanza della famiglia umana sull’unica culla del pianeta Terra». Sud America, Africa, Asia. Tanti i Paesi visitati dalla Lubich negli anni. Come quella volta in India: «Per vari giorni non fece altro che ascoltare, e poi cominciò a rispondere alle domande che le venivano rivolte. Aveva la parola giusta per ogni situazione − ricorda Roberto Catalano −, e questo mi fece molta impressione poiché ero lì da vent’anni. Era una donna del dialogo». Allo stesso modo anche per Lisa Palmieri Billig è stato fondamentale il suo apporto nel dialogo: «A prescindere dal mio essere ebraica e laica, Chiara non può non penetrare in ognuno di noi − ha detto −. Il suo messaggio di unità, come fondamento della vita, ha trovato profonda accoglienza in tanti amici ebrei». di Mariagrazia Baroni Fonte:    Città Nuova editrice

Senato, la lezione di Chiara Lubich

20-07-2011  di Mariagrazia Baroni Fonte:    Città Nuova editrice

 

Il suo impegno per il dialogo in politica e tra le religioni. Il 19 luglio in Senato, è stato presentato il libro “PortarTi il mondo fra le braccia” di Armando Torno, edito da Città Nuova

   

Portarti il mondo fra le braccia

«L’unità: un concetto che si trasforma in speranza per il mondo intero», con queste parole Renato Schifani, presidente del Senato ha concluso il suo intervento a Palazzo Giustiniani, in occasione della presentazione del libro PortarTi il mondo fra le braccia. Vita di Chiara Lubich, scritto dalla penna di Armando Torno, editorialista del Corriere della Sera.Il presidente ha ricordato, nel suo intervento, la vita straordinaria di Chiara Lubich, ripercorrendone le tappe principali e la diffusione del Movimento dei focolari da lei fondato.
Sala davvero gremita anche da numerosi parlamentari, da Casini a Rutelli, da Buttiglione a Garavaglia, da Pezzotta a Sarubbi. Oltre ai relatori − l’autore, Roberto Catalano, corresponsabile del Centro per il dialogo interreligioso del Movimento dei focolari, Shahrazad Houshmand, docente di studi islamici alla Pontificia università gregoriana e Lisa Palmieri Billig, rappresentante in Italia presso la Santa sede dell’American Jewish Committee −, si sono avvicendati negli interventi anche rappresentanti del mondo politico: i senatori Giacomo Santini ed Emanuela Baio. Quest’ultima ha sottolineato come «sia difficile l’unità in politica, ma non irraggiungibile. L’unità, assieme alla fraternità, è il paradigma della nuova politica».
Per Chiara Lubich «non esiste l’io senza il tu, e il tu senza il noi − ha sostenuto Donato Falmi −. Per lei ogni espressione della vita umana ha sempre avuto una valenza sociale e perciò anche politica», tanto che formulerà l’ardita espressione: «La politica è il più grande atto d’amore». E ancora il rapporto con Alcide De Gasperi e la nascita del Movimento politico per l’unità, di cui Chiara gettò le basi nel 1996 a Napoli. Tappe che hanno aperto un positivo e costruttivo dialogo tra le diverse parti politiche come ha sottolineato la Baio, ricordando qualche episodio personale.
«Chiara entra in questo secolo con una voce nuova − ha affermato Torno −, che sorprende in continuazione. La sua storia si spiega come un “solo amore”». Quello che l’ha portata ad applicare lo stesso principio dal campo politico a quello del dialogo interreligioso. E forse ancor di più oggi, in entrambi i campi, ha valore di profezia la sua visione che si riverbera nella voce di tanti: «Grazie al momento storico, alle primavere arabe, alla globalizzazione, oggi ci stiamo guardando faccia a faccia − ha affermato Shahrazad Houshmand −. Forse stiamo capendo che c’è una via spirituale ed umana, una ricerca di fratellanza della famiglia umana sull’unica culla del pianeta Terra».
Sud America, Africa, Asia. Tanti i Paesi visitati dalla Lubich negli anni. Come quella volta in India: «Per vari giorni non fece altro che ascoltare, e poi cominciò a rispondere alle domande che le venivano rivolte. Aveva la parola giusta per ogni situazione − ricorda Roberto Catalano −, e questo mi fece molta impressione poiché ero lì da vent’anni. Era una donna del dialogo». Allo stesso modo anche per Lisa Palmieri Billig è stato fondamentale il suo apporto nel dialogo: «A prescindere dal mio essere ebraica e laica, Chiara non può non penetrare in ognuno di noi − ha detto −. Il suo messaggio di unità, come fondamento della vita, ha trovato profonda accoglienza in tanti amici ebrei».

Daegu

Avvertenza: tutte le informazioni geocodificate presenti in questo sito sono puramente  indicative. Gli oggetti rappresentati (ad es. luoghi d’incontro e quant’altro) e i servizi di localizzazione o navigazione, possono essere imprecisi o errati nello stabilire indirizzi, posizioni, prossimità, distanze, indicazioni e orientamento.

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Centro Mariapoli “Maria Madre di Dio”

Un centro di formazione

A circa un’ora di distanza dalla capitale Seoul, a Kyeonggido, si trova il Centro Mariapoli “Madre di Dio” che è in funzione dal 1994. Esso serve soprattutto per la formazione dei membri del movimento e ogni anno partecipano ca. 7.000 persone ai vari corsi e incontri per approfondire la spiritualità dell’unità. Storia – La comunità del Movimento in Corea, in crescita continua, sentiva la necessità di avere un luogo dove formarsi alla cultura dell’unità e della fraternità, dove potersi incontrare e scambiarsi le esperienze di Vangelo vissuto. Così, oltre alla “Provvidenza” che è arrivata abbondante, tutti si sono impegnati in varie attività di found raising, e si è potuto acquistare un terreno di 9.779 mq per costruire il Centro Mariapoli secondo le necessità. In questo impegno, i più attivi sono stati le e i gen4, i bambini che vivono la spiritualità del Movimento, che hanno riempito con fedeltà i loro salvadanai, facendo anche dei sacrifici. All’inaugurazione, avvenuta con la gioia di tutti  nel 1994, era presente, inviato da Chiara Lubich, Aldo Fons Stedile, un focolarino della prima ora e suo collaboratore strettissimo. Da quel momento il Centro è in funzione a pieno ritmo. Il giorno più vivace e partecipato è la terza domenica del mese durante la quale il Centro è aperto a tutti i bambini/e e ragazzi/e. Sono circa 200 ogni mese i bambini e ragazzi, accompagnati dai loro genitori: la casa si riempie di canti, risate e della loro tipica vivacità. Per i genitori si svolge in contemporanea un incontro apposito e spesse volte sono i bambini stessi che suscitano il loro interesse per la vita secondo la spiritualità dell’unità. __________________________________________________________________________________________________________________________________ Avvertenza: tutte le informazioni geocodificate presenti in questo sito sono puramente  indicative. Gli oggetti rappresentati (ad es. luoghi d’incontro e quant’altro) e i servizi di localizzazione o navigazione, possono essere imprecisi o errati nello stabilire indirizzi, posizioni, prossimità, distanze, indicazioni e orientamento. (altro…)

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Vivere il carisma: economia e lavoro

rosso«L’amore, ad esempio, è comunione, porta alla comunione. Gesù in noi, perché Amore, avrebbe operato la comunione.» – Chiara Lubich La consapevolezza che Dio mostra il suo amore attraverso le circostanze della vita, anche quelle dolorose, fece desiderare alle prime focolarine, in pericolo di morte sotto le bombe della guerra, di essere raccolte in un’unica tomba con scritto: «Noi abbiamo creduto all’amore». La consapevolezza di essere amate da Dio le aveva rese capaci di essere pronte a dare la vita l’una per l’altra. Ciò ebbe come logica conseguenza anche la condivisione di ogni bene materiale e la comunione di ogni aspirazione, di ogni paura e sogno. Raccontava una delle prime focolarine, Giosi Guella, a proposito della prima convivenza realizzata da Chiara e dalle sue prime compagne: «In piazza Cappuccini non c’era niente. Nello stesso tempo però c’era tutto: per noi e per gli altri. Era logico che non ci fosse niente: se c’era qualcosa, si dava. Portavamo a casa i nostri stipendi, li mettevamo in comune». Anche il lavoro, curare il bilancio di casa, studiare, insegnare, fare le pulizie in quanto servizio, divenne occasione di amare concretamente il prossimo. Il servizio fu regola di vita della comunità che si formò attorno al primo focolare e faceva pensare ai primi cristiani che «erano un cuor solo e un’anima sola e non v’era nessun indigente fra loro» (cf. At 4, 32-35). Chi aderisce al “carisma dell’unità”, in un modo o nell’altro e come conseguenza naturale della comunione dei cuori, usa mettere in comune le proprie cose: chi tutto, chi qualcosa, chi il superfluo. Da questa comunione è nato anche un progetto di ampio raggio, sia dal punto di vista pratico che teorico, l’Economia di Comunione, che è l’espressione matura di un modo integrale di concepire la persona e il servizio ad essa. Ad essa aderiscono centinaia di imprenditori nel mondo. Nelle aziende di Economia di Comunione il lavoro è concepito come nobilitazione dell’uomo, la giustizia viene perseguita con tenacia e la legalità è ricercata giorno dopo giorno. Scrive Chiara Lubich: «La magna carta della dottrina sociale cristiana inizia là dove Maria canta: “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi”(Lc 1,52-53). Nel Vangelo sta la più alta e travolgente rivoluzione. E forse è nei piani di Dio che anche in quest’epoca, immersa nella soluzione dei problemi sociali, sia la Madonna a dare a noi tutti cristiani una mano per edificare, consolidare, erigere e mostrare al mondo una società nuova in cui riecheggi potente il Magnificat». Leggi anche https://www.focolare.org/it/chiara-lubich/vivere-il-carisma/ (altro…)

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Argentina: 25 anni di impegno sociale

“L’amore sociale ci farà credibili”. Alla luce della la sfida contenuta in questa frase di Chiara Lubich del 1984, nacque in Argentina la “Scuola di Studi Sociali Igino Giordani” (EDES). Da allora, si sono svolti 12 corsi a scadenza biennale attraverso i quali il carisma dell’unità è entrato in pieno nel dialogo con le diverse problematiche ed iniziative nel campo sociale, alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa (DSC). Vittorio Sabbione e Lia Brunet, pionieri della spiritualità dell’unità in Sudamerica, allora responsabili del Movimento dei focolari in Argentina, furono i principali sostenitori di questo progetto, guidato agli inizi da Mons. Jorge Novak. Quest’anno l’EDES ha cominciato una nuova tappa nella Cittadella Lia (O’Higgins – Argentina), dove ha sede la scuola sociale: dal 9 all’11 luglio, con la partecipazione di 200 persone provenienti da Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay, Perù, Uruguay e dall’Argentina, è stato affrontato il tema “Il sì dell’uomo a Dio” nella sua dimensione sociale. Metodologia di lavoro. Il gruppo di coordinamento, composto da esperti, segue uno stile di lavoro comunitario: l’argomento e i temi da sviluppare si scelgono insieme; si lavora sui testi che vengono vagliati e confermati da tutto il gruppo. Quindi si elabora la versione finale che sarà presentata alla Scuola. È un costante esercizio del pensare insieme illuminati dalle parole del Vangelo, “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, ivi sono Io in mezzo a loro” (cf. Mt. 18,20). La stessa dinamica si applica agli studenti partecipanti. Alcuni dei temi sviluppati: “La socialità nella prospettiva della fraternità”, “I principi della Dottrina Sociale della Chiesa”, “Il sì dell’uomo a Dio nella sua struttura trinitaria: Gesù Abbandonato, la questione sociale e il mondo unito”, “Gli strumenti per concretizzare la DSC”. Molto apprezzati gli interventi di Mons. Agustín Radrizzani (vescovo di Mercedes-Luján e attuale Rettore dell’EDES), perché profondamente radicati nel magistero della Chiesa e permeati dal carisma dell’unità. Importanti le esperienze: la costruzione di case popolari nel Barrio Nueva Esperanza (Tucumán); lavoro di integrazione fra la parrocchia del quartiere di San Nicolás (Córdoba) e una comunità di zingari; l’incisiva scelta preferenziale dei poveri di una insegnante di Asunción (Paraguay); il capillare lavoro dei Gruppi di ascolto famigliari (San Martín, Buenos Aires); Allarme bambino, iniziativa cittadina nata dalla dolorosa scomparsa di bambini a Santa Fe, in seguito alle quali il governo provinciale ha emanato una legge, ripresa poi da altre province argentine; e la meravigliosa storia della Scuola Aurora, di Santa María di Catamarca, che con la formazione di artigiani è stata pioniera nel riscatto della cultura delle popolazioni originarie calchaquí. “È stata una scuola di formazione molto importante per valutare la nostra realtà con occhi nuovi”, dice un giovane argentino e, aggiunge: “Mi ha aiutato a capire che il cambiamento è alla nostra portata e che possiamo farlo insieme”. La consistente presenza giovanile ha dato alla EDES una nota particolare di vivacità e speranza. Alla conclusione c’era in tutti un entusiasmo tale da far prevedere un futuro ricco di sviluppi e proposte. “Il clima semplice, di serietà, di studio e di invito a vivere una società nuova, mi ha permesso di mettere a profitto i temi svolti, con il desiderio di non perdere nulla”, diceva un professionista con una lunga carriera alle spalle, e concludeva: “Mi è sembrata bella e ben riuscita. I temi svolti erano ben inculturati nella realtà latinoamericana e in sintonia con la DSC, in particolare con il documento di Aparecida. Ho imparato molto!”. (altro…)

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Bissau: perdonare i nemici, si può?

Ero parroco della Missione di Farim, in Guinea Bissau, una cittadina a nord della capitale Bissau, ai confini con il Senegal. Si andava in un villaggio per il catechismo, in preparazione al Battesimo. Quanto si insegnava era importante, ma personalmente avevo l’impressione che si rimanesse spesso sul teorico. Durante gli anni passati a Fonjumetaw, in Camerun, avevo sperimentato quanto aiutava, nell’opera di evangelizzazione, la Parola di Vita. E così cominciai prendendo la Parola di Vita del mese, e dopo una semplice spiegazione, invitavo tutti a metterla in pratica, per poi condividere i frutti, la settimana successiva. Per rendere tutto più facile, davo ad ognuno un foglietto in cui c’era scritta la frase del Vangelo e dicevo di collocarla vicino al letto e di leggerla al mattino appena si alzavano, e la sera, quando andavano a dormire. Se non sapevano leggere, suggerivo di farsi aiutare dai loro figli. Le settimane successive erano sempre più quelli che avevano “qualcosa da dire”. Un pomeriggio, nel villaggio di Sandjal, a una ventina di km da Farim, al momento di condividere le proprie esperienze, un uomo raccontò quanto gli era successo la settimana passata. La Parola di Vita era “Amate i vostri nemici” (Mt. 5,44). «Una notte le mucche del vicino entrarono nella mia piantagione di fagioli e distrussero tutto. Non era la prima volta. Per questo motivo, da mesi non ci parlavamo più. Questa volta però eravamo decisi a fargliela pagare. Era ora che capisse quanto male ci stava arrecando. Io, mia moglie e i miei figli, prendemmo ciascuno un bel pezzo di legno e ci incamminammo verso la casa del vicino. Ma dopo aver mosso i primi passi, mi ricordai della Parola e dissi: ‘Fermi! Non possiamo andare. La settimana scorsa ho ricevuto un foglietto che dice di perdonare i nemici, e fra qualche giorno devo tornare al catechismo. Cosa racconterò se ora andiamo a punire il nostro vicino?’. ‘Ma così allora lui continuerà a fare come prima!’. Ritornammo in casa e ci sedemmo. Lasciare perdere tutto come niente fosse successo, non ci sembrava giusto. Decidemmo di andare da lui, non con aria minacciosa, ma per dialogare. Spiegammo al nostro amico quanto era accaduto e gli chiedemmo di stare attento alle sue mucche. Il nostro vicino non aveva parole. Si buttò ai miei piedi e mi chiese perdono più volte. Da allora abbiamo ricominciato a salutarci, e direi, che siamo diventati amici. Erano mesi che non ci parlavamo! Nella mia casa è entrata una gioia nuova». E in un altro villaggio, Sarioba, a 5 km da Farim, stessa scena, uno studente si alza e racconta: «Ogni lunedì dobbiamo andare a Farim a piedi per la scuola. C’è un commerciante che abita in un villaggio non tanto lontano, che va pure a Farim, con la sua macchina-camioncino. Normalmente non porta niente con lui. Più volte gli abbiamo chiesto un passaggio, ma ha sempre rifiutato. Lunedì scorso è stata la stessa cosa. Solo che questa volta, dopo averci superato e arrivato a una distanza di circa 1 km, si è fermato. Aveva problemi con la macchina e non poteva continuare. Quando arrivammo là, ci chiese se gli davamo una spinta per mettere in moto la macchina. I miei amici mi dissero: ‘Lasciamolo perdere, che si arrangi. Lui non ci ha mai aiutato’. Anch’io ero di questa idea, ma poi ho ricordato ai miei colleghi la Parola di Vita. E allora decidemmo di aiutarlo a mettere in moto. La macchina partì e il signore ci offerse di salire, ma gli dicemmo che non c’era bisogno, e continuammo a piedi». P. Celso Corbioli, missionari Omi (altro…)

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Tanzania: Approfondire i valori evangelici all’insegna del “noi”

Dopo un viaggio di circa 32 ore, Franco Pizzorno e Pierangelo Tassano del Movimento Umanità Nuova sono arrivati a Singida, in Tanzania. Obiettivo del viaggio: partecipare a una scuola di formazione, dal 21 al 25 giugno, per 70 dirigenti dei “volontari di Dio” provenienti da Kenya, Uganda, Burundi, Ruanda, Congo e Tanzania, impegnati a innervare i vari ambiti della società dei valori del Vangelo. Intensi e fruttuosi i cinque giorni di scuola, durante i quali è venuta in evidenza l’importanza di  testimoniare con la vita l’attualità e l’efficacia delle parole del Vangelo. Gli approfondimenti culturali e spirituali, curati dagli stessi volontari e volontarie, e una profonda condivisione delle esperienze, hanno fatto emergere le linee-guida per la ricerca del bene comune e della pace nella società e  fra le etnie, con particolare riferimento al mondo del lavoro e dell’educazione. «I popoli di queste Nazioni – raccontano Franco e Pierangelo – hanno nel proprio dna il germe della comunione e di una autentica creatività, forse in misura ancora maggiore rispetto a quelli di altri continenti. Il termine tipicamente africano “Ubuntu”, che esprime la realtàio sono ciò che sono per merito di ciò che siamo tutti”, è  la radice  naturale di una cultura dei rapporti che fa vedere i problemi sotto una luce diversa, aprendo lo spazio a nuove intuizioni da cui scaturiscono soluzioni valide per i problemi della società africana e non solo». Racconta Jean Bosco, ugandese: «M. vive nella mia città. È una persona affetta da HIV e altre malattie correlate. È anziano e indigente. Ho convocato una riunione del comitato esecutivo della parrocchia per capire come aiutarlo, e con mia moglie ci siamo presi cura di lui: l’abbiamo sostenuto con cibo, medicine, lavandogli i vestiti.. e anche altri amici ci hanno aiutato per assisterlo. M. è oggi parte della nostra comunità. Questi gesti non sono passati  inosservati e la nostra testimonianza è diventata uno stimolo per tanti a migliorare lo sguardo verso chi ha più bisogno». Concludono Franco e Pierangelo: «Siamo partiti con la coscienza che i popoli di questo continente hanno tanto da donare a tutto il mondo, e quindi ci siamo  messi in ascolto per capire non tanto le esigenze più impellenti, ma soprattutto i talenti di una cultura così diversa e così ricca. Come sempre, più che aver dato, abbiamo ricevuto tantissimo.» (altro…)

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Rilasciata App di Focolare.org per iPhone, iPod, iPad

Chi è pratico di smartphone, iPhone, iPod, iPad e compagnia, non si sorprenderà di questo annuncio, anzi, lo attendeva da tempo. Per i non addetti ai lavori invece può essere utile sapere che su questa frontiera delle nuove tecnologie, e in particolare delle cosiddette applicazioni per cellulari, da oggi è possibile ricevere sul proprio smartphone, giorno per giorno tutte le notizie pubblicate sul sito www.focolare.org. Glossario Uno smartphone (letteralmente telefonino intelligente) è un dispositivo portatile che abbina le funzionalità di telefono cellulare a quelle della gestione di dati personali. App – Se abbiamo un telefonino di ultima generazione, o una tavoletta tipo iPad – come ci spiega Giulio Meazzini nell’articolo Dal mare libero alle oasi protette – la fruizione dei servizi che ci interessano avviene utilizzando le “applicazioni” dedicate,le famose app, che appaiono sullo schermo come tante piccole icone colorate, ognuna diversa dall’altra. La differenza non è banale: ogni app, costruita da uno specifico fornitore, offre una serie di servizi veloci, privati ed esclusivi, mirati alla categoria di utente desiderato. Come funziona la App di Focolare.org – Sviluppata dalla TeamDev per Focolare.org è scaricabile gratuitamente su http://itunes.apple.com/it/app/youcat/id448164885?mt=8 ed è attualmente disponibile in italiano. Entro la prossima settimana sarà pronta anche in inglese e spagnolo. Ha una schermata che permette di entrare nella home page oppure nei canali tematici. Questa è la versione 1.0, si prevedono successive modifiche. A tutti, buona navigazione, aspettiamo i vostri feedback! Leggi anche R come Amore Dal mare libero alle oasi protette di Giulio Meazzini su Città Nuova online (altro…)

Svizzera: «Carta della fraternità in politica»

Per una politica di rispetto e di considerazione – Sia per le elezioni future come per la politica quotidiana, i firmatari della «carta» si impegnano a trattare con rispetto la persona del partito opposto, di essere all’ascolto dell’altro e di organizzare p.es. degli incontri fra elettori ed eletti onde favorire il dialogo. La «carta» è stata pubblicata su internet e può essere firmata da ogni persona che intende unirsi agli scopi ivi descritti. Stéphane Pont, Sindaco di Mollens/VS, Michel Schwery, Sindaco di San Léonard e Michelle Grandjean Böhm, deputata al Parlamento valesano hanno presentato la carta ai mass-media. Questi politici con altri cittadini attivi in politica dell’Alto e Basso vallese, hanno redatto la « carta » in un intenso scambio d’idee. Essi fanno parte del Movimento politico per l’unità che unisce i politici e gli interessati alla politica di diversi partiti. La loro preoccupazione è giungere ad una intesa politica sincera e fraterna. www.politic-forum.ch (altro…)

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Singapore: l’amore che circola e sana

“Lo scorso settembre – racconta Ivan – sono andato con mia moglie Alve ad Hong Kong, dove abitano i miei genitori, perché a mia madre era stato diagnosticato un tumore alla pelle. Era necessario intervenire d’urgenza. Lei era particolarmente angosciata. Avrei voluto rimanerle accanto, ma dovevo rientrare a Singapore per lavoro. Due settimane dopo ci chiamano per avvertirci che la mamma aveva inghiottito del sonnifero ed era ricoverata in ospedale. Siamo ritornati ad Hong Kong l’indomani. L’abbiamo incontrata nel reparto psichiatrico. Ho provato a mettermi nei suoi panni e ho incominciato a capire come poteva sentirsi. Abbiamo pregato per lei e fatto del nostro meglio per convincerla a non ripetere quel folle gesto. Quando siamo dovuti rientrare a Singapore ho chiesto a Dio con fede che si prendesse cura dei miei genitori”. “Dopo averne parlato in famiglia – continua Alve –, sono ripartita per Hong Kong da sola per assistere mia suocera dopo l’intervento. Vi sono rimasta cinque settimane lasciando lavoro e famiglia. L’operazione è andata bene e dopo cinque giorni è stata dimessa. Tuttavia, a causa di un accumulo di fluido linfatico, i punti di sutura hanno ceduto ed è stata di nuovo ricoverata in ospedale. La ferita si era infettata e le complicanze erano dolorose; tutti i suoi pensieri negativi sono tornati ed è diventata molto esigente. Per esempio, non le piaceva il cibo dell’ospedale. Allora, con mio suocero preparavamo i pasti a casa e glieli portavamo ogni giorno. Ma anche la mia cucina non soddisfaceva il suo gusto e si lamentava che era troppo salata. Mi sono rivolta a mio suocero chiedendogli quale cibo fosse di suo maggior gradimento. Il rapporto tra loro non era facile. Un giorno lei mi disse che il cibo che avevo preparato era buono; le risposi che era stato cucinato da suo marito… che lui, anche se non sapeva esprimersi con tante parole, dimostrava il suo amore attraverso i fatti. Un’altra volta si lamentava perché le faceva male una gamba e non riusciva a muovere le dita dei piedi. Allora ho iniziato a massaggiarli – anche se mi sentivo un po’ a disagio -, ricordandomi che Gesù aveva lavato i piedi ai suoi discepoli. Farle il bagno e massaggiarla sono diventate le mie attività quotidiana e vedevo che lei era felice e confortata. Attraverso questi gesti d’amore concreto abbiamo costruito un bel rapporto. Ora si rendeva conto che lei era più fortunata di molti altri pazienti del suo reparto, e allora ha incominciato a trasmettere loro speranza e pregare per ciascuno. Anche il rapporto con suo marito è migliorato molto perché ha imparato ad apprezzarlo di più.” (altro…)

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Chiara Badano – A Teen’s Life and Beatification

“Won’t I be able to run anymore? Won’t I be able to walk anymore? Won’t I be able to practice sports anymore? All my friends… my tennis… the mountains… the beach… Mom, is it fair to die at 17?” Filmed on location in Italy, this powerful film tells the story of Blessed Chiara Badano from her childhood to her beatification in 2010. It features interviews with her parents, friends, doctors, and the family of the young man who was miraculously healed through her intercession. Born in 1971, Chiara was a typical teenager in many ways. Hear, in Chiara’s own words, her excitement about a simple and profound encounter with God at age 9 as well as her continued commitment to sharing her life experiences, including her illness, with her friends. At 17, a searing pain in her shoulder revealed that Chiara had bone cancer. “The illness arrived just at the right moment because I was going in the wrong direction,” she wrote. Her friends continued to strengthen their unity with her by sharing their daily experiences of living out the Gospel. They note that Chiara didn’t talk much about God. Chiara herself said, “Talking to people about God doesn’t count for much. I have to give God to them.” Don’t miss the opportunity to experience the path of Chiara Badano and the motto she lived during her 3-year-long illness: “It’s for you, Jesus. If you want it, I want it, too.” “God’s response to the cultural crisis in each generation is to send us Saints. Indeed, the history of the Western World is a history of Saints. Chiara Luce is God’s response to the cultural crisis of today. To a postmodern world forgetting reasons for hope, God sends his light through a teenage girl who lost everything and never lost her joy. The DVD you hold in your hands is a beautiful telling of her story.” Christopher Stefanick Speaker/Author & Director of Youth, Young Adult and Campus Ministry for the Archdiocese of Denver “In today’s world that seems so full of darkness comes a beautiful and humble story of a young girl’s light shining brightly into the world. The simple, yet powerful, life of Chiara Luce shows our young people that Sainthood is within reach. This movie will spark conversations among people of all generations on issues of joy, love, and redemptive suffering. Watch it. Share it. Live it.” Jason Deramo Middle School & High School, Youth Minister in the Archdiocese of Boston & Life Teen Area Contact www.newcitypress.com

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L’arte di unire

Una riflessione lucida e appassionata sulla vocazione del politico
Il buon politico è il custode dell’intero sociale, mai semplice “uomo di parte”; impegnato in un’incessante e paziente tessitura dialogica; teso alla costruzione della città degli uomini come casa di tutti; attento lettore delle pagine, spesso confuse e contraddittorie, della storia per ricavarne linee di saggia progettualità, idonee a promuovere il progresso integrale della collettività e la piena realizzazione di ogni cittadino. Una riflessione lucida e appassionata sulla vocazione del politico. Uno strumento di formazione civica per tutti.
L’arte di unire. Segui le quattro puntate cliccando:
 
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Chiara Luce nella GMG 2011

Dal 16 al 21 agosto appuntamento a Madrid per centinaia di migliaia di giovani arrivati da tutto il mondo per partecipare alla 11° GMG. Questo evento si realizzerà quest’estate sulle strade, auditorium, piazze, collegi, scuole, parchi, della città di Madrid. Sono previsti concerti, mostre, visite guidate ai musei, piece teatrali ecc.. un programma culturale sotto il titolo Festival della Gioventù. Tra tutte c’è un’attività speciale, come dimostra il grande interesse dell’organizzazione stessa. Si tratta della presentazione della figura di Chiara Badano – una giovane italiana, recentemente beatificata, più conosciuta come Chiara Luce – con uno spettacolo che intreccerà musica, teatro, recitazione e coreografie. Sarà il 17 agosto, alle ore 22, nell’Auditorium Pilar García Peña, situato nel Parco Pinar del Rey. 3.000 persone potranno partecipare a questo spettacolo che si prevede indimenticabile. Con questa presentazione si desidera mostrare «l’Amore” con la A maiuscola, che dona la felicità» come testimonia la vita di chi è stata un “raggio di Luce” – sono parole di Benedetto XVI allAngelus del 26 Settembre 2010, all’indomani della beatificazione di Chiara Badano -. Sarà dunque una festa per tutti i giovani, «che possono trovare in lei un esempio di coerenza cristiana», sono ancora le parole del Papa. Pablo Alcolea, professore di musica coinvolto attivamente nella preparazione dell’evento, ci racconta che sta facendo un’esperienza di Dio: «Implica tanto sforzo, nel coniugare lavoro e volontariato, ma è un’occasione bella per lasciarsi portare per mano dal Padre confidando in Lui». Un altro giovane spagnolo, Pablo Garrido, co-responsabile della parte musicale dello spettacolo, assicura: «La prima parola che mi è venuta in mente è stata “follia”. Preparare qualcosa di questo calibro, secondo me rientra nella categoria del miracolo, però è molto gratificante, verificare come tutti noi abbiamo messo subito mano all’opera, costruendo questa esperienza di unità». Un altro componente del gruppo musicale, Antonio Alcántara, ci racconta che lo vive come qualcosa di molto personale, «come se la stessa Chiara Luce mi chiedesse di partecipare, col desiderio di dare il mio granello di sabbia per trasmettere il suo stile di vita, il suo ideale di vivere uniti al di là della distanza e del tempo». «Un’opportunità fantastica – continua Pablo Alcolea – per contemplare attraverso la musica, l’esperienza di vita di Chiara Luce Badano». Altri eventi molto attesi da tutti saranno i concerti del Gen Rosso, gruppo musicale internazionale del Movimento dei focolari, il 16 e il 18 agosto, con “Dimensione indelebilehttp://www.youtube.com/watch?v=akWjPRkdgJA. (altro…)

L’immensità di Dio

Contemplando l’immensità dell’universo, la straordinaria bellezza della natura, la sua potenza, sono risalita spontaneamente al Creatore del tutto e ho avuto come una nuova comprensione dell’immensità di Dio. L’impressione è stata così forte e così nuova che mi sarei gettata subito in ginocchio ad adorare, a lodare, a glorificare Dio. Ho sentito un bisogno di far ciò, come se questa fosse la mia attuale vocazione. E, quasi mi si aprissero ora gli occhi, ho compreso come non mai prima, chi è colui che abbiamo scelto come ideale, o meglio colui che ha scelto noi. L’ho visto così grande, che mi sembrava impossibile avesse pensato a noi. E questa impressione della sua immensità mi è rimasta in cuore per alcuni giorni. Ora il pregare così: “Sia santificato il tuo nome” o “Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo” è un’altra cosa per me: è una necessità del cuore. (…) Noi siamo in cammino. E, quando uno viaggia, già pensa all’ambiente che l’accoglierà all’arrivo, al paesaggio, alla città, già si prepara. Così dobbiamo fare anche noi. Lassù si loderà Dio? Lodiamolo allora fin da questo momento. Lasciamo che il nostro cuore gli gridi tutto il nostro amore, lo proclami, insieme con gli angeli, con i santi: “Santo, Santo, Santo”. Esprimiamogli la nostra lode con la bocca e con il cuore. Approfittiamone per ravvivare certe nostre quotidiane preghiere che hanno questa finalità. E diamogli gloria anche con tutto il nostro essere. (…) Lodiamolo al di là della natura o nel profondo del nostro cuore. Soprattutto, viviamo morti a noi stessi e vivi alla volontà di Dio, all’amore verso i fratelli. Siamo anche noi, come diceva Elisabetta della Trinità, una “lode della sua gloria”. Anticiperemo così un po’ di Paradiso, e Dio sarà ripagato dell’indifferenza di innumerevoli cuori che oggi vivono nel mondo. Chiara Lubich, Rocca di Papa, 22.1.1987 (altro…)

LoppianoLab: EXPO 2011

Separarsi… e poi?

Un dialogo delicato e profondo sul dramma della separazione
«Quando la separazione investe la propria persona è tragedia. Sia se annunciata come fulmine a ciel sereno sia se ponderata da tempo, la separazione ha sempre contorni dolorosi; per chi la subisce ma anche per chi la provoca; quando è ancora in itinere o se è irrimediabilmente conclamata. Con questo libretto vorremmo aprire un dialogo con quanti ne sono sfiorati da vicino (genitori, figli, parenti) o la stanno vivendo in prima persona. Cercheremo di farlo in punta di piedi, nel rispetto dell’unicità che sempre caratterizza ogni separazione e convinti che al di fuori dei protagonisti, nessuno può dare un benché minimo giudizio sulle diverse vicende».

يوليو 2011 كلمـة الحيـاة

توجّه يسوع بهذه الكلمات إلى بطرس ويعقوب ويوحنا عندما إستولى عليهم النعاس، خلال نزاعه في بستان الجثمانية. لقد أخذ معه الرسل الثلاثة هؤلاء الذين شهدوا تجلّيه فوق جبل طابور، أخذهم ليكونوا إلى جانبه في محنته ويستعدّوا لها بالصلاة معه، فالذي سيحدث سيكون تجربة أليمة بالنسبة إليهم أيضاً.

“إسهروا وصلّوا لئلا تقعوا في تجربة. إن الروح مستعد أمّا الجسد فضعيف”

كلمات يسوع هذه – إذ نقرأها على ضوء الظروف حين نطقها – تعكس أولاً حالته الروحية، أي الطريقة التي سيواجه بها المحنة، قبل أن تُعتبر بمثابة توصيات يوجّهها إلى تلاميذه. أمام آلامه الرهيبة الوشيكة يصلّي يسوع بكل قواه وكل ذاته، ويصارع رهبة الموت والخوف منه، فيرمي ذاته في محبّة الآب كي يبقى أميناً لإرادته حتى المنتهى، ويحث رسله على التشبُّه به.

يبدو لنا يسوع هنا مثالاً لكل من عليه أن يواجه محنة، ولكنه أيضاً أخٌ، يقف إلى جانبنا في ذلك الوقت الصعب.

“إسهروا وصلّوا لئلا تقعوا في تجربة. إن الروح مستعد أمّا الجسد فضعيف”

غالباً ما تتردّد، على لسان يسوع، الدعوة إلى السهر. وما يقصده بـ “السهر” هو ألاّ ندع النعاس الروحي يتغلّب علينا، فنبقى على إستعداد دائم لاستقبال إرادة الله، ونتعلّم كيف نقرأ علاماتها في تفاصيل حياتنا اليومية، وبالأخص أن نعرف كيف نقرأ الصعوبات والآلام على نور محبّة الله.

و”السهر” لا ينفصل أبداً عن الصلاة، إذ لا بدّ من الصلاة للتغلب على المحن. نستطيع أن نتخطّى ضعف الإنسان (أي “ضعف الطبيعة البشرية”) من خلال تلك القوة التي تأتينا من الروح.

“إسهروا وصلّوا لئلا تقعوا في تجربة. إن الروح مستعد أمّا الجسد فضعيف”

كيف نعيش كلمة الحياة لهذا الشهر؟

نحن أيضاً علينا أن نتوقّع أننا سنواجه تجارب عدّة، الصغيرة منها والكبيرة، التي نلتقي بها كل يوم. تجارب عادية، كلاسيكية لا بد أن يتعرّض لها كل مسيحي. والشرط الأول للتغلُّب على التجربة، أيّة تجربة كانت هو “السهر”، كما ينبِّهنا يسوع. ولكن علينا أن نعرف كيف نميّز وندرك أنها تجارب يسمح بها الله لا لنقع في اليأس إنما كي ننضج روحياً بالتغلّب عليها.

وفي نفس الوقت علينا أن نصلّي. الصلاة ضرورية، لأن هناك نوعين من التجارب نحن معرَّضون لهما في تلك الأوقات أكثر من غيرها: من جهة الوقوع في فخ الإدّعاء بأننا قادرون على التغلُّب على التجربة بقدرتنا الذاتية، ومن جهة أخرى الشعور العكسيّ، أي بأننا لن نستطيع الخروج منها لأنها تفوق قدرتنا. إنما يسوع يقول لنا العكس مؤكِّداً أن الآب السماوي لن يبخل علينا بقوة الروح القدس إن نحن سهرنا طالبين منه هذا الروح بإيمان.

كيارا لوبيك (أبريل 1990)

[:ot]Kelma tal-Ħajja – Lulju 2011[:]

[:ot]Download – Kelma tal-Ħajja – Lulju


Dan il-kliem Ġesù qalu lil Pietru, ’il Ġakbu u ’l Ġwanni fl-agunija tiegħu fil-Ġnien tal-Ġetsemani, meta mar ħdejhom u sabhom reqdin. Hu kien ħa miegħu lil dawn it-tliet appostli, l-istess tlieta li kienu preżenti fuq il-muntanja Tabor meta nbidel quddiemhom. Ġesù riedhom ikunu qribu f’dak il-mument diffiċli. Ried ukoll li jħejju ruħhom flimkien miegħu bit-talb għax kellhom jgħaddu minn żmien diffiċli huma wkoll. “Ishru u itolbu biex ma tidħlux fit-tiġrib. L-ispirtu, iva, irid; imma l-ġisem dgħajjef”. Jekk naqraw dan il-kliem fid-dawl taċ-ċirkustanzi li fihom qalu Ġesù, qabel ma nqisuh bħala twissija li qed jagħti lid-dixxipli, jeħtieġ li naraw dak li Ġesù kien qed għaddej minnu Hu. Jiġifieri naraw kif Hu kien qed iħejji ruħu għall-prova. Ġesù ra l-passjoni riesqa lejH u għalhekk talab bil-ħeġġa kollha, ħadha kontra l-biża’ tal-mewt, intefa’ fi ħdan il-Missier li hu Mħabba biex jibqa’ fidil għar-rieda tiegħu sal-aħħar. Ried ukoll jgħin lill-appostli biex huma jagħmlu bħalu. Hawnhekk naraw f’Ġesù l-mudell għal dawk li jkollhom jgħaddu mill-prova u fl-istess ħin narawh bħala ħuna li jkun maġenbna f’dak il-mument diffiċli. “Ishru u itolbu biex ma tidħlux fit-tiġrib. L-ispirtu, iva, irid; imma l-ġisem dgħajjef”. Kien hemm drabi oħra meta Ġesù  wissiena biex nishru. Bil-kelma “ishru” Ġesù jifhem li m’għandniex inħallu n-nagħas spiritwali jirbħilna, li għandna nkunu dejjem lesti li nilqgħu r-rieda t’Alla, li fil-ħajja tagħna ta’ kuljum għandna nindunaw xinhi r-rieda tiegħu mis-sinjali li jibgħatilna. Fuq kollox irridu nagħrfu d-diffikultajiet u t-tbatijiet u narawhom fid-dawl tal-imħabba t’Alla. Aħna ma nistgħux nishru jekk ma nitolbux għax mingħajr it-talb ma nkunux nistgħu nirbħu l-prova. Id-dgħufija tal-ġisem u l-fatt li l-bniedem jaqa’ malajr, negħlbuhom bil-forza li jagħtina l-Ispirtu s-Santu. “Ishru u itolbu biex ma tidħlux fit-tiġrib. L-ispirtu, iva, irid; imma l-ġisem dgħajjef”. Mela kif għandna ngħixu din il-Kelma tal-ħajja ta’ dan ix-xahar? Aħna wkoll ikollna naċċettaw li f’ħajjitna jaslu ħafna provi: provi żgħar jew kbar li nħabbtu wiċċna magħhom kuljum. Jaslu provi normali; provi li bilfors irridu ngħaddu minnhom jekk aħna nsara. Issa, Ġesù jwissina li l-ewwel kundizzjoni biex negħlbu kull prova li tasal fuqna hi li nishru. Jeħtieġ nagħrfu li dawn il-provi jippermettihom Alla, mhux biex aħna naqtgħu qalbna imma biex meta negħlbuhom, aħna nimmaturaw fil-ħajja spiritwali tagħna. Fl-istess ħin jeħtieġ nitolbu. It-talb hu meħtieġ għax aħna esposti għal żewġ tipi ta’ tentazzjonijiet: minn banda nkunu prużuntużi u naħsbu li kapaċi nirbħu waħedna; mill-banda l-oħra nibżgħu li mhux se jirnexxilna; inħossu li l-prova hi aktar b’saħħitha mill-ħila tagħna. Iżda Ġesù jiżgurana li l-Missier mhux se jonqos milli jagħtina l-qawwa tal-Ispirtu s-Santu jekk aħna nishru u nitolbuH bil-fidi. Chiara Lubich


1 Parola di vita, April 1990, ippubblikata fuq ir-rivista Città Nuova, 1990/6, p. 9  

[:]

[:es]El Honor de Dios[:]

[:es]4 de julio de 1976, 01.30 hs. En la noche helada varios hombres irrumpían en la casa parroquial de la iglesia de San Patricio, en el barrio porteño de Belgrano. A la mañana siguiente, sobre la alfombra roja del living, cinco cadáveres en medio de un charco de sangre daban testimonio del horror. [:] (altro…)

El Honor de Dios

Tres sacerdotes y dos seminaristas arrancados de la tierra de los vivos, materializando un mundo de prejuicios, de intereses ambiguos, de intolerancia llevados hasta el extremo. Pero también haciendo presente en medio de nosotros aquella fidelidad irrenunciable a la verdad que llevó a tantos hombres y mujeres al supremo testimonio de la vida. La sangre de los mártires palotinos sigue gritando al cielo, reclamando la verdad de los hechos, desafiándonos a hacernos cargo de la historia. Más de tres décadas han pasado de la llamada Masacre de San Patricio, una historia silenciada, un crimen impune. Las páginas que integran este libro (segunda edición) son el fruto de dos años de investigación acerca de la mayor tragedia de la Iglesia Católica en Argentina. La investigación que dio origen a este libro comienza con la idea de realizar un testimonio fílmico sobre esta tragedia. Más de 150 personas entrevistadas en un paciente trabajo de documentación y reconstrucción histórica: familiares, amigos, religiosos, represores, ex militantes políticos. Amenazas de muerte, estímulos, presiones, marchas y contramarchas, ánimo y desaliento desde esa noche de mayo en que el P. Thomas O’Donnell, delegado de la provincia palotina irlandesa, desafió a Gabriel Seisdedos con un “sería bueno contar la historia, ¿no?”. Datos del autor: Gabriel Seisdedos nació en Buenos Aires en junio de 1963. Trabajó en el periodismo escrito y radial. Traductor y escritor. En 1996 publicó El honor de Dios y tres años después, Hasta los oídos de Dios, la historia del Movimiento de los sacerdotes para el Tercer Mundo. En 1997 produjo y dirigió un documental basado en el libro y estrenado en la televisión norteamericana. En la actualidad continúa trabajando en temas relacionados con lo religioso y los derechos humanos.

El Honor de Dios

Tres sacerdotes y dos seminaristas arrancados de la tierra de los vivos, materializando un mundo de prejuicios, de intereses ambiguos, de intolerancia llevados hasta el extremo. Pero también haciendo presente en medio de nosotros aquella fidelidad irrenunciable a la verdad que llevó a tantos hombres y mujeres al supremo testimonio de la vida. La sangre de los mártires palotinos sigue gritando al cielo, reclamando la verdad de los hechos, desafiándonos a hacernos cargo de la historia. Más de tres décadas han pasado de la llamada Masacre de San Patricio, una historia silenciada, un crimen impune. Las páginas que integran este libro (segunda edición) son el fruto de dos años de investigación acerca de la mayor tragedia de la Iglesia Católica en Argentina. La investigación que dio origen a este libro comienza con la idea de realizar un testimonio fílmico sobre esta tragedia. Más de 150 personas entrevistadas en un paciente trabajo de documentación y reconstrucción histórica: familiares, amigos, religiosos, represores, ex militantes políticos. Amenazas de muerte, estímulos, presiones, marchas y contramarchas, ánimo y desaliento desde esa noche de mayo en que el P. Thomas O’Donnell, delegado de la provincia palotina irlandesa, desafió a Gabriel Seisdedos con un “sería bueno contar la historia, ¿no?”. Datos del autor: Gabriel Seisdedos nació en Buenos Aires en junio de 1963. Trabajó en el periodismo escrito y radial. Traductor y escritor. En 1996 publicó El honor de Dios y tres años después, Hasta los oídos de Dios, la historia del Movimiento de los sacerdotes para el Tercer Mundo. En 1997 produjo y dirigió un documental basado en el libro y estrenado en la televisión norteamericana. En la actualidad continúa trabajando en temas relacionados con lo religioso y los derechos humanos.

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Tres sacerdotes y dos seminaristas arrancados de la tierra de los vivos, materializando un mundo de prejuicios, de intereses ambiguos, de intolerancia llevados hasta el extremo. Pero también haciendo presente en medio de nosotros aquella fidelidad irrenunciable a la verdad que llevó a tantos hombres y mujeres al supremo testimonio de la vida. La sangre de los mártires palotinos sigue gritando al cielo, reclamando la verdad de los hechos, desafiándonos a hacernos cargo de la historia. Más de tres décadas han pasado de la llamada Masacre de San Patricio, una historia silenciada, un crimen impune. Las páginas que integran este libro (segunda edición) son el fruto de dos años de investigación acerca de la mayor tragedia de la Iglesia Católica en Argentina. La investigación que dio origen a este libro comienza con la idea de realizar un testimonio fílmico sobre esta tragedia. Más de 150 personas entrevistadas en un paciente trabajo de documentación y reconstrucción histórica: familiares, amigos, religiosos, represores, ex militantes políticos. Amenazas de muerte, estímulos, presiones, marchas y contramarchas, ánimo y desaliento desde esa noche de mayo en que el P. Thomas O’Donnell, delegado de la provincia palotina irlandesa, desafió a Gabriel Seisdedos con un “sería bueno contar la historia, ¿no?”. Datos del autor: Gabriel Seisdedos nació en Buenos Aires en junio de 1963. Trabajó en el periodismo escrito y radial. Traductor y escritor. En 1996 publicó El honor de Dios y tres años después, Hasta los oídos de Dios, la historia del Movimiento de los sacerdotes para el Tercer Mundo. En 1997 produjo y dirigió un documental basado en el libro y estrenado en la televisión norteamericana. En la actualidad continúa trabajando en temas relacionados con lo religioso y los derechos humanos.

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Tres sacerdotes y dos seminaristas arrancados de la tierra de los vivos, materializando un mundo de prejuicios, de intereses ambiguos, de intolerancia llevados hasta el extremo. Pero también haciendo presente en medio de nosotros aquella fidelidad irrenunciable a la verdad que llevó a tantos hombres y mujeres al supremo testimonio de la vida. La sangre de los mártires palotinos sigue gritando al cielo, reclamando la verdad de los hechos, desafiándonos a hacernos cargo de la historia. Más de tres décadas han pasado de la llamada Masacre de San Patricio, una historia silenciada, un crimen impune. Las páginas que integran este libro (segunda edición) son el fruto de dos años de investigación acerca de la mayor tragedia de la Iglesia Católica en Argentina. La investigación que dio origen a este libro comienza con la idea de realizar un testimonio fílmico sobre esta tragedia. Más de 150 personas entrevistadas en un paciente trabajo de documentación y reconstrucción histórica: familiares, amigos, religiosos, represores, ex militantes políticos. Amenazas de muerte, estímulos, presiones, marchas y contramarchas, ánimo y desaliento desde esa noche de mayo en que el P. Thomas O’Donnell, delegado de la provincia palotina irlandesa, desafió a Gabriel Seisdedos con un “sería bueno contar la historia, ¿no?”. Datos del autor: Gabriel Seisdedos nació en Buenos Aires en junio de 1963. Trabajó en el periodismo escrito y radial. Traductor y escritor. En 1996 publicó El honor de Dios y tres años después, Hasta los oídos de Dios, la historia del Movimiento de los sacerdotes para el Tercer Mundo. En 1997 produjo y dirigió un documental basado en el libro y estrenado en la televisión norteamericana. En la actualidad continúa trabajando en temas relacionados con lo religioso y los derechos humanos.

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Tres sacerdotes y dos seminaristas arrancados de la tierra de los vivos, materializando un mundo de prejuicios, de intereses ambiguos, de intolerancia llevados hasta el extremo. Pero también haciendo presente en medio de nosotros aquella fidelidad irrenunciable a la verdad que llevó a tantos hombres y mujeres al supremo testimonio de la vida. La sangre de los mártires palotinos sigue gritando al cielo, reclamando la verdad de los hechos, desafiándonos a hacernos cargo de la historia. Más de tres décadas han pasado de la llamada Masacre de San Patricio, una historia silenciada, un crimen impune. Las páginas que integran este libro (segunda edición) son el fruto de dos años de investigación acerca de la mayor tragedia de la Iglesia Católica en Argentina. La investigación que dio origen a este libro comienza con la idea de realizar un testimonio fílmico sobre esta tragedia. Más de 150 personas entrevistadas en un paciente trabajo de documentación y reconstrucción histórica: familiares, amigos, religiosos, represores, ex militantes políticos. Amenazas de muerte, estímulos, presiones, marchas y contramarchas, ánimo y desaliento desde esa noche de mayo en que el P. Thomas O’Donnell, delegado de la provincia palotina irlandesa, desafió a Gabriel Seisdedos con un “sería bueno contar la historia, ¿no?”. Datos del autor: Gabriel Seisdedos nació en Buenos Aires en junio de 1963. Trabajó en el periodismo escrito y radial. Traductor y escritor. En 1996 publicó El honor de Dios y tres años después, Hasta los oídos de Dios, la historia del Movimiento de los sacerdotes para el Tercer Mundo. En 1997 produjo y dirigió un documental basado en el libro y estrenado en la televisión norteamericana. En la actualidad continúa trabajando en temas relacionados con lo religioso y los derechos humanos.

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Tres sacerdotes y dos seminaristas arrancados de la tierra de los vivos, materializando un mundo de prejuicios, de intereses ambiguos, de intolerancia llevados hasta el extremo. Pero también haciendo presente en medio de nosotros aquella fidelidad irrenunciable a la verdad que llevó a tantos hombres y mujeres al supremo testimonio de la vida. La sangre de los mártires palotinos sigue gritando al cielo, reclamando la verdad de los hechos, desafiándonos a hacernos cargo de la historia. Más de tres décadas han pasado de la llamada Masacre de San Patricio, una historia silenciada, un crimen impune. Las páginas que integran este libro (segunda edición) son el fruto de dos años de investigación acerca de la mayor tragedia de la Iglesia Católica en Argentina. La investigación que dio origen a este libro comienza con la idea de realizar un testimonio fílmico sobre esta tragedia. Más de 150 personas entrevistadas en un paciente trabajo de documentación y reconstrucción histórica: familiares, amigos, religiosos, represores, ex militantes políticos. Amenazas de muerte, estímulos, presiones, marchas y contramarchas, ánimo y desaliento desde esa noche de mayo en que el P. Thomas O’Donnell, delegado de la provincia palotina irlandesa, desafió a Gabriel Seisdedos con un “sería bueno contar la historia, ¿no?”. Datos del autor: Gabriel Seisdedos nació en Buenos Aires en junio de 1963. Trabajó en el periodismo escrito y radial. Traductor y escritor. En 1996 publicó El honor de Dios y tres años después, Hasta los oídos de Dios, la historia del Movimiento de los sacerdotes para el Tercer Mundo. En 1997 produjo y dirigió un documental basado en el libro y estrenado en la televisión norteamericana. En la actualidad continúa trabajando en temas relacionados con lo religioso y los derechos humanos.

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Tres sacerdotes y dos seminaristas arrancados de la tierra de los vivos, materializando un mundo de prejuicios, de intereses ambiguos, de intolerancia llevados hasta el extremo. Pero también haciendo presente en medio de nosotros aquella fidelidad irrenunciable a la verdad que llevó a tantos hombres y mujeres al supremo testimonio de la vida. La sangre de los mártires palotinos sigue gritando al cielo, reclamando la verdad de los hechos, desafiándonos a hacernos cargo de la historia. Más de tres décadas han pasado de la llamada Masacre de San Patricio, una historia silenciada, un crimen impune. Las páginas que integran este libro (segunda edición) son el fruto de dos años de investigación acerca de la mayor tragedia de la Iglesia Católica en Argentina. La investigación que dio origen a este libro comienza con la idea de realizar un testimonio fílmico sobre esta tragedia. Más de 150 personas entrevistadas en un paciente trabajo de documentación y reconstrucción histórica: familiares, amigos, religiosos, represores, ex militantes políticos. Amenazas de muerte, estímulos, presiones, marchas y contramarchas, ánimo y desaliento desde esa noche de mayo en que el P. Thomas O’Donnell, delegado de la provincia palotina irlandesa, desafió a Gabriel Seisdedos con un “sería bueno contar la historia, ¿no?”. Datos del autor: Gabriel Seisdedos nació en Buenos Aires en junio de 1963. Trabajó en el periodismo escrito y radial. Traductor y escritor. En 1996 publicó El honor de Dios y tres años después, Hasta los oídos de Dios, la historia del Movimiento de los sacerdotes para el Tercer Mundo. En 1997 produjo y dirigió un documental basado en el libro y estrenado en la televisión norteamericana. En la actualidad continúa trabajando en temas relacionados con lo religioso y los derechos humanos.

El Honor de Dios

Tres sacerdotes y dos seminaristas arrancados de la tierra de los vivos, materializando un mundo de prejuicios, de intereses ambiguos, de intolerancia llevados hasta el extremo. Pero también haciendo presente en medio de nosotros aquella fidelidad irrenunciable a la verdad que llevó a tantos hombres y mujeres al supremo testimonio de la vida. La sangre de los mártires palotinos sigue gritando al cielo, reclamando la verdad de los hechos, desafiándonos a hacernos cargo de la historia. Más de tres décadas han pasado de la llamada Masacre de San Patricio, una historia silenciada, un crimen impune. Las páginas que integran este libro (segunda edición) son el fruto de dos años de investigación acerca de la mayor tragedia de la Iglesia Católica en Argentina. La investigación que dio origen a este libro comienza con la idea de realizar un testimonio fílmico sobre esta tragedia. Más de 150 personas entrevistadas en un paciente trabajo de documentación y reconstrucción histórica: familiares, amigos, religiosos, represores, ex militantes políticos. Amenazas de muerte, estímulos, presiones, marchas y contramarchas, ánimo y desaliento desde esa noche de mayo en que el P. Thomas O’Donnell, delegado de la provincia palotina irlandesa, desafió a Gabriel Seisdedos con un “sería bueno contar la historia, ¿no?”. Datos del autor: Gabriel Seisdedos nació en Buenos Aires en junio de 1963. Trabajó en el periodismo escrito y radial. Traductor y escritor. En 1996 publicó El honor de Dios y tres años después, Hasta los oídos de Dios, la historia del Movimiento de los sacerdotes para el Tercer Mundo. En 1997 produjo y dirigió un documental basado en el libro y estrenado en la televisión norteamericana. En la actualidad continúa trabajando en temas relacionados con lo religioso y los derechos humanos.

El Honor de Dios

Tres sacerdotes y dos seminaristas arrancados de la tierra de los vivos, materializando un mundo de prejuicios, de intereses ambiguos, de intolerancia llevados hasta el extremo. Pero también haciendo presente en medio de nosotros aquella fidelidad irrenunciable a la verdad que llevó a tantos hombres y mujeres al supremo testimonio de la vida. La sangre de los mártires palotinos sigue gritando al cielo, reclamando la verdad de los hechos, desafiándonos a hacernos cargo de la historia. Más de tres décadas han pasado de la llamada Masacre de San Patricio, una historia silenciada, un crimen impune. Las páginas que integran este libro (segunda edición) son el fruto de dos años de investigación acerca de la mayor tragedia de la Iglesia Católica en Argentina. La investigación que dio origen a este libro comienza con la idea de realizar un testimonio fílmico sobre esta tragedia. Más de 150 personas entrevistadas en un paciente trabajo de documentación y reconstrucción histórica: familiares, amigos, religiosos, represores, ex militantes políticos. Amenazas de muerte, estímulos, presiones, marchas y contramarchas, ánimo y desaliento desde esa noche de mayo en que el P. Thomas O’Donnell, delegado de la provincia palotina irlandesa, desafió a Gabriel Seisdedos con un “sería bueno contar la historia, ¿no?”. Datos del autor: Gabriel Seisdedos nació en Buenos Aires en junio de 1963. Trabajó en el periodismo escrito y radial. Traductor y escritor. En 1996 publicó El honor de Dios y tres años después, Hasta los oídos de Dios, la historia del Movimiento de los sacerdotes para el Tercer Mundo. En 1997 produjo y dirigió un documental basado en el libro y estrenado en la televisión norteamericana. En la actualidad continúa trabajando en temas relacionados con lo religioso y los derechos humanos.

El Honor de Dios

Tres sacerdotes y dos seminaristas arrancados de la tierra de los vivos, materializando un mundo de prejuicios, de intereses ambiguos, de intolerancia llevados hasta el extremo. Pero también haciendo presente en medio de nosotros aquella fidelidad irrenunciable a la verdad que llevó a tantos hombres y mujeres al supremo testimonio de la vida. La sangre de los mártires palotinos sigue gritando al cielo, reclamando la verdad de los hechos, desafiándonos a hacernos cargo de la historia. Más de tres décadas han pasado de la llamada Masacre de San Patricio, una historia silenciada, un crimen impune. Las páginas que integran este libro (segunda edición) son el fruto de dos años de investigación acerca de la mayor tragedia de la Iglesia Católica en Argentina. La investigación que dio origen a este libro comienza con la idea de realizar un testimonio fílmico sobre esta tragedia. Más de 150 personas entrevistadas en un paciente trabajo de documentación y reconstrucción histórica: familiares, amigos, religiosos, represores, ex militantes políticos. Amenazas de muerte, estímulos, presiones, marchas y contramarchas, ánimo y desaliento desde esa noche de mayo en que el P. Thomas O’Donnell, delegado de la provincia palotina irlandesa, desafió a Gabriel Seisdedos con un “sería bueno contar la historia, ¿no?”. Datos del autor: Gabriel Seisdedos nació en Buenos Aires en junio de 1963. Trabajó en el periodismo escrito y radial. Traductor y escritor. En 1996 publicó El honor de Dios y tres años después, Hasta los oídos de Dios, la historia del Movimiento de los sacerdotes para el Tercer Mundo. En 1997 produjo y dirigió un documental basado en el libro y estrenado en la televisión norteamericana. En la actualidad continúa trabajando en temas relacionados con lo religioso y los derechos humanos.