Movimento dei Focolari
Cambiare le narrative islamo-cristiane

Cambiare le narrative islamo-cristiane

Si è svolto tra il Centro internazionale di Loppiano e la città di Trento un laboratorio islamo-cristiano che smentisce le attuali narrative di odio e diffidenza tra le due religioni. Trento, 7 dicembre 2018 – Si è appena conclusa la Week of Unity, una settimana dell’unità, organizzata dall’Istituto Universitario Sophia (IUS) di comune accordo con il Risalat International Institute di Qum (Iran) ed il Centro per il dialogo interreligioso del Movimento dei Focolari. Ma la data ed il luogo non sono casuali come pure non lo è la formazione del gruppo di ricerca. La data segna sull’orologio della storia il settantacinquesimo anniversario della scelta di Chiara Lubich di dedicare la sua vita a Dio, lasciando tutto per seguirlo. Il gruppo che ha celebrato questo anniversario è formato da una cinquantina di persone, giovani per la più parte, musulmani sciiti e cattolici. Le provenienze sono le più varie: Libano, Egitto, Iran, Emirati Arabi, Usa, Inghilterra, Canada, Argentina, Italia. Tutti protagonisti di questa Week of Unity, ultimo passo di un progetto nato come una profezia: Wings of Unity, le ali dell’unità. Una iniziativa che ha preso corpo poco meno di tre anni fa, ma che segna un cammino ormai ventennale di amicizia del Prof. Mohammad Shomali e della moglie Mahnaz con il Movimento dei Focolari. Fra il prof. Shomali e il prof. Piero Coda, preside dello IUS, è infatti nata una amicizia intellettuale e di vita che ha portato un piccolo gruppo di accademici delle due religioni e delle due realtà accademiche a riflettere su un tema cruciale: l’unità di Dio e l’unità in Dio. In questa prospettiva, la sensibilità musulmana al monoteismo assoluto si apre alla dimensione dialogica del Dio cristiano, in una riflessione a più voci che portano pensiero e tradizioni diverse non per dimostrare o imporre la Verità, ma per camminare insieme verso di essa. Le lezioni dei professori hanno toccato punti nevralgici sia della cultura del mondo globalizzato che delle verità fondamentali proposte dalle due fedi, ma la Settimana dell’Unità è stata soprattutto una esperienza di incontro di cuori e di menti che ha portato i partecipanti a fare una vera esperienza di shekinah, la presenza della pace di Dio fra i fedeli. L’esperienza non è rimasta chiusa ai partecipanti ma ha desiderato aprirsi in due preziosi momenti di condivisione. Nella cittadella di Loppiano il primo e nel Centro Mariapoli Chiara Lubich a Cadine (Trento), il secondo. I presenti non hanno solo potuto ascoltare una esperienza che sembra smentire clamorosamente la narrativa attuale nei rapporti fra cristiani e musulmani, che parla di paura, rigetto, invasione; hanno potuto fare una profonda esperienza di arricchimento reciproco, in un clima di pace a testimonianza all’interno del quale è possibile vivere e costruire quella che Papa Francesco definisce una ‘cultura dell’incontro’.

Roberto Catalano

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Martiri d’Algeria: fedeli al popolo fino alla fine

Martiri d’Algeria: fedeli al popolo fino alla fine

Il messaggio più importante della beatificazione? La fedeltà di questi cristiani al ‘loro’ popolo fino alla fine

“Cosa insegnano questi 19 martiri cristiani a noi algerini, oggi? A dare la vita gli uni per gli altri senza distinzioni di razza o religione. Loro hanno sacrificato la vita per noi, degli stranieri, per tutto il popolo algerino, cristiani e musulmani. Sono morti anche per per quelli che gli facevano la guerra, per questo non ci siamo fatti domande, ci siamo messi subito a disposizione e abbiamo lavorato insieme alla beatificazione.” – Risponde così Karima Kerzabi, musulmana, della comunità dei Focolari in Algeria che abbiamo chiamato al telefono assieme a Giorgio Triulzi, focolarino della prima ora, nel focolare di Tlemcen dal 1983, per farci raccontare dal di dentro la beatificazione dei martiri Cristiani ad Orano l’8 dicembre scorso.

Una beatificazione unica nel suo genere, perché il massimo riconoscimento della Chiesa Cattolica ai suoi figli avviene in una terra, l’Algeria, al 99% musulmana. Un Paese che dal 1991 al 2001, il “decennio nero”, ha visto morte e distruzione per opera del fondamentalismo di matrice islamica. “Ora viene riconosciuta l’eroicità della vita di questi cristiani – spiega Giorgio – ma è importante dire che, oltre a loro, ci furono anche migliaia di vittime musulmane tra la popolazione civile: imam, intellettuali, artisti, giornalisti, medici, avvocati, giudici e insegnanti, ma anche donne e bambini. Credo che il messaggio più importante che questa beatificazione in terra d’Islam dia al mondo è che questi martiri sono restati fedeli al ‘loro’ popolo fino alla fine”.  

 

Fr. Christian De Chergé (sin.) nel 1989 a Tlemcen con il vescovo C. Rouault e Giorgio Triulzi

Giorgio ricorda i numerosi incontri con alcuni dei monaci di Thibirine che sabato scorso sono saliti agli onori degli altari, ed in particolare con il loro priore, fr. Christian De Chergé. “Ho conosciuto Christian perché spesso si fermava da noi, a Tlemcen, durante i suoi viaggi in Marocco. Il rapporto era semplice, da persone che hanno dato la loro vita a Dio e per questo si riconoscono fratelli. Era senz’altro un uomo di Dio, come conferma ciò che scrive nel suo testamento spirituale: ‘Se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era ‘donata’ a Dio e a questo paese’”.

“Christian e gli altri– aggiunge Giorgio – sono santi per la scelta che hanno fatto di restare tra quella che era ormai la ‘loro’ gente: Dio ci mette in un posto e noi gli restiamo fedeli. Devo dire che la beatificazione conferma anche la scelta di vita e di fede dei molti che sono rimasti durante questo decennio, è la Chiesa in Algeria ad essere beatificata, proprio per la scelta di restare fedele a questo popolo”.

 

“Cosa mi rimane di questa esperienza? – conclude Karima – Che possiamo dare la nostra vita per tutti i nostri fratelli e questa è una cosa magnifica. È col tempo che capiremo il valore del dono di queste vite”.

 

Stefania Tanesini

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A Londra giuristi di Chiese diverse

A Londra giuristi di Chiese diverse

Avvocati, giudici e studenti in legge di diverse denominazioni cristiane si sono ritrovati nel novembre scorso per guardare all’impegno professionale a partire dal Vangelo. “Il Vangelo ha profonde implicazioni anche nel mondo legale e la Lawyers’ Christian Fellowship (LCF, associazione di giuristi cristiani) vuole portare la Buona Novella di Gesù in questo contesto”. È quanto si legge sulla pagina web della storica organizzazione britannica che dal 1852 raccoglie giuristi, avvocati e studenti di diverse denominazioni cristiane. Tre le aree di impegno sviluppate in 150 anni di attività: vivere secondo le “leggi” evangeliche nel lavoro quotidiano; formare i giovani giuristi e agire a livello internazionale. Ed è in quest’ultimo filone che s’inserisce la conferenza: “Un giurista secondo il cuore di Dio: la lezione del Salmo 119” a cui è stata invitata a partecipare anche Comunione e Diritto (CeD), la rete internazionale che raccoglie giuristi, avvocati e studenti animati dalla spiritualità dei Focolari. Abbiamo rivolto alcune domande a Elisabetta Scomazzon e Pasquale De Rosa, consulenti in ambito giuridico-canonico, che vi hanno partecipato a nome di CeD. Qual è il “focus” di questi incontri tra giuristi di Chiese diverse? Elisabetta Scomazzon – È la fede il centro e il legame più forte che ci unisce, ancor prima della professione giuridica. Questi incontri sono particolarmente significativi perché si passa dall’essere uniti affettivamente, alla ricerca delle possibili vie anche in campo giuridico, ad esempio attraverso un impegno chiaro e manifesto in difesa delle fasce più deboli della società. Sono scelte queste in cui il diritto può contribuire a costruire relazioni più fraterne e capaci di atteggiamenti costruttivi. Quali sono i punti in comune e quelli su cui occorre ancora lavorare, giuridicamente parlando, che avete trattato? Pasquale De Rosa – In comune abbiamo soprattutto l’impegno di testimoniare la vita cristiana nella professione, ad esempio nel rapporto avvocato-cliente e nei diversi ambiti dove opera un giurista come cristiano: essere testimoni autentici, portatori della novità che il cristianesimo reca in sé. Il nostro lavoro procede in parallelo con il cammino delle nostre Chiese di appartenenza e si tratta per noi di collaborare insieme, a cominciare da quello che Chiara Lubich definiva il dialogo della vita, condividendo le nostre esperienze come giuristi, ad esempio un tema caldo è quello dei diritti umani e sulla loro declinazione nelle numerose sfide attuali. In che modo uomini e donne “di Diritto” di Chiese diverse possono contribuire alla pace e all’armonia delle rispettive società, in un clima come quello attuale, percorso da idee e prassi divisive? Elisabetta Scomazzon – Ogni popolo e nazione si dà delle regole, ha un ordinamento e anche il Diritto può essere uno strumento di comunione che aiuta a trovare risposte alle domande urgenti del nostro pianeta e al grido dell’umanità che subisce ingiustizie, sfruttamenti, guerre. Trovare delle soluzioni nel campo giuridico, insieme, cristiani di Chiese diverse, può non essere un’utopia, ma una grande opportunità e un’occasione per dare speranza che l’unità è possibile.

a cura della Redazione

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Prima dei nazionalismi

Prima dei nazionalismi

Nell’odierna crisi della rappresentatività politica, le idee e le prassi di Igino Giordani e Tommaso  Sorgi incoraggiano a lavorare a tutti i livelli per riportare la democrazia alla sua essenza che è il “noi”. Due recenti convegni su Igino Giordani e di Tommaso Sorgi che si sono svolti in Italia, rispettivamente a Cremona e a Teramo, hanno riproposto la figura del politico come colui che pone al centro il bene comune, non solo della propria comunità e nazione, ma dell’umanità intera. Un concetto e una pratica poco popolari oggi, in epoca di rivendicazioni nazionalistiche e di localismi esasperati. Sull’attualità del pensiero dei due politici, abbiamo rivolto due domande ad Alberto Lo Presti, docente di Dottrina Sociale della Chiesa alla LUMSA e presidente del Centro Igino Giordani e a Letizia De Torre, già deputata al Parlamento italiano e coordinatrice internazionale del Movimento Politico per l’unità. Cos’hanno da dirci oggi due figure come Giordani e Sorgi, in un’epoca in cui il bene comune pare venga ricompreso secondo i principi dei vari nazionalismi e protezionismi regionali? Alberto Lo Presti: Abbiamo un grande bisogno di sintonizzarci con figure come Igino Giordani e Tommaso Sorgi. Hanno vissuto in epoche segnate da divisioni laceranti, apparentemente insanabili. Ma hanno creduto nell’amicizia fra i popoli quando tutta la storia sembrava volgere al peggio, forti di una visione del mondo autenticamente cristiana. Giordani visse di persona la tragedia delle due guerre mondiali, schierato fra i fautori della pace e della giustizia sociale, pagando di persona per le scelte di libertà e solidarietà. Sorgi fu artefice della ricostruzione dell’Italia nel secondo dopoguerra, ponendosi come elemento di dialogo costruttivo fra le forze politiche antagoniste nel clima ideologico segnato dalla Guerra Fredda. Oggi c’insegnano che ogni sforzo impiegato per la pace e la cooperazione è un tassello decisivo per edificare un ordine civile fondato sul bene comune e rimarrebbero assai sorpresi di come si possano, nel Ventunesimo secolo, avanzare delle tesi neo-sovraniste e nazionaliste, avendo sperimentato di persona la distruzione che tali prospettive politiche portano. Ovviamente, sta a noi non rendere vano la loro testimonianza. Entrambi hanno dato grande peso alla qualità del rapporto tra cittadini e chi è chiamato a governare, tanto che Sorgi formulò il cosiddetto “patto politico”. È ancora attuale e praticabile?  Letizia De Torre: Igino Giordani, per cui “la politica è carità in atto, ancella e non padrona”, non avrebbe potuto né intendere né praticare la politica come sopruso e inganno verso i cittadini per ricavarne consenso e ricchezza personale. I cittadini per lui erano i ‘padroni’, che era chiamato a servire. Così anche per l’on. Tommaso Sorgi, a cui toccò di assistere agli scandali della corruzione e dei suoi effetti devastanti, e tutt’ora presenti, in Italia. Fu allora che, dopo tanti confronti con politici e amministratori pubblici, stese le linee di un patto vincolate tra eletti ed elettori, di natura etica, programmatica e partecipativa. Fu una geniale intuizione, di estrema attualità nella mondiale crisi democratica.

Viviamo un tempo ‘post-rappresentativo’ dove i politici non rappresentano le nostre società super-complesse e i cittadini vogliono e sanno influire collettivamente e direttamente. Occorre superare la lunga deriva individualista e riportare la democrazia alla sua essenza che è il “noi”. Per questo, durante il prossimo convegno internazionale ‘Co-Governance, corresponsabilità nella città oggi’ (17-20 gennaio 2019, Castelgandolfo – RM, Italia) costruiremo, in modalità partecipativa, le linee di un ‘Patto per la Città’, che altro non è che l’attualizzazione della politica intesa come carità di Giordani e della visione profetica del ‘patto’ di Sorgi. 

 

Stefania Tanesini

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Maria Voce annuncia il Centenario di Chiara Lubich (1920-2020)

Con una lettera indirizzata a tutto il Movimento dei Focolari, datata 7 dicembre 2018, giorno del 75° anniversario della consacrazione a Dio di Chiara Lubich, la Presidente Maria Voce, ha annunciato che nel corso del 2020 si ricorderanno i 100 anni dalla sua nascita. “Ci avviciniamo al 2020, in cui festeggeremo il Centenario della nascita di Chiara Lubich. – ha scritto  Maria Voce – Tale ricorrenza rappresenterà certamente un’occasione unica anzitutto per ringraziare Dio del dono che Chiara è stata per noi e per tante persone in tutto il mondo. Infatti, siamo stati tutti conquistati dal carisma che Dio le ha dato e che ha cambiato o sta cambiando profondamente le nostre vite. Sarà anche il momento favorevole per permettere a molti altri di incontrare Chiara viva oggi nella sua Opera”. “Chiediamo insieme, fin da ora – ha concluso la Presidente – l’abbondanza dello Spirito Santo, per noi, per quanto vogliamo realizzare, ma soprattutto per tutte le persone che avranno l’occasione di conoscere Chiara ed il suo carisma”. Nei prossimi mesi le comunità dei Focolari nel mondo si daranno appuntamento per progettare insieme come celebrare questo anniversario. Al Centro internazionale del Movimento dei Focolari è stata creata una commissione, alla quale si può rivolgersi (centenario.chiara(at)focolare.org) per comunicare le iniziative ideate, chiedere consigli o per ricevere materiale informativo. Anche il nostro sito dedicherà uno spazio al Centenario di Chiara attraverso il quale far conoscere le varie attività che si svolgeranno nel mondo per questo anniversario. (altro…)

Oggi, 75 anni fa, tutto è cominciato

Oggi, 75 anni fa, tutto è cominciato

Con il suo sì incondizionato a Dio, Chiara Lubich ha compiuto un gesto semplice e rivoluzionario che continua a d essere generativo di vita, opere e cultura. Il 7 dicembre 1943 Chiara si dona a Dio per sempre. Ai ragazzi dei Focolari, nel 2002, racconterà che quella fredda mattina di 75 anni fa non aveva intenzione di fondare alcunché: “Avevo sposato Dio!  Mi aspettavo tutto”. Oggi oltre due milioni di persone hanno abbracciato la sua spiritualità, che ha varcato confini geografici e culturali. Cosa succede quando il percorso di vita di qualcuno incontra la spiritualità di Chiara Lubich? L’abbiamo chiesto a Maria Celeste Mancuso e Arthur Ngoy, rispettivamente argentina e congolese. Maria Celeste, insegnante: “Ho conosciuto i Focolari durante la dittatura militare nel mio Paese: mio fratello ventiquattrenne era stato sequestrato e assassinato e la mia famiglia era distrutta dal dolore. È stato allora che ho incontrato un gruppo di giovani del Movimento che mi hanno parlato del grido di dolore di Gesù sulla croce a cui potevo unire il mio. Ho trovato la forza di perdonare gli assassini di mio fratello e ho scelto di aderire alla chiamata di amare tutti, proprio come Gesù aveva fatto. Professionalmente mi sono dedicata all’insegnamento a giovani disagiati non solo per offrire loro basi culturali, ma per restituire dignità e rispetto. Oggi non mi sento più solo argentina o latinoamericana, ma appartenente ad una cultura nuova, che vede l’altro, il diverso, come un fratello e che legge la storia come un percorso verso la realizzazione della fratellanza universale. Arthur, medico: “Avevo appena perso alcuni amici in un incidente in cui anch’io ero rimasto coinvolto. Ero a terra ed è stato in quel periodo in cui ho sentito parlare di Chiara, di come lei avesse scoperto l’amore di Dio proprio durante l’assurdo della seconda guerra mondiale e ho capito: volevo che anche la mia vita fosse guidata dal Vangelo. Ho scelto così di non cedere ai ricatti della corruzione, così comune nel mio Paese, e di vivere il mio mestiere di medico mettendo il bene dei pazienti prima di tutto. Nel 2007 c’è stato uno dei momenti più difficili della mia vita: mio figlio maggiore è morto in seguito a un incidente. Un episodio che, nella cultura africana, è soggetto a molte interpretazioni: chi mi ha consigliato di divorziare, chi di abbandonare il lavoro o il Paese… solo la certezza che quello che Chiara mi aveva insegnato, e cioè a continuare ad amare, mi ha aiutato a superare questa prova e a riportare la pace in famiglia. Voglio ringraziare Chiara per aver portato la spiritualità dell’unità anche nel continente africano.

A cura di Stefania Tanesini

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Un ecumenismo che si basa sull’ascolto

Un ecumenismo che si basa sull’ascolto

Un approccio al dialogo tra le Chiese che valorizza la reciprocità. Il 2017 è stato l’anniversario di 500 anni della Riforma. Non solo un ricordo, ma una tappa che ha segnato passi avanti nel cammino ecumenico. E adesso, come proseguire? È la domanda dalla quale sono partiti i novanta partecipanti ad un seminario svoltosi al Centro Mariapoli di Zwochau (Germania) dal titolo “Brennpunkt Ökumene” dove il fulcro è stata la proposta di un “ecumenismo ricettivo”. Di cosa si tratta? Paul D. Murray, teologo cattolico dell’Università di Durham (Gran Bretagna), ne ha formulato così il principio centrale: “Non ‘che cosa devono imparare gli altri da noi’, bensì ‘che cosa noi possiamo imparare dagli altri”. Un ecumenismo quindi dell’ascolto e della reciprocità. Il dottor Callan Slipper, teologo anglicano londinese, ha spiegato che tale approccio porta ad imparare gli uni dagli altri, senza nascondere le ferite, anzi con la coscienza che si può guarirle anche con l’aiuto degli altri. Poi insieme a Peter Dettwiler, teologo riformato dalla Svizzera, hanno fatto penetrare gli ascoltatori nella “vita interiore” delle rispettive Chiese, in un dialogo che non ha taciuto le colpe e le ferite. Insieme alla pastoressa Seehafer della comunità della Chiesa libera evangelica e al sacerdote cattolico Marcellus Klaus hanno dato vita ad una tavola rotonda offrendo ai presenti la possibilità di mettere subito in pratica l’“ecumenismo ricettivo”. A conclusione della giornata la riflessione su un estratto del discorso tenuto da Chiara Lubich nella Chiesa della Memoria di Berlino, che offre la radice della reciprocità proposta dall’”ecumenismo ricettivo”: “Gesù, prima di essere messo in croce, prima di soffrire l’abbandono del Padre, l’aveva pregato, in una lunga preghiera per l’unità, ‘perché tutti siano una cosa sola’ (Gv 17,21). E l’unità vissuta, ha un effetto, che è pure esso, per così dire, un pezzo forte per un ecumenismo vivo. Si tratta della presenza di Gesù fra più persone, nella comunità: ‘Dove due o tre – ha detto Gesù – sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro’ (Mt 18,20). Ma perché in questa stupenda chiesa non facciamo sì che noi cristiani ci uniamo in tale maniera in queste idee, sì da realizzare questo fatto: che magari siamo entrati di Chiese diverse e usciamo un solo popolo cristiano, pronti a morire gli uni per gli altri?”. (altro…)

I Focolari aderiscono al Global Catholic Climate Movement

I Focolari aderiscono al Global Catholic Climate Movement

Molti i modi in cui ciascuno può far propria questa scelta: dal cambiamento degli stili di vita, fino al sostegno di una finanza etica che non investe in combustibili fossili o armi. Il Global Catholic Climate Movement (Movimento Cattolico Globale per il Clima) collabora con la Chiesa Cattolica per una maggiore cura della Terra. Nato dopo la pubblicazione dell’enciclica “Laudato si’” oggi  include quasi 1000 organizzazioni cattoliche: parrocchie, scuole, ong… Fra queste anche il Movimento dei Focolari. Abbiamo intervistato Luca Fiorani, fisico e coordinatore di EcoOne. Luca, cos’è EcoOne? È la rete internazionale nata dal Movimento dei Focolari che raggruppa persone che cercano di vivere un’ecologia nuova. Cosa significa per il Movimento dei Focolari la partnership con il Movimento Cattolico Globale per il Clima? Vuol dire che il Movimento dei Focolari si inserisce in questa iniziativa globale impegnandosi a lottare contro i cambiamenti climatici. In Italia, ad esempio, ha controllato i suoi conti bancari e può dire che non investe nemmeno un centesimo in fondi che sostengono l’economia dei combustibili fossili. Spieghiamo meglio il legame tra cambiamenti climatici e combustibili fossili. Quando utilizziamo carbone, petrolio o gas naturale produciamo CO2, un gas che contribuisce all’effetto serra che riscalda l’atmosfera, con tutti gli effetti negativi che osserviamo, dalla desertificazione – che è una delle cause delle migrazioni –, agli eventi metereologici estremi – che provocano le inondazioni. Le persone del Movimento dei Focolari, cosa possono fare per partecipare a questa partnership? Guardiamo la natura e l’umanità con occhi nuovi, quelli del cuore. E poi usiamo la testa e le mani per agire in favore dell’umanità di oggi e delle generazioni future. Cambiamo i nostri stili di vita: non sprechiamo l’acqua, usiamo l’energia in maniera efficiente, miglioriamo la raccolta differenziata e “votiamo” con i nostri consumi. Ad esempio, se scopriamo che la nostra banca investe soldi in combustibili fossili o armi – basta andare sul web e fare una breve ricerca per scoprirlo – scegliamo una banca più sostenibile. Il Papa – e tanti con lui – sono preoccupati perché il grido della Terra è il grido dei poveri: non possiamo rimanere a guardare!

Lorenzo Russo

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In Belgio è “il tempo del noi”

Il contributo dei Focolari nel complesso cammino di integrazione e dialogo tra cristiani e musulmani in Belgio, terra ferita anche dagli attentati terroristici del 2016. “È arrivato ‘il tempo del noi’, “siamo una comunità, una ‘minoranza profetica’”. Si sono espressi così Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari, e Jesús Moràn, Copresidente, partecipando a Bruxelles ad un appuntamento che ha visto insieme cristiani e musulmani che da anni, nel Paese, cercano di vivere la fraternità nella diversità e nel rispetto dell’identità religiosa e culturale di ciascuno. Presenti all’incontro una cinquantina di persone, metà musulmani metà cristiani, tutti attori del dialogo. Un primo momento di saluti gioiosi intorno ad una tazza di thè marocchino ha creato un’aria di famiglia. “Sperimentiamo un’unità profonda – ha detto Jesús Moràn – perché Dio è troppo grande ed è presente dappertutto nella nostra vita”. La storia dell’islam in terra belga è iniziata cinquantacinque anni fa con l’arrivo di immigrati di origine marocchina e turca, è proseguita con arrivi da altri Paesi e si arricchisce oggi con le nuove generazioni nate in Belgio. Dopo gli attentati di Bruxelles nel marzo 2016, il dialogo con i musulmani è diventato una priorità anche politica. C’è stata una nuova presa di coscienza della problematica legata all’integrazione, o piuttosto alla non-integrazione, delle minoranze musulmane. Spesso si pone l’accento sulle diversità, su un ”noi” e un “voi” fomentato da correnti fondamentaliste. Nel Paese convivono una minoranza musulmana, credente e praticante, che manifesta la sua identità nello spazio pubblico, ed una maggioranza di cittadini che rifiutano l’eredità cristiana e sono per lo più agnostici o indifferenti alla fede. Questa società materialista e fortemente laicizzata confonde spesso il fondamentalismo con l’islam nella sua essenza e bellezza. L’amicizia tra i Focolari ed i musulmani in Belgio è iniziata anni fa quando una focolarina si è trovata ad insegnare in un quartiere a forte presenza islamica. Con tanti sono nati rapporti profondi e, piano piano, c’è stato chi ha voluto conoscere quel che animava quell’insegnante generosa. È nato così un nucleo di persone che hanno camminato con i Focolari, partecipando anche ad incontri internazionali di carattere interreligioso. Il dialogo intrapreso è e rimane un “dialogo della vita” che tesse una rete di fraternità vissuta, rinnovata, apprezzata particolarmente in questi tempi difficili di diffidenza dilagante.

 Chris Hoffmann

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Eli Folonari nelle parole di Maria Voce

Abbiamo chiesto alla presidente dei Focolari di raccontarci qualcosa del suo rapporto con Eli Folonari e del suo contributo specifico per il Movimento, nei tanti anni che ha vissuto accanto a Chiara.  “Posso dire di aver conosciuto un po’ di più Eli da quando sono stata chiamata a far parte della Segreteria di Chiara, di cui lei era la principale responsabile. Subito mi ha colpito per la sua serietà, per il suo equilibrio e direi che, dietro ad un’apparenza che a volte poteva sembrare severa, ho scoperto tanta tenerezza. Ha vissuto con eroicità tutto quello che Chiara le chiedeva. In particolare le aveva affidato l’aspetto della comunione che si traduce in comunicazione: cioè far sì che tutti potessero essere informati di tutto, in qualsiasi momento. E questo lo ha fatto fino all’estremo. L’ho vista sempre vicino a Chiara, sempre a sostenerla, ad essere amica, sorella, anche consigliera nelle tante cose da fare. E nello stesso tempo non l’ho mai vista sostituirsi a lei: faceva di tutto perché Chiara e il carisma che donava arrivasse a tutti senza diaframmi. E questo mi sembra sia stata la realizzazione più piena del suo ‘disegno’: ha fatto di tutti quanti avvicinavano Chiara un cuore solo e un’anima sola”. (altro…)