Mar 23, 2018 | Focolari nel Mondo
“Ciò che è impossibile a milioni di uomini isolati e divisi, pare diventi possibile a gente che ha fatto dell’amore scambievole, della comprensione reciproca, dell’unità, il movente essenziale della propria vita.” (Chiara Lubich, a un gruppo di musulmani, il 7 dicembre 2002 a Madrid) Promosso dal Centro del dialogo interreligioso del Movimento dei Focolari, il 21 aprile (dalle ore 16 alle 19), è previsto un pomeriggio aperto a tutti, nel contesto dei giorni di condivisione vissuti da musulmani e cristiani frutto di dialogo e di fraternità consolidati. Saranno proposte riflessioni ed esperienze, sorte in diversi aree socio-geografiche, nate e maturate alla luce del carisma dell’unità di Chiara Lubich. L’auspicio comune è di poter offrire squarci di speranza nella complessa e spesso dolorosa situazione che il mondo oggi vive. L’incontro si svolgerà presso il Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Roma, Italia). Scarica invito: Giornata aperta Per info: congressoaprile18@focolare.org (altro…)
Mar 23, 2018 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
“Ho visto nel Papa l’entusiasmo dell’ascolto. Ci ha chiesto di parlare con coraggio, senza filtri, liberamente e noi lo facciamo. La Chiesa è a nostra disposizione, e siamo certi che il Sinodo di ottobre porterà molti frutti”. Stella Nishimwe viene dal Burundi, è membro del Movimento dei Focolari e alla riunione pre-sinodale rappresenta il suo Paese. “Sono stata colpita da quello che ha detto ieri Papa Francesco. È un Papa in gamba, che vive con il popolo di Dio e che veramente conosce la realtà del mondo e vuole cercare con il popolo le soluzioni, a partire dalla vita. Mi aspetto, dal Sinodo, un nuovo cammino della Chiesa con i giovani dove i giovani si sentano responsabili di portare la Chiesa insieme”. Nishimwe parla poi della condizione dei giovani nel suo Paese: “Vivono nella povertà, nella incertezza del futuro, con una disoccupazione molto alta. Con questo Sinodo vedo una Chiesa che ascolta, che cammina con noi, che condivide le difficoltà che i giovani vivono in diversi Paesi, in contesti di guerra, povertà, disoccupazione. Sono situazioni che difficilmente potranno cambiare, ma almeno possiamo provarci insieme e così facendo sperimentare di essere, come Chiesa, un’unica famiglia”. Fonte: SIR
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Mar 23, 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni

Michelle Sopala
Quando ripenso al Genfest 1995 non ricordo solo l’evento in sé, le danze, i volti, l’emozione, le fortissime esperienze dei partecipanti (indimenticabili!). Prima ancora di quei due giorni vissuti al Palaeur di Roma, i miei pensieri tornano all’intensa esperienza di unità costruita durante i mesi precedenti, e in particolare nelle due ultime settimane. Non ricordo i dettagli, ma la sostanza sì! Strano, lo so, ma ogni volta che ci incontravamo per prepararci, il risultato, ricordo, era un’unione più profonda e più forte con Dio. Prima di cominciare, cercavamo di ricordare la prospettica con cui stavamo lavorando. Non eravamo lì solo per divertirci (anche se era tutto davvero divertente!), ma perché credevamo che il nostro potesse essere un contributo al mondo unito, quello che tutti noi sognavamo… Un mondo in cui tutte le relazioni fossero basate sull’amore e il rispetto reciproco, in cui si potessero superare tutte le divisioni. Solo dopo questa premessa ci mettevamo al lavoro. Per prima cosa sono uscite le idee. Poi, da quelle, sono uscite una canzone, una danza, un rap… Ogni piccolo pezzo nasceva offrendo e perdendo ognuno la propria idea, cercando di essere pieni di amore e vuoti di se stessi per capire veramente gli altri. Questo comportava fatica, energie, anche dolore, ma per qualche ragione ci riempiva di una gioia e felicità tutte particolari. Davamo tutto di noi, pronti a perderlo. Era il nostro patto, anche perché, per quanto lavorassimo duramente, non sapevamo se il nostro pezzo sarebbe stato scelto dal comitato organizzatore. E se anche fosse stato scelto, all’ultimo minuto poteva anche essere cancellato. Ma, detto questo, noi andavamo avanti… a tutta velocità!
E ora sul Genfest! Anche se, nel suo complesso, è stato un evento di quelli che ti cambiano la vita, non posso nasconderlo: per me il momento clou fu l’incontro con Chiara Lubich. Non so se anche gli altri 12 mila giovani dell’arena ebbero la stessa sensazione, ma in quel momento fu come se Chiara stesse parlando solo con me. Quando Noel le rivolse l’ultima domanda, “Chiara, dal profondo del tuo cuore, cosa vorresti dire a noi giovani?”, la sua risposta risuonò come una chiamata alle armi, e ancora mi risuona nelle orecchie. Con una intuizione geniale e una comprensione profonda di ciò cui anelano i giovani, Chiara rispose: «Vi ripeto quello che ha detto una volta santa Caterina da Siena, quella grandissima santa, quella donna meravigliosa, parlando ai suoi discepoli: “Non accontentatevi delle piccole cose, perché egli, Dio, le vuole grandi”. È quello che vi dico io: giovani, non accontentatevi delle briciole. Avete una vita sola, puntate in alto, non accontentatevi delle piccole gioie, cercate quelle grandi, cercate la pienezza della gioia». Bene o male, da allora questa è stata la mia esperienza. L’“unità”? È una parola profonda che ancora, dopo 23 anni, sto scoprendo. E la “pienezza della gioia”? Sì! Quella l’ho trovata! Oh! … e a proposito, la nostra performance venne scelta. Guardala (di Nick Cianfaroni). Spero ti piaccia! Michelle Sopala
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Mar 22, 2018 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

Jonathan Michelon
Jonathan, come si svolgono i lavori? «Ci sono sessioni in plenaria e di gruppo. I gruppi sono una ventina, divisi per lingua: inglese, francese, spagnolo e italiano. Ogni gruppo ha un redattore e un facilitatore. I partecipanti devono rispondere insieme alle 15 domande proposte dal documento del Sinodo. Alla fine, sarà prodotto un documento che verrà poi consegnato ai Padri Sinodali». Di cosa trattano le domande? «La prima parte è dedicata alle sfide e alle opportunità delle giovani generazioni nel mondo di oggi. Quindi, la formazione della personalità, la relazione con gli altri popoli, le sfide interreligiose, le differenze viste come opportunità, i giovani e il futuro, i loro sogni, il rapporto con la tecnologia, la ricerca del significato della vita, la relazione tra vita quotidiano e il sacro». E la seconda parte delle domande? «Si è parlato della fede, della vocazione, il senso della specifica missione del giovane nel mondo, del discernimento e dell’accompagnamento vocazionale. Poi, il loro rapporto con Gesù, come è percepita dai giovani la figura di Gesù nel terzo millennio. Un’ultima parte era dedicata alle attività formative e pastorali della Chiesa, il rapporto dei giovani con la Chiesa e le loro esperienze».
Da dove provengono i giovani del tuo gruppo? «Dall’Europa (Slovenia, Germania, Grecia, Polonia) ma anche dai continenti, addirittura dalle isole Samoa americane, nell’oceano Pacifico. Un giovane sikh ha condiviso la sua esperienza di fede e il rapporto con i sacerdoti del loro tempio, che sono sempre pronti a dare a tutti una parola di pace. C’è anche una giovane anglicana dello Zimbabwe e che studia per diventare sacerdote. C’è molta saggezza, e il confronto è arricchente». Ci sono esperienze che ti hanno colpito? «Una, in particolare, è quella di un giovane medico polacco, legato al cammino neocatecumenale che, con la moglie, ha fondato un’associazione che si occupa della cura dei moribondi. Stimolato dalla meditazione del primo giorno, sul senso profondo del dolore, basata sull’esperienza di Chiara Luce Badano, ha raccontato quello che vivono. Con gli altri dell’associazione vanno dai malati, li assistono e li invitano ad offrire il loro dolore per tutti. Così, queste persone lasciano la terra “pieni di vita” perché, come lui dice, “la morte è il più bel periodo della vita, perché ci avviciniamo a Dio, a Chi amiamo di più”». Ai giovani dei Focolari è stata affidata l’animazione della messa e le meditazioni quotidiane… «Sì, alcuni giovani della Scuola Gen di Loppiano e dei Centri Gen a Roma hanno formato un coro, il quale sta ora diventando un gruppo inclusivo: invitano chi ha i talenti a partecipare all’animazione della messa. Ieri, si è unito un violinista. Davvero una bella esperienza». Quindi, i giovani sono felici di questa esperienza? «Ci stiamo rendendo conto che stiamo vivendo un momento storico nella Chiesa cattolica. È la prima volta, in 2000 anni, che si fa un sinodo per i giovani con i giovani! Ma per loro è naturale contribuire così alla Chiesa. La Chiesa è loro. Si comportano con il Cardinale e anche con Papa Francesco come con i loro migliori amici: danno loro la mano, li abbracciano… È molto bello». E per te? «Per me è un’esperienza unica, ti rendi conto della vastità della Chiesa e della sua incidenza nel mondo. Qui, hai il mondo, l’universalità della Chiesa». Fonte: Loppiano online
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Mar 22, 2018 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Quella di Jean e Vivian è una storia che parla di amore, coraggio, speranza. Si conoscono ad Aleppo, in Siria, nel 2000, frequentando entrambi il Movimento dei Focolari. Vivian è vedova e ha un figlio di quattro anni nato con una sordità acuta. Jean è falegname, attivo nel sociale. Il comune impegno nel vivere il Vangelo e portare l’ideale del mondo unito all’umanità li avvicina: si sposeranno nel 2003 e avranno quattro figli. Marc, il primo figlio di Vivian, è il motore da cui parte la loro avventura: la necessità di cure specialistiche vede Vivian recarsi in Libano dove Marc sarà seguito in un centro fondato dai Focolari: “È un vero paradiso anticipato – racconta – La vita di Vangelo vissuto nel quotidiano accompagna tutto il processo educativo. I bambini crescono in quest’oasi di pace, e sviluppano i loro talenti superando il loro handicap. Nasce dentro di me un sogno: poter fondare anch’io un istituto tale nella mia città Aleppo”. Jean la sostiene in questo progetto e nel 2005 nasce il loro piccolo Centro. Ne seguiranno di più grandi capaci di accogliere decine di bambini, tutti figli di famiglie povere che non possono pagare alcuna retta. Per questo il Centro era sempre in deficit: “Per ogni necessità – ricorda Jean – andavamo davanti ad un crocifisso per consegnargli i nostri bisogni. La provvidenza arrivava puntualmente”.
Lo scoppio della guerra, nel 2011, porta morte e distruzione. Jean perde la falegnameria, il centro non ha più nessuna entrata economica, e in molti vivono solo di aiuti dalla Chiesa e da organizzazioni umanitarie. Tanti lasciano il Paese e anche Jean e Vivian, pur tormentati, acquistano i biglietti per partire. Ma un’esigenza si fa chiara nel cuore: non possono lasciare i “loro” bambini sordi, distruggere quel sogno realizzato con fatica.“La vigilia della partenza entro in chiesa – racconta Jean – e lì faccio un colloquio profondo con Gesù, a tu per tu, da uomo a uomo. Lui mi parla al cuore e mi chiede di non partire: cosa faranno quei bambini? Mi sento rivolgere questa domanda tragica. Metto i miei bambini nelle Sue mani. Torno a casa, e con Vivian decidiamo di strappare i biglietti e rimanere per sempre nella nostra città, per essere un dono a quelli che hanno bisogno di noi”. “Eravamo fiduciosi che Dio ci avrebbe accompagnato e sostenuto in tutti i nostri futuri progetti e soprattutto nella vita della nostra famiglia – gli fa eco Vivian – e così è stato”. Oggi il Centro è diventato la loro seconda casa, anche i loro figli partecipano alla vita del gruppo e Jean vi si dedica a tempo pieno. “Questa convivenza ci ha allargato il cuore. Non c’è più né ragazzo né ragazza, né studente né insegnante, né sano né handicappato, né musulmano né cristiano. Tutti noi viviamo dell’unico amore e sotto lo sguardo di un Dio Amore, incarnato, vivo in mezzo a noi”. Chiara Favotti (altro…)
Mar 21, 2018 | Focolari nel Mondo
Per celebrare il Capodanno persiano, che coincide con l’equinozio e quindi con l’arrivo della primavera, il 21 marzo, in molti paesi dell’Asia e dell’Europa orientale, si celebra la festa di Nawrūz (che significa “nuovo giorno”), proclamata Giornata internazionale dalle Nazioni Unite e iscritta dal 2009 nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Nawrūz è una festa antichissima, allegra e gioiosa, celebrata, si calcola, da circa 300 milioni di persone. Collegata all’idea della rinascita della natura, è pervasa da un ricco simbolismo e promuove valori di pace, riconciliazione, solidarietà tra generazioni, amicizia tra famiglie, popoli e comunità. (altro…)
Mar 21, 2018 | Focolari nel Mondo
Esistono ancora i pregiudizi basati sul colore della pelle, dopo le grandi conquiste del secolo scorso? Molti passi sono stati fatti, ma ancora si deve lavorare per abbattere completamente ogni forma di disparità. Ce lo ricorda, il 21 marzo, la Giornata Internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, istituita nel 1966 dalle Nazioni Unite, in ricordo del massacro di Sharpeville, in Sudafrica, avvenuto lo stesso giorno del 1960. Quel giorno, forse il più sanguinoso dell’apartheid, la polizia aprì il fuoco su una folla di cittadini neri che protestavano contro una misura di segregazione razziale loro imposta. Circa 70 rimasero a terra privi di vita. In questi giorni, in varie parti del mondo vengono organizzate campagne a favore dell’integrazione e contro ogni forma di discriminazione, odio e violenza perpetrata per motivi razziali. Grandi protagonisti in queste iniziative, come sempre, i giovani. (altro…)
Mar 21, 2018 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Andrea Riccardi
Incontriamo Andrea Riccardi a Castel Gandolfo, presso il Centro Mariapoli. Il clima è quello dei giorni di festa, centinaia di persone (saranno duemila in tutto, alla fine) stanno confluendo all’appuntamento in occasione del decimo anniversario della morte di Chiara Lubich. Fuori la porta del salottino dove lo incontriamo è tutto un vociare festoso. «Dieci anni dopo, ritornare su Chiara Lubich non è ritornare al passato, non è fare archeologia – afferma Andrea Riccardi – e non è nemmeno fare solo una memoria sentimentale, come si può avere per una persona che è stata importante nella Chiesa. Ma – confida – credo sia stata importante anche nella mia vita». Riferendosi agli anni cruciali in cui in Europa, dopo una parentesi lunga un secolo, rinasceva la democrazia, cadeva il muro e la “cortina di ferro” veniva smantellata, il Fondatore della Comunità di Sant’Egidio afferma: «Secondo me, il messaggio di Chiara ha più valore oggi che al tempo della Guerra fredda o con l’89. Oggi, in questo mondo globale, il messaggio di Chiara ci parla del destino comune di tutti gli uomini, dell’unità dei popoli e dell’unità della famiglia umana. Ma non è il messaggio di una sociologa, pur essendo un messaggio molto profondo, perché Chiara era una donna capace di sintesi e di profondità, capace di analisi e di comunicazione semplice». «Oggi c’è bisogno di un messaggio di unità perché questo mondo globale non si è unificato spiritualmente. Lo diceva il patriarca Atenaghoras [Patriarca ecumenico di Costantinopoli], il grande amico di Chiara: “C’è una unificazione del mondo, ma non c’è una unificazione spirituale”. E Chiara ci dice che questo mondo si può unificare, i poveri con i ricchi, i lontani con i vicini, gli stranieri con i nativi. Chiara ci dice anche – aggiunge – che io piccolo uomo, che tu piccola donna, che tu giovane, che tu anziano, tu puoi, tu puoi cambiare il mondo». «Chiara è stata l’amica dei grandi, apprezzata dai grandi. Penso alla sua amicizia con Giovanni aolo II, che diceva “la mia coetanea Chiara”. Però ha mostrato anche che il mondo si può cambiare con i piccoli che hanno fede. È Maria nel Magnificat».
«Chiara mi ha aiutato a capire cosa significa il valore del carisma, perché Chiara ha riconosciuto in me, ha riconosciuto nella comunità di Sant’Egidio un carisma. E lei aveva un senso profondo delle persone e delle esperienze di Chiesa». E conclude: «Per me Chiara è anche il ricordo molto caro di una amicizia profonda. Chiara è stata un’amica, un’amica nelle piccole cose, nell’attenzione con cui riceveva alla sua tavola, nelle telefonate, nella cura personale. Ma poi è una persona che ha visto giusto in grandi momenti della Chiesa. Io penso per esempio all’incontro di Giovanni Paolo II coi movimenti, quando Chiara disse: “Questa è una folgorazione del Papa, è un punto di arrivo e deve essere un nuovo punto di partenza”. Il mio affetto si accompagna oggi a una memoria orante con Chiara, per Chiara». Vedi l’intervista (altro…)
Mar 20, 2018 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Con una lettera di ringraziamento indirizzata ai gen4 di tutto il mondo è stato pubblicato il bilancio di “Hanno sloggiato Gesù”, l’iniziativa che vede impegnati ogni anno i bambini del Movimento dei Focolari durante il periodo natalizio. Grazie alle offerte raccolte dalla presentazione dei “bambinelli” in gesso raffiguranti Gesù, durante lo scorso periodo di Natale i gen4, aiutati dagli adulti e in alcuni casi anche dalle istituzioni cittadine, hanno raccolto 3.627,60 euro, che sono stati destinati a otto progetti in Brasile, Messico, Colombia, Venezuela, Perù, Argentina, Burundi, Uganda e Siria. A questa cifra è stata aggiunta una donazione destinata a cure mediche, alimentazione e materiale scolastico per quattro progetti in Repubblica Centro Africana, Cameroun, Egitto e Iraq. Al di là delle cifre, è da evidenziare la “cultura del dare” della quale i gen4 si nutrono. (altro…)
Mar 20, 2018 | Chiara Lubich, Chiesa, Spiritualità

Foto: Pixabay
La gioia dei primi cristiani (come del resto quella dei cristiani di tutti i secoli, là dove il cristianesimo è compreso nella sua essenza e vissuto nella sua radicalità), la gioia dei primi cristiani era una gioia nuova, mai conosciuta fino allora. Non aveva niente a che fare con l’ilarità, con il buonumore, con l’allegria. Né era semplicemente “la gioia esaltante dell’esistenza e della vita” – come direbbe Paolo VI – né “la gioia pacificante della natura e del silenzio”, né la gioia o “la soddisfazione del lavoro compiuto”, né solamente “la gioia trasparente della purezza” o quella “dell’amore casto”… tutte gioie belle. Ma quella dei primi cristiani era diversa: era una gioia simile a quell’ebbrezza che aveva invaso i discepoli alla discesa dello Spirito Santo. Era la gioia di Gesù. Perché Gesù, come ha la sua pace, così ha la sua gioia. E la gioia dei primi cristiani, sgorgata spontanea dal fondo del loro essere, saziava completamente il loro animo. Essi avevano trovato veramente ciò di cui l’uomo di ieri, d’oggi, di sempre va in cerca: Dio che – come abbiamo visto – lo soddisfa pienamente. Avevano trovato la comunione con Dio, elemento essenziale alla loro piena realizzazione. Erano uomini. L’amore, infatti, la carità, di cui Cristo attraverso il battesimo e gli altri sacramenti arricchisce il cuore dei cristiani, si può raffigurare a una pianticella. Più essa affonda le radici nel terreno della carità fraterna (più cioè gli uomini amano i propri fratelli), più il fusto svetta verso il cielo: più cresce nel cuore l’amore verso Dio, la comunione con Lui, non creduta solo per fede, ma sperimentata. E questa è felicità: si ama e ci si sente amati. Questa era la felicità dei primi cristiani adulti e giovani, che si sprigionava in liturgie festose, traboccanti di inni di lode e di ringraziamento. Gioia, che cresceva nel cuore anche per il fatto che con l’amore e per l’amore avevano la luce. Essi “vedevano”, avevano una certa comprensione delle cose di Dio di per sé impenetrabili. I misteri, se erano accettati da loro per fede, non erano così oscuri come si può pensare. C’era in loro una qualche penetrazione di essi così saporosa, così luminosa d’aver impressione di comprenderli, di possederli. E ciò esaltava ancor più la loro gioia: s’aggiungeva, alla gioia dell’amore, quella della verità. Così, armati solamente di amore e di luce, e vestiti di gioia, s’erano diffusi in breve tempo nel mondo allora conosciuto: “Siamo di ieri – diceva Tertulliano – e abbiamo già invaso il mondo”. Essi godevano persino delle persecuzioni e cantavano nel martirio. Avevano infatti compreso un paradosso del cristianesimo: la gioia, la soprannaturale gioia di Cristo, si trova proprio dove la gioia non c’è: nel dolore. Ma nel dolore amato. Fonte: Centro Chiara Lubich (altro…)