


Lisboa – Orienta a bússola: Uma proposta de vida

“Vogliamo una Chiesa accogliente e credibile”
“Pace, amore, fiducia, equità, libertà e giustizia”. Ma anche sicurezza, ascolto, considerazione e partecipazione. È ciò che desiderano i giovani di tutto il mondo, a tutte le latitudini, di tutte le fedi e convinzioni, di qualunque condizione sociale, economica e culturale. Giovani che anche laddove “non si riconoscono più nelle religioni tradizionali e non si definirebbero come religiosi”, tuttavia “sono aperti alla spiritualità”, desiderosi di spendersi per gli altri e per il bene comune, e in cerca di guide che li aiutino a scoprire la propria vocazione e a dare senso alla propria vita. Lo hanno raccontato loro stessi in occasione dell’incontro che si è svolto a Roma dal 19 al 24 marzo, inteso come momento preparatorio al XV Sinodo ordinario dei Vescovi voluto da Papa Francesco sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” che si terrà in ottobre. Oltre 300 fisicamente presenti e altri 15mila collegati via web, hanno raccontato alla Chiesa – che per la prima volta li ha accolti per ascoltarli in un incontro del genere – dei loro sogni e delle loro sfide, e hanno detto cosa si aspettano dai ministri di Dio e cosa chiedono alla società più ampia, hanno offerto le loro testimonianze e le loro proposte perché l’annuncio del Vangelo raggiunga un numero crescente di giovani con un linguaggio adatto e un atteggiamento umile e dialogante. Seguendo l’indicazione di Papa Francesco, che ha chiesto loro di parlare liberamente, avendo la “faccia tosta” di dire anche cose scomode, i ragazzi hanno detto con forza di volere “modelli attraenti, coerenti e autentici”, “testimoni vivi, in grado di evangelizzare attraverso le loro vite”, “uomini e donne in grado di esprimere con passione la loro fede e la loro relazione con Gesù, e nello stesso tempo di incoraggiare altri ad avvicinarsi”. Alla Chiesa chiedono di essere accogliente e misericordiosa, umile e umana, inclusiva, coerente e credibile, capace “di entrare in empatia con tutti i giovani del mondo” e di esprimere “tenerezza” anche verso coloro “che non seguono quelli che crediamo essere gli standard”. E si aspettano “spiegazioni razionali e critiche a questioni complesse”, come i temi della sessualità, “le dipendenze, i matrimoni falliti, le famiglie disgregate”, e “i grandi problemi sociali, come la criminalità organizzata e la tratta di esseri umani, la violenza, la corruzione, lo sfruttamento, il femminicidio, ogni forma di persecuzione e il degrado dell’ambiente naturale”. Ammettono di non avere una visione unitaria su temi complessi come l’accoglienza dei migranti e dei rifugiati, pur riconoscendo “il dovere universale alla cura per la dignità di ogni persona umana”, e affermano che “c’è spesso grande disaccordo tra i giovani, sia nella Chiesa che nel mondo, riguardo a quegli insegnamenti che oggi sono particolarmente dibattuti”, fra cui “contraccezione, aborto, omosessualità, convivenza, matrimonio e anche come viene percepito il sacerdozio”. Nonostante questo, anche coloro che non condividono pienamente gli insegnamenti ufficiali “desiderano comunque essere parte della Chiesa”. E ancora, sono spaventati dall’“instabilità sociale, politica ed economica” e alla Chiesa chiedono che sia “solidale e protesa verso coloro che lottano nelle periferie”. Vogliono una guida sicura, perché “le risposte semplicistiche non sono sufficienti”. E si aspettano che la Chiesa riconosca i propri errori, le mancanze e le piaghe più dolorose: solo così potrà essere credibile e affidabile. I giovani chiedono di essere coinvolti maggiormente negli organismi ecclesiali, di poter partecipare anche con ruoli di responsabilità e di leadership nei contesti più ampi come nei piccoli gruppi parrocchiali, e sottolineano l’esigenza di dare più spazio alle donne, ai loro talenti e alla loro sensibilità. Vogliono essere cercati, e trovati, dalla Chiesa nei luoghi che frequentano, reali e virtuali, dai bar alle palestre, ai social network. E vogliono saperne di più sui Sacramenti e partecipare ad eventi su larga scala come le GMG ma anche a piccoli gruppi diocesani o di parrocchia. Cercano inclusione: “anche piccoli gruppi locali dove possiamo esprimere i nostri interrogativi e condividere la fraternità cristiana sono di primaria importanza nel conservare la fede”. Sono giovani in ricerca, dunque, della propria vocazione nel mondo e di un senso più profondo da dare alla vita, custodiscono e coltivano una propria spiritualità e riconoscono – quasi sempre – nella Chiesa un interlocutore importante. Adesso la parola passa proprio alla Chiesa, che nel suo annuncio, d’ora in poi, non potrà non tener conto della loro voce. L’appuntamento è per l’Assemblea sinodale di ottobre, ma intanto il Papa ha assicurato “sarete presi sul serio”. Claudia Di Lorenzi Leggi il documento finale (altro…)

Venerdì santo: Gesù abbandonato
«Ho scritto un libro su di Lui in questi giorni intitolato Il grido (1). L’ho dedicato a Lui con l’intenzione di scriverlo anche a nome vostro, a nome di tutta l’Opera di Maria “come – questa è la dedica – una lettera d’amore a Gesù abbandonato“. In esso si parla di Lui che, nell’unica vita data a noi da Dio, un giorno, un preciso giorno, diverso per ciascuno di noi, ci ha chiamati a seguirlo, a donarci a Lui. E si capisce – lo dichiaro lì – come tutto ciò che voglio dire in quelle pagine, non può essere un tema, pur familiare, caldo, intimo, sentito; ma vuol essere un canto, un inno di gioia e soprattutto di gratitudine verso di Lui. Aveva dato tutto: una vita accanto a Maria nei disagi e nell’obbedienza. Tre anni di predicazione, tre ore di croce, dalla quale invoca il perdono per i carnefici, apre il Paradiso al ladrone, dona a noi la Madre. Gli rimaneva la divinità. La sua unione col Padre, la dolcissima e ineffabile unione con Lui, che l’aveva fatto tanto potente in terra, quale figlio di Dio, e tanto regale in croce, questo sentimento della presenza di Dio doveva scendere nel fondo della sua anima, non farsi più sentire, disunirlo in qualche modo da Colui col quale Egli aveva detto di essere uno, e grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27, 46)». Fonte: Chiara Lubich in collegamento telefonico. Castel Gandolfo, Roma, 20 aprile 2000. (1) C.LUBICH, Il grido, Roma 20036. (altro…)

Giovedì santo: Amore
Oggi, dunque, Amore. Il Giovedì santo, giorno nel quale, durante gli anni, abbiamo sperimentato spesso la dolcezza di una particolare intimità con Dio, ci ricorda quella profusione di amore che il Cielo ha riversato sulla terra. Amore innanzitutto l’Eucaristia, donataci in questo giorno. Amore il sacerdozio che è servizio d’amore e ci dà, fra il resto, la possibilità dell’Eucaristia. Amore l’unità, effetto dell’amore, che Gesù, come oggi, ha implorato dal Padre: “Che tutti siano uno come io e te” (cf Gv 17, 21). Amore il comandamento nuovo che Egli ha rivelato in questo giorno prima di morire: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 34-35). Comando che ci permette qui in terra una vita sul modello della Santissima Trinità. (Chiara Lubich in collegamento telefonico. Castel Gandolfo, Roma, 20 aprile 2000) (altro…)

Le mie vacanze ad Aleppo
«Settembre è volato. Prendo il taxi, insieme a altre due persone, che risiedono qui. Lasciamo la città che mi ha accolto: Aleppo. Sono tra i pochi stranieri (forse l’unico?) che hanno scelto questa città per un periodo di vacanza. Il tassista attraversa la città, una distesa di quartieri completamente distrutti. Quanti morti ci saranno ancora sotto quelle macerie? Lui sembra non pensarci, guida ad una velocità incredibile percorrendo strade che portano verso sud, in direzione di Homs. Da lì proseguirò alla volta di Beirut. Dopo due ore e mezza intravediamo, tra le macerie, la prima casa rimasta ancora in piedi! Difficile da credere. Sono stato accolto per un mese nel focolare di questa comunità. Al mio arrivo qualcuno alle porte di una chiesa mi ha detto: “Qui incontrerai dei veri cristiani”. Una affermazione che non avevo mai sentito. Ma ora la capisco. Sono stato testimone di come il focolare sia quel luogo in cui si condivide tutto: la “provvidenza” che arriva da tutto il mondo, con tavoli pieni di vestiti, ecc., ma soprattutto i dolori e le gioie, la vita di ogni giorno. Qui, per anni, l’unico sostegno è stato la Parola del Vangelo, Dio. Come mi risuonava l’inizio, sentito tante volte, della storia del Movimento dei Focolari, quando Chiara Lubich raccontava: “Erano tempi di guerra e tutto crollava”!

Bernard (centro), con Fredy (sinistra) e Murad (destra) nel focolare di Aleppo.

Parola di vita – Aprile 2018
Questa frase di Gesù fa parte di un lungo dialogo con la folla che ha visto il segno della moltiplicazione dei pani e lo segue, forse soltanto per ricevere da lui ancora qualche aiuto materiale. Gesù, partendo dal loro bisogno immediato, porta piano piano il discorso sulla sua missione: è stato inviato dal Padre per dare agli uomini la vera vita, quella eterna, e cioè la stessa vita di Dio, che è Amore. Egli, camminando sulle strade della Palestina, si fa vicino a quanti incontra, non si sottrae alle richieste di cibo, di acqua, di risanamento, di perdono; anzi condivide ogni necessità e ridà speranza a ognuno. Per questo può chiedere poi un passo ulteriore, può invitare chi lo ascolta ad accogliere la vita che ci offre, ad entrare in relazione con Lui, a dargli fiducia, ad avere fede in Lui. Commentando proprio questa frase del Vangelo, Chiara Lubich ha scritto: “Gesù qui risponde all’aspirazione più profonda dell’uomo. L’uomo è stato creato per la vita; la cerca con tutte le sue forze. Ma il suo grande errore è di cercarla nelle creature, nelle cose create, le quali, essendo limitate e passeggere, non possono dare una vera risposta all’aspirazione dell’uomo. … Gesù solo può saziare la fame dell’uomo. Soltanto Lui può darci la vita che non muore, perché Lui è la Vita”1. “In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna”. La fede cristiana è prima di tutto il frutto di un incontro personale con Dio, con Gesù, che non desidera altro che farci partecipare alla sua stessa vita. La fede in Gesù è aderire al suo esempio di non vivere ripiegati su noi stessi, sulle nostre paure, sui nostri programmi limitati, ma piuttosto di riversare la nostra attenzione sulle necessità degli altri: necessità concrete come la povertà, la malattia, l’emarginazione, ma soprattutto il bisogno di ascolto, di condivisione, di accoglienza. In questo modo potremo comunicare agli altri, con la nostra vita, lo stesso amore ricevuto come dono di Dio. E per fortificare il nostro cammino, Egli ci ha lasciato anche il grande dono dell’Eucaristia, segno di un amore che dona se stesso per far vivere l’altro. “In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna”. Quante volte, durante la nostra giornata, diamo fiducia alle persone intorno a noi: all’insegnante che istruisce i nostri figli, al tassista che deve portarci a destinazione, al medico che deve curarci … Non si può vivere senza fiducia, ed essa si consolida con la conoscenza, l’amicizia, il rapporto approfondito nel tempo. Come vivremo allora la Parola di vita di questo mese? Continuando il suo commento, Chiara ci invita a ravvivare la nostra scelta ed adesione totale a Gesù: “ … E sappiamo ormai quale è la via per arrivarvi: … metter in pratica, con particolare impegno, quelle sue parole che ci ricordano le varie circostanze della vita. Per esempio: incontriamo un prossimo? “Ama il prossimo tuo come te stesso” (cf Mt 22,39). Abbiamo un dolore? “Chi vuol venire dietro a me… porti la sua croce” (cf Mt 16,24), ecc. Allora le parole di Gesù si illumineranno e Gesù entrerà in noi con la sua verità, la sua forza ed il suo amore. La nostra vita sarà sempre più un vivere con Lui, un fare tutto assieme a Lui. Ed anche la morte fisica, che ci attende, non potrà più spaventarci, perché con Gesù ha già avuto inizio in noi la vera vita, la vita che non muore”.2 Letizia Magri 1 C. Lubich, La vera vita, Città Nuova, 35, [1991], 14, p. 32. (altro…)

Nel deserto della Terra Santa

A scuola di condivisione
La verde e ospitale Irlanda pullula di ottime scuole dove imparare l’inglese, per studenti di tutte le età e provenienza, è un’esperienza entusiasmante. Non fa eccezione la Language Learning International: soggiorni studio di varie tipologie, tecniche di apprendimento all’avanguardia, famiglie selezionate, intrattenimento culturale e sportivo, ma anche stage in Francia e Spagna per gli studenti irlandesi. Ciò che distingue il lavoro formativo di questa Scuola, fondata da Eugene Murphy a Dublino, nel 1989, è la qualità della relazione con gli studenti, in un’atmosfera accogliente e con uno sguardo sensibile verso le personali caratteristiche di ciascuno. Ma c’è dell’altro. La LLI, con oltre 2 mila studenti l’anno, è ambasciatrice dell’Economia di Comunione nel settore della formazione. Le esperienze che seguono, tratte dal sito dell’EdC, lo testimoniano. «In un campo estivo capita un ragazzo affetto dalla sindrome di Asperger, di cui non si sapeva nulla prima dell’arrivo. La prima soluzione di alloggio non è positiva poiché in casa non riescono a gestire le particolari condizioni del giovane. Lo si sposta tentando con una nuova famiglia ma le difficoltà emergono ancora. Nonostante l’estate sia un periodo intenso, in azienda si vuole garantire un trattamento giusto e sereno a chiunque partecipi, quindi si cerca ancora un’alternativa, fino a trovare un’anziana signora che accetta felice di ospitare e seguire il ragazzo, conoscendo bene la sindrome, di cui è affetto, per coincidenza, anche un suo nipote. Risultato positivo per tutti: lo studente riesce a sfruttare al meglio l’esperienza e rientra a casa contento ed il responsabile dei rapporti con le famiglie dichiara che la presenza di questo ragazzo nel programma ha caricato di valore l’intera stagione!». «Corso inglese di gruppo, gran bella atmosfera in classe ed ottime relazioni instaurate; una delle prove da preparare, però, è una presentazione orale individuale e improvvisamente un ragazzo di 15 anni si avvicina ad Eugene Murphy, fondatore della scuola ed esperto trainer, dichiarando di non sentirsi in grado di farlo a causa della sua balbuzie. Eugene ne parla con altri formatori e decidono di tranquillizzare il ragazzo realizzando la prova in privato. Alla fine, i professori lo incoraggiano a condividere comunque l’esperienza con gli altri, il giovane accetta e, tra emozione e commozione generali, la prova si conclude con un lungo applauso della classe. Si scoprì poi che il ragazzo non aveva parlato fino ai 7 anni e quella performance in pubblico risultò una sorta di miracolo che ha reso lui stesso ed i genitori pieni di gioia». C
athy Young, direttrice della LLI, racconta di un nuovo progetto che ha coinvolto la scuola in un’avventura di apertura con una realtà geograficamente molto lontana dall’Irlanda: «Avevamo il desiderio di intraprendere un progetto di Economia di Comunione che avesse un focus sull’educazione. Dal sito web di AMU siamo venuti a conoscenza di una fantastica iniziativa in Bolivia chiamata Fundación Unisol, che lavora per sostenere alcune delle famiglie più povere di Cochabamba. Abbiamo preso contatto e insieme abbiamo messo a punto un progetto che finanzierà l’acquisto di nuovi libri e computer portatili, fornirà nuovi tavoli e sedie per le aule, sostenendo l’impiego di due insegnanti». Del progetto portato avanti dalle due scuole viene dato regolare aggiornamento. «Questo scambio reciproco – afferma Cathy – è uno degli aspetti più belli della nostra collaborazione e ci aiuta a vivere meglio nel nostro ambiente di lavoro quotidiano». Alla Language Learning International gli studenti apprendono dal vivo il significato di tante parole. Ma la prima di tutte è condivisione. Chiara Favotti (altro…)

Signore, in te ho posto la mia speranza
«In te Signore ho posto la mia speranza; non sarò confuso in eterno (Sal 71, 1)». Così iniziò la sua ultima omelia nel Duomo di Aachen (Germania), il vescovo Klaus Hemmerle, già gravemente malato. Era la fine del 1993. «Dio, tu mi reggi forte così come sono. Dio, tu reggi il mondo così com’è. Dio, tu reggi forte questo prossimo così com’è. Essere sorretti da Lui che è sceso nella “kenosi”, che si è spogliato di tutto e ha preso la forma di servo: questa è l’unica via in cui si può riaprire per noi la porta della speranza. Accogliere Lui che ci ha accolti per primo. Farci portare da Lui. Credere che siamo sorretti da Lui. Questa è la cruna dell’ago attraverso cui riceviamo il filo della speranza che vi è infilato. Questo Dio può darci davvero la speranza. E qui la nostra Chiesa con tutti i suoi sbagli e le sue debolezze, con tutte le sue richieste e le sue sfide troppo grandi e troppo piccole, può essere una realtà straordinaria: una comunità di uomini che credono al fatto che sono stati accolti e sostenuti, una comunità di uomini che si sostengono reciprocamente, in cui ognuno regge l’altro». Da “Klaus Hemmerle, innamorato della Parola di Dio” – Città Nuova Ed. pp 290-91 (altro…)