Ott 8, 2017 | Focolari nel Mondo
Da tempo si sentiva la necessità di trovare, nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Trento (Italia), una stele ad indicare ai numerosi visitatori che giungono da ogni parte del mondo, che lì è stata battezzata Chiara Lubich. Dopo la richiesta del nuovo parroco alla Presidente dei Focolari, Maria Voce, la stele è stata realizzata. Si tratta di un segno semplice, ma significativo, sul quale, oltre a una foto della giovane Lubich, è riportata una sua espressione luminosa, che riassume il carisma ricevuto: “Nel nostro cuore una cosa è chiara: l’unità è ciò che Dio vuole da noi. Noi viviamo per essere uno con Lui e uno fra noi e con tutti. Questa splendida vocazione ci lega al Cielo e ci immerge nella fraternità universale”. (altro…)
Ott 7, 2017 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Spiritualità
«Il rosario è il dramma della Redenzione visto dalle pupille di Maria, la vergine e la Madre: le gioie di Nazareth, le luci di Betlemme, le vicende di Giuseppe, e poi la tragedia della croce e infine le glorie celesti son fatte patrimonio di famiglia, cose nostre. La nostra storia, la vita nostra. (Igino Giordani, Una stella accesa nella notte», Città nuova, Roma, 2004, pag. 81). 1922-1925. «Se non è possibile la casta quiete dei vesperi nella casa dei nonni, riscaldata da una monumentale fiammata, ove raccogliere alla preghiera avi e nipoti, figli e collaterali: diciamoci il Rosario in tram, in piroscafo, nel rombo del tunnel e nello spasimo d’una locomotiva: sarà più meritorio il nostro sforzo d’astrarci in un impeto di spiritualità dall’orgia… della materia meccanizzata. Un quarto d’ora in chiesa non sarà la consuetudine sonnacchiosa… e la preghiera sarà refrigerio di fontana nell’arsura massacrante della civiltà impostaci». (Igino Giordani, Diario di fuoco, Città Nuova, Roma, 2005 [1980] p.19). 1933. «La Madre… C’è una preghiera a Lei particolarmente grata, la quale rappresenta un ciclo dei misteri della vita di Gesù ricordati a titolo di onore di Lei: il rosario. Riconduce la serenità nell’ora stanca e fosca della sera, nelle ore ardue della vita, e dà la forza per sperare nel domani e ricominciare: quella rude collana di perle di quattro soldi trasmette correnti di vita ultraterrena nelle povere ossa sfiancate dalla fatica, rialluminando la sola luce in anime bersagliate dall’iniquità sociale o dalle sventure multiple. Dà anche a chi vive la speranza d’un congiungimento col Padre, della morte con l’immortalità, del finito con l’Eternità ». (Igino Giordani, Diario di fuoco, cit. p.28). 1° ottobre 1945. «Perché tra noi Maria ha sì gran parte? Perché tra noi, quelli che seguono davvero l’Evangelo si sentono e si diportano come bambini, ai quali la madre è tutto e serve a tutto: ella è cercata perché li introduca a Dio. La prendono per mano, si attaccano alle sue vesti, perché li conduca al Padre. Non c’è maniera più rassicurante, più amorosa e bella di presentarsi a Lui. E poi, in compagnia della Mamma, tutta la vita è più bella: la natura ride, gli uomini stessi non sembrano più selvaggi». (Igino Giordani, Diario di fuoco, cit. p.68) 9 ottobre 1965.« Basta che veda l’immagine di Maria, perché mi balzino avanti all’anima le realtà più belle della mia vita. Vedo allora che la gioia dell’esistere si chiama per me Maria; la mia gloria è Lei, la mia forza è la Sua maternità; la bellezza che m’affascina è la Sua verginità; l’accettazione del dolore è la partecipazione alle Sue prove di Desolata. Non vedo in quale aspetto positivo dell’esistenza mia Ella non entri: la mia vita è Maria. E Maria è la Madre di Gesù: è Lei che mi dà Dio, sposa l’anima allo Spirito Santo, l’avvicina alla paternità dell’Eterno. Chi Ti ringrazierà, Mamma? ».(Igino Giordani, Diario di fuoco, cit. p.180). (altro…)
Ott 6, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
La scelta del titolo Né vittime, né briganti” è stata ispirata dalle parole pronunciate da Papa Francesco durante l’udienza del febbraio scorso ai rappresentanti dell’Economia di comunione (EdC), quando ha affermato che non è più sufficiente imitare il buon samaritano del Vangelo, che soccorre un uomo vittima dei briganti, ma bisogna agire «soprattutto prima che l’uomo si imbatta nei briganti, combattendo le strutture di peccato che producono briganti e vittime». Mettersi in discussione quindi, correre dei rischi pur di cambiare le regole del gioco imposte dal capitalismo e dalla globalizzazione. Esperti del mondo della cultura, dei media, dell’economia e della politica si sono alternati nei diversi momenti previsti dal programma, insieme alle molteplici voci della società civile.
Sono state affrontate tematiche scottanti come quelle delle migrazioni e dell’accoglienza; si è parlato di riconversione delle industrie belliche e nello stesso tempo del paradosso delle armi esportate dall’Italia per la guerra in Yemen dove 15 milioni di persone non hanno l’accesso all’acqua, paese che sta subendo l’epidemia di colera più grave di questi ultimi anni. Un altro tema caldo di cui si è parlato è quello del gioco d’azzardo, con il movimento Slotmob nato quattro anni fa, per fermare questa piaga sociale promossa addirittura dallo Stato. Le storie raccontate sono diverse: dalla denuncia di soprusi e ingiustizie, allo sforzo di chi ogni giorno si trova a lottare contro il muro dell’indifferenza e della meschinità; da chi ha deciso di non far entrare l’offerta di azzardo nel suo bar, a chi nella sua terra ha promosso con gli amici una vera e propria marcia contro la cultura dell’azzardo.
Vincenzo Conticello, ex imprenditore, testimone di giustizia a Palermo, ha raccontato la realtà di una società messa in ginocchia dal racket e dalla mafia, di come sia stato costretto a lasciare la sua città subendo ingiustizie e prevaricazioni. Chiara Peri, del Centro Astalli per i rifugiati, ha sottolineato come in questo momento sia in atto una mercificazione culturale delle migrazioni per cui «i migranti e i poveri sono colpevoli della loro povertà e condizione, e sono trattati come merci, e talvolta come scarti», per cui, e qui sta il paradosso, «gli italiani hanno più paura delle vittime che dei briganti». La tavola rotonda su “Beni relazionali e lavoro”, uno degli appuntamenti a margine della manifestazione, ha messo in luce l’importanza dell’«amicizia, fiducia, compagnia, cordialità, supporto, senso di appartenenza, coinvolgimento, tutti fattori determinanti di soddisfazione sul posto di lavoro», ha detto il prof. Benedetto Gui. Non contano solo la paga o l’orario di lavoro, sembra essere arrivato il momento di riconoscere dignità economica ai beni relazionali. La presentazione del libro Bernhard Callebaut, “La nascita dei Focolari. Storia e sociologia di un carisma (1943-1965)”, per l’editrice Città Nuova, ha visto la presenza, tra gli altri,di Jesús Morán, copresidente dei Focolari, che ha analizzato tutto il lavoro sotto la categoria dell’attualizzazione, intesa come «reinterpretazione creativa della tradizione» e di Shahrzad Houshmand, iraniana, teologa musulmana, testimone di come in tutti questi anni, Chiara Lubich e con lei il Movimento dei Focolari non abbiano fatto dialogo con le religioni, ma con le persone. Chiara è per Shahrzad «una donna con la fede visionaria di una persona che non aveva paura», non aveva mai timore di incontrarsi con “l’altro”, anche se questo portava alla “morte di sé”. Infine, di fronte alle continue e ostinate aggressioni alla pace, l’economista Luigino Bruni dell’EdC, e Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, hanno chiesto a papa Francesco di scrivere un’enciclica sulla pace, capace di “scuotere l’inerzia”. Ce lo auguriamo di tutto cuore! (altro…)
Ott 5, 2017 | Focolari nel Mondo
Territorio dipendente dagli USA, il Porto Rico (più di 3 milioni e mezzo di abitanti), è stato devastato nelle scorse settimane dalla doppia lama di due uragani, Irma e Maria, in quella che è stata considerata la peggiore catastrofe naturale degli ultimi 90 anni. Il governatore Ricardo Rossello ha annunciato che il numero dei deceduti è salito a 34. L’isola caraibica è attualmente in stato di calamità e soffre di una grave emergenza, dovuta alla scarsità di cibo, energia elettrica (anche negli ospedali) e acqua potabile. Due zone dell’isola non sono state finora raggiunte dai soccorsi, con tanti paesini sulle montagne abbandonati a se stessi. Anche la piccola comunità locale dei Focolari è impegnata a soccorrere la popolazione colpita. La situazione rimane, comunque, critica. (altro…)
Ott 5, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Dopo essermi laureata in lingue e relazioni internazionali, sono partita per il Libano per proseguire lo studio dell’arabo e immergermi finalmente in quella realtà mediorientale che tanto mi affascinava. Forse è strano iniziare a raccontare un’esperienza partendo dalla fine, dal momento del distacco, ma è proprio in questi momenti che più si capisce la portata dell’esperienza vissuta. Preparando il ritorno in Italia, il mio pensiero è tornato all’inizio e mi sono chiesta come fosse possibile che il mio tanto atteso e amato anno in Medio Oriente fosse già finito. Ho cercato di ricordare la persona che ero undici mesi prima, pensando quasi con incredulità all’inquietudine che mi aveva preso prima della partenza, quando, nonostante sapessi già che il Medio Oriente non è solo quello che si vede in televisione, vedendo le reazioni spesso impaurite delle persone che scoprivano il mio progetto, mi sono chiesta se partire fosse un’idea sensata. Volendo però assicurarmi che i miei dubbi non avessero origine solamente dalla paura, sono partita! Ho ricordato la ragazza che muoveva i primi passi nella caotica Beirut con l’impressione che tutti la guardassero perché straniera. Nel giro di pochissimo tempo, però, le persone mi fermavano per strada chiedendomi informazioni in arabo, scambiandomi per una libanese. Forse era più il mio sguardo prevenuto nei loro confronti che non il contrario! All’inizio emergeva involontariamente la diffidenza nei confronti del nuovo ambiente, che mi impediva di uscire da me stessa e voler bene alle persone che mi passavano accanto: non avevo ancora capito che l’ambiente che mi circondava era semplicemente diverso e non pericoloso.
Mi sono resa conto di quanto il mio sguardo nei confronti del Libano sia cambiato nel corso dell’anno: dapprima coglievo soprattutto le differenze rispetto all’Italia; poi, mi sono velocemente innamorata di questo paese, della sua ricchezza e varietà religiosa, culturale, paesaggistica e storica; di un popolo che, nonostante il recente passato doloroso, è stato in grado di vivere nuovamente, cristiani e musulmani, fianco a fianco; della spontaneità e dell’accoglienza della sua gente e… della sua fantastica cucina! Ho poi faticato a recuperare un po’ di obiettività nel guardare ad un paese che, come tutti gli altri, vive le sue contraddizioni, come grande povertà e ricchezza ostentata che convivono a poca distanza. Col pensiero ho ripercorso il mio anno in Libano, durante il quale molti aspetti della vita che dall’Italia sembrano pericolosi o strani, una sfortuna o un disagio, sono diventati parte della mia quotidianità (per niente infelice, anzi!), fino al momento dei saluti. Quando ho detto ai bambini siriani rifugiati che aiutavo nei compiti che sarei tornata in Italia, mi hanno salutato con un semplice “ciao”, facendomi capire che siamo tutti importanti e nessuno indispensabile. Rendermi conto che probabilmente non saprò mai cosa ne sarà di loro è stato un grande dolore. Ho dovuto salutare gli amici conosciuti, a cui devo così tanto, sperando con tutto il cuore di rivederli, ma senza poterne essere davvero sicura. È stato uno strappo capire che tra noi stava calando di nuovo la distanza, non solo geografica, ma soprattutto burocratica. Lasciarli sapendo che tra me e loro tornavano ad esserci una frontiera e visti con procedure a volte esasperanti è stata una sensazione insopportabile. Avevo intuito fin dall’inizio che sarebbe finita così, ma vivere il momento del distacco è stato davvero difficile. Ma adesso so che questo dolore è il prezzo da pagare per essere “uomo-mondo”, come diciamo noi gen. Ora, dopo aver lasciato pezzi di cuore in giro per il mondo, un mondo unito non è più solo qualcosa che sarebbe bello ci fosse: un mondo senza frontiere diventa un’esigenza. (altro…)
Ott 4, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
SoyDiálogo, “Sono Dialogo”. Una scommessa, un impegno assunto in prima persona. Di fronte alla difficile situazione creatasi in Spagna, la proposta di rifiutare ogni forma di violenza e di vivere per promuovere concretamente la cultura del dialogo, è una sfida doverosa e coraggiosa insieme. Sono molte le iniziative in questa direzione Il 26 settembre, il Movimento dei Focolari in Spagna aveva proposto un documento e una raccolta di firme, ampiamente diffusi sui social, con l’intento di promuovere azioni di ascolto, dialogo e rispetto. Un appello a trovare soluzioni pacifiche di serena convivenza nella diversità, riconoscendo la dignità di tutte le persone e delle istituzioni che le rappresentano. La proposta, contrassegnata dall’hashtag #SoyDiálogo, in piena sintonia con l’invito rilanciato poco dopo dai vescovi a “avanzare nel cammino del dialogo e della comprensione reciproca”, suona ancora più attuale oggi, dopo i risultati della votazione referendaria che apre grandi incognite sul futuro della Catalogna, della Spagna e dell’Europa. «Il dialogo – scrivono i promotori dell’iniziativa – è un potente strumento che rende possibile l’interesse per gli altri, entrando nella loro realtà, per viverla, accoglierla e, per quanto possibile, comprenderla. Tra noi, membri dei Focolari in tutta la Spagna, vi sono persone di identità culturale, idee politiche e sensibilità diverse. Ma consideriamo la pluralità come una sfida positiva e una ricchezza. Siamo impegnati in prima persona a costruire ponti, convinti che nella visione e nella scelta dell’altro ci sia una parte della verità». I commenti dei firmatari rimbalzano su Twitter: “Una firma non decide, ma è peggio incrociare le braccia e guardare il fiume che scorre”.“Siamo come discutiamo, arricchiti del dono della diversità”. “Credo nel dialogo che presuppone rispetto, trasparenza e accettazione che nell’altro ci sia qualche verità che io non possiedo del tutto”. “Non è un male pensare diversamente. È il modo in cui tutto si evolve. È il contrario dell’uniformità e immobilità”.
Ecco alcune considerazioni di quelli che credono nel dialogo. Da Girona: ““Sono giorni strani, un misto di tristezza, impotenza, preoccupazione. Allo stesso tempo mi è chiaro cosa devo fare. In ogni circostanza mi chiedo cosa posso fare io, con le mie possibilità limitate? Faccio uno sforzo per non giudicare. Le opportunità non mancano per ascoltare, con mente aperta”. “Con un’amica catalana – scrive un giovane di Siviglia – cerchiamo di mantenere un dialogo aperto. Mi interesso alla sua famiglia. Quando si conosce in profondità la realtà dell’altro, puoi cambiare in parte la tua idea e amare di più questa persona, anche se abbiamo idee diverse”. Da Barcellona: “Questa situazione offre molte possibilità per tenere aperto un dialogo con chi la pensa come me e anche con chi non la pensa come me”. “Finora mi limitavo a pregare e a cancellare le catene di foto, barzellette o notizie dubbie che circolano sulla rete e non favoriscono certo sentimenti positivi – scrive una donna di Toledo – Poi mi sono chiesta: cosa posso fare ancora? Ho cercato di far sapere alle persone che conosco in Catalogna che possono contare su di me per costruire e dialogare. Forse era ovvio, ma ho pensato di farglielo sapere esplicitamente”. “A mio parere – è un messaggio che arriva da Girona – quando non siamo capaci di vedere la parte di verità che c’è anche nell’altro, già lo demonizziamo. Questo ci dà carta bianca per scrivere o condividere qualsiasi commento incendiario. Siamo immersi in questa situazione, alle volte senza rendercene conto, e questa è la cosa peggiore. Ci dimentichiamo che la nostra sfida è più eroica e difficile che fare propaganda alle nostre idee denunciando quelle degli altri. È costruire ponti”. Da Siviglia: “Ho tanti amici e amiche in Catalogna, fratelli e sorelle con i quali abbiamo deciso di lavorare per costruire una umanità nuova. Condividiamo reciprocamente ansie e dolori. Per questo motivo, quando ci scriviamo, si sono sentiti liberi di dirmi: spero che la prossima volta, quando ci vedremoi, saremo già indipendenti. E a loro volta mi hanno ascoltato quando ho risposto: mi auguro che, la prossima volta che ci vedremo, avranno vinto il buon senso e la ragione”. (altro…)
Ott 4, 2017 | Chiara Lubich, Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
World Trade Centre
Metro di Manila, Filippine, 6-8 luglio 2018. L’appuntamento è per migliaia di giovani da tutto il mondo, mossi da un’idea che, come un chiodo fisso, informa la loro vita e le azioni sociali cui danno vita: costruire un mondo unito e solidale. Il Genfest 2018 Beyond all borders è un invito a far crollare i confini, i limiti, le barriere che ostacolano questo processo. Nato nel 1973 da un’idea di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, in oltre 40 anni il Genfest ha raccolto decine di migliaia di giovani. Quella del 2018 sarà l’undicesima edizione, la prima fuori dall’Europa. Nella sua lunga storia, ogni Genfest ha segnato una tappa e visto la concretizzazione di molti progetti: tra questi l’idea delle Giornate mondiali della gioventù, iniziate nel 1985; la nascita nello stesso anno dei Giovani per un Mondo Unito (GMU); la Settimana Mondo Unito, operativa dal 1996, per evidenziare le iniziative che promuovono l’unità, a ogni livello, nel mondo; e infine, dal 2012, l’United World Project, grande osservatorio permanente di tutte le buone pratiche a livello planetario. Il prossimo Genfest precederà di poco il Sinodo sui giovani, che si svolgerà a ottobre 2018. Incontrando gli organizzatori, presenti in questi giorni a Castelgandolfo (Roma) all’incontro dei delegati nel mondo del Movimento dei Focolari, abbiamo raccolto notizie “di prima mano”. Ding Dalisay rappresenta all’assemblea le Filippine: «Con grande gioia abbiamo avuto l’appoggio del presidente della Conferenza episcopale filippina che ci incoraggia a lavorare per portare la realtà del Genfest a più giovani possibili. Già da un po’ di tempo i giovani delle Filippine stanno girando con dei caravan per presentare il Genfest nelle parrocchie, nelle università e in altri posti. Abbiamo una grande speranza che tanti giovani verranno». Carlo Gentile, delegato delle Filippine insieme a Ding: «Sarà il primo Genfest in Asia, quindi sarà molto importante per l’aspetto dell’interculturalità. Chiara Lubich definiva il Genfest una “cascata di Dio”. Ci aspettiamo un evento meraviglioso, preparato per offrire a tutti i giovani che vengono dall’Asia, ma non solo, un’esperienza profonda, immersa nella cultura asiatica».
Una mobilitazione mondiale è già cominciata. Molti i contatti con altri Movimenti, come quelli con i giovani della Rissho Kosei-kai, associazione laica buddhista giapponese, con sei milioni di seguaci, e con lo Youth World Peace Forum, che celebrerà il proprio meeting annuale a Manila nello stesso periodo del Genfest. In alcune aree del mondo si pensa a replicare il Genfest con delle iniziative locali. Una commissione composta da 30 giovani, rappresentanti delle diverse aree geografiche del mondo, con il coordinamento della segreteria internazionale dei Giovani per un Mondo Unito, è già al lavoro. Kiara Cariaso e Diego Lopez spiegano: «Stiamo lavorando per poter far arrivare al Genfest di Manila giovani da tutto il mondo. Ci sono già tante attività, non solo nelle Filippine, perché sarà un evento planetario, lo costruiamo tutti insieme». «Infatti – le fa eco Diego – raccogliamo idee che arrivano da giovani di tutti i Paesi, lavoriamo insieme, e le facciamo arrivare nelle Filippine». Spiegano: «Il Genfest 2018 si articolerà in tre fasi: la prima, precedente alla manifestazione, con la possibilità per molti giovani di varie parti del mondo di conoscere le culture asiatiche. Un’esperienza interculturale, interreligiosa e sociale unica, che si svolgerà in diversi Paesi del continente asiatico. A questa seguirà l’evento centrale di Manila, dal 6 all’8 luglio, a cui desideriamo possano partecipare giovani da ogni parte del mondo, in modo da rendere in qualche modo presente la propria realtà e allo stesso tempo riportare alla comunità di origine l’esperienza e l’impegno preso a Manila. Infine, un “post Genfest”, soprattutto per i giovani asiatici, che darà modo di testimoniare un’“Asia unita per un mondo unito”. Sarà un’esperienza bellissima per 800 giovani nella cittadella di Tagaytay». Sito ufficiale: y4uw.org/genfest (altro…)
Ott 3, 2017 | Focolari nel Mondo
Il gruppo musicale internazionale Gen Verde si è esibito a Stadthagen (Germania) lo scorso 9 settembre, in occasione dei 500 anni della Riforma luterana. «Un migliaio di persone, nonostante la pioggia battente caduta fino a poco prima dell’inizio del concerto – scrivono –, ha gremito la piazza della bella cittadina di Stadthagen, nella Bassa Sassonia. Il nostro concerto On the Other Side ha portato una nota di fraternità e internazionalità. Già nei giorni precedenti avevamo condiviso dei bei momenti con il vescovo luterano Dr. Manzke che ci aveva invitate, e coi suoi collaboratori. E il giorno del concerto un gruppo di giovani con i loro pastori ci hanno aiutato nel montaggio, bagnati dal diluvio ma felici». «Ci rimane nel cuore – concludono le giovani del Gen Verde – quella gente in piazza sotto un mare di ombrelli, al freddo, che ascoltava, gioiva, cantava e perfino ballava con noi! Grazie Stadthagen, insieme abbiamo tessuto e vissuto momenti di vera famiglia». (altro…)
Ott 3, 2017 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Fili staccati «Nei primi anni di matrimonio accadeva spesso che il dialogo fra me e mio marito s’interrompesse per diversità di opinioni. A volte, dopo scontri verbali piuttosto duri, si arrivava al silenzio totale anche per giornate intere. La breve pausa pranzo, al rientro dai rispettivi lavori, veniva occupata dai notiziari TV che Gaetano seguiva con passione. Un giorno, confidando nell’aiuto di Dio, decisi di mandargli un messaggio chiaro: ritornai presto da scuola e preparai un buon pranzetto, la tavola più bella del solito con fiori e una candela accesa. Poi staccai tutti i fili della TV. Arrivando, Gaetano mi chiese stupito se c’era qualche ricorrenza da festeggiare. Ci mettemmo a tavola e, come al solito, cercò di accendere il televisore, ma capì subito che non si trattava di un guasto. Ridendo mi abbracciò, chiedendomi scusa, e insieme ci promettemmo di correggerci sempre per amore l’uno dell’altro. Fu quello un momento importante di crescita nel nostro rapporto». (Giulia – Italia) In cucina «Nel mio turno in cucina non sopportavo i confratelli che passando assaggiavano quello che stavo preparando. Ogni volta ero sempre in difesa per non far toccare nulla. Un giorno, leggendo nel Vangelo il brano della pagliuzza nell’occhio degli altri e della trave nel proprio, mi sono reso conto che il giudizio che mi ero formato verso i miei confratelli mi impediva di voler bene loro. Da allora, quando qualcuno passava in cucina, lo invitavo ad assaggiare quello che stavo preparando e chiedevo consigli, se ad esempio dovevo aggiungere sale o altro. Da allora l’aria nel monastero è cambiata». (Padre Krzysztof – Polonia)
Amare è rischiare «Qualche tempo fa un ragazzo quindicenne analfabeta, già ben avviato sulla strada del furto, ha cominciato a frequentare la nostra casa. Molti ci avevano consigliato di stare attenti ad accoglierlo e valutare bene se non fosse più giusto aiutarlo tenendolo a distanza. Noi però eravamo convinti che in lui c’era Gesù, e bisognava amarlo a fatti, anche a costo di rischiare. Spesso quel ragazzo si tratteneva da noi, usciva con noi, giocava con i nostri figli. Dopo diversi mesi, l’istinto del furto si è fatto sentire di nuovo e ha portato via da casa nostra dei soldi. Quando lo abbiamo scoperto, abbiamo deciso di parlargli. Dopo le prime resistenze lui ha ammesso il fatto e piangendo ci ha chiesto scusa, promettendo di restituire quanto rubato. Ma soprattutto si è rasserenato sapendo che poteva continuare a contare sulla nostra amicizia e che se avesse avuto bisogno di soldi doveva soltanto chiederceli. Ora non ruba più e ha trovato anche un lavoro». (D. L. – Italia) Collega difficile «Sembrava che un collega mi avesse preso di mira, qualsiasi cosa io facessi lui la contrastava. Finché si trattava di piccoli interventi, sopportavo. Ma a volte, di fronte a realizzazioni impegnative dell’impresa, si metteva contro tutti. Il lavoro era diventato insopportabile. Cosa fare? Il sacerdote con cui ne ho parlato mi ha consigliato innanzitutto di liberarmi dal rancore e dai ricordi negativi, e cercare di guardare il collega con occhi nuovi. Ho provato. Fatto imprevedibile, al successivo incontro di lavoro era diventato un’altra persona! Evidentemente non dipendeva soltanto da lui». (F. L. – Serbia) (altro…)
Ott 2, 2017 | Chiara Lubich, Cultura, Spiritualità
Coll’emergere in tempi più recenti del «profilo mariano» della Chiesa, l’esperienza della Lubich offre inoltre ricchi spunti di approfondimento su tale tema, introducendo anche questioni attuali come quella del ruolo della donna. Soprattutto, però, Maria, desolata ai piedi della Croce, si rivela “madre dell’unità”, che con il suo esempio insegna agli uomini a vivere per cooperare, personalmente e socialmente, all’avvento di un mondo rinnovato. Il libro, a cura di:
Brendan Leahy e
Judith Povilus raccoglie le riflessioni, in parte inedite, tratte da appunti, lettere, discorsi, diari stesi dalla Fondatrice del Movimento dei Focolari lungo il corso della sua vita.
Città Nuova Editrice